Bob Pettit, giocatore simbolo dei primi Hawks
Inizia oggi, da qui, una rubrica che punterà periodicamente l'obiettivo sugli Atlanta Hawks.
Sicuramente non il primo team che viene in mente quando si parla di grandi tradizioni Nba, pur vantando una storia rispettabile lunga sessant'anni.
Un team che ha fatto parte della Nba sin dalla sua prima stagione, che ha viaggiato molto prima di stabilirsi nel profondo sud della Georgia e che ha vinto poco, nonostante i campioni non le siano mai mancati.
Considerato che il periodo estivo in corso è arido di spunti e di eventi, il team report inizierà con due tuffi nel passato degli Hawks: il primo a ripercorrerne in due puntate le tappe fondamentali della storia, il secondo a conoscerne da vicino le cinque stelle più rappresentative. Enjoy!
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Dal Mississipi a Milwaukee
Nei tardi anni 40, gli Stati Uniti consideravano il basket un intermezzo, un piccolo show di intrattenimento da mettere in scena all'interno di spettacoli di tutt'altra natura. Il baseball la faceva da padrone negli sport di squadra e le due leghe presenti nella nazione si litigavano le poche migliaia di appassionati e di tifosi.
Da un lato la Basketball Association of America, che poteva contare su team con sedi nelle maggiori città del territorio, dall'altro la National Basketball League, che annoverava location perlomeno surreali: Oshkosh, Youngstown, Sheboygan e addirittura un triangolo nei pressi del fiume Mississipi che comprendeva Moline, Rock Island e Davenport, e che dal 1946 scendeva in campo sotto il nome di Tri-Cities Blackhawks.
Nel giro di pochi anni George Mikan e gran parte dell'appeal della palla a spicchi si trovarono a far parte della Baa, lasciando agli sfortunati colleghi poche briciole. Fu così che Don Otten, ultimo sette piedi rimasto in Nbl nella stagione 1948-1949, giocò per i Blackhawks in quella che sarebbe stata l'ultima stagione di vita delle due leghe.
A partire dalla stagione 1949-1950, infatti, Baa e Nbl si unirono e diedero vita alla National Basketball Association. Solo metà delle squadre Nbl sopravvisse alla fusione, i Blackhawks erano tra queste, e si presentarono alle altre 16 franchigie Nba con un vittorioso esordio sui Denver Nuggets.
Ben presto però la musica cambiò, e una serie di 6 sconfitte consecutive portò ad un inevitabile avvicendamento in panchina: Roger Potter venne esonerato per far posto ad Arnold Auerbach, detto Red.
Le capacità di mr. Dynasty furono subito chiare: i Blackhawks, infatti, si qualificarono per i primi playoff Nba della storia, venendo però eliminati al primo turno, e, cosa ancor peggiore, perdendo il coach a vantaggio dei Boston Celtics. Auerbach non fu l'unica leggenda biancoverde a passare per le Tri-Cities.
Bob Cousy infatti, fu parte del roster dei Blackhawks fino al momento in cui venne scambiato con Gene Vance dei Chicago Stags, il cui fallimento e relativo draft portarono poi il playmaker alla corte di Red.
Le squadre Nba erano scese da 17 a 11 dopo un solo campionato, e i Blackhawks vissero la prima di molte stagioni fallimentari chiudendo ultimi nella Western Division. Per la stagione 1951-1952 il propietario Ben Kerner trasferì gli Hawks a Milwaukee, sperando che un nuovo nome, una nuova città ed una nuova arena avrebbero risollevato le sorti del team. Sbagliava.
Pur con l'energico supporto dei tifosi del Wisconsin, gli Hawks vissero a Milwaukee quattro orrende stagioni da ultimi della classe, aggiudicandosi però, nel draft del 1954, la pietra angolare del proprio futuro: Bob Pettit, il Rookie of the Year 1955.
Nella stessa estate Kerner abbandonò Milwaukee e i brutti ricordi ad essa legati, portando gli Hawks a St. Louis.
