Deng è l'ago della bilancia per il futuro dei Bulls
Cosa sta succedendo ai Chicago Bulls in questo inizio stagione? Il quesito non trova facili risposte, in quanto il record di 2 vinte e 8 perse (sconfitte con Milwaukee, Philadelphia, LA Clippers), non è spiegabile così semplicemente; il roster è pressoché uguale a quello dell'anno scorso, con Joe Smith al posto di PJ Brown e con Noah al posto di Sweetney e Malik Allen, e già per questo non ci si spiega il cambio di rotta intrapreso dalla squadra di coach Skiles.
Le caratteristiche di gioco sono rimaste anch'esse le medesime: grande quantità di "penetra e scarica" degli esterni, per trovare un tiro in ritmo e con spazio, scarso utilizzo dei lunghi (Wallace, Thomas e Noah non hanno movimenti offensivi nelle loro corde, mentre Smith gioca la maggior parte delle volte dalla media distanza), difesa aggressiva e con buone rotazioni.
Ma qualcosa nell'ingranaggio della macchina Bulls si è inceppato, la squadra segna appena 88.2 punti di media, e ne subisce 98, quando l'anno scorso, Chicago, ne metteva a referto 98.8, concedendone agli avversari 93.6. E' chiaro, quindi, che il problema è sia difensivo sia offensivo. Le percentuali al tiro sono basse (39% dal campo, 27% da 3), mentre quelle degli avversari sono in crescita rispetto a quelle della passata stagione; ma anche i numeri a rimbalzo sono sempre favorevoli agli avversari, con ben 4 rimbalzi di media in più rispetto alla stagione 2005/2006.
I giocatori
Ben Gordon: l'ex Uconn non è più riconoscibile, non riesce a cambiare il ritmo della partita, commette troppi falli nei primi minuti (anche per queste due questioni, forse, Skiles preferiva farlo uscire dalla panchina), ha percentuali in netto ribasso, e non sembra avere neanche troppa fiducia nel resto dei compagni. I punti realizzati sono calati leggermente, mentre le percentuali sono colate a picco (37% dal campo e 28% da tre, contro il 46% dal campo e 42% da tre della stagione scorsa).
Luol Deng: anche per lui, vale lo stesso discorso fatto per Gordon sulla capacità di influire nel risultato e nel ritmo della partita; tutte le voci statistiche sono scese, a parte quella delle palle perse, ed i punti sono passati addirittura da 18.8 a 14.6. L'anno scorso Deng era arrivato vicino alla convocazione per l'All-Star Game, ma le voci di una possibile trade che lo coinvolge, che continuano a circolare, lo stanno penalizzando non poco.
Kirk Hinrich: il problema dei troppi falli commessi, per l'ex Kansas, c'è sempre stato anche negli anni passati, ed a Skiles non è mai dispiaciuto troppo vedere Hinrich sbattersi in difesa, realizzando anche qualche giocata sopra le righe; ma per lui, il vero problema in questa stagione, sta nella metà campo offensiva: 10.5 punti, 34% dal campo e 17% da tre!, sono cifre veramente troppo basse, in una squadra che basa quasi interamente il proprio attacco sugli esterni.
Ben Wallace: quando i Bulls l'hanno firmato l'estate del 2006 molti hanno storto il naso per la cifra offerta nel contratto, la dirigenza, invece, era convinta di aver fatto un ottimo affare, mettendo sotto canestro uno dei migliori difensori degli ultimi anni. L'esperimento non è riuscito granché l'anno scorso, anche a causa di alcune incomprensioni con Skiles (che lo lasciava in panchina nei finali di partita, per schierare qualche giocatore più offensivo), ma il contributo offerto da "Big Ben" è stato perlomeno accettabile.
Quest'anno invece, dei guai fisici stanno limitando l'ex Pistons, che ad ogni modo sembra essere sempre più insofferente nella squadra dell'Illinois, ed il rapporto con il suo allenatore sembra essersi strappato completamente. I 4.6 punti, ma soprattutto i 7.2 rimbalzi (l'anno scorso viaggiava a 10.7), non possono bastare ad una dirigenza che ha speso moltissimo per investire su di lui.
Andres Nocioni: l'unico giocatore della squadra a non aver peggiorato i propri numeri, è anche quello che sta solo attendendo il giorno in cui i Bulls potranno scambiarlo sul mercato (i giocatori che hanno firmato in estate da free-agent, possono essere ceduti solo dopo una certa data). Skiles, però, nell'ultimo periodo, resosi conto della situazione drammatica in cui naviga la sua squadra, ha dato maggiore spazio a "El Chapu", che ha risposto, come sempre, da grande campione.
Il coach
Non è così certa la posizione sulla panchina dei Bulls di coach Scott Skiles, visto il momento di grave crisi in cui versa la squadra. Al quinto anno sul pino di Chicago, Skiles era subentrato nella stagione 2003/2004 a Cartwright, terminando con un record perdente; nei tre anni successivi, però, l'ex giocatore dei Magic ha riportato la franchigia ai playoff, dopo 6 anni di purgatorio, venendo eliminato al 1° turno i primi due anni, e in semifinale di Conference la scorsa stagione.
Il fatto di essere sempre incompiuta (nonostante sia una buona squadra, viene sempre eliminata presto dai playoff), sta pesando non poco sulle spalle della franchigia, che ha a che fare anche con un pubblico molto esigente dopo i fasti dell'era Jordan e le delusioni dell'era post-Jordan; e proprio per questo Skiles dovrà riuscire ad invertire la rotta della sua squadra, e dovrà farlo anche celermente se non vuole essere il primo coach esonerato della stagione (Jeff Van Gundy attende notizie).
Il mercato
Dopo non aver avuto possibilità di muoversi granché nel mercato dei free-agent (rifirmato Nocioni e preso Joe Smith), ai Bulls si è tornato a parlare di Pau Gasol, come del giocatore chiave per risolvere i cronici problemi in post della squadra; così come già nella scorsa stagione, però, l'affare non è facilmente concludibile, in quanto all'interno della trade è sempre inserito Luol Deng, giocatore di cui Paxson non vuole privarsi.
In estate inoltre, ai Lakers è esploso il caso Bryant, e da subito le voci di un possibile scambio si sono concentrate sulla franchigia dell'Illinois.
Gordon, Deng, Noah e Thomas la richiesta dei gialloviola, "No" la risposta dei Bulls, "Deng non è cedibile".
Le due dirigenze non si muovono dalle loro posizioni, ed un accordo sembra molto difficile se Chicago non inserirà anche Deng nella trattativa.
Conclusioni
La situazione appare abbastanza critica per la dirigenza: giocatori scontenti, coach in bilico, sistema di gioco da rivedere, voci di trade sempre più insistenti, tifosi che allo United Center inneggiano a Kobe.
Tutto fa presagire ad una stagione con ben poche soddisfazioni per i Bulls, ma mai dare per finita una squadra Nba con giocatori pieni di talento, e con un coach che fa dell'intensità e della voglia il suo marchio di fabbrica.