L’ira del Mamba

Un'altra estate sotto i riflettori per Kobe Bryant

"Potrebbe bastare il movimento brusco di una mano per innescare il meccanismo che porta il mondo ad un' altra era glaciale; forse potrebbe bastare anche un semplice battito d'ali di una farfalla a Tokio per causare un ciclone alle Azzorre" (Lamb).

Probabilmente, conosciamo tutti la famosa metafora dell' ancor più famoso climatologo Lamb intorno ai delicatissimi equilibri climatici causati dall' effetto serra e alle conseguenze che potrebbero scatenarsi dalla minima variazione metereologica.

Applicando questa teoria al basket NBA, potremmo quasi affermare, senza esagerazione, che gli scenari di mercato che si stanno prospettando sono talmente intriganti e succosi che un singolo movimento o scambio di giocatori sarebbe sufficiente per alterare, o comunque condizionare, in modo sensibile i futuri equilibri delle singole squadre, se non della Lega intera.

"The point of no return": l' estate 2007 per alcuni giocatori o franchigie, si prepara, per certi versi, ad essere quello della svolta decisiva, del cambiamento definitivo in positivo o in negativo, poiché la stagione 2006-07, da cui tutto ovviamente si genera, ha sviluppato una serie di situazioni tecniche che non possono più essere rimandate.

A ricercare una soluzione drastica sono quelle franchigie che da qualche anno non riescono a sbloccarsi da una condizione che alla lunga è diventata insoddisfacente; ma a pretendere una svolta sono soprattutto alcuni giocatori per i quali lo status di stelle riconosciute e iperpagate rappresenta una condizione esistenziale ormai insufficiente di fronte alla possibilità  di lottare per il titolo o comunque ad altissimi livelli.

È sufficiente, infatti, dare un' occhiata veloce ai principali nomi su cui, in questi giorni, si stanno costruendo ipotesi e rumors di trade per prendere coscienza di quanto emozionante possa essere il prossimo mercato NBA, a tal punto che, detto un po' malignamente, il brivido e la spettacolarità  di alcuni scambi potrebbe in parte riscattare la povertà  emotiva e tecnica delle Finals meno viste di sempre.

E quello che si prospetta come un menù da autentico gourmet trova inevitabilmente il suo piatto più prelibato nel nome di Kobe Bryant: più prelibato per la qualità  del giocatore, per le conseguenze che possono scatenarsi da una sua eventuale cessione, e per l' insistenza con cui la sua insoddisfazione ritorna nelle prime pagine dei giornali.

La sopportazione del giocatore per quella che è la situazione di mediocrità  tecnica che caratterizza i Lakers dalla dipartita di Shaq, ha ormai raggiunto la saturazione: nei tre anni successivi alla cessione di O'Neal, i Lakers, nel primo anno, non hanno nemmeno raggiunto i play-offs, mentre negli altri due sono stati eliminati al primo turno sempre dai Suns.

Al di là  di questi risultati, logicamente fallimentari per una franchigia che negli anni precedenti aveva quasi istituito una dinastia, quello che più inquieta a Los Angeles è il fatto che la dirigenza non è riuscita a creare gradatamente un progetto tecnico preciso e futuribile: non è mai riuscita a firmare sul mercato una point-guard affidabile dovendosi affidare di conseguenza prima a Chuky Atkins, e in seguito a Smush Parker, tutti giocatori del sottobosco NBA chiaramente inadeguati per governare le redini tecniche e mentali di una squadra che punta ai vertici della Lega.

In particolare Parker, nell' ultima stagione, ha vissuto da separato in casa con Phil Jackson, a tal punto che nella serie contro Phoenix, gli sono stati preferiti nello starting five alternativamente Jordan Farmar e Shammond Williams: se non è, questo, fare di necessità  virtù"

Ma la mancanza di una point -guard affidabile è stata solo una delle lacune tecniche cui la dirigenza non ha saputo porre rimedio: altre gravissime carenze hanno riguardato l' assenza di un centro consistente e di uno "pure shooter".

Qui, in realtà , la dirigenza aveva improntato alcune scelte, in particolare a partire dal secondo anno successivo all' "era Shaq": come centro, dai Wizards, i Lakers avevano acquisito Kwame Brown in cambio di Caron Butler, in uno scambio che si è rivelato fallimentare per i gialloviola. Brown infatti, pur mostrando lampi di talento molto interessanti, ha confermato tutta la sua inconsistenza caratteriale, mentale e la scarsa etica lavorativa che ad oggi lo etichettano come una delle peggiori prime scelte assolute di sempre; Butler ai Wizards è diventato addirittura un All Star.

