T-Mac e Yao Ming sono pronti ad un altro assalto ai playoffs: su di loro pesa la maledizione del primo turno.
Obbiettivi
New faces, old questions: questa la significativa frase che campeggiava poco tempo fa quale titolo di un'interessante articolo pubblicato sul sito dello Houston Chronicle in questi giorni, quattro paroline molto semplici ed adatte a riassumere che cosa attende la ventura stagione dei Rockets.
La missione della futura amalgama tra facce nuove e facce già conosciute è quella di togliere una volta per tutte questa squadra dall'impaccio di superare il primo turno di playoffs, cinicamente diventato unità di misura di riferimento per giudicare la carriera di Tracy McGrady e Yao Ming, accoppiata abituata a fare onde in stagione regolare per poi calare il proprio rendimento davanti a responsabilità più pesanti.
Le potenzialità dei Rockets, sulla carta, portano a pensare che questa squadra possa osare decisamente di più di un semplice passaggio del primo turno, e possa spingersi molto in là nella sempre competitiva Western Conference per dare fastidio alle rivali statali di San Antonio e Dallas.
Proprio nell'ottica di doversi misurare con queste potenze, i Rockets hanno operato con decisione e fermezza in offseason, la quale ha portato un coach offensivamente più aperto del predecessore ed un'iniezione di talento sufficiente a sistemare i problemi cronici della squadra dell'anno scorso, individuati in un supporting cast troppo di contorno, nella mancanza di cattiveria sotto i tabelloni, nonchè nella regia disordinata.
Conference: Western Conference
Division: Southwest Division
Arrivi: Jackie Butler, Mike James, Steve Francis, Justin Reed, Luis Scola
Partenze: Juwan Howard, Vassilis Spanoulis, Jake Tsakalidis
Rookie: Aaron Brooks, Carl Landry
Probabile quintetto base
Playmaker: Mike James
Guardia: Tracy McGrady
Ala piccola: Shane Battier
Ala grande: Luis Scola
Centro: Yao Ming
Roster
Guardie: Rafer Alston, Aaron Brooks, Steve Francis, Luther Head, Mike James, John Lucas III, Brad Newley, Kirk Snyder, Bob Sura, Bonzi Wells.
Ali: Shane Battier, Mike Harris, Chuck Hayes, Carl Landry, Tracy McGrady, Steve Novak, Justin Reed, Luis Scola.
Centri: Yao Ming, Jackie Butler, Dikembe Mutombo.
HEAD COACH
Rick Adelman (College - Loyola Marymount)
ASSISTANT COACHES
Elston Turner (College – Mississipi)
Jack Sikma (College - Illinois Wesleyan)
T.R. Dunn (College – Alabama)
R.J. Adelman (College – Williamette)
STRENGTH-AND-CONDITIONING COACH
David Macha (College – Almeyda)
ATHLETIC TRAINER
Keith Jones (College – Arkansas)
ASSISTANT TRAINER
Keith Garnett (College - Oklahoma)
Commento
L'ultimo ricordo della passata stagione di Houston è la conferenza stampa di Tracy McGrady, forzato alle lacrime dall'ennesima, frustrante eliminazione precoce dai playoffs: la storia si è ripetuta ancora, Houston pareva possedere tutte le carte in regola per sconfiggere Utah, ma per la seconda volta nel giro di tre anni ha perso la decisiva gara 7, ed una stagione regolare di alto livello e diverse prospettive è finita in fumo in un misero attimo.
Da quel momento Daryl Morey, general manager di scuola bostoniana subentrato a pieno regime a Carroll Dawson, si è impegnato a fondo per cercare di raddrizzare le cose, cercando di ritoccare il roster senza stravolgere troppo ed assicurandosi piuttosto un allenatore con un approccio idealistico completamente diverso da quello di Jeff Van Gundy, il cui sistema di gioco era stato preso di mira quale responsabile principale dei fallimenti.
L'inizio era stato stentato, dato che l'unico movimento di rilievo era stata la trade che aveva portato Mike James e James Reed a Houston in cambio di Juwan Howard, mossa che aveva gettato dubbi sulla reale necessità di avere a roster un altro playmaker impuro rinunciando nel contempo ad un giocatore molto tecnico il cui tiro dalla media aveva fatto spesso comodo.
Molte e gradite le notizie che si sono accavallate nei giorni successivi: Morey ha risolto in un colpo solo il problema intimidatorio sotto canestro e la saudade di Vassilis Spanoulis cedendo il greco a San Antonio in cambio dei diritti su Luis Scola, quindi ha approfittato del buy-out generosamente elargito a Steve Francio dai Blazers pur di non falo scendere in campo per loro, riportando a Houston un giocatore dall'indiscusso talento, dal carattere ballerino e dall'infortunio facile. Morey ha quindi terminato la sua opera elargendo una meritata estensione al guerriero Chuck Hayes, non un giocatore di primissimo piano ma senza dubbio elemento importante di tutta la scacchiera.
La vera novità è la nuova filosofia di gioco portata da Rick Adelman, coach dallo stile dichiaratamente offensivo che basa i propri concetti base sulla circolazione della palla e sul costante movimento degli elementi in gioco, ivi compresi tagli a canestro e spostamenti del centro all'esterno per la conclusione da fuori finalizzati a trovare l'uomo libero in ogni circostanza possibile.
