Atlanta Hawks History – Part 2

Dominique Wilkins, l'uomo simbolo degli Hawks negli anni '80

Costante mediocrità 

Quando gli Hawks si trasferirono dal Missouri alla Georgia, la Nba era nel bel mezzo della sfida epocale tra i Celtics di Bill Russell ed i Los Angeles Lakers di Wilt Chamberlain. Le franchigie restanti tentavano annualmente di guastare la festa alle due corazzate, venendo sistematicamente rispedite a casa.

Gli Hawks, forti del supporto e dell'entusiasmo della città  di Atlanta, furono sicuramente tra le più tenaci. Sin dalla loro prima stagione in Georgia, la dirigenza cercò di costruire una squadra competitiva ad alti livelli.

La conferma di Richie Guerin in panchina e il ritorno di Lou Hudson dal servizio militare diedero un senso di continuità  con il corso precedente, mentre Walt Hazzard, arrivato da Seattle in cambiuo di Lenny Wilkens, andò a rinforzare un backcourt che gioiva della crescita di Joe “Pogo” Caldwell. I risultati sperati, però, non arrivarono.

La qualificazione ai playoff del 1969 arrivò piuttosto facilmente, ma, con altrettanta facilità , nella Western Division Finals, i Lakers si sbarazzarono degli Hawks in cinque partite. Di lì a un anno, gli avversari rimasero invariati, ma il risultato fu addirittura più pesante: nonostante la vittoria di division di Atlanta infatti, i Lakers rifilarono a Guerin e agli Hawks un sonoro 4 a 0.

Per due anni consecutivi Los Angeles animò gli incubi dei tifosi Hawks, i quali non godevano di sonni tranquilli nemmeno durante la off season. La lega Aba cresceva parallela alla Nba, e nonostante una scarsa copertura televisiva ed un ridotto numero squadre, attirava numerosi atleti per il suo stile arioso e spettacolare.

Fu così che Zelmo Beaty e Joe Caldwell, rispettivamente nel 1969 e nel 1970, abbandonarono Atlanta e la Nba per la lega del pallone tricolore. Atlanta tentò di assorbire le perdite selezionando il talentuso rookie Pete Maravich con la terza scelta assoluta del draft del 1970, ma il lento declino della franchigia non si arrestò.

Nel 1971, per la prima volta dal trasferimento ad Atlanta gli Hawks scesero sotto il .500 di vittorie, abbandonando i playoff già  al primo turno. Delusione, che si ripeté con chirurgica precisione l'anno successivo. Stesso record, stesso destino in post season.

L'estate del 1972 fu quella di due grandi cambiamenti. Gli Hawks salutarono prima l'Alexander Memorial Hall, che condividevano con i Georgia Tech Yellow Jackets, per approdare nello sgargiante O.M.N.I. Coliseum; in seguito, per invertire la tendenza negativa delle ultime stagioni, la dirigenza decise di cambiare guida alla squadra affidandola a Lowell “Cotton” Fitzsimmons.

Richie Guerin salutò con un record di 327 vinte e 291 perse, che fece di lui il coach più vincente della storia degli Hawks per le due decadi successivi. La stagione di esordio di Fitzsimmons portò un notevole miglioramento in quanto a vittorie in regular season, ma non ruppe il tabù del primo turno di playoff, sul quale si infransero le aspirazioni degli Hawks. La crescita portata dal nuovo coach si fermò a questo debole barlume, Fitzsimmons non riuscì a mettere il guinzaglio a Maravich, che nella stagione 1973-1974 tirò più di chiunque altro nella lega, finendo al secondo posto tra i marcatori.

Il record del team non beneficiò dei suoi 27 punti a partita, e mancò la qualificazione ai playoff per la prima volta dopo undici anni. Il draft di espansione del 1974, fu l'occasione per scaricare Maravich ai New Orleans Jazz, ottenendo in cambio una lunga lista di scelte future e due onesti mestieranti del parquet.