Secondo i piani della dirigenza, i tiratori scelti dovevano essere Sasha Vujacic e Vladimir Radmanovic. Anche in questo caso, però, i frutti sono stati di pessima qualità : l' ex-friulano si è rivelato in consistente sul perimetro (34% in carriera da 3p) nel tentativo di sfruttare gli scarichi sul lato debole di Kobe; d' altra parte già  ad Udine aveva dimostrato di essere più un realizzatore che un vero e proprio tiratore puro.

Lo slavo invece, firmato la scorsa estate come free-agent, dopo le promettenti annate a Seattle, doveva essere, con il suo tiro da fuori, il completamento ideale per il triangolo di Phil Jackson e il braccio armato di Bryant con il suo tiro letale: la sua annata è stata del tutto impalpabile (6.6ppg con il 33.6% da 3p) per concludersi con un infortunio subito durante un' uscita sullo"slittino. Non pochi, logicamente, gli strascichi polemici che ne sono conseguiti tra il giocatore e la dirigenza.

La conseguenza di queste carenze è che i Lakers hanno inanellato un record di 121v-125p da quando hanno raggiunto le Finals nel 2004, e da qual momento hanno raccolto solo, dapprima, una esclusione dai play-off (2005) e, in seguito (2006-2007), due eliminazioni al primo round.

A quel punto la rabbia di Bryant è esplosa fragorosa:

Mi sento ancora frustrato, sto aspettando che la dirigenza operi qualche cambiamento; i Lakers stanno perseguendo un piano di ricostruzione più lungo di quanto mi aveva promesso il Dr. Buss quando mi aveva rifirmato come free-agent

La frustrazione di Kobe, non è solamente l' insoddisfazione di chi non riesce a competere ad alti livelli come il suo talento gli consentirebbe, ma è soprattutto la rabbia di chi non è ancora riuscito a dimostrare di poter condurre da solo al titolo la sua squadra senza la presenza di Shaq O'Neal; anzi, probabilmente, è più nella seconda motivazione che va ricercata l' insoddisfazione del giocatore, i cui tre anelli vinti vengono costantemente e necessariamente ricondotti al suo binomio con l'attuale centro degli Heat e che, di conseguenza, non permettono a Bryant di acquisire una dimensione di leader e di vincente assoluta, indipendente dall' "ingombrante" O'Neal.

Inizialmente, il giocatore si è limitato a "sollecitare" la franchigia affinché questa si muovesse opportunamente in sede di mercato, ma in seguito il termine "cambiamento" ha acquisito un significato molto più drastico e drammatico per le eventuali sorti dei Lakers:

A questo punto, pur di andarmene, andrei a giocare anche su Plutone

Uno stesso insider, molto vicino all' ambiente gialloviola, ha poi confermato che, dalle conversazioni successive verificatesi tra Kobe e la dirigenza, "il giocatore è stanco della strada intrapresa dalla franchigia e vuole essere ceduto. Questo è il messaggio che ne è uscito".

I Lakers ora si stanno muovendo in una duplice direzione: mercato free-agent e "Bryant question". L' acquisizione di qualche free-agent di primo livello diventa ora essenziale, innanzitutto per ridare lustro e competitività  alla squadra, ma soprattutto per ridare linfa vitale al rapporto tra dirigenza e Kobe: Kobe ha ancora tre anni contratto con i gialloviola, ma alla fine del prossimo potrebbe far fruttare una clausola che lo farebbe diventare free-agent.

Da questo punto di vista una annata positiva disputata dalla sua squadra potrebbe fargli cambiare i suoi propositi futuri di cambiamento.

L' obbiettivo numero uno della franchigia è, dichiaratamente, il lungo dei Pacers Jermaine O'Neal, ma i colloqui tra le rispettive squadre è in fase di stallo e non sembra poter decollare: i Pacers, che attraverso il nuovo coach Jim O'Brien stanno comunque sottoponendo la loro superstar ad una prepotente opera di convincimento per rimanere, in cambio di O'Neal vogliono, oltre a Odom, anche Bynum; sul secondo giocatore però i Lakers però non vogliono discutere considerandolo un potenziale centro dominante per i prossimi dieci anni.

