La lunga estate degli Heat

I movimenti sul mercato di Pat Riley finora non hanno convinto molto i tanti tifosi degli Heat…

31 Ottobre 2006

31 Ottobre 2006: Miami-Chicago apre la stagione.
È la notte della consegna degli anelli, il quarto per Shaquille O'Neal senza ormai il nemico Kobe Bryant, il quinto per coach Pat Riley dopo i tronfi targati Lakers anni 80, il primo per l'MVP delle finali Dwayne Wade scelto al numero 5 al draft 2003 dopo LeBron James, Darko Milicic, Carmelo Anthony e Chris Bosh.

È anche il primo titolo per veterani come Alonzo Mourning e Gary Payton, arrivato ad un passo dall'anello due volte in carriera: la prima nel 1996 quando i suoi Supersonics si fermarono solo davanti ai Bulls, pronti a ripetere il tris di anelli, mentre nel 2005 in maglia gialloviola la delusione fu forse ancor più cocente, con i Pistons che chiusero la serie finale sul 4-1 e mandarono in crisi i Los Angeles Lakers, che potevano contare su un quartetto di stelle: O'Neal-Bryant-Payton-Malone.

Una serata di quelle che difficilmente si dimenticano, ma bastano 48 minuti per rovinare tutto: Chicago si impone all'American Airlines Arena spazzando via gli Heat con 42 punti di vantaggio. Un brusco risveglio dopo aver passato una soddisfacente estate, con i detrattori costretti ad ingoiare il rospo dopo aver criticato la squadra durante la sua costruzione e averla data per spacciata sotto 2-0 nella serie contro i Dallas Mavericks. Per sfortuna degli Heat non si tratterà  solo di una serata storta, ma sarà  il preludio di una stagione problematica e deludente.

La stagione 2006 – 2007

Ad inizio stagione, a dir la verità , le possibilità  che Miami riuscisse a bissare il successo erano poco quotate. Ripetersi non è cosa da tutti, soprattutto per una squadra che aveva perso la sua arma decisiva nella corsa all'anello: la fame di vittoria.

Il rischio che alcuni giocatori potessero sentirsi appagati era forte e inoltre le avversarie erano meglio attrezzate per arrivare in fondo, soprattutto ad Ovest con Dallas, Phoenix e San Antonio.
Pat Riley, che aveva riconfermato l'intero roster (mossa rivelatasi poi errata), sapeva bene che aldilà  dell'aspetto tecnico bisognava lavorare di testa, ma visti i risultati ciò non è avvenuto.

Certo, anche la sfortuna ha fatto la sua parte con la coppia Wade-O'Neal costretta a restare ai box per vari tratti della stagione. Segnali incoraggianti si erano visti nei primi mesi del 2007, quando gli Heat sembravano aver trovato quella continuità  necessaria per risalire la china e presentarsi ai playoff con maggiori chance di vittoria.

Complice il netto calo di Orlando e Washington, l'ultimo dovuto esclusivamente all'infortunio di Gilbert Arenas, Miami è riuscita ad aggiudicarsi la SouthEast Division con un record positivo di 44 vittorie e 38 sconfitte.

Arrivati ai playoff con la quarta piazza gli Heat si sono trovati davanti i Bulls, felici di poter vendicare l'eliminazione subita l'anno precedente e convinti di poter accedere alla semifinale di Conference senza particolari affanni. Risultato: 4-0 Chicago. Un cappotto al quale deve essere ormai abituato Pat Riley, visto che è la terza volta che lo subisce da campione in carica.

Gli ultimi tre anni

Alla fine di ogni stagione, come di consueto, è comune trarre un bilancio. Nel caso degli Heat potremmo redigere un bilancio in riferimento alle tre ultime annate, come se si trattasse di un ciclo ormai destinato al tramonto. Come è stato detto e scritto più volte, non è stata facile la costruzione di questa squadra sempre bersagliata dai critici. L'età  avanzata, l'incompatibilità , l'egoismo: queste sono alcune delle frecciate rivolte alla squadra che si è unita e sotto il nome di "15 Strong" è riuscita a zittire tutti.

L'obiettivo prefissato dalla dirigenza era prendere l'anello; ci sono riusciti nel 2006 ma già  un anno prima erano ad un passo dalla finale NBA, fermati solo dai campioni in carica dei Pistons che rimontarono e si arresero solo davanti agli Spurs in una delle finali più tirate degli ultimi anni. Della stagione conclusa abbiamo già  parlato, restava ora da vedere come avrebbe reagito prima la dirigenza in estate e poi la squadra sui parquet da novembre.

L'estate in Florida

Incassato il colpo, Miami si presentava all'estate con molti dubbi e incertezze. In molti si aspettavano almeno una presenza attiva sul mercato se non una rifondazione quasi totale del roster: nessuna delle due ipotesi si è avverata.