La situazione non accennò a migliorare, anzi. Hudson perse praticamente l'intera regular season a causa di un brutto infortunio al ginocchio, ed Atlanta conobbe la sua peggior stagione dal lontano 1962. Le brutte notizie non cessarono ad arrivare neppure durante il draft del 1975, quando, forti della prima e della terza scelta assoluta, gli Hawks iniziavano ad ipotizzare un rilancio.

La scelta di David Thompson e Marvin Webster di approdare in ABA, però, li privò immediatamente di quelle che dovevano essere le basi per un pronto rilancio. La speranza di rivedere gli Hawks ai playoff durò sino a metà  stagione, quando Atlanta imboccò un tunnel da 6 vittorie in 34 partite!

Un ruolino di marcia che costò la panchina a coach Fitzsimmons, rimpiazzato sin dalle battute finali della regular season da Hubie Brown. Nonostante il titolo Aba in curriculum, coach Brown impiegò diverso tempo per riportare la franchigia su livelli accettabili. La prima stagione scivolò via inosservata e priva di spunti positivi, mentre già  dall'anno successivo le cose sembrarono migliorare.

Nel 1978, dopo quattro anni di astinenza, gli Hawks riconquistarono i playoff con il rispettbile record di 41 vinte e 41 perse. La stagione successiva fu addirittura più positiva, con il record che lievitò fino alle 46 vittorie. Sfortunatamente Atlanta si trovò abbinata ai campioni in carica, i Washinton Bullets di Elvin Hayes e Wes Unseld, i quali ebbero comunque bisogno di sette partite per avere la meglio sugli Hawks. La bruciante eliminazione del 1978, non più contro avversari sovrumani, ma alla portata di Tree Rollins e compagni, diede nuova fiducia agli Hawks che nella stagione 1979-1980 centrarono il loro primo titolo divisionale dal lontano 1970 e la prima stagione da 50 o più vittorie dal 1968.

Ancora una volta però, il cammino di Atlanta nei playoff fu breve: furono Julius Erving ed i suoi Sixers, infatti, ad aggiudicarsi agevolmente le semifinali ad est. L'effetto dell'ennesima, cocente eliminazione, questa volta, fu devastante. Un crollo verticale, inaspettato e fatale per le sorti di coach Brown.

Il record a fine stagione fu di sole 31 vittorie, a fronte di 51 sconfitte. Ted Turner affidò la squadra a Kevin Loughery, ed il coach mise subito chiarezza su quella che sarebbe stata la sua impronta. Gli Hawks, dopo aver concesso più di 108 punti a partita nella stagione del collasso, diventarono la miglior difesa della lega, concedendo agli avversari poco più di 100 punti di media.

Il ritorno ai playoff fu la naturale conseguenza del miglioramento difensivo ottenuto dal coach, ma l'eliminazione al primo turno per mano dei Sixers confermò Atlanta come squadra dalla mediocre tenuta psicologica.

Dal 1968, anno del trasloco in Georgia, gli Hawks contavano nove apparizioni ai playoff, con due sole finali di division conquistate, e perse.

The Human Highlight Film Era

Il 3 Settembre del 1982, Gli Atlanta Hawks misero a segno la trade che ne avrebbe segnato l'identità  per i successivi dieci anni. Spedendo John Drew e Freeman Williams a Salt Lake City ottennero il rookie dall'università  della Georgia Jacques Dominique Wilkins.

Gli effetti del suo arrivo, nei primi anni, si limitarono all'inserimento nel All Rookie Team e al raggiungimento di medie notevoli per un giovane professionista. L'accesso ai playoff venne raggiunto con tenacia e costanza, ma altrettanto costantemente, gli Hawks incrociavano team di caratura superiore sin dal primo turno.