Il titolo e la rivalità
La prima stagione a St. Louis fu ottima. Pettit vinse il titolo di Mvp guidando la lega in punti e rimbalzi, e Kerner gli costruì intorno un team capace di qualificarsi per i playoff come seconda forza della Western Division.
Sfortunatamente, dopo aver battuto i Lakers al primo turno, gli Hawks vennero eliminati dai Fort Wayne Pistons in una tiratissima serie al meglio delle 5 partite. Nell'estate del 1956, dopo Auerbach e Cousy, un terzo tassello dei leggendari Celtics fece la sua fugace apparizione per gli Hawks.
Bill Russell, infatti, venne selezionato con la seconda scelta assoluta da St. Louis, ma i biancoverdi non persero tempo ad aggiudicarsene i servigi, spedendo in Missouri due validissimi giocatori come Ed Macauley e Cliff Hagan.
Inizio così una stagione che vedeva St. Louis tra le favorite per l'accesso alla finale. Pronostico che gli Hawks rispettarono solo a seguito di una regular season alquanto travagliata. L'inizio a rilento costò presto la panchina a coach Holzman, ed il suo successore Slater Martin, dopo aver vinto 5 partite su 8, torno ad essere un semplice giocatore.
La pratica del giocatore-allenatore era piuttosto diffusa in quegli anni, e le redini della squadra vennero così affidate all'ala di riserva Alex Hannum. Il nuovo cambio in panchina fu una svolta decisiva nella stagione: Pettit e Hannum portarono gli Hawks al primo posto della Western Division, in coabitazione con i Fort Wayne Pistons ed i Minneapolis Lakers.
Risultato prestigioso ma ingannevole: le tre squadre infatti vantavano un record di 34 vinte e 38 perse, che nella Eastern Division sarebbe valso loro l'ultimo posto. Secondo il regolamento di quegli anni, vennero giocati degli spareggi tra le tre squadre per determinare la testa di serie n°1 dei playoff; spareggi che gli Hawks vinsero abbastanza agevolmente accedendo direttamente al secondo turno, dove affrontarono e sconfissero i Lakers per la seconda volta.
St. Louis, con cinque vittorie e zero sconfitte nei playoff, si era così guadagnata la prima finale Nba della sua storia. I suoi avversari erano i Boston Celtics di Cousy, Russell e Auerbach. La finale fu tiratissima, entrambe espugnarono il campo avversario una volta nelle prime quattro gare, dividendosi anche le successive gara5 e gara6.
Gara7 fu una delle partite più memorabili della storia Nba: per due volte gli Hawks impattarono il punteggio nei secondi finali, forzando il primo ed il secondo overtime. Fu il giocatore simbolo degli Hawks, Bob Pettit, a mancare il canestro sulla sirena che sarebbe valso il terzo supplementare e che invece consegnò ai Boston Celtics il loro primo titolo.
La stagione successiva, visse sulla voglia di rivalsa per la bruciante sconfitta di gara7 con i Celtics. Gli Hawks non conobbero ostacoli, chiudendo la stagione al primo posto della Western Division con otto gare di vantaggio sui Pistons, secondi.
Una riedizione della sfida Hawks-Celtics prese forma man mano che i due team si facevano strada nei playoff, e le attese non furono deluse. L'inizio della serie ripercorse il copione della finale 1957. Con i Celtics che dopo aver perso gara3 e Bill Russell in un colpo solo, riuscirono a prevalere in gara4 quando tutti li davano per spacciati.
Il miracolo non si ripetè in gara5 e St. Louis si guadagnò il match point da giocare in casa. Red Auerbach rischiò la carta Russell, che dopo venti coraggiosi minuti, abbandonò gara6, lasciando il palcoscenico a Bob Pettit, ai suoi 50 punti ed al primo titolo dei St. Louis Hawks.
