Cavs, bravi lo stesso

Grande la delusione per Lebron James, ma tutti lo prevedono presto di nuovo alle Finals

Sinceramente è impossibile sorprendersi del risultato della Finale. Chi, realisticamente, non si aspettava una vittoria degli Spurs? Perché, in fondo, credere che i Cavs avessero delle possibilità  reali di vittoria era esercizio concesso solo ai veri tifosi di Cleveland che, giustamente, speravano in un'impresa; ma la realtà  si è rivelata ancora più dura di quanto si pensava, infrangendo ogni sogno. Probabilmente i Cavs avrebbero potuto portare a casa almeno una partita, evitando lo sweep, ma la situazione non sarebbe cambiata

Gli Spurs hanno meritatamente portato a casa questo titolo, contro una Cleveland che era inferiore a livello di singoli e anche, ovviamente, come squadra. E Cleveland ha in ogni modo preso con filosofia una sconfitta in finale che non deve assolutamente cancellare dalla memoria di tutti quanto di buono hanno fatto i Cavs in questa stagione, andata molto al di là  delle più rosee aspettative, come dice pure Gooden: "Molte persone non si aspettavano che saremmo arrivati fino a qui, arrivando qui abbiamo realizzato uno dei nostri obiettivi. Chiaro, non abbiamo vinto il titolo e non siamo contenti, ma abbiamo ancora molti anni per provarci".

E allora è evidente come tutti mettano in risalto, oltre all'ottima stagione, anche l'importante bagaglio d'esperienza costruito in questi playoffs ed in particolare nella Finale che, da sempre, fa un po' storia a sé. Ilgauskas la vede così: "E' ovvio che avremmo voluto vincere questo titolo, ma a volte per vincere, devi prima soffrire. Paul Silas (l'ex coach dei Cavs) diceva sempre che vincere un titolo NBA è la cosa più difficile da fare nella vita. Non sono d'accordo al 100% con quest'affermazione, ma di sicuro ci va molto vicino".

Insomma, si spera che quest'esperienza sia utile in futuro, sperando di riuscire a tornare ad un livello tanto alto con una squadra migliore. Le lacune dei Cavs in questa finale sono state abbondantemente evidenziate, ma allo stesso tempo non si può non rilevare come il management ha risistemato in solo quattro anni una franchigia che era da sempre in seria difficoltà , almeno sportivamente parlando.

Il colpo di fortuna che ha portato James a Cleveland nel 2003, è stato seguito da una gestione comunque buona della squadra, con un continuo tentativo di rafforzare e dare un'identità  alla franchigia, a cominciare dalla scelta fatta con l'arrivo di Danny Ferry come GM e Mike Brown come coach.

L'attenzione della stampa nazionale, più che sulla squadra nel suo totale, si è ovviamente concentrata su James e sul fatto che il numero ventitré non ha reso, nelle finali, come in molti si aspettavano. E' vero sì che James avrebbe potuto giocare meglio, come lui stesso ammette senza problemi ("Avrei potuto decisamente giocare meglio e devo migliorare se vogliamo vincere, ci sono un sacco di cose sulle quali devo lavorare. Se i faccio passi avanti, automaticamente anche la squadra li farà "), ma di certo il peso della sconfitta non può ricadere interamente sulle sue spalle.

La teoria, molto americana, secondo la quale se si vince o si perde è sempre merito/colpa della superstar a mio modesto avviso non sta in piedi. Come gli Spurs hanno abbondantemente dimostrato, per vincere bisogna avere una squadra di alto livello, non si può pensare che un solo giocatore ti porti in paradiso, neanche nella NBA annacquata attuale. Colpevolizzare James per le lacune del roster della sua squadra mi sembra ingeneroso, come mi sembra ingeneroso scordarsi che uno (e sottolineo uno) dei motivi delle sue prove non eccezionali è anche il fatto che ha dovuto subire la pressione della miglior difesa della NBA senza un grande aiuto dai compagni.

Subito dopo la sconfitta, è iniziata l'estate di Danny Ferry che dovrà  cercare, in qualche modo e nonostante una situazione salariale complicata, di migliorare l'organico, perché si è visto che sono necessarie alternative, soprattutto offensive, a James se si vuole veramente arrivare in alto.

E allora sarà  importante andare alla ricerca di un playmaker, ma senza svenarsi, visto che si vuole comunque dare una possibilità  a Gibson, che se l'è meritata, probabilmente un altro giocatore per il backcourt, che riesca a dare punti, e un lungo. Senza una scelta al Draft, che in ogni caso si cercherà  di acquisire, visto anche l'alto livello del Draft di quest'anno, si cercherà  comunque di migliorare acquisendo nuovi giocatori.

Anche se probabilmente le scelte più importanti dovranno riguardare i giocatori che già  militano nei Cavs. Al di là  di uno Hughes che, da quando è arrivato a Cleveland, non ha reso come ci si aspetterebbe visto quello che percepisce a fine mese, i veri problemi sul tavolo del GM dei Cavs sono Pavlovic e Varejao.

Entrambi, infatti, sono restricted free-agent, entrambi hanno dichiarato di voler rimanere a Cleveland, dove hanno trovato un ambiente che ha fiducia in loro, ma entrambi vengono dalla loro miglior stagione in carriera e, poco ma sicuro, avranno dei corteggiatori questa estate. Ferry dovrà  decidere quanto valgono, senza svenarsi e strapagare due giocatori sicuramente buoni ma, allo stesso tempo, non unici. Se rimanessero, però, s'inizierebbe per davvero a costruire un'ossatura di squadra, alla quale va aggiunto qualche pezzo per portarla al livello delle migliori nella lega.

Vediamo quindi come andrà  a finire l'estate, facendo lo stesso in complimenti a Cleveland per la grande stagione appena conclusa.

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