Focus: Orlando Magic (Part II)

Dopo l'esperienza con alti e bassi con gli Heat, Stan Van Gundy ritorna in Florida, sponda Magic…

La corte a Donovan da parte dei Magic è stata continua e incessante, anche perché i Magic non erano l' unica squadra a volerlo (Memphis), pur avendo comunque qualche punto di vantaggio sulle altre pretendenti: gli sviluppi però sono stati nientemeno che clamorosi e hanno costituito il primo grande caso di questo mercato estivo.

Donovan era stato individuato, fin dall' inizio, come il coach ideale per guidare i Magic verso la scalata al successo: Donovan infatti è da alcuni anni uno dei coach più alla moda del college basket per aver saputo dare ai Gators personalità , un gioco spettacolare, impostato sul ritmo, sull' uso del tiro da tre punti, e per aver saputo coltivare talenti in serie (anche Mike Miller, prima del fantastico e dominante gruppo dell' ultimo biennio).

I due titoli conquistati da Florida nelle ultime due stagioni sono solo l' aspetto più luccicante ed esteriore di quanto Donovan sia quotato oggi come allenatore: è ormai considerato il Mike Krzyzewski del terzo millennio, ed incarna tutte quelle doti di entusiasmo, carisma e spettacolarità  che la dirigenza di Orlando cercava nel nuovo allenatore.

Anche Orlando comunque aveva le proprie carte da giocarsi per convincere Donovan a firmare: la possibilità  di offrirgli un contratto molto sostanzioso, ma anche progetto tecnico in fieri, ambizioso, con la possibilità  di costruirlo in prima persona. Non va poi assolutamente sottovalutata la vicinanza di Orlando a Gainesville, luogo in cui vive attualmente e avrebbe potuto continuare a vivere la famiglia di Donovan: insomma l' opportunità  di allenare al piano di sopra senza infliggere spostamenti fastidiosi e radicali al nucleo familiare.

Dopo un lungo e comprensibile tentennamento causato dal dubbio di dover scegliere tra l' ambiente universitario in cui ormai era un protagonista assoluto e riconosciuto, e il basket pro in cui viceversa non aveva certezze e che di conseguenza lo avrebbe necessariamente rimesso in discussione, Donovan aveva optato per i Magic, inizialmente"

Troppo forte il desiderio e l' ebbrezza di cambiare, di accettare nuove sfide:
"Ho bisogno di chiarezza: ne ho parlato anche con mia moglie Christine e lei mi ha detto che se quello di cui ho bisogno è un cambiamento, allora non mi resta che accettare. Sento che se non colgo questa opportunità  al volo, questa potrebbe anche non ritornare più: so che non ci sono garanzie ma i miei rapporti con le persone sono solidi e questa è decisamente una buona cosa. Nel mio cuore, ultimamente c' è un forte desiderio di cambiamento. A volte gli allenatori e i giocatori lasciano le proprie strade infelici: io invece me ne vado da persona felice." (ESPN.com).

Ma in che cosa consisteva questa "necessità  di cambiare"? In poche parole, nella volontà  di affrontare una nuova sfida, di ricominciare da capo per rimettersi in discussione, nell' ambizione un po' presuntuosa (ma tutto sommato che male c'è??) di voler essere protagonista ai massimi livelli della competizione; inoltre la volontà  di far parte di un progetto giovane e intrigante come gli prospettavano gli Orlando Magic, con la possibilità  di forgiare la squadra a propria immagine e somiglianza. Infine, da parte di Donovan vi era anche il desiderio di dimostrare che anche un allenatore di college poteva adattarsi ed essere vincente nell' NBA, riscattando così tutti i coach che in precedenza avevano fallito (Pitino, Calipari, Tim Floyd, Mike Montgomery).

Il contratto firmato da Donovan il 31 Maggio (27.5mln di dollari per 5 anni) fu un logico corollario di tutto ciò, ma tutt'altro che logico fu il voltafaccia che lo stesso Donovan ha operato nel giro di pochissimi giorni e che lo hanno spinto a rinnegare gli intenti precedenti:
"Ho e continuerò ad avere un grande rispetto per i Magic, la loro organizzazione, la loro proprietà ; tuttavia, ho realizzato in meno di 24 ore dalla firma del mio contratto con i Magic che ho commesso un errore che comunque non ha nulla a che vedere con loro. Insomma, ho capito dentro di me che appartengo al college basketball.." (Florida today).

In definitiva, provando a leggere l' animo e i pensieri di Donovan, si può affermare con una certa sicurezza che tutta la precedente ed intrigante voglia di cambiamento ha mostrato la sua esatta controindicazione: ovvero la paura di chi, umanamente, non ha il coraggio di abbandonare le certezze del presente per un futuro incerto, con il rischio di macchiare con l' insuccesso una carriera fino a questo momento davvero esaltante.

Piuttosto chiaro il parere di Dick Vitale, il commentatore e il conoscitore per eccellenza del college basket:
"Io in realtà  mi sono sorpreso quando ha accettato l' offerta dei Magic. Forse sono stato un po' ingenuo, ma in seguito ho pensato alle comodità  della Florida e al fatto che queste sarebbe state sufficienti per trattenerlo a Gainesville. Lui e sua moglie Christine sono perfettamente inseriti nella loro comunità , e per loro non sarebbe la stessa cosa trasferirsi ad Orlando; può essere il nuovo Krzyzewski in tempi brevi e il campo dei Gators presto porterà  il suo nome. No, non sono per nulla sorpreso".

Il clamoroso dietrofront di Donovan ha costretto Orlando a puntare il mirino verso un altro coach, il secondo della loro personale lista: Stan Van Gundy. L' ex-coach degli Heat era praticamente in procinto di firmare con i Kings, quando, in seguito al "gran rifiuto" opposto da Donovan ai Magic, è arrivata la telefonata del gm Otis Smith: proposta accettata in tempo pressoché reale per l' opportunità  di entrare a far parte di un progetto tecnico molto più futuribile e con molto più potere economico rispetto a quello dei fratelli Maloof.

Con Van Gundy, i Magic acquisiscono un allenatore diverso per tipologia rispetto a Donovan: Van Gundy ha alle spalle una rispettabilissima esperienza NBA, anche a livello di play-off: i suoi Miami Heat hanno raggiunto la off-season nel 2004, l'anno che ha lanciato Dwayne Wade, e nel 2005 sono stati sconfitti in Finale di conference da Detroit alla settimana gara, ma Wade era infortunato. Van Gundy quindi ha dimostrato di saper valorizzare i giocatori, di curarli tecnicamente, e di ottenere il massimo dal materiale umano a sua disposizione.

Anche per lui, però come per Brian Hill resta il dubbio se sia veramente l' allenatore giusto per il salto di qualità  definitivo. Si dice infatti che dietro la sostituzione di Van Gundy con Pat Riley avvenuta nel 2006, vi fosse la volontà  di Shaq che, del precedente coach, metteva in discussione proprie queste capacità .

Una volta stabilita la guida della squadra, era necessario stabilire chi affiancare a Dwight Howard sul campo come secondo violino offensivo.

Continua…

Qui trovi la prima parte di questo focus:
Focus: Orlando Magic (Part I) – Questione di prospettive

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