Due tiratissime finali in due anni davano il diritto a battezzare la sfida St. Louis-Boston come una delle prime grandi rivalità della Nba. Una definizione che venne consolidata non poco negli anni a venire. Nell'estate che seguì la conquista del titolo Kerner decise inspiegabilmente di dare in benservito ad Alex Hannum, il mercato portò aggiunte importanti ad un roster già competitivo, e la stagione regolare si concluse con uno schiacciante vantaggio di sedici gare sui Lakers.
I playoff, e in particolare gli stessi Lakers, avevano però in serbo una spiacevole sorpresa per il team guidato da Ed Macauley. Minneapolis, infatti, eliminò i favoritissimi Hawks dopo essersi trovata sotto 2 a 1 nella serie, ottenendo nelle decisive gara5 e gara6 due vittorie di misura, la prima delle quali in overtime.
I Celtics, approdati ovviamente in finale dalla Eastern Division, non ebberò possibilità di rivincita contro i campioni in carica, e si doverono accontentare di battere un esordiente Elgin Baylor e i suoi Lakers. La delusione dei tifosi a non durò molto, già nella stagione 1959-1960 gli Hawks conquistarono il loro terzo titolo divisionale consecutivo, e St. Louis fu capace di portare a referto ben tre giocatori oltre venti punti: Pettit, Hagan e Lovellette.
Oltre settanta punti in tre. St. Louis non ripetè l'errore dell'anno precedente ed eliminò i Lakers in sette partite, raggiungendo Boston per la terza edizione della loro sfida. Come da copione, i due team arrivarono a gara7 dividendosi specularmente le prime sei partite.
Sfortunatamente la sfida decisiva non fu memorabile come nel 1957, Bill Russell dominò letteralmente la zona pitturata, portando a casa 35 rimbalzi e portando i Celtics ad un'agevole vittoria e al loro terzo titolo.
L'occasione per St. Louis di pareggiare i conti arrivò molto presto, alla prima occasione utile; dopo aver dominato ancora una volta gli avversari ad ovest, e dopo aver prevalso nell'ennesima sfida ai Lakers.
Lo strapotere dei Boston Celtics, però, spense subito le speranze degli Hawks: gara1, giocata a ridosso della decisiva gara7 contro Los Angeles, fu un massacro, e nelle gare successive la sostanza non cambiò.
Le finali non ebbero storia e solo una vittoria sul parquet di casa in gara3 permise al team allenato da Paul Seymour di evitare lo sweep. Ancora una volta, la corsa al titolo di Bob Pettit e dei suoi Hawks si era fermata contro i sovrumani Boston Celtics di Red Auerbach.
Il lento declino
Quattro finali Nba in cinque anni, condite da un titolo, avevano indotto negli Hawks un altissimo livello di autostima, ma quello che accadde nella stagione 1961-1962 riportò tutti bruscamente con i piedi per terra. Una combinazione di eventi negativi si concentrò sulla franchigia.
La chiamata alle armi privò coach Seymour di Lenny Wilkens, reduce da un'ottima stagione da rookie, Lovellette perse la seconda parte della stagione per un infortunio ad un ginocchio, e la brutta abitudine di Kerner a cambiare più coach che paia di pantaloni rese il clima del tutto instabile nello spogliatoio. Seymour durò quattordici gare, rimpiazzato da Andrew Levane prima e da Bob Pettit poi.
La stagione si chiuse al quarto posto nella Western Division, fuori dai playoff per la prima volta in sei anni. L'estate seguente la dirigenza degli Hawks decise di rinnovare il look alla squadra, per tornare subito ai vertici della lega. Lovellette fece i bagagli, Wilkens tornò sano e salvo dalle missioni e altre pedine importanti arrivarono dal draft e dalla derelitta American Basketball League.
