La Meawdowlands Arena, non propriamente il più bel palazzetto NBA…
Ti allontani da New York, imbocchi la strada che dalla capitale del mondo porta verso il New Jersey, e il paesaggio stesso ti spiega come, da una città che per il basket vive, stai per arrivare in un landa "minore" dove lo stesso sport, nella migliore delle ipotesi, è stato trapiantato e costretto a germogliare: il progressivo abbassarsi delle cime di grattacieli e di palazzi, accompagna il venir meno di quella cultura che a New York trova la massima espressione nei playground nei quartieri adibiti all'edilizia popolare.
Dall'incrocio fra Broad e Market Street, nel pieno centro di Newark, questo concetto appare ancora più evidente: le costruzioni basse e squadrate ai lati della strada non nascondono il cielo denso e opaco per quella che non è possibile distinguere tra nebbia autunnnale e smog atmosferico.
Fino a prova contraria, per uno scherzo tipico dell'America, che proprio nei posti più impensabili genera grandi talenti, Newark è la città Natale del centro che ha dominato la Nba negli ultimi 15 anni; per un altro scherzo del destino, Shaquille O'Neal, fra soggiorni tedeschi, comparsate in Luisiana e esperienze professionistiche sulle due coste mai stato troppo considerato un figlio del New Jersey, l'ultimo titolo della parte dominante della sua carriera l'ha proprio vinto sul campo dei Nets. Lo festeggiò con il nonno e la mamma, solo qualche giorno dopo aver sopportato la ricomparsa mediatica del padre naturale, da tempo in una prigione dello stato e desideroso di assaggiare anche un minimo della gloria del figlio.
C'è pochissimo da vedere a Newark, come nella maggior parte delle città americane: una statua di Washington, meno enfatica rispetto a quelle cui siamo abituati, lo ritrae mentre sta facendo riposare il suo cavallo.
Il sobborgo della città offre però un irripetibile spaccato delle storia sociale recente degli Stati Uniti, iniziata secondo i media distratti l'estate scorsa, ma con radici ben più radicate nell'epopea "teocon" degli ultimi anni; la zona residenziale, verde e tipica nella sua distesa di villette unifamiliari tutte uguali con il giardino e la casa sull'albero per il bambino, è una sequenza di abitazioni in vendita. La crisi dei mutui a tasso variabile ha colpito duro da queste parti, offrendo agli abitanti una prospettiva nuova e inquietante: quella d'esser poveri.
Mai come negli ultimi tempi le agenzie immobiliari offrono a prezzi inferiori al loro valore reale, infimo se rapportato a quello dello stesso periodo dell'anno scorso, abitazioni che nessuno può comprare, a meno che non venga da fuori e abbia fiutato l'affare: chi ha assaporato il gusto di poter comprare, col duro lavoro, un'abitazione grazie alla quale mettere radici in un contesto di vita benestante, deve ora vendere precipitosamente per restituire il prestito a quelle banche che si apprestato a impadronirsi comunque delle loro conquiste.
E, mentre i membri di una middle class che già non esiste più aspettano un compratore, si rendono conto di quanto fallace è stata la realtà nella quale, fino a poco tempo prima, hanno potuto spendere, ben al di sopra delle loro reali possibilità , proprio perché quel mutuo aveva consentito di dilazionare sul loro bene più importante.
Ti siedi a un tavolino del Reeds, scopri che se lasci tua moglie (o compagna, o appartenente al genere femminile di qualsiasi tipo) per il tempo di lavarti le mani qualcuno è già arrivato a chiamarla "Honey", guardi il menu e pensi a quello che il figlio più verace di questa terra ha cantato negli ultimi trent'anni: "Con un lavoro alla Workin Costruction, Mary incinta del primo figlio e l'economia in una fase di flessione, le cose che finora hanno avuto importanza non lo sembrano più così tanto e i sogni stanno svanendo".
Bruce Springsteen, nato a Freehold, non molto lontano da Newark scrisse "The River" nel 1981; da quel disco e dal successivo tour mondiale che lo portò per la prima volta ad un tiro di schioppo dall'Italia, Zurigo, avrebbe tratto per la prima volta fama planetaria.