La prima mossa di Pat Riley è stato l'ingaggio di Smush Parker, bocciato nell'ultima stagione ai Lakers da Phil Jackson, che è corso ai ripari richiamando da Utah Derek Fisher. Con Gary Payton indeciso per tutta l'estate se ritirarsi o restare (potrebbe anche lasciare Miami), Smush dovrà  dare una mano a Jason Williams, solitamente frenato dagli infortuni.

Riley ha firmato anche Penny Hardaway, di ritorno sui parquet, ma il suo apporto è ancora tutto da verificare. Il nome c'è ma la carta d'identità  dice 36, e Miami non è certo una squadra a cui serve esperienza.

Due arrivi che lasciano parecchi dubbi, non certo mosse eclatanti capaci di riportare i riflettori in Florida e Miami al ruolo di contender. Ma è dal reparto cessioni che arrivano le maggiori preoccupazioni, poiché Jason Kapono è andato a Toronto mentre James Posey si è accasato a Boston. Miami perde così l'eccezionale tiro da tre di Kapono e la grinta di Posey.

Le trattative, vere o presunte tali, ci sono state e ci sono ancora oggi. Quella che si dovrebbe concludere facilmente è l'ingaggio di Charlie Bell, dato che Milwauke sembra intenzionata a farne meno. Si è provato ad intavolare una trade interessante con Sacramento per l'ex Pacers Ron Artest e Mike Bibby, ma poi è svanito tutto. C'è stato anche un timidissimo inserimento nella trade per Jermaine O'Neal, mentre molto più probabile sembra l'arrivo dell'ala francese Mickael Pietrus.

La situazione in casa Heat è confusa, l'unica cosa certa al momento è la delusione dei tifosi e anche di alcuni giocatori che non hanno preso bene la partenza di Posey.

La stagione è ormai alle porte

Il roster attuale di Miami non è in grado di arrivare in fondo. Shaquille O'Neal salterà  come sempre un discreto numero di partite, la speranza è che riesca a dare un contributo notevole alla causa quando sarà  disponibile.

Wade rimane una certezza, uno di quei pochi giocatori capaci di vincere una partita da solo. Sul suo conto però l'anno scorso giravano voci non certo rassicuranti secondo le quali si sia "montato la testa" in stile Kobe Bryant.

Antoine Walker è reduce da un'annata molto deludente. The Genius voleva andare via, magari far ritorno ai Celtics, ma è prigioniero, come del resto la società , del suo ingaggio oneroso.
Un fattore potrebbe essere Dorell Wright, in un anno in cui potrebbe definitivamente esplodere. Esplosione che si aspetta anche da Udonis Haslem, inserito in estate, insieme a Wright, in diverse trade.

Il tempo per ritoccare il roster ancora c'è, ma Riley si è mosso poco e male, se è vero che non è intenzionato ad estendere il contratto a Wright, una mossa assolutamente incomprensibile.

Purtroppo per Miami bisogna guardare anche in casa degli altri e anche da qui non arrivano notizie incoraggianti. Conquistare la SouthEast Division non sarà  facile: Washington è una squadra da playoff, ma questa non è una sorpresa, ciò che sorprende invece sono i movimenti di Charlotte e Orlando.

I Magic hanno firmato Rashard Lewis che andrà  a formare con Dwight Howard una coppia insidiosa, mentre Charlotte ha rinunciato al pur promettente Brandan Wright pur di arrivare a Jason Richardson. L'ex Warriors è stato chiamato per far fare il salto di qualità  ad una squadra che può contare anche su Gerald Wallace ed Emeka Okafor.

I playoff sono alla portata dei Bobcats, quindi 4 squadre su 5 (Atlanta pur con l'ottimo Al Horford da Florida resta il fanalino di coda della Division) potrebbero andare alla post season. Possibile, ma fino ad un certo punto, visto che questo anno quasi tutte le squadre dell'Est si sono rafforzate.

Fatto il punto sulla corsa al titolo di Division, passiamo alla corsa per il titolo di Conference. Un solo nome: Boston. Sulla carta non alla portata di questa Miami, anche se le sorprese nella NBA e nello sport in generale sono frequenti.

Quello che sta per iniziare è un anno determinante per le sorti future della franchigia. Il calendario ha riservato agli Heat un inizio in salita con Pistons, Pacers, Bobcats, Spurs, Suns da affrontare nelle prime cinque gare, e il solito match natalizio questa volta contro LeBron James ed i suoi Cavaliers. In caso di ennesima stagione deludente prenderebbe il via la rifondazione, a partire da Jason Williams che nel 2008 uscirà  fuori dal contratto.

In questo momento l'arma che può salvare gli Heat è una sola: la voglia di riscatto.

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