Nel frattempo, forte di una decennale esperienza come Knickerbocker, si sedette in panchina Harry Gallatin, detto the Horse. La rifondazione illuse i tifosi giallorossi, il record si impennò subito verso cifre più abituali per Pettit e compagni, ma intorno agli Hawks, nel frattempo, gli avversari erano cresciuti. Lakers, Bulletts, Warriors, tutti volevano lanciare la propria personale sfida alla dinastia biancoverde, e per farlo dovevano passare per St. Louis. Pettit non era più un ragazzino, e il backcourt degli Hawks non faceva più la differenza come pochi anni prima.
Fu così che, nonostante il premio di coach of the year conquistato da Gallatin, gli Hawks iniziarono a seguire le finali Nba da spettatori. In principio furono i Lakers, che nell'oramai classica finale della Western Division, eliminarono gli Hawks in un'altrettanto classica gara7. Successivamente toccò ai San Francisco Warriors. Il palcoscenico erano sempre le finali ad ovest, ed il risultato, purtroppo, punì nuovamente Pettit e compagni.
Se possibile, la stagione successiva, le cose peggiorarono addirittura. Pettit perse 30 partite per un serio infortunio al ginocchio, e Kerner, insoddisfatto dal record negativo, sostituì Gallatin con il veterano Richie Guerin. La qualificazione alla post season non venne meno, ma il risultato, eliminazione al primo turno contro i Baltimore Bullets, fu scadente. Fu una stagione davvero pessima per St. Louis. Nata male, proseguita peggio, e conclusasi con la notizia che tutti temevano.
Una notizia che era stata nell'aria per buona parte della stagione, e che ora era ufficiale: Bob Pettit aveva deciso di chiudere la sua carriera. Le incredibili medie di 26.4 punti e 16.2 rimbalzi in carriera, i due titoli di Mvp, le dieci selezioni per il miglior quintetto Nba, tutto questo non poteva e non potrà mai far capire quello che il giocatore, l'uomo, aveva significato per la città di St. Louis e per gli Hawks.
Fu un duro colpo per gli Hawks, soprattutto dal punto di vista emotivo, ma la crescita di Zelmo Beaty e Lenny Wilkens, unita all'esperienza di Cliff Hagan, ultimo superstite del team campione nel 1958, facevano ancora degli Hawks un serio pericolo per le contendenti ad ovest.
A farne le spese, nei playoff del 1966, furono gli stessi Baltimore Bullets, che vennero spediti a casa con un sonoro 3 a 0. Di lì a poco toccò ai Lakers testare l'orgoglio di St. Louis, e la finale di division che doveva essere a senso unico, divenne un ostacolo durissimo da superare per Baylor, West e Chamberlain.
Dopo essersi trovati sotto 1 a 3, gli Hawks riuscirono ad impattare la serie, e costrinsero i Lakers a conquistare l'accesso alle finali in gara7. L'arrivo di Lou Hudson dal draft del 1966, unito all'esplosione di Paul Silas e alla sostanza di Beaty, Wilkens e di Bill Bridges, non furono più sufficienti per raggiungere nuovamente le finali Nba.
Per due anni consecutivi, il 1967 e il 1968, I San Francisco Warriors ebbero la meglio quando, ai playoff, si trovarono di fronte gli Hawks. Alle finali di division prima, ed al primo turno poi, in entrambe le occasioni con l'agevole punteggio di 4 a 2 nella serie. Gli Hawks stavano lentamente scivolando fuori dall'elite Nba, e tutti, chi prima e chi poi, se ne stavano rendendo conto.
Quello che accadde nell'estate del 1968, però, sconvolse ancor di più la città di St. Louis e i suoi appassionati di basket. Il propietario Ben Kerner, un titolo e svariati allenatori dopo aver fondato la franchigia, ne annunciò la vendita all'ex governatore della Georgia Carl Sanders e a Thomas Cousins.
Il trasferimento ad Atlanta, fu la naturale conseguenza della cessione, e Kerner si giustificò sostenendo che una franchigia con base a St. Louis non avrebbe più potuto competere finanziariamente nell'Nba. Nacquero gli Atlanta Hawks.
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