Al Jefferson è l'uomo del futuro per i Wolves…
Obbiettivi
Ci sono date ed eventi che cambiano la storia e segnano lo spartiacque tra un'era passata che si chiude ed una futura che si apre, nella vita come nel basket NBA. Circa 2000 anni fa un signore con la barba e con una certa propensione ai miracoli scriveva la storia dei nostri calendari, oltre ad altri contributi assortiti; in modo simile ma senza essere blasfemo, il 31 Luglio 2007 segna per la ventennale storia della franchigia di Minnesota il nuovo “punto zero”, la nuova fase tecnica ed emotiva in cui ci si accinge ad entrare: il dopo Garnett, il Post KG21 trade.
Impossibile prevedere con precisione che tipo di scintilla scoccherà in questo cantiere improvvisato con tanto talento, ma i playoff sembrano oggettivamente lontani, gli ultimi posti ad Ovest oggettivamente vicini ed una scelta alta al prossimo draft cosa alquanto gradita.
Conference: Western Conference
Division: Northwest Division
Arrivi: Greg Buckner (Dallas Mavericks); Michael Doleac (Miami Heat); John Edwards (NBDL); Ryan Gomes (Boston Celtics); Gerald Green (Boston Celtics); Juwan Howard (Houston Rockets); Al Jefferson (Boston Celtics); Theo Ratliff (Boston Celtics); Wayne Simien (Miami Heat); Sebastian Telfair (Boston Celtics); Antoine Walker (Miami Heat)
Partenze: Mark Blount (Miami Heat); Ricky Davis (Miami Heat); Kevin Garnett (Boston Celtics); Trenton Hassell (Dallas Mavericks); Mike James (Houston Rockets); Justin Reed (Houston Rockets)
Rookie: Corey Brewer; Chris Richard
Probabile quintetto base:
Playmaker: Randy Foye
Guardia: Rashad McCants
Ala piccola: Ryan Gomes
Ala grande: Al Jefferson
Centro: Theo Ratliff
Roster
Guardie: Greg Buckner, Randy Foye, Marko Jaric, Rashad McCants, Sebastian Telfair
Ali: Corey Brewer, Ryan Gomes, Gerald Green, Juwan Howard, Al Jefferson, Chris Richard, Wayne Simien, Craig Smith, Antoine Walker
Centri: Michael Doleac, John Edwards, Mark Madsen, Theo Ratliff
Head coach
Randy Wittman
Assistant coaches
Bob Ociepka
Jerry Sichting
John-Blair Bickerstaff
Ed Pinckney
Assistant coach/Advance scout
Brent Haskins
Strenght and conditioning coach
Dave Vitel
Assistant trainer
Gregg Farnam
Commento
Se ne parlava da almeno due anni, ma al termine dell'ennesima regular season deludente culminata con la terza mancata partecipazione ai playoff consecutiva, qualcosa sembrava inesorabilmente destinato a muoversi. Con Boston in un primo tempo fuori causa per il presunto rifiuto del giocatore, Phoenix e Lakers erano passate in prima fila nella corsa a Garnett ed i nomi coinvolti erano altisonanti: Shawn Marion o addirittura Amare Stoudemire per i Suns, la coppia Bynum-Odom per i gialloviola.
Con tempismo inatteso è invece tornato alla carica il mai domo Danny Ainge, alla guida di un pulmino pieno zeppo di giovani di talento e belle speranze, oltre che con la firma di Ray Allen ed il susseguente sì di un finalmente convinto Kevin. Il resto è storia.
Difficile dire ora se il “cinque per uno” andato in porto con Boston fosse davvero lo scambio migliore per Minnesota, così come è impossibile verificare la veridicità dei rumors alternativi. I tifosi dei Wolves, dopo un iniziale tentativo di cordata per cercare di non far rientrare McHale nella “terra dei 10.000 laghi” e tante ipotesi sul fatto che fosse in realtà ancora stipendiato dai Celtics, stanno poco alla volta e faticosamente tollerando se non proprio accettando la logica che c'è dietro questa mossa: decisa ricostruzione coi giovani.