Per i primi due anni, sotto la guida di Loughery prima e di Mike Fratello poi, Nique e gli Hawks salutarono la post season al primo ostacolo. Dalla stagione 1984-1985 Atlanta iniziò un lento processo di ricostruzione e ringiovanimento del roster. Nel giro di due anni, con una dimenticabilissima stagione da 34 vittorie nel mezzo, diversi volti nuovi arrivarono a vestire le divise degli Hawks. Antoine Carr, Cliff Lenvingston, Kevin Willis e Jon Koncak formarono uno dei backcourt più assortiti della lega, mentre l'esplosiva guardia Anthony Webb firmò come free agent. Atlanta era il secondo team più giovane della lega, e le aspettative in esso riposte erano piuttosto modeste.

Dopo un inizio in sordina, però, gli Hawks chiusero con una brillante striscia di 35 vittorie su 52 incontri, chiudendo la stagione con 50 vu doppie e il ritorno ai playoff. L'ottima gestione del gruppo valse a Fratello il premio di Coach of the Year, mentre ancora più sensazionale fu la vittoria di Webb allo Slam Dunk Contest di metà  febbraio.

Il primo turno di post season li vide affrontare e sorprendere i Detroit Pistons grazie a due vittorie in overtime, per approdare all'ennesima sfida con i biancoverdi di Boston. Il gap di esperienza e talento, questa volta, non lasciava spazio ai pronostici, e i Celtics si liberarono agevolmente degli Hawks in cinque match.

Ai blocchi di partenza della stagione successiva, gli Hawks si presentarono come team d'elite. Dominique Wilkins si piazzò dietro a Michael Jordan nella classifica dei migliori realizzatori, e, grazie ad una striscia di undici vittorie consecutive, gli Hawks chiusero la stagione con il record di franchigia di 57 vittorie ed il vessillo di Central Division Champion da celebrare. Per la prima volta da molto tempo, gli Hawks accedevano ai playoff con la seria intenzione di inserirsi nel duello Boston-Los Angeles.

Aspettative deluse, per l'ennesima volta, al secondo turno, dove i Detroit Pistons si presero la rivincita, con interessi, per l'eliminazione subita un anno prima. La stagione 1987-1988 seguì la falsariga della due precedenti, sia nei suoi pregi, oltre 50 vittorie in stagione regolare ed un Wilkins sempre più stellare; che nei suoi difetti, eliminazione per mano dei soliti Celtics al secondo turno.

La magra consolazione per i tifosi di Atlanta, arrivò al Boston Garden, nell'ultima e decisiva gara della serie. Wilkins e Bird misero in scena uno dei duelli one-on-one più entusiasmanti della storia, animando gli ultimi minuti del match come pochi campioni avrebbero saputo fare. Nique chiuse la gara con 47 punti, Bird ne mise “solo” 34 con 20 nell'ultimo periodo. I Celtics vinsero 118 a 116.

Wilkins commentò così il duello. “Il canestro era come un pozzo. Io non potevo sbagliare. Lui non poteva sbagliare. E tutto ha portato all'ultimo tiro della partita. A chi lo avrebbe fatto. E' stata la più grande partita che io abbia mai giocato, o visto giocare. Eravamo due ragazzi che semplicemente non volevano perdere.”

Durante la off season, per superare l'ostacolo apparentemente insormontabile delle semifinali di conference e tentare l'assalto al titolo che mancava dal lontano 1958, gli Hawks si aggiudicarono i servizi di Reggie Theus e Moses Malone.

Il talento e l'esperienza incamerati con i due innesti però, risultarono inutili quando Kevin Willis, centro titolare e pedina chiave dell'organico di Atlanta, si ruppe un piede e fu costretto a seguire l'intero campionato in borghese. Dopo una stagione regolare comunque eccellente, stanchezza e panchina corta si fecero sentire al primo turno di playoff, quando i Bucks ebbero la meglio in 5 gare. Gli infortuni tormentarono il roster di Mike Fratello anche la stagione successiva, quando un record del .500 non fu sufficiente per accedere ai playoff. Fratello, nonostante il provatissimo alibi, pagò con l'esonero la stagione fallimentare, venendo rimpiazzato dall'ex coach dei San Antonio Spurs, Bob Weiss.