Si ripropone perciò il "problema Andrew Bynum": già  in inverno la non-volontà  da parte dei Lakers di cedere il loro imberbe centro fu la causa del mancato arrivo di Jason Kidd, ed ora sembra l' imprescindibile "conditio sine qua non" per arrivare al centro dei Pacers; e pensare che dopo quel mancato affare Kidd ha giocato in maniera superlativa il resto della scorsa stagione, mentre Bynum è crollato clamorosamente.

Ora i Lakers potrebbero essere disposti a cedere Bynum per arrivare a Kidd, ma i Nets, che già  pregustano un roster con il loro play, Carter (che dovrebbe rifirmare), e Kristic e Jefferson a pieno regime, non sono più disposti allo scambio.

Quanto alla trade per ottenere O'Neal, il discorso è più complicato. Per il momento la risposta del G.M. Kupchak è stata un categorico "I refuse", ma è chiaro che lui e Buss dovranno valutare con molta attenzione se lavorare per il futuro della franchigia o per rendere da subito competitiva la squadra: Bryant in questo senso ha già  espresso chiaramente la sua preferenza"

Il rafforzamento del team losangelino si svilupperà  però, non solo con l' arrivo di un lungo che dia solidità  alla difesa e che dia soprattutto profondità  alla fase offensiva evitando così che l'attacco si limiti alle divagazioni personali di Bryant inframezzate dai lampi di Odom, ma sarà  essenziale l' acquisto di un point-guard affidabile, possibilmente con un gran tiro da fuori per punire i raddoppi generati da Kobe. Circolano i nomi a questo riguardo di Steve Blake, Earl Boykins e Maurice Williams.

Nel caso uno dei tre arrivasse, verrebbe firmato con la "salary cap exception" (5mln di dollari), poiché gran parte dei contanti verrà  investito su O'Neal. I tre nel mirino della dirigenza, sono giocatori con potenzialità  non disprezzabili, in grado di fornire un contributo consistente ed istantaneo, senza comunque essere una risoluzione totale ai problemi Lakers: Blake ha visto impennare le proprie quotazioni dopo l' ultima stagione trascorsa a Denver dove ha saputo garantire un minimo di ordine e razionalità  ad un attacco imperniato su due bocche da fuoco come Iverson e Anthony.

Sarebbe una soluzione interessante per dare razionalità  anche all' attacco dei Lakers, ma sembra un tantino carente sul piano della creatività , della solidità  fisica e il suo tiro da fuori, pur occasionalmente pungente, non è il tiro killer che cercano i Lakers.

Boykins, invece è ormai da un paio d'anni uno dei giocatori più accattivanti dell' intera Lega ed uno dei più amati dei tifosi che spontaneamente tendono ad identificarsi in lui: ai Lakers darebbe punti, imprevedibilità , brio offensivo e un eccellente tiro dalla distanza (39.7% da 3p nel 2006-07). Controindicazioni: il motivo del suo fascino e di quanto i tifosi lo amino consiste nel fatto che è alto 1m65"Logiche le difficoltà  cui andrebbe incontro la difesa dei Lakers nei play-off ma pure nella regular season quanto dovesse incontrare point-guard fisiche come Kidd, Baron Davis, Deron Williams.

Il terzo invece, Williams, tra i tre, è quello decisamente più talentuoso, più creativo e con più punti nelle mani: porterebbe da subito ai Lakers produttività , iniziative personali e personalità . Il rovescio della medaglia però consiste proprio in questo: Williams ama avere la palla tra le mani, incarna più la classica point-guard di stampo moderno che un play ragionatore e distributore.

La sua presenza di conseguenza rischierebbe di accavallarsi o, di essere condizionata, da quella di Bryant. La sensazione di fondo comunque è quella per cui queste soluzioni, pur non essendo esattamente un ripiego per il valore complessivamente elevato dei giocatori, risultino delle risposte parziali ai problemi di Los Angeles in cabina di regia, un po' perché le soluzioni primarie (Billups e Bibby con quest'ultimo molto vicino ai Cavs) sono fuori portata per questioni di budget, un po' perché gran parte delle risorse economiche verranno investite su di un lungo di valore.

