David West, miglior marcatore degli Hornets, 40 punti contro Memphis
Paul, Peja and Playoffs
Il proprietario degli Hornets, George Shinn, ha deciso di sintetizzare così, in tre semplici parole, l'obbiettivo principe della stagione appena iniziata e i due principali mezzi per raggiungerlo.
Sembra retorico, ma lo scopo di raggiungere i playoffs non è cosa da poco da queste parti. A causa di un'imponente quanto incredibile serie di infortuni, sono ormai tre anni che la franchigia di Crescent City non ha l'opportunità di entrare nel giro del basket che conta, di dare una sbirciatina al periodo caldo della stagione, quello da maggio in poi.
Da quando si sono spostati da Charlotte, in cinque stagioni gli Hornets sono andati ai playoffs solamente due volte, entrambe culminate con un'eliminazione al primo turno, per mano di Philadelphia nel 2003 e di Miami l'anno successivo. La stagione 2004/2005 è stato il classico fondo del barile: causa l'incredibile mole di infortuni occorsi al roster, con Magloire fuori per 59 partite e Baron Davis per 24, i Calabroni assaporarono soltanto 18 volte il sapore della vittoria.
Ma come a volte accade (ricordiamo, una per tutte, San Antonio nel 1996/97), non tutto il male vien per nuocere. E così, il 28 giugno 2005, quelle misere 18 W valsero alla franchigia della Lousiana la quarta chiamata assoluta del draft, concretizzatasi nel nome di Chris Paul, playmaker dal talento sopraffino da Wake Forest University (già , la stessa del Signore degli Anelli che dieci anni fa comprò casa vicino all'Alamo).
Dopo un 2005/06 di grandi soddisfazioni sportive (20 vittorie in più dell'anno precedente, grazie soprattutto ad un Paul da 16,1 punti e 7,8 assists a sera, Rookie of the Year 2005) circondate e sminuite però dalla tragedia dell'Uragano Katrina, che costrinse il team a far le valige in direzione di Oklahoma City, il 2006/07 iniziò con l'obbiettivo di tornare a livelli competitivi.
Come riuscirci? Semplice, firmando, e a volte strapagando, qualche pezzo forte.
Ecco quindi che il GM Jeff Bower non esitò a mettere sotto contratto Peja Stojakovic per 5 anni e ben 64 milioni di dollari, ritenuto il tiratore ideale per gli spazi e le occasioni create da CP3; non pago di quest'operazione, pensò bene di spedire J.R. Smith e PJ Brown a Chicago in cambio del verticale Tyson Chandler, che con David West avrebbe potuto formare una temibile accoppiata di lunghi.
Peccato però che tra le cose non acquistabili con Mastercard rientri anche la fortuna. Nonostante le grandi aspettative e le ottime premesse, infatti, il bilancio finale a inizio maggio 2007 parlava di 39 W e 43 sconfitte, con un incremento di una sola vittoria rispetto all'anno precedente. Ancora una volta furono determinanti gli infortuni: 171 furono le gare saltate da singoli giocatori del roster, dove la parte del leone la fece Peja, con sole 13 allacciate di scarpe, seguito a ruota da altri due giocatori fondamentali per l'economia della squadra: David West saltò 32 gare e Bobby Jackson 26. Senza contare un Chris Paul dolorante per tutta la stagione, assente per 18 sere e che in estate si è poi fatto operare.
Passion, Purpose, Pride
Ecco perché questi Hornets si sono presentati al via quest'anno affamati di vittorie. Avendo ritrovato Peja Stojakovic (ancora non in perfetta forma, però) e con un Paul ai livelli dei migliori cinque del ruolo, l'obbiettivo post season sembra davvero a portata di mano, pur in un'aggueritissima Southwest Division, definita dagli addetti ai lavori come "forse la più forte di sempre"; a New Orleans ci credono, tanto da aver coniato il motto ufficiale della stagione: passione, obbiettivo, orgoglio.
Passion
L'inizio di New Orleans è stato a dir poco strepitoso. Dopo dieci gare di regular season il loro bilancio parla di un'incredibile 8-2, che grazie alla sconfitta degli Spurs contro i Mavs, ha consentito alla squadra della Louisiana di posizionarsi a pari merito con i Campioni NBA in cima alla Southwest Division, con una gara di vantaggio sui Mavs e addirittura due sui Rockets:
New Orleans Hornets 8-2
San Antonio Spurs 8-2
Dallas Mavericks 6-2
Houston Rockets 6-4
Memphis Grizzlies 2-6
Ma quali sono i fattori che stanno rendendo gli Hornets la vera sorpresa della Lega? Innanzitutto, guardando contro chi hanno giocato in queste prime uscite stagionali
W vs. Sacramento Kings 104 - 90
W vs. Portland Trail Blazers 93 - 113
W vs. Denver Nuggets 93 - 88
W vs. Los Angeles Lakers 118 - 104
L vs. Portland Trail Blazers 90 - 93
L vs. San Antonio Spurs 97 - 85
W vs. Philadelphia 76ers 93 - 72
W vs. New Jersey Nets 84 - 82
W vs. Philadelphia 76ers 76 - 95
W vs. Memphis Grizzlies 120 - 118
si può affermare, a mio modo di vedere, che all'esaltante bilancio degli Hornets abbia contribuito il calendario sicuramente favorevole delle prime gare. Infatti, per cinque o anche sei gare su dieci i Calabroni hanno affrontato avversari quasi certamente inferiori: vedasi Sacramento, Portland, Phila, Memphis e, almeno in questo inizio, New Jersey.