La prima stagione di Weiss non portò il grande miglioramento che la dirigenza si aspettava: quattro vittorie in più rispetto all'annata precedente fecero la differenza, consegnando agli Hawks l'accesso ai playoff, ma l'avventura in post season si chiuse dopo solo cinque partite.

Coach Weiss chiese ed ottenne dei consistenti cambiamenti nel roster degli Hawks, per dare l'ennesima svolta positiva ad un team che stentava a decollare. Stacey Augmon e Mookie Blaylock arrivarono da gregari di lusso, senza immaginare che avrebbero dovuto fare a meno del loro leader per quasi l'intera stagione.

Nique Wilkins, infatti, si ruppe il tendine d'achille poco prima della pausa per l'all star game, e Il record degli Hawks iniziò a scendere lentamente al di sotto del .500, fino a diventare insufficiente per la qualificazione ai playoff. La stagione 1992-1993 fu l'ultima di Weiss sul pino di Atlanta. Colpevole di non aver mai dato continuità  alle vittorie degli Hawks, chiuse la stagione con un secco 3 a 0 per mano dei Chicago Bulls di Jordan e Pippen.

Gli ultimi fasti

Nell'estate del 1993 il proprietario Ted Turner decise di portare ad Atlanta un coach che potesse spremere il meglio dal roster degli Hawks. La scelta cadde su Lenny Wilkens, ex giocatore di Atlanta negli anni '60, e coach uscente dei Cleveland Cavaliers. I tifosi accolsero il nuovo coach con grande entusiasmo, sicuri che una grande difesa e l'attitudine vincente avrebbero portato miglioramenti sostanziosi.

Coach Wilkens li ripagò con gli interessi: la sua prima stagione si chiuse con il record di vittorie eguagliato ed il titolo di division conquistato. Wilkens venne nominato Coach of the Year, mentre Mookie Blaylock si guadagnò la chiamato per l'all star game e l'inserimento nel primo quintetto diensivo della lega.

I playoff serbavano però l'ennesima cocente delusione. Ancora una volta al secondo turno, ancora una volta da favoriti, gli Hawks si arresero agli Indiana Pacers di Reggie Miller. A metà  di quella stagione, un pezzo di storia targata Hawks lasciò la Georgia. Atlanta infatti scambiò il futuro hall of famer Wilkins con il talentuoso realizzatore Danny Manning, dai Los Angeles Clippers.

La squadra non si scoraggiò, e si presentò al via della stagione 1994-1995 rinnovata nel roster ma non negli obiettivi. L'estate aveva visto Manning, in scadenza di contratto, scegliere Phoenix come destinazione, mentre una significativa trade andava in porto con i Miami Heat. Atlanta acquisì Steve Smith e Grant Long in cambio di Kevin Willis ed una futura scelta. La perdita di Manning e l'arrivo di Smith portarono Wilkens a far girare la squadra attorno al duo Blaylock-Smith. Con Augmon, Long ed Andrew Lang che completavano il quintetto.

La stagione risultò inferiore alle aspettative, ma non del tutto negativa. La difesa continuò a far sudare ogni punto agli avversari, mentre l'attacco si dimostrò troppo dipendente dal rendimento del backcourt titolare. Un record poco al di sopra del .500 lì portò nuovamente al cospetto dei Pacers, i quali, questa volta da favoriti, non si fecero sorprendere.

Diverse soddisfazioni giunsero a livello individuale nel corso della stagione. La più importante riguardò coach Wilkens, che il 6 Gennaio trovò nella calza il record assoluto di vittorie per un allenatore Nba; mentre il sempre più positivo Mookie Blaylock venne selezionato per il primo quintetto difensivo con 2.5 rubate a partita, secondo nella lega.

