Focus: Team USA (Part I)

Ne è passta di acqua sotto i ponti dai tempi del Dream Team Originale…

1989, "Sorvegliato speciale", film diretto da John Flynn: Sylvester Stallone interpreta il ruolo del detenuto modello (Frank Leone) che sta scontando gli ultimi giorni di prigionia, ma deve fare i conti con la rabbia e i soprusi vendicativi del tremendo direttore Drumgoole (interpretato da Donald Sutherland), deciso ad incastralo per condannarlo definitivamente.
Così il capitano Meissner, che ha capito tutto il complotto organizzato dall' ambiguo e crudele direttore, si rivolge al protagonista:
"Adeguati al sistema Leone, se vuoi sopravvivere, adeguati."

Lo sguardo e l'espressione del capitano sono decisi, addirittura rabbiosi tanta sarebbe la sua voglia di schierarsi e di risolvere la situazione a favore del detenuto. Il tono della sua voce ne è una inevitabile conseguenza: profondo, duro e si abbatte con l' inevitabilità  di una sentenza sulla condizione del protagonista. Le parole di Meissner a Leone, prima ancora che un consiglio, sono di fatto una verità  assoluta, poiché tutto il significato di quella scena rimanda ad un concetto essenziale: la sopravvivenza, o addirittura la vittoria, non possono prescindere dalla conoscenza del sistema e delle regole del gioco in cui si è inseriti, e dalla capacità  di adattarsi ad esso.

Adattarsi ma non assorbirlo meccanicamente, perché comunque, pur rimanendo all' interno del Sistema, l' individuo tuttavia può sempre trovare la via per rimanere sé stesso, senza snaturarsi, e dare un tocco di personale originalità  a ciò che fa.
Anzi, proprio la conoscenza delle regole del gioco sembrano essere, in qualsiasi campo, la condizione necessaria per entrarne a far parte e determinare vittoria e originalità  rispetto agli avversari.

Raramente infatti, l' individuo è così superiore alla media da essere più forte del sistema, e imporsi lui stesso come "regola" per gli altri: il sistema è il risultato delle condizioni stabilite dalla volontà  di tanti individui che esclude e sconfigge chi non sa o non vuole riconoscerlo.

E con questa dura legge, presente anche nello sport, hanno dovuto confrontarsi pure gli Stati Uniti che, ai Campionati americani di Las Vegas, hanno dimostrato come la loro volontà  di riconquistare l' oro olimpico a Pechino2008, non potesse prescindere dalla conoscenza dei meccanismi che regolano il basket internazionale.

Il sesto posto ai Mondiali di Indianapolis2002, il bronzo alle Olimpiadi di Atene2004, poi "confermato" ai Mondiali in Giappone2006, sono stati i risultati non solo fallimentari ma, addirittura, imbarazzanti che hanno spinto la federazione americana a rivedere in modo radicale i principi con cui veniva selezionata la squadra nazionale: in questo contesto, ecco quindi che il termine "rivedere" acquisisce più che mai il significato di "adattarsi ad un sistema".

In realtà  questa opera di revisione era già  cominciata prima dei Mondiali nipponici; successivamente l' ulteriore delusione conseguita in Giappone ha spinto la federazione americana a ritoccare una volta di più il proprio progetto.

Infatti, a partire dal 1992 (anno in cui la NBA ha deciso di impiegare i PRO anche nelle competizioni internazionali), i criteri di selezione delle squadre nazionali contenevano dei limiti piuttosto evidenti: la squadra veniva composta da una speciale giuria di esperti NBA, ognuno dei quali poi proponeva il nome di alcuni giocatori. Il problema consisteva nel fatto che questi giocatori erano scelti quasi esclusivamente sulla base del talento e del loro impatto pubblicitario, senza considerare minimamente alcune logiche collettive come, ad esempio, la possibilità  di coesistere tra di loro e di essere funzionali alla filosofia di chi li avrebbe allenati.

Tali limiti venivano poi esasperati dal fatto che queste nazionali venivano continuamente ricostruite "ex novo" e si presentavano ad ogni manifestazione con una preparazione collettiva piuttosto carente: i giocatori selezionati, cui veniva concesso un ampio periodo di riposo per superare le fatiche della stagione NBA, si riunivano solo 15/20 giorni prima dell' evento.