Purpose
Ma a parte questo "alibi", nient'altro può sminuire l'ottimo lavoro dei ragazzi di coach Byron Scott, soprattutto considerando le due vittorie davvero significative contro Denver e Lakers.
Contro i Nuggets, il 4 novembre scorso, gli Hornets hanno mostrato una solidità difensiva inaspettata dagli avversari: "a volte potevamo correre su e giù per il campo" ha detto a fine gara Carmelo Anthony (autore insieme ad AI di 43 punti, 8 rimbalzi e 9 assists) "ma loro hanno fatto un ottimo lavoro in difesa per impedirci buoni tiri".
Risultato? 93-88 Hornets, con Chris Paul autore dei due liberi che hanno suggellato la vittoria a 11.7 secondi dal termine (per lui tripla doppia con 15 punti, 11 assists e 8 rimbalzi) e altri cinque uomini (Peterson, West, Chandler, Butler e Jackson) in doppia cifra così da supplire all'imprecisione al tiro di Stojakovic (1/8 dall'arco).
Contro i Lakers, gli Hornets hanno confezionato un piccolo capolavoro: con una difesa degna delle altre big divisionali, hanno contestato tutto il contestabile, permettendo a Kobe Bryant la prima conclusione solo a 3:26 dalla fine del primo quarto. Dall'altro lato del campo, poi, Stojakovic si è finalmente guadagnato la pagnotta, e forse anche qualcosa di più, infilando ben 10 triple su 13 tentativi e chiudendo con 36 punti, di cui 17 nel terzo quarto.
A pescarlo puntualmente è stato CP3, che ha pensato bene di piazzare a sua volta il proprio record personale di assistenze: per lui in 35 minuti 19 punti, 2 palle perse e 21 assists diretti, oltre che al serbo, anche ad un West da 22+8 ed al solito solidissimo Chandler da 10 e 11 rimbalzi. "Paul ci ha demoliti" ha commentato Phil Jackson "trovando i compagni sulla linea da tre punti. Abbiamo provato un sacco di cose per limitarlo difensivamente, ma lui penetrava nella nostra difesa"".
Pride
L'orgoglio dei Calabroni è saltato fuori nella decima gara stagionale. Impegnati nello scontro divisionale contro Memphis, gli Hornets hanno dovuto far fronte ad un Navarro formato All Star, capace di un formidabile 8/9 dall'arco e 28 punti finali, oltre ai 40 punti e 12 rimbalzi dell'accoppiata Gasol – Gay.
La partita, in mano Hornets per lungo tempo, si è risolta in un overtime, dove, segnale importante, è emerso come go-to-guy David West, il quale ha segnato il fadeaway della vittoria a suggello dei suoi 40 punti (con 17/29 dal campo). Accanto all'ala ventisettenne da Xavier, il solito immenso Paul, autore di 28 punti e 13 assistenze.
The Future
Dopo dieci gare, David West è il miglior marcatore del team, con 20,4 punti, 7,7 rimbalzi e soprattutto ottime cifre dal campo (47,8%) e dall'arco (60%). Accanto a lui, il vero motore del team, Chris Paul, elevatosi a mio parere al livello dei migliori interpreti della Lega, con 19,5 punti e 10,8 assists, 3,20 palle rubate e 3,70 perse.
Nel pitturato Chandler sta confermando i progressi dello scorso anno, viaggiando a 11,3 punti, 12 carambole e 1,5 stoppate a sera con un buon 54,7% dal campo.
Ancora non in forma invece, Peja, che a parte i 36 punti infilati contro i Lakers, ha mostrato di soffrire ancora dell'infortunio dell'anno passato. Per lui, in circa 30 minuti di impiego medio, solo 13,1 punti con il 38% al tiro ma un confortante 46% dall'arco.
Infine, il neoacquisto Morris Peterson, utilizzato insieme a Rasual Butler e Bobby Jackson per più di venti minuti a sera, sta facendo ciò per cui è stato firmato, trovando il canestro dalla lunga distanza 46 volte ogni 100 tentativi.
Pressoché nullo, invece, l'apporto iniziale del promettente rookie Julian Wright, in campo solo sei volte e per 5 minuti a volta. Ma per coach Scott ci sarà tempo per inserirlo, soprattutto se la stagione dovesse proseguire su questi binari.
Cosa accadrà in futuro? Tra qui e l'inizio della post season ci sono ancora 72 partite, e tra la fine di novembre e gennaio arriveranno scontri difficili, necessari per testare una volta per tutte la squadra. Lunedì 19 gli Hornets affronteranno Orlando, quattro giorni dopo Utah, e nel mese di dicembre si giocherà contro Dallas, Detroit, Denver, Phoenix e Cleveland.
Considerato che ad oggi l'unico scontro di vertice è stato contro gli Spurs, e considerato l'esito infausto di questo, la mia impressione è che gli Hornets possano e debbano ancora migliorare, soprattutto nella coesione del gruppo e nella tenuta mentale. Sono una squadra giovane, con giocatori chiave che ancora devono esprimere il meglio di loro: Paul ha infatti solo 22 anni, Chandler 25, Butler 27, West 28 e Stojakovic 30.
Se gli infortuni si dimenticheranno di Crescent City, nel 2008 il principale evento sportivo della città della Louisiana non sarà l'All Star Game di febbraio, ma un viaggio nella post season di un team che potrà dire la sua in quel della Western Conference.