La saga dei Knicks e una nuova appasionante puntata
Il Premio Nobel per la Dichiarazione della settimana va di sicuro a Phil Jackson, nervosetto il suo dopo la sconfitta contro i San Antonio Spurs: " Ho saputo - ha annunciato il coach al termine di una conferenza stampa in cui, tanto per spostare l'asse dell'attenzione, aveva già fatto riferimenti ambigui alla comunità gay - che Dennis Rodman sta cercando di farsi assumere come assistente allenatore in una qualche squadra della Wnba." Viene in mente qualche passaggio de "Il Gorilla", canzone composta da George Brassens, tradotta in italiano da Fabrizio de André: le donne del paese, vedendo l'animale condotto per la città in catene, adocchiano le dimensioni del suo apparato riproduttore e vagheggiano delle prestazioni sessuali conseguenti. "La differenza fra idea e azione" è la distanza che intercorre tra quelle giocatrici che, sentendo Jackson e memori delle prestazioni descritte da Rodman in "Bad as I wanna be", al momento auspicano che il sogno del "verme" s'avveri, e la richiesta immediata di cessione che le atlete medesime formulerebbero se fosse la loro squadra a realizzarlo.
Tornando al concreto: è bastato un battibecco fra il Presidente, già protestato, Isiah Thomas e il playmaker con l'hobby della pittura sulla scarpa, Stephon Marbury, perché Wechester venisse invasa da fili, microfoni, parabole e gruppi di continuità : "Non è a casa - ha dichiarato un tranquillo signore che sta pagando a caro prezzo la condivisione dell'isolato con Steph - l'ho visto uscire stamattina con il suo Suv" Minuto per minuto si è cercato di ricostruire il tragitto del fuori strada, nemmeno fosse quello ben più noto di O. J. Simpson, per fortuna senza bisogno del plastico delle strade interstatali che collegano il sobborgo residenziale alla California dove la sua squadra ha appena perso l'ennesima partita. La domanda è: torna, non torna?
Proprio allo Staples Center, i giornalisti convenuti hanno potuto assistere al curioso fenomeno della "Metamorfosi da taccuino": "Non puoi mai sapere che cosa un giocatore sta passando - ha dichiarato a taccuni aperti Eddy Curry, si dice, uno dei pochi amici rimasti a Coney Island Finest - e quindi non lo voglio giudicare: spero solo torni presto." Poi i microfoni si spengono, rimane solo una parte dei giornalisti, la musica cambia; tanto che pare che la speranza di un ritorno del giocatore sia legato all'impazienza di gran parte dello spogliatoio di appenderlo al primo attaccapanni disponibile. Se non proprio l'antesignano, il miglior interprete di questa (non tanto) raffinata tecnica di comunicazione fu l'O'Neal del 2003-04, reduce da tre titoli consecutivi: quell'anno i Los Angeles Lakers iniziarono con un record tragico, imbarazzanti sconfitte contro le peggiori avversarie della lega, grazie all'incessante opera di Kupchack che in solo 2 anni era riuscito a ridurre all'osso l'organico ereditato dal mentore Jerry West. All'ennesima sconfitta, più grave perché contro quei Kings che l'anno prima erano stati sconfitti solo al supplementare di gara7, a taccuini aperti Shaq parlò della necessità "per giovani come Pargo e Samake (?!?) di fare esperienza e di crescere in vista delle partite che contano per davvero".
Un secondo dopo: "Sia ben chiaro – disse il pivot i cui rapporti con la dirigenza erano già piuttosto tesi - che il loro dodicesimo (Lawrence Funderburke ndr) da noi sarebbe un giocatore da 20 minuti; cosa dovrei ben fare?" "Mi raccomando non scrivetelo" di solito è la formula con cui l'alteta fa capire ai cronisti che lo devono scrivere assolutamente.
Pure Thomas comunque ha un po' di pressione addosso; e spiace rimarcarlo perché da quando è nella capitale del mondo l'ex Bad Boy non ha nemmeno avuto il tempo di molestare una dipendente della sua squadra in santa pace. L'interrogativo al quale è stato sottoposto è di quelli importanti: "E' vero che Marbury se ne è tornato a New York con il tuo permesso? Steph lo ha ancora ribadito, con l'atteggiamento di chi si attende d'essere accolto come il figliol prodigo, prima di riaggegarsi alla squadra. "Quello che ci siamo detti - ha risposto l'allenatore presidente - è meglio che ce lo teniamo tra noi". Non sia mai infatti che Jim Dolan lo venga a sapere, realizzi finalmente nelle mani di chi si è messo e decida di buttare via parte dei dollari che sprecherebbe comunque per accontentare la prossima mattana del suo allenatore per allontanarlo definitivamente. Dando un po' di sollievo e restituendo una minima speranza a chi i Knicks li segue, da tempo, col cuore sanguinante.
Pillole da Sacramento , dove son sempre più disperati. L'unica buona notizia è arrivata qualche giorno fa quando il Procuratore distrettuale ha archiviato il procedimento nei confronti di Justin Williams, accusato di molestie sessuali; la franchigia, per bocca del suo general manager Geoff Petrie non ha commentato. A taccuini chiusi, il giocatore ha esternato tutta la sua delusione per la conclusione della vicenda, ben sapendo che nella Nba del 2007-2008, senza almeno un affidamento ai servizi sociali per aver malmenato la ragazzotta di turno non sei davvero nessuno.