Chicago Bulls: Preview

Joakim Noah è l'ennesimo giovane di talento che arriva a Chicago…

Obbiettivi

Dando uno sguardo all'attualità , verrebbe da dire Kobe Bryant, ma rincorrere gli spifferi di mercato è un azzardo eccessivo per una preview. Al netto dei rumors ed in questo Est in grande crescita ma senza certezze, i Bulls avrebbero tutte le prerogative per pensare addirittura alla finale, pur con qualche oggettivo rebus tecnico non risolto in estate e con alcuni “missing links” che alla fine si potrebbero pagare in post-season.

La stagione sarà  decisiva per la definitiva valorizzazione del progetto che ricalca in larga misura quello dei Pistons campioni nel 2004, con contributo ugualmente essenziale dei componenti del quintetto e delle prime riserve. Qualche indizio estivo, tuttavia, induce a non escludere una trade significativa per arrivare ad una stella affermata che permetta di quadrare il cerchio per l'assalto ufficiale all'anello.

Conference: Eastern Conference
Division: Central Division

Arrivi: Joe Smith (Philadelphia 76ers)
Partenze: Malik Allen (New Jersey Nets); PJ Brown (FA); Michael Sweetney (FA)
Rookie: JamesOn Curry, Thomas Gardner, Aaron Gray, Jared Homan, Joakim Noah

Probabile quintetto base:
Playmaker: Kirk Hinrich
Guardia: Ben Gordon
Ala piccola: Luol Deng
Ala grande: Tyrus Thomas
Centro: Ben Wallace

ROSTER
Guardie: Andre Barrett, JamesOn Curry, Chris Duhon, Thomas Gardner, Ben Gordon, Kirk Hinrich, Thabo Sefolosha
Ali: Luol Deng, Adrian Griffin, Joakim Noah, Viktor Khryapa, Andres Nocioni, Joe Smith, Tyrus Thomas
Centri: Aaron Gray, Jared Homan, Ben Wallace

Head coach
Scott Skiles

Lead assistant coaches
Jim Boylan

Assistant coaches
Ron Adams
Pete Myers

Assistant coach/Advance scout
Mike Wilhelm

Strenght and conditioning coach
Erik Helland

Assistant trainer
Fred Tedeschi

Commento

Ci sono vari modi per arrivare ai vertici NBA ed essere considerati una contender potenzialmente da titolo. Il canone prevederebbe la presenza di due stelle, preferibilmente un piccolo ed un centro, anche se proprio da queste parti negli anni '90, grazie ad uno discreto con la lingua spesso di fuori e ad uno che ci sapeva fare con la maglia numero 33, quella regola è stata ampiamente superata.

Ainge ne ha illustrato uno del tutto innovativo questa estate, sacrificando talento giovane per acquisire due All Star nel giro di un mese da aggiungere a Pierce e costruendoci attorno la squadra dal nulla. Poi c'è il caso dei Pistons, che trade dopo trade hanno messo insieme un quintetto di ottimi giocatori fino a quel momento incompiuti, diventati nel giro di una primavera cinque All Star.

Ecco, John Paxson per i suoi Bulls ha percorso prevalentemente quest'ultima via, con crescita lenta e costante del roster, ma con qualche correttivo rispetto al collega Dumars, soprattutto per un maggiore ricorso ai giovanissimi tramite il draft ed alla free agency, con la discussa cifra offerta a Ben Wallace che ne mette in secondo piano l'oggettiva utilità .

Come la Detroit che si preparava a vincere con Larry Brown ha avuto un grande istruttore esigente e maniacale in Rick Carlisle, così Chicago ha fondato nello staff tecnico il punto fermo per la crescita dei giovani e del progetto: difficile trovare squadre organizzate, preparate, ben allenate e direi democratiche come quella di coach Scott Skiles.

Nello specifico: educate esecuzioni in attacco, con sfruttamento del lato debole e della vasta gamma di tiratori da fuori; nonostante siano quasi sempre più bassi degli avversari, eccellente efficienza difensiva con frequenti raddoppi dei piccoli in situazioni di isolamento e pick and roll, tendenza a mandare sul fondo quando manca Big Ben, ottime rotazioni sul lato debole e rarissimo utilizzo della zona; notevole preparazione dei particolari, tipo le rimesse ed i possessi con pochi secondi a disposizione. Insomma, una delizia per gli appassionati dei dettagli tattici.

Eppure a qualsiasi osservatore dei playoff 2007 era balzato alla vista il grande limite di questo gruppo che ne ha afflitto le ambizioni per la caccia al titolo: assenza pressoché totale di giocatori di post e conseguentemente di gioco interno, che permettesse un'alternativa alla circolazione di palla perimetrale ed alla dipendenza dal tiro dalla distanza. Ben Wallace aveva creato gli stessi rompicapi offensivi a Larry Brown in quel di Detroit, ma là  l'enigma veniva risolto ricorrendo agli isolamenti per Billups e Prince, due maestri anche spalle a canestro e fattispecie di giocatori che non si intravedono in questi Bulls.

Le mosse estive di Chicago, infatti, sembrano paradossalmente orientate a non ovviare a questo problema, aumentando invece la dose già  tutt'altro che omeopatica di testosterone presente con l'arrivo dal draft di quel personaggio singolare che è Joakim Noah, prototipo del giocatore Skilesiano, ed aggiungendo un uomo di grande affidamento come Joe Smith, che ha dimostrato a Philadelphia di avere ancora qualcosa da dire in questa lega.