Quanto alla seconda questione, quella relativa alla volontà  sempre più rimarcata da parte di Bryant di essere ceduto, la dirigenza, nella figura soprattutto di Jerry Buss, sta valutando eventuali proposte di trade: "i Lakers sono entrati in contatto con non meno di otto/dieci squadre" (Los Angeles Times), ma per il momento nessuna ipotesi di scambio è stata considerata in maniera consistente vista l' entità  del contratto del giocatore, e la logica difficoltà  derivante dal trovare una contropartita adeguata al talento del giocatore.

In questo momento due sono le franchigie che hanno dimostrato con maggiore concretezza un interesse verso la stella dei Lakers: New York, ma soprattutto i Chicago Bulls.

L' "ipotesi New York" si riveste di un fascino quasi cinematografico, quasi uno scenario realizzato appositamente tra quello che è il giocatore più forte e spettacolare del mondo e la franchigia principale della Lega quanto a potenza finanziaria e mediatica: da questo punto di vista, a livello di marketing, nessun matrimonio sarebbe più logico e opportuno.

Di più: i Knicks non compilano un record vincente dal 2000 e nelle ultime quattro stagioni, solo una volta hanno raggiunto i play-off. Un giocatore come Bryant sarebbe quindi la scintilla ideale per infiammare il pubblico del Madison Square Garden, per riaccendere un entusiasmo che da troppo tempo stenta a rianimarsi, e non di certo per colpa del pubblico di casa, da sempre considerato uno dei più passionali nonché competenti della lega.

Il problema però consiste nel fatto che i Knicks non hanno materiale umano adeguato per impostare una trade con i Lakers e che, allo stesso tempo, permetta loro di non sacrificare Marbury, Curry e Jamal Crawford, ovvero i tre giocatori di maggior spicco del team di Isiah Thomas: l'arrivo di Bryant nella Grande Mela, dal punto di vista tecnico, porterebbe quindi ad un nulla di fatto perché il fuoriclasse troverebbe una squadra ridotta praticamente all' osso, senza talento e che non lo metterebbe comunque in condizione di lottare per il titolo. Lo scambio assumerebbe perciò contorni esclusivamente commerciali e di opportunismo pubblicitario.

Più credibile, seppur comunque carica di rischi, è la soluzione rappresentata dai Bulls, decisamente più concreta tecnicamente. Anche in questo caso, il fascino di questa potenziale operazione è innegabile se si considera che Bryant approderebbe nella squadra, creando così un ideale filo rosso di continuità , di quello che è stato il giocatore cui è stato più spesso paragonato per talento, spettacolarità , movenze, imprese realizzative: Micheal Jordan.

I rumors parlano di una trade che porterebbe a Los Angeles Duhon, Ben Gordon, Nocioni, Tyrius Thomas e la nona scelta assoluta dei Bulls al prossimo draft: tecnicamente la scelta potrebbe essere anche interessante per i Lakers che in questo modo riceverebbero quattro giocatori di livello che in un mix di talento, gioventù e consistenza ricostruirebbero la squadra dalle fondamenta, cui aggiungerebbero ulteriormente Odom, Bynum e, magari, un Radmanovic ritrovato.

Proprio la profondità  apparentemente eccessiva della contropartita dei Bulls per Bryant è la questione principale che inquieta la dirigenza dei Bulls e la stampa stessa di Chicago (riflessioni tratte dal Chicago SunTimes).

Da un lato vi sono coloro che sostengono l'opportunità  di acquisire Bryant per diversi motivi:
A) Scott Skiles, dall' inizio della scorsa stagione, ha ribadito più volte l' importanza per al sua squadra di almeno tre go-to-guy, ovvero tre realizzatori costanti nei momenti infuocati e con l' arrivo di Bryant, da affiancare a Luol Deng e ad Hinrich, i Bulls risolverebbero questa loro esigenza (Bryan Hanley);
B) Per quanto sia doloroso smantellare un nucleo che la dirigenza ha costruito negli anni attraverso il draft, le scorse finals hanno dimostrato palesemente come "nella debole Eastern Conference, basti una singola superstar per arrivare in finale"(Greg Couch); benché " i Bulls siano un team, un uno-per -tutti, mentre Kobe è un solista, un tutti-per-Kobe che non sa rinunciare alle luci della ribalta", queste sono le regole del gioco, e forse Kobe può essere la carta vincente per i Bulls.