"Born to run", la sua canzone più famosa assieme a "Born in the U.S.A" viene ancora diffusa a tutto volume, e pure qualche cosa in più, alle Meawdowlands, in un'era in cui la Nba è tutto hip hop e luccichii. Da sempre tutto si fa per attrarre al palazzo spettatori: invitare Southside Johnny, altro figlio di quello stile di musica che da Asbury Park, si diffuse in tutto il mondo senza contaminarsi troppo con gli altri.
La squadra d'altronde è nel limbo da qualche anno, esauritasi la spinta che, grazie all'arrivo di Jason Kidd portò a due finali consecutive. Provando a far qualche domanda, gli altri clienti del Reeds non ne sembrano troppo preccupati; al limite accorreranno al campo per il primo, meglio il secondo turno dei playoffs.
Vince Carter, dal canto suo è sempre stato un meraviglioso esteta del gioco, salvo evaporare in una nuvola timida, ogni volta che dalla bellezza fine a se stessa si deve passare alla sostanza. In fondo la decisione di Lawrence Frank di farlo partire da sesto uomo altro non è che la sublimazione di questo concetto: ve li immaginate Michael Jordan e, più in piccolo, Kobe Bryant partire dalla panchina per segnare subito tanto?
Non stupisce quindi che proprio dal playmaker, che dopo aver provato a lungo a portare via le tende s'è rassegnato a legare il suo nome a quello della seconda squadra di New York, siano piovute critiche all'atteggiamento fiacco della sua squadra: "Siamo soft e alla prima difficoltà tendiamo a lasciarci andare", aveva detto prima d'un viaggio a ovest che ha comunque portato a tre vittorie consecutive a Portland, Seattle e Los Angeles.
La dose è stata rincarata dopo la successiva sconfitta di Memphis. Dalla scansione delle partite è facile capire che il viaggio ad ovest ad alto tasso alcolico deve ancora arrivare. Il cartellone prossimo venturo delle Meawdowlands è nel frattempo un inno alla multiculturalità : ci sarà Andrea Bocelli l'8 dicembre, per la gioia di quella comunità di italiani che si incazzano come biscie ogni volta che "I Sopranos" vengono trasmessi o ricevono qualche premio.
Poi, in successione la serata dei "fuoristrada mostri" che piacerebbe tanto a Homer Simpson, il Wrestling della WWE, e gli Iron Maiden. Per un fenomeno tipicamente americano e difficilmente comprensibile dalle nostre parti bisogna spingersi al Giant Stadium per il campionato di football dei licei.
Ti chiedi in effetti in che paese sei: la squadra di calcio del "Liceo Doria" non giocherebbe mai a Marassi, magari con tanto di emittente televisiva e diretta.
Ti chiedi in che paese sei anche sbocconcellando il riso, fagioli e funghi selvatici con pesto di pomodori secchi che è la specilità del Reeds: 6.75 dollari per un agglomerato senza quella consistenza che consentirebbe ai Nets il salto di qualità . Quella, di certo non può darla Krstic, con o senza problemi al ginocchio non importa.
L'alternativa sarebbe stata una zuppetta da sorbire, è proprio il caso di dirlo, con i classici crostini o le tagliatelle al ragù di pollo e bacon con una fetta di pane spalmata di burro ad accompagnare il tutto.
Diventa poi facile capire perché il già citato figlio del New Jersey e la sua band al completo, di passaggio a Milano proprio questa settimana, nel nostro paese si trovano così bene: "Mio papà s'è stabilito nell'Ohio di ritorno dalla seconda guerra mondiale" - dice ancora Springsteen in Yougstown - le acciaierie di quelle parti costruirono le bombe e i carrarmati che hanno vinto la guerra. Poi li abbiamo mandati in Corea e Vietnam; ora ci chiediamo per cosa sono morti i nostri figli"
E' lo stesso cantautore che, nel suo ultimo album rinnova con forza il concetto di un problema di diritti umani negati nel paese che s'è fatto paladino di questa lotta nel resto del mondo.
Gli abitanti del sobborgo di Newark, parte del loro diritto se lo sono lasciato portar via da un abile venditore di sogni a basso costo.