Il GM ex Celtics tuttavia subentra ora anche a livello di (basso) gradimento nel “progetto junior” all'amico Ainge, invece ormai redento dall'ambiente nel giro di un mese. Percorre parzialmente questa linea baby anche il recente movimento di mercato con Miami, che ha la precisa ratio di liberarsi di un Ricky Davis in scadenza – che come guida ed esempio per i giovanissimi non è proprio l'ideale – e del pesante contratto di Mark Blount, che prevedeva poco meno di $8 milioni annui fino al 2010, il tutto per permettere ai tanti giovani presenti in roster di trovare minuti e spazio in campo.
Il bicchiere mezzo vuoto della trade è rappresentato dall'arrivo in maglia Wolves di un soggetto come Antoine Walker, storicamente non irreprensibile in materia comportamentale, tecnica e salariale. Una “team option” permetterà a Minnesota di risolvere in parte l'ultimo di questi problemi, uscendo dal suo contratto nell'estate 2009 e risparmiando sui due anni successivi circa $20 milioni complessivi; resta da chiarire invece che razza di catechizzazione possa offrire la sregolatezza tecnica di The Genius a questo gruppo di sbarbatelli poco indottrinati, oltre alla difficile individuazione del suo destino (sesto uomo, titolare o buyout?).
Rientrano nello scambio prevalentemente per ragioni contabili anche Michael Doleac ed il suo contratto da $3 milioni in scadenza, così come non riesce ad essere più motivato sul piano tecnico ed in prospettiva futura l'approdo di Wayne Simien, ala grande piuttosto deludente nella sua esperienza in Florida, che trova qui anche un eccessivo affollamento nel ruolo.
Tutti e tre i nuovi arrivati non possono considerarsi sicuri della loro permanenza in squadra, perchè l'attuale roster di 18 giocatori deve essere ridotto a 15 prima dell'inizio della stagione e quasi sicuramente almeno uno di loro rientrerà nei 3 epurati, o via buyout o via taglio.
Il nuovo corso di Minnie ha così in Al Jefferson il fulcro, l'attrattiva dal maggiore potenziale oltre che dal più concreto presente. Giocatore di difficilissima inquadratura tecnica, è quasi impossibile trovargli un paragone tra i contemporanei: in attacco ha alcuni momenti di assoluto dominio in cui spiega pallacanestro dal post basso e lascia all'osservatore qualche flash addirittura a livello Tim Duncan.
Improponibile invece il confronto in difesa, fase del gioco in cui risulta a tratti irritante – specie prima che il suo avversario riceva palla – per quella pigrizia tipica di giocatori del sud degli Stati Uniti (Mississippi). Altra musica quando si tratta di stoppare e soprattutto prendere rimbalzi, categoria nella quale potrebbe addirittura provare ad insidiare lo stesso Garnett per la vittoria assoluta.
Anche per questa serie di ragioni è molto complicato trovare il compagno ideale da affiancare a Big Al nella frontline titolare e soprattutto capire se si deve trattare di un centro o di un'ala grande. Nella prima ipotesi, in lizza rimangono ora una fattispecie anomala come Doleac – certo non grande interprete della fase difensiva ma possibile complemento in attacco di Jefferson con il suo solido piazzato dal post alto – ed una presenza tipica d'area come Theo Ratliff, si spera almeno in parte ristabilito dai tanti problemi fisici di questi anni ma arrivato in Minnesota quasi esclusivamente per il suo pesante e paradossalmente prezioso contrattone in scadenza.
In uno scenario con l'ex Prentiss High School da centro, invece, spiccherebbero ancora di più le figure di Ryan Gomes e Craig Smith. I due hanno una certa preoccupante similitudine tecnica che rende difficile prevedere per loro un lungo futuro insieme, ma ad onor del vero Ryan sta completando il prevedibile processo di trasformazione da “undersized power forward” in ala piccola pura, mettendo in mostra quei tanto sospirati progressi nel tiro dalla distanza che i numerosi suoi estimatori a Boston auspicavano.
Craig ha invece spopolato tra Summer League e preseason, giocate con piglio da leader emotivo dominando con la sua intensità nel gioco interno, e si candida autorevolmente per quel lavoro sporco tanto sgradito invece a Jefferson. Sia Gomes che Smith hanno però il contrattino rookies da secondo giro in scadenza ed una scelta tra i due si potrebbe quindi rendere sofferta ma inevitabile.