Dovendo a tutti costi procedere nella quasi impossibile individuazione del leader di un gruppo così omogeneo, si potrebbe puntare l'attenzione sui clamorosi progressi di Luol Deng, che sembra aver ormai completato il sorpasso nei confronti di Ben Gordon nella considerazione generale.

La vivacità  e l'energia dell'inglesino non sono mai state in discussione, ma la sua atipicità  lo rendeva piuttosto suscettibile ad errori banali palleggiando in traffico ed a non meno gravi ingenuità  difensive, oltre ad una certa discontinuità  di rendimento. L'anno scorso la svolta: grande crescita nel palleggio-arresto-tiro, sempre meglio da oltre il perimetro e nelle sue conclusioni caratteristiche negli ultimi tre metri, letture più adeguate sui due lati del campo, tutto condito da statistiche All Star. E' ancora da verificare tuttavia in situazioni statiche e come primo violino designato.

Ben divide invece l'opinione pubblica in quel dell'Illinois e tra i tifosi italiani dei Tori: sono in molti a pensare che non sia così indispensabile nel progetto a lunga gittata – specie alla luce del contratto presto in scadenza e del delicatissimo rinnovo ad otto cifre – e che una guardia al di sotto del metro e novanta sia destinata a rimanere un quasar-player (giocatore che sembra una stella ma non lo è), parere suffragato dalle difficoltà  nelle fasi decisive della serie persa contro Detroit, dalla sua incostanza di fondo che l'ha relegato addirittura in panchina durante il difficile avvio della scorsa stagione (3-9) e dai guai difensivi che crea a Skiles specie quando ogni possesso è chiave.

Il bicchiere mezzo pieno ci descrive invece uno dei migliori attaccanti giovani in circolazione, splendido tiratore ma anche completissimo penetratore, creativo dal palleggio e con un'oggettiva produttività  nei finali durante la regular season. Stagione chiave per la sua sorte economica e tecnica.

Kirk Hinrich e Chris Duhon sono i due deputati a portare palla nella metà  campo avversaria. Il primo è ormai entrato nella congregazione che conta grazie anche al riconoscimento che gli deriva dalla sempre più stabile presenza nel Team Usa; il secondo è stato tra Novembre e Dicembre una delle chiavi della svolta, specie difensiva, grazie al suo ingresso in quintetto al posto di Gordon. Vietato dimenticare poi la novità  JamesOn Curry, che potrebbe trovare spazio in questa lega se solo riuscisse a rimanere concentrato sul suo (notevole) talento cestistico senza divagazioni fuori dal campo.

I riflettori e buona parte delle ambizioni sono però puntate sul progettissimo Tyrus Thomas, chiamato al salto di qualità  della consacrazione dopo l'evidente crescita nella parte finale di stagione, playoff compresi. La fiducia in attacco è stata a lungo ai minimi termini con errori da autentico principiante, ma se l'ex LSU riuscisse a trovare sicurezza palla in mano ed a mettere insieme qualche movimento credibile, sarebbe difficile non considerare Chicago possibile mina vagante ad Est, chimica Celtics e riscossa Pistons permettendo.

Altro storico segreto di Pulcinella di questi Bulls è il contributo della panchina, dalla quale non è così sicuro che debba partire il rifirmato Andres Nocioni: alla luce dell'addio di PJ Brown, infatti, può tornare titolare se Tyrus non dovesse dare ancora le garanzie sperate. Suo utilizzo a parte, il “Chapu” è un altro soggetto che si adatta meravigliosamente alle esigenze tattiche di Skiles e con Thomas forma una coppia unica per la versatilità  nel contenere a piacimento i pick and roll avversari, oltre a giocare di fatto tre ruoli in attacco.

Non può mancare ovviamente anche il Dwyane/LeBron/DoubleP stopper potenziale, nella figura di Thabo Sefolosha, chiamato a sua volta a mostrare qualche progresso sul piano offensivo per tenere il campo anche nei quintetti finali. Da registrare l'arrivo del solido Aaron Gray, la cosa più vicina ad un giocatore di post basso nel roster ma con tanto lavoro soprattutto sul piano aerobico per diventare un atleta orizzontale a livello NBA; potrebbe lo stesso avere minuti e macchiare il foglio con buone cifre, come già  sta facendo ampiamente in preseason.

Se si aggiungono infine anche il Viktor Khryapa molto attivo di queste settimane, il veterano Adrian Griffin a fare da chioccia, il tascabile ma sempre utile Andre Barrett alla caccia di un posto in squadra in competizione coi rookies Gardner (positivissima preseason) e Homan, a Paxson non si può certo imputare di aver trascurato la profondità  del roster e di non aver dato in mano allo staff tecnico un vastissimo ventaglio di soluzioni.

Gli anni del dopo MJ non sono stati facili (ci mancherebbe altro!) e gravi errori sono senz'altro stati commessi a cavallo del secolo, ma Chicago è tornata competitiva in anticipo rispetto alla tabella di marcia dopo un Big Bang del genere. Qualcosa manca ancora, ma potremmo non essere lontani dal momento di riascoltare in qualche suggestiva notte di Maggio la versione rivisitata di Sirius (Alan Parsons Project), clamorosa colonna sonora dell'introduzione del quintetto allo United Center. Ed i brividi verrebbero ugualmente anche se nessuno si alzerà  con il numero 23 sulla maglietta.

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