La regular season 1995-1996 seguì grossomodo lo svolgimento della precedente, con una qualificazione ai playoff agevole ma non da favoriti, mentre coach Wilkens mise la ciliegina sulla sua personalissima torta sforando quota mille vittorie da coach. La vera sorpresa arrivò da quei playoff che suonavano ormai come un'appendice al cui esito non si doveva dare troppa importanza.

Per il terzo anno di fila Atlanta si trovò di fronte i Pacers, nuovamente favoriti, ma sorpresi questa volta dalla decisiva vittoria in gara5 ottenuta alla Maket Square Arena di Indianapolis. Il cammino degli Hawks, comunque, si fermò subito dopo, con un perentorio 4 a 1 ad opera dei Magic, il quale ridusse il precedente passaggio del turno ad un semplice upset.

L'estate del 1996 è ricordata ad Atlanta per uno degli arrivi più “grossi” della storia: il centro congolese Dikembe Mutombo, free agent di Denver, scelse di vestire la casacca numero 55 degli Hawks. La difesa, già  rispettabile prima del suo arrivo, divenne così un'autentica certezza per coach Wilkes. Mutombo, nella sua prima stagione ad Atlanta, si piazzò secondo nelle graduatorie di rimbalzi e stoppate, candidandosi come difensore dell'anno insieme al compagno Blaylock, leader nelle palle rubate.

Nella metà  campo offensiva Steve Smith, Christian Leattner e lo stesso Blaylock provvedevano a produrre gran parte dei punti del team, facendo così degli Hawks una potenza su entrambi i lati del campo. Il record casalingo di quella stagione fu il migliore della storia della franchigia, fatto che regalò all'Omni Coliseum, prossimo al pensionamento, un'ultima stagione memorabile.

L'accesso ai playoff giunse da protagonisti e il primo turno fu all'altezza delle aspettative. I Pistons diedero battaglia per cinque caldissime partite, ma si arresero in gara5 di fronte al caldissimo pubblico georgiano. L'ostacolo del secondo turno, i Chicago Bulls di sua altezza Michael Jordan, si presentavano come strafavoriti.

Il pronostico non venne deluso, nonostante gli Hawks lottarono con il coltello tra i denti in ognuna delle cinque partite giocate, e vennero premiati con una prestigiosissima vittoria sul parquet dei tori in gara2. La regular season successiva si mantenne su livelli più che positivi.

Gli Hawks, che nelle partite in casa si dividevano tra l'imponente Georgia Dome e la sede degli Yellow Jackets, si mantenerono sulle cinquanta vittorie stagionali, ma, dopo l'eliminazione al primo turno per mano degli Charlotte Hornets, si confermarono per l'ennesima volta inadatti ai playoff. Coach Wilkens, intanto, continuava ad accumulare record individuali, quali la vittoria numero 1100 o la panchina numero 2000 come head coach, mentre sul parquet Mutombo andava a conquistare il suo secondo titolo consecutivo di difensore dell'anno.

A rintuzzare la bacheca, si aggiunsero in quella post season anche i premi di Alan Henderson e di Steve Smith, rispettivamente Most Improved Player e Walter Kennedy Citizenship Award; senza dimenticare l'ennesima stagione di Blaylock da leader delle rubate. L'estate del 1998 fu travagliata per l'intera lega.

L'inizio della stagione slittò per il tardato accordo tra Nba e proprietari dei riguardo al contratto collettivo. I giochi presero ad inverno inoltrato, attorno a metà  gennaio, con la regular season ridotta a 50 partite anzichè 82. Atlanta mise in fila il suo settimo campionato oltre il .500 di vittorie, con una striscia altrettanto lunga di apparizioni ai playoff. La solidità  difensiva restava il punto di forza degli Hawks, e gli 83.4 punti a partita concessi agli avversari divennero la miglior prestazione di sempre.

I playoff, purtroppo, videro Atlanta cedere il passo nelle semifinali di conference, contro la meno quotata tra le avversarie: quei New York Knicks che avevano avuto la meglio sulla testa di serie numero uno e che avrebbero poi raggiunto le finali Nba contro ogni pronostico.

