Il fisico statuario di Kelenna Azubuike
"Voglio dare stabilità a me stesso; sto cercando di essere aggressivo, di imparare a prendere delle buone decisioni. Tutto può succedere; io sono qui per lavorare duro e fare tutto quello che mi dice il mio coach. Voglio solo lavorare duro e pensare a questo" (dichiarazione tratta da una intervista rilasciata su Hoopsworld).
Espressioni come "lavorare duro", "stabilità ", "aggressività ", ritornano con una certa insistenza nelle interviste rilasciate da Kelenna Azubuike, tanto da rappresentare una costante del suo linguaggio; questo molto probabilmente perché, le sue, non sono le classiche e scontate parole di chi vuol presentarsi bene alla stampa e soprattutto agli occhi di dirigenza ed allenatore, ma esprimono una precisa "forma mentis", un atteggiamento di fondo che trova un inequivocabile riscontro nello sguardo stesso del giocatore.
Osservare e provare ad interpretare gli occhi di Kelenna, infatti, spinge ad individuare una precisa e profonda continuità tra le parole del giocatore e le sensazioni che vengono comunicate dal suo sguardo: se è vero che gli occhi sono il più sincero specchio dell'animo umano, allora ecco che le parole di Kelenna non sono altro che la versione sonora di quel desiderio di successo, di sicurezza e di responsabilità che si può leggere nel suo volto.
Già , perché il viso di Azubuike non è né quello impassibile e (apparentemente) distaccato di Tim Duncan, né tanto meno, quello sonnacchioso e svogliato di McGrady: la guardia dei Warriors, infatti, non è, in campo, una presenza dominante come il centro degli Spurs che sotto quella maschera facciale assolutamente immutabile e che non trapela la benché minima emozione, nasconde in realtà la capacità di controllare tutto ciò che accade intorno a lui.
Né, d' altra parte, Azubuike ha il talento del fuoriclasse dei Rockets per permettersi quella presuntuosa consapevolezza di poter accendere e spegnare in qualsiasi istante della gara e che a volte sembra di leggere negli occhi assonnati di McGrady.
Gli occhi di Azubuike sono occhi neri, intensi e decisi; tanto per azzardare un parallelo neanche tanto forzato con il mondo del cinema, quelli di Kelenna, sembrano piuttosto gli occhi Clubber Lang in "Rocky 3". Sono insomma gli occhi "arrabbiati" di chi ha fame, di chi ha ambizione e di chi sente di avere finalmente la chance giusta per ottenere la credibilità che pensa di meritare.
Una chance che non va assolutamente sprecata perché ai Warriors e nel sistema di Nelson, probabilmente vi sono le condizioni e i presupposti validi perché la giovane guardia gialloblu possa dimostrare come il suo desiderio di cittadinanza nell' NBA sia del tutto giustificata.
E, per Kelenna, dimostrare di essere un giocatore NBA, sarebbe doppiamente importante: sarebbe il logico coronamento di un sogno sportivo personale ma, anche e soprattutto, gli permetterebbe (parzialmente) di riscattare gli errori del padre Kenneth.
Proprio dagli errori del padre, più ancora che dalla fiducia nel proprio talento, nasce il desiderio di NBA da parte di Azubuike, in cui il termine "desiderio", in questo caso, è sinonimo non di "sogno", bensì di "necessità ".
La necessità è quella ovviamente economica: 330.000$ per la precisione, tanti sono i soldi che il giocatore desiderava racimolare attraverso il basket. Con questa cifra, il giocatore avrebbe cancellato, per lo meno, la sanzione economica che la Corte Federale ha inflitto al padre per frode fiscale e che va ad aggiungersi (per simpatia) ai 4 anni di carcere obbligatori che Kenneth sta ancora scontando.
Ecco spiegato uno dei motivi più realistici perché parole come "lavorare duro" e "giuste decisioni" ricorrono tanto spesso nelle sue dichiarazioni: innanzitutto, un giocatore, tutto sommato sconosciuto, deve necessariamente costruirsi una carriera NBA a partire da questi principi; ma in particolar modo, questi, sono quei valori morali che Azubuike non ha ricevuto in ambito familiare e che il giocatore ha dovuto apprendere, suo malgrado, vivendo sulla pelle gli errori del padre.
"Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri. Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti. È il coro -un coro democratico- che si dichiara depositario di tale verità : e la enuncia senza introdurla e senza illustrarla, tanto gli pare naturale." (Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane).
È difficile sapere se Azubuike abbia mai letto gli scritti di Pasolini, o se conosca o almeno i meccanismi del teatro greco, ma una cosa è certa: se leggesse queste righe, per lui, sarebbe naturale cogliere tra queste frasi il senso profondo della sua vita e delle sue scelte.
Perché sono stati gli errori del padre a dettare le sue scelte e a fargli prendere, anche contro la sua volontà , decisioni quanto meno discutibili e affrettate; il tutto nel tentativo, da parte del figlio, di porre un rimedio almeno parziale alla difficile situazione causata dall' ipocrisia e dalla falsità paterna.
La storia della famiglia Azubuike, quindi, propone un altro caso relativo ad uno dei temi più trattati dalla letteratura occidentale dalle origini ad oggi, e che anche nel presente quotidiano trova delle esemplari e puntuali applicazioni: il complesso rapporto padre-figlio. E il presente contemporaneo non è solo quello dell' Italia novecentesca citato da Pasolini, ma è pure quello dell' America di oggi: non a caso, una delle situazioni più ricorrenti nelle famiglie afro-americane è quella di un nucleo domestico abbandonato dal padre che declina quindi ogni responsabilità alla madre o, come in questo caso, ai figli.
Il padre, pertanto, invece di essere un riferimento per il senso del dovere e per la sicurezza che sa infondere nella famiglia, diventa, viceversa, un esempio negativo da cui gli altri componenti del nucleo devono ripartire per costruirsi una credibilità .
In verità , il padre Kenneth aveva provato a dare sicurezza ed agi alla sua famiglia: fino al terzo anno di Kelenna all' Università (Kentucky con coach Tubby Smith), Kenneth aveva acquistato una seconda casa, due macchine sportive ed i suoi figli avevano frequentato licei privati. Tutti questi lussi però contrastavano in modo troppo evidente e sinistro con la sua situazione professionale: disoccupato (!!!).
Ovvio che c' era del marcio, e altrettanto ovvio era il fatto che tutti questi castelli privi di fondamenta solide sarebbero, prima o poi, crollati miseramente.
Così avvenne: prima alcuni investimenti sbagliati che gli hanno causato una perdita di quasi 700.000$, poi il tentativo di rimediare cercando di ottenere un prestito di 500.000$ con la frode fiscale. Il carcere scattò automatico.
Con una situazione economica (e giudiziaria) del genere, a Kelenna non restò altro da fare che uscire anzitempo dal college e dichiararsi eleggibile per l' NBA: il bisogno di soldi per sé, la sua famiglia e per pagare la pena del padre, era troppo urgente e la speranza era quella di guadagnarlo attraverso l' NBA.
Se Kelenna, forse, non conosce la letteratura greca e italiana, è proprio per questo motivo: fu il padre a costringerlo ad interrompere i suoi studi universitari per provare la carta del professionismo. Anche qui, la storia assume i contorni e le sfumature della più egoistica ipocrisia: ufficialmente il padre dichiarava alla stampa che il figlio aveva preso questa decisone perché si sentiva pronto per il grande salto, ma in realtà Kenneth stava solo cercando una scappatoia per rimediare alla sua disonestà .
Kelenna, invece, non era pronto per il grande salto: "Sembra Tarzan, ma in realtà gioca come Jane"(Tubby Smith).
Era questa l' opinione poco incoraggiante che il coach aveva di lui sia in proiezione NBA, sia commentando il suo terzo anno universitario in cui la guardia di origine inglese (Londra, 16 Dicembre 1983) non aveva palesato quelle doti di leadership che gli erano richieste. A dispetto di un fisico possente e di doti tecniche apprezzabili che ne facevano uno dei leader offensivi della squadra, Azubuike mancava di continuità : mentale, ma anche tecnica.