Potrebbe alimentare i dubbi di coach Wittman tra le tante alternative la sempre più possibile – ma non ancora probabile – permanenza di Juwan Howard. Dopo l'addio di Garnett si sono rincorse le voci sul suo scarso interesse a fare da balia per Jefferson e soci, ma i rumors di buyout si stanno spegnendo e l'ex Rockets è ancora in Minnesota, pur con le valigie non certo disfatte.
Si aggira sempre nel roster anche l'idolo Mark Madsen, disponibile per qualche mazzata e qualche nobile aiuto difensivo come inviato in missioni speciali, mentre è da poco stata firmata la seconda scelta Chris Richard, panchinaro di lusso dei Florida Gators due volte campioni NCAA. Come ultimo lungo di rotazione prova a fare la squadra anche John Edwards, che oltre ai centimetri ed all'impegno ha da offrire poco altro alla causa.
Il rinnovato reparto piccoli – vedovo di Mike James, gestito in maniera orrenda da McHale – ha qualche gerarchia più delineata ma tanto talento giovane di non facile canovaccio e con limiti enormi nella lettura del gioco, problema forse insormontabile per lo staff tecnico. Randy Foye e la prima scelta Corey Brewer dovrebbero essere i maggiori punti fermi per il futuro.
L'ex Connecticut ha mostrato nel finale della scorsa stagione segnali decisamente confortanti ed un progressivo adattamento a quel ruolo da point guard che tuttavia resterà sempre non del tutto compatibile con le sue caratteristiche; l'ex Gators si presenta tra i pro non solo con titoli individuali e di squadra, ma anche con credenziali importanti per il doppio ruolo di guardia/ala piccola grazie alla completezza su entrambi i lati del campo ed all'esperienza ad alti livelli maturata al college: il posto in quintetto può essere suo molto presto.
Dallo scambio Garnett sono inoltre arrivati due giocatori sfiziosi per quanto problematici sotto vari punti di vista. Tra i tanti talenti di cui sono dotati Bassy Telfair e Gerald Green, infatti, spicca per il primo quello di cacciarsi nei guai fuori dal campo e di risultare a lunghi tratti dannoso per la squadra in cui milita, e per il secondo quello di sprecare tanto ben di Dio fisico-tecnico a causa dell'abissale distanza da un livello accettabile di comprensione e scolarizzazione del gioco.
Se si aggiungono ai giovani fin qui citati i confermati Rashad McCants, Marko Jaric e l'arrivo di Greg Buckner da Dallas (tramite trade sostanzialmente alla pari con Trenton Hassell), abbiamo il quadro dell'abbondanza e della profondità che McHale ha scaricato su coach Randy Wittman, che oltre a questa patata bollente si ritrova tra le mani anche la pressione della piazza che non vede in lui il condottiero ideale per questo gruppo tutto da assemblare da zero.
Rashad ha una grande occasione da giocarsi con la partenza di Davis, perchè la concorrenza di Green e Brewer è sì temibile ma potrebbe riguardare ruoli diversi da quello di guardia titolare: i segnali in preseason sono confortanti; Marko si gode una dorata permanenza ai margini del roster come cambio di Foye, non credendo ai suoi occhi quando scopre che il suo longevo contratto gli porterà nelle tasche più di $7.5 milioni nel 2011; Greg infine sostituisce in tutto e per tutto Hassell nel contributo difensivo, nel ruolo essenziale per la difficile chimica da cercare e nel peso salariale.
Doveroso quanto doloroso il pensiero finale, senza troppi giri di parole stando personalmente ben alla larga da giudizi o discorsi etici, dedicato ad un ragazzo di 25 anni che ha vestito la sua ultima maglia NBA proprio con Minnesota, pochi mesi fa.
Un semplice saluto ad un talento di raro splendore che ha fatto sognare in molti per l'enorme potenziale mai espresso e che ha posto fine ai suoi incubi abbandonandosi con la propria vettura tra le rotaie, in una notte di metà Agosto, aspettando che un treno si portasse via anche i suoi tanti, troppi problemi: ciao Grifone, addio Eddie Griffin.