Toccare il fondo

A partire dalla stagione 1999-2000, le ambizioni degli Hawks iniziarono a sgretolarsi. Quella che sarebbe diventata ]l'ultima stagione di Lenny Wilkens come head coach, fu anche la stagione del peggior record della storia di Atlanta. L'esordio della Philips Arena e l'incoraggiante rendimento del rookie Jason Terry, non alleviarono le pene dei tifosi giallorossi, i quali ignoravano quale triste destino li attendeva negli anni a venire. Lon Kruger aprì la sua era con una stagione a dir poco fallimentare, “perfezionando” il record di sconfitte stabilito dal team solo un anno prima.

La dirigenza mise mano al roster per tentare un inversione di marcia, ma nessuno tra i neo arrivati Kukoc, Ratliff e Mohammed, possedeva il talento e il carisma per tirare gli Hawks fuori dai guai. Le otto vittorie in più della stagione successiva diffusero ottimismo nella franchigia, che, attribuendo gran parte delle colpe ai moltissimi infortuni occorsi agli Hawks, prevedeva di tornare presto ad un ruolo da protagonista nella lega, anche grazie all'arrivo dell'ottimo realizzatore Glenn Robinson.

Le aspettative vennero disilluse drasticamente. Lon Kruger venne licenziato dopo un inizio a dir poco mediocre, cedendo il posto al suo assistente Terry Stotts. Stotts, pur ottenendo un lieve miglioramento rispetto alla stagione precedente, non conquistò i playoff, e si trovò a pianificare con il general manager Billy Knight una profonda rifondazione del team.

Il cambiamento più significativo della stagione 2003-2004 avvenne fuori dalla Philips Arena, quando una compagnia chiamata Atlanta Spirit LLC rilevò la proprietà  della franchigia dal gruppo Turner, mettendo alla guida del team l'ex assistente di Larry Brown, Mike Woodson.

Sul parquet intanto, gli Hawks misero assieme 28 miseri successi, gioendo solo della crescita di Stephen Jackson e del largo spazio sotto il tetto salariale di cui il team avrebbe goduto durante il mercato.

La off season 2005 fu quantomeno rivoluzionaria in casa Hawks, con due soli giocatori rimasti dal roster dell'anno passato. Antoine Walker e Al Harrington furono gli innesti più considerevoli, senza dimenticare il ritorno dei veterani Jon Barry e Kevin Willis. Un cambiamento imponente e che non portò a nulla di buono, anzi.

Il record di sconfitte stagionali venne ritoccato per la terza volta in pochi anni, attentando addiruttura a quello assoluto, mentre gli unici sorrisi se li guadagnarono i rookie Josh Childress e Josh Smith, i quali sfruttarono i minuti a disposizione per guadagnarsi l'elezione nel secondo quintetto dei migliori esordienti.

L'arrivo di Joe Johnson da Phoenix, nell'estate del 2005, concretizzò i desideri di Knight e dei tifosi: il team più giovane dell'intera Nba aveva ora un leader, nei numeri e nelle parole, forse il primo vero leader dall'addio di Dominique Wilkins. Il record restò abbondantemente negativo, ma le vittorie raddoppiarono, e un cauto ottimismo iniziò a serpeggiare tra le poltroncine della Philips Arena.

Eccoci quindi al giorno d'oggi. Con il cauto ottimismo pronto ad essere disintegrato alla prima difficoltà . Atlanta ha toccato il fondo, ma possiede tutti i mezzi per risalire a galla.

Certo, la leadership di Johnson è ancora tutta da dimostrare, e il roster cotinua ad essere pericolosamente affollato alla voce ali, ma il talento tecnico ed atletico abbonda. Una volta trovata la guida giusta, in panchina e tra i proprietari, tutto potrebbe diventare, se non più facile, perlomeno meno complicato.

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