Tra le altre cose, oltre alla difesa, ciò che veniva messo in discussione era la continuità del tiro da fuori (37% da 3p al college), comunque uno dei pezzi forti del suo repertorio: "Nelle migliori giornate, Kelenna schiaccia come Richardson e tira da fuori come McGrady; peccato che questo non sempre accada. Per l' NBA, deve sicuramente diventare un tiratore da fuori più costante" (Draftexpress del 2005)."
Un limite, questo, che si era già notato con evidenza in una squadra che aveva un play-maker come Rajon Rondo abile nel penetra-e-scarica, e che di conseguenza necessitava di un affidabile tiratore che sapesse punire dalla distanza sulla riaperture.
In definitiva: "Il tiro in sospensione, il suo migliore attributo, era in generale abbastanza buono per il livello universitario, ma non abbastanza per quello superiore e pur avendo un corpo da NBA, manca di intensità " (Gregg Doyel).
Curioso l' accostamento a Jason Richardson, l' esplosiva guardia (allora) dei Warriors: la futura carriera NBA di Kelenna sarà costantemente condizionata e legata a quella di Richardson.
NBA non subito però, visto che tali lacune costarono caro al giocatore che, nel draft del 2005, non venne nemmeno scelto.
Kelenna, infatti, rimediò qualche fugace ma non significativa apparizione in qualche summer league con Houston e Cleveland, ma fu soprattutto nella NBDL (Fort Worth Flyers) che cominciò a svilupparsi e a mettersi in mostra per il piano di sopra: nel 2006, in 12 gare, fu primo realizzatore della Lega con 26.0pmg e soprattutto tirò con il 48% da 3p (primo nella speciale classifica).
Con quel tiro da fuori che sembrava trovare sempre di più la giusta continuità , arrivò la prima importante chiamata dall' NBA, che accostò in maniera concreta il destino di Kelenna a quello di Richardson: J.Rich infatti, ad inizio 2007 era out per la frattura da un polso, e i Warriors erano alla ricerca di "un esterno che sapesse segnare sugli scarichi (del Barone) ma che sapesse anche creare dal palleggio e forte abbastanza fisicamente per reggere i contatti e segnare comunque" (Geoff Lepper, Inside Bay Area).
I Warriors, nelle idee del g.m. Mullin, pensarono perciò di trovare nelle caratteristiche di Azubuike una risposta adeguata alle proprie necessità offensive. Il giocatore venne firmato così il 2 Gennaio 2007 per diventare free-agent a fine stagione. Quella seconda parte di stagione (41 partite di cui 9 nove disputate da titolare) fu significativa perché Kelenna dimostrò di poter essere un giocatore PRO assolutamente credibile.
Infatti, al di là delle statistiche (16.5ppg quando ha giocato almeno 20 minuti, e il 43% da 3p) o delle singole prestazioni (high di 28p contro i Clippers il 17 Gennaio 2007), furono proprio il suo stile di gioco che colpì favorevolmente il Mully: aggressività , forza fisica, tiro dalla lunga, tutte caratteristiche che convinsero l' ex-bandiera gialloblu a rifirmarlo durante l' estate (biennale al minimo salariale firmato il 17 Luglio che gli farà percepire quest' anno 687.456$ ma da cui potrà uscire già nella prossima estate).
In realtà , chi doveva convincersi delle doti del giocatore non era Mullin, bensì Nelson che fin dall' inizio manifestò, seppur con ironia, le sue perplessità intorno al giocatore: "Quando me ne hanno parlato nella prospettiva di firmarlo, pensavo che mi stessero parlando di una bottiglia di qualche buon liquore italiano""
Troppo facile per un amante degli alcolici come il Nellie, mascherare la scarsa conoscenza del giocatore, ironizzando sulla pronuncia del cognome ("Azabuke") che, per assonanza, rimanda inevitabilmente al liquore della Sambuca.
Continua…