Van Gundy aveva operato una sorta di cambio generazionale un anno fa, prima che l'infortunio di Yao Ming lo costringesse a ridiscutere l'impostazione di gioco: McGrady, messosi diligentemente a fare la seconda opzione offensiva, aveva assunto un ruolo maggiormente creativo, tutti i tocchi principali partivano da lui con la finalità di rifornire di palloni il miglioratissimo cinese, autore di una primaparte di campionato strepitosa, con i tiratori esterni appostati sul perimetro per punire eventuali raddoppi.
Con Adelman il discorso cambia, se non altro perché McGrady avrà l'opportunità di essere meno imbrigliato rispetto al passato e perché il roster dispone ora di diversi elementi in grado di giocare in più ruoli, il che permette lo schieramento di almeno quattro quintetti diversi tra loro, da ritagliare a seconda delle caratteristiche dell'avversario di turno.
Finisce quindi l'era del "palla in mano a T-Mac e poi vediamo cosa succede", e comincia quella dove ogni singolo elemento deve saper ragionare ed effettuare la scelta corretta in base alla situazione che ha di fronte, il che presuppone un coinvolgimento dei gregari di gran lunga maggiore rispetto a prima.
Il buon esito dei possessi sarà quindi in relazione alla qualità delle decisioni prese dai giocatori sul campo, cosa che con gli schemi ottusi e predeterminati di Van Gundy non aveva ragione di essere, per la quale si è andati alla ricerca di giocatori attivi e svegli, possibilmente in grado di fare tutte quelle piccole cose che contano più delle statistiche, le stesse che i Rockets non fecero contro i Jazz pagando di tasca propria.
Non va comunque dimenticato che Yao è e resta la minaccia offensiva principale, sulla sua presenza in post Houston si giocherà un'abbondante fetta dei giochi offensivi sfruttando la coordinazione e l'altezza siderale da cui partono i suoi tiri, senza disdegnare qualche spostamento laterale, da dove Ming usa metterla comunque, nonchè qualche viaggetto fuori dall'area verniciata al fine di liberare la corsia al penetratore, con l'opzione di ricevere l'eventuale scarico per un comodo jumper da fuori.
Il settore playmaker, affidato nelle scorse stagioni agli indomabili istinti streetball di Rafer Alston, dividerà minuti tra Mike James e Steve Francis, ambedue giocatori tendenti a dare la precedenza al tiro rispetto al passaggio, con la logica conclusione che i Rockets sono rimasti senza un play che possa definirsi tale.
Alston ha deluso per il livello di decisioni prese sul campo, l'affollamento del roster a livello di guardie l'aveva reso spendibile (prima dei suoi problemi con la giustizia), ed uno dei compiti più difficili per Adelman sarà appunto quello di gestire lui e i due nuovi arrivati con minutaggi congrui a ciascuno.
Il ritmo potrà subire interessanti variazioni quando la scheggia impazzita Aaron Brooks, rookie da Oregon, tra i migliori performers estivi, sarà ritenuto pronto per scendere in campo per dare sensibile aumento di velocità all'azione, ma la palla, come dimostrato in passato, sarà spesso gestita da McGrady e saltuariamente da Luther Head, il quale è migliorato per il secondo anno consecutivo ma ha tradito nei playoffs. In questo contesto, chi resta tagliato fuori è in tutta probabilità John Lucas III.
Il settore ali beneficierà della preziosa presenza di Shane Battier, giocatore estremamente intelligente e difensore affidabile in grado di prendere le misure la miglior avversario in campo; tutto sommato disinteressato alla fase realizzativa, non certo prima nell'ordine delle sue priorità , sarà comunque chiamato ad un importante contributo da fuori quando gli scarichi lo richiederanno, ferme restando le sue grandi qualità di collante di spogliatoio e persona vincente.
Luis Scola porta esperienza pluriennale, conosce già avversari del calibro Nba ed ha tante qualità che servono a Houston, grinta, cattiveria, agonismo ed energia, le quali colmano un'esigenza di squadra che potrebbe rivelarsi più importante di quello che sembra ed essere la vera chiave di volta circa l'attitudine generale; Chuck Hayes ritorna a dare man forte come rimbalzista sottodimensionato in grado di pulire i tabelloni, capace di tanto in tanto di raccattare punti in tap-in data la specializzazione in carambole offensive.
Bonzi Wells, in questo quadro, gioca il ruolo dell'outsider: la sua personalità complicata ha ricevuto una splendida notizia nell'apprendere dell'arrivo di Adelman, suo coach ai Kings, e la sua inaspettata permanenza in Texas fornisce i Rockets di un giocatore che se gestito a dovere può dare punti istantanei e rimbalzi partendo dalla panchina, sempre infortuni e cervello permettendo. Carl Landry, l'altra matricola selezionata a giugno, dovrà combattere per trovare minuti.
Nel mezzo ritorna anche Dikembe Mutombo, rifirmato da pochi giorni, nonostante acciacchi ed età , può dare ancora qualche minuto di qualità in fase di rimbalzi, stoppate e difesa, oltre che ad una sempre preziosa saggezza cestistica e non. In caso di imprevisti, i Rockets si sono coperti con la carne fresca di Jackie Butler (2.08, 260 libbre, grande presenza in area), incluso nell'affare Scola-Spanoulis.
La carne al fuoco è tanta, il rischio è che diventi troppa: forse nessuno, nella Western Conference, dispone del talento che hanno i Rockets, che visto così sembra persino maggiore rispetto alle squadre del back to back di metà anni '90.
Come ci insegna lo studio delle squadre che vincono tanto il talento da solo non basta, McGrady e Ming l'hanno già imparato a loro spese: la loro prossima missione è quella di far cadere il gorilla dalla spalla una volta per tutte. Non si può più sbagliare.