Altre voci invece respingono con forza l' eventualità  di acquisire il gialloviola perché ciò significherebbe creare dei vuoti enormi nel roster (Bryan Jackson), distruggere l' unità  dei un gruppo in nome dell' egoismo di un unus e soprattutto affidare la leadership di un gruppo ad un giocatore che in questi anni ha spesso mostrato limiti di stabilità  e di maturità  caratteriale: i continui scontri con Phil Jackson, la gelosia verso O'Neal, la denuncia per violenza sessuale (Rick Telander).

In breve: il prezzo da pagare per i Bulls rischierebbe di essere troppo alto sia per la chimica tecnica che per la tranquillità  dello spogliatoio, quando viceversa sempre i Bulls potrebbero acquisire Bryant in qualità  di free-agent a partire dalla prossima estate.

Tuttavia, analizzare la "questione Bryant", significa considerare non solo il punto di vista della squadra o della città  che può ricevere il giocatore, ma spinge a valutare o, per lo meno, a tentare di immedesimarsi nello spirito di chi Bryant può vederselo strappare.

Il legame tra Kobe e la metropoli losangelina è un vincolo, per certi versi, profondo, viscerale, che va al di là  della questione meramente tecnica o di titoli vinti, ma che trae le sue ragioni d'essere in quella che è l' essenza della città  e l' indole tecnica ma pure caratteriale del giovane fuoriclasse.

Los Angeles principalmente è la città  delle stars e dei riflettori di Hollywood, ma è anche la città  della bellezza; d'altra parte, però, la sua bellezza non è quella artistica o culturale che appaga interiormente chi la respira anche per un solo attimo, ma è quella più esteriore, strettamente legata al lusso o alla ricchezza di alcune strade (Rodeo Drive) o di alcuni popolari quartieri (Bel Air) e che di conseguenza attinge inevitabilmente alla dimensione del narcisismo e dell' esibizionismo fine a sé stesso.

In questo contesto trovano la loro giustificazione lo spettacolo, il divertimento; in questo contesto lo "showtime" recitato dai Lakers di Magic tra la fine degli anni '80 e l' inizio dei '90 appariva come la naturale trasposizione in ambito sportivo di tutto lo sfarzo e di tutta la ricchezza che si potevano ammirare, ostentate, per le strade della città .

E questa è la dimensione ideale, "ad hoc" in cui può scintillare la classe, il talento immarcabile ma pure la personalità  problematica di Kobe: Kobe non è solo il giocatore individualmente più forte del mondo, ma è anche "un bambino, una star ancora bambina, abituato ad essere viziato e coccolato fin da quando era bambino" (Mark Kriegel, FoxSport.com).

Bryant è spettacolo allo stato puro, divertimento, molte volte fine a sé stesso e a discapito delle logiche collettive; tuttavia ha sempre giocato nei Lakers, ha sempre dato tutto per questa franchigia, e, pur in qualche eccesso di egoismo, ha cercato di renderli una squadra migliore: come immaginarlo in una squadra che non siano i Lakers? In definitiva: Bryant è Los Angeles, ne incarna l' essenza più profonda, il modus vivendi, scambiarlo significherebbe sottrarre alla città  la sua quintessenza più naturale.

"Don't trade Kobe, he's all L.A.!": è questa la "supplica" che sempre M.Kriegel lancia alla dirigenza anche perché "un giocatore come lui si scambia solo a condizione di ricevere Tim Duncan, Lebron James o Dwayne Wade: squadre come i Knicks o Chicago cosa possono dare a Lakers per un talento come lui? I Knicks non hanno giocatori validi, mentre Chicago ha dei buoni talenti, ma Gordon o Deng non sono in grado di sostituire Kobe nel cuore della città ."

Intanto suppliche o non suppliche, i telefonini di Buss e Mitch Kupchak saranno tra i più bollenti durante l' estate alla ricerca di qualche colpo di mercato che faccia rientrare Kobe dai suoi proposti di "fuga (in questo caso più che mai) per la vittoria"; intanto gli ultimi rumors dicono di un pallido interessamento dei Nets per Kobe che offrirebbero in cambio Kidd e Vince Carter, anche lui il prossimo anno free-agent ma non particolarmente amato a Los Angeles. Risposta probabile del Mitch: "I refuse".

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