Da questa sommatoria di problematiche, ne conseguivano formazioni che invece di essere vere e proprie "squadre", erano piuttosto "selezioni di stelle", "All Star Team": accozzaglie cioè di talento e atletismo, senza alcun tipo di chimica, prive di armonia in spogliatoio, senza la minima sintonia tra allenatore e giocatori, e il cui compito principale era non solo vincere, ma esibire agli occhi di tutto il mondo la crème del basket PRO.
Il compito dell'allenatore non consisteva quindi nel dare una precisa impostazione tattica alla squadra, ma semplicemente nel ripartire in maniera equa il minutaggio tra i giocatori per evitare gelosie o malumori interni.

Per sovrammercato, aggiungiamo inoltre una conoscenza molto approssimativa del basket internazionale (giocatori, regole e stile di gioco) che, di conseguenza, non di rado, ha creato agli americani problemi di adattabilità  ad una dimensione tecnica e tattica diversa dalla loro.

Tuttavia, questi limiti, pur nella loro palese evidenza strutturale e filosofica, dall' oro conquistato alle Olimpiadi di Barcellona92 fino a quello, a dir la verità  un po' più faticoso, di Sydney2000, sono stati nascosti e, quindi sottovalutati, dal fatto che gli USA Team di quegli anni erano talmente superiori per talento e fisicità  agli avversari da essere persino superiori a qualsiasi logica sportiva: anzi erano gli USA stessi che proponevano e dettavano le loro regole del gioco basate sul talento, sull' intensità  fisica, sulla lunghezza della loro panchina. In definitiva, gli USA erano il "Sistema", erano la "Regola".

Erroneamente, ma se vogliamo pure comprensibilmente viste le vittorie ottenute, gli USA si sono fossilizzati nella presuntuosa e ottusa convinzione che fosse sufficiente il loro talento per vincere, senza preoccuparsi invece di costruire la squadra nazionale con criteri più collettivi, e di conoscere in modo più approfondito il basket al di là  dell' Oceano.

I Mondiali di Indianapolis e le Olimpiadi di Atene hanno fatto crollare tutte queste certezze: gli USA non sono stati più in grado di presentarsi con la formazione migliore possibile e di conseguenza il loro talento, pur nettamente superiore alla media, non era più così irresistibile da nascondere certi vizi di costruzione che, in seguito, sono emersi palesi.

I giocatori americani si sono trovati spesso in difficoltà  con i metri arbitrali internazionali e si sono dimostrati completamente impreparati contro alcune soluzioni tattiche proposte dalle squadre europee come la difesa a zona: è venuta a galla perciò l' incapacità  di sapersi adeguare ad uno stile di gioco diverso da quello che si pratica tra i PRO, ma soprattutto è apparsa lampante, rispetto alle altre nazionali più collaudate, la mancanza di armonia in campo e in spogliatoio.

La squadra del 2002 fu letteralmente dilaniata dai dissidi in spogliatoio creati da Paul Pierce e Baron Davis che, nemmeno un allenatore abituato alle personalità  problematiche come George Karl, fu in grado di tenere a freno; fu proprio la scarsa leadership di Karl a manifestarsi e a condizionare profondamente la squadra che, non a caso, si sfaldò miseramente dopo la sconfitta contro l' Argentina.

La squadra di Atene2004 presentò altrettanti gravi problemi di spogliatoio con la rivalità  intestina tra Iverson e Marbury, con le continue lamentele di Anthony verso coach Larry Brown per il suo scarso impiego. A ciò si aggiunsero i limiti tecnici di una squadra priva di uno vero playmaker, di una batteria affidabile di tiratori dal perimetro, e con alcuni giocatori come Amare Stoudemire o Shawn Marion completamente spaesati contro le difese europee.

Fu soprattutto il fallimento alle ultime Olimpiadi, cui storicamente gli americani, per questioni patriottiche, tengono molto più che ai Mondiali, che mise l' NBA di fronte alla nuda e cruda realtà  dei fatti costringendola a rielaborare i principi di selezione: comporre perciò la squadra nazionale con criteri che si avvicinassero il più possibile a quelli con cui venivano costruite le altre nazionali, creandola attraverso un preciso progetto e non con una selezione estemporanea ed approssimativa.

Continua…

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