Cleveland in Finale

L'urlo di guerra di Lebron si sentirà  presto anche nel Texas…

I Cavs sono in finale. Sembra incredibile ed era sicuramente impronosticabile all'inizio dei playoffs, ma questa è la realtà . E, a mio parere, lo meritano in pieno perché, nella finale della Eastern Conference, sono sicuramente la squadra che ha giocato meglio, spremendo il massimo dalle sue possibilità , mentre i Pistons, ancora una volta, non si sono smentiti.

Hanno perso una serie nella quale erano la squadra più forte, completa e con più esperienza, buttando via una grande occasione per delle incomprensioni non tanto all'interno dello spogliatoio quanto piuttosto, come abbondantemente detto in articoli precedenti, tra la squadra e l'allenatore.

La città  di Cleveland, dopo la gara di sabato sera, è ovviamente in ebollizione, in vista di una finale NBA, la prima, che non era pronosticata e che è stata accolta in modo incredibile dal pubblico dell'Ohio, rimasto ad applaudire i suoi beniamini, entusiasta per il risultato conquistato, scoprendo un entusiasmo per la squadra che cresce sempre di più con il passare del tempo (e delle serie di playoffs)

Se James è colui che ha sempre gli occhi di tutta l'America puntati addosso, l'uomo del momento e della provvidenza per Clevland è sicuramente Daniel Gibson che, dopo essersi perfettamente inserito nello spogliatoio, nonostante sia un rookie, ha tirato fuori dal cilindro una prestazione semplicemente incredibile in gara 6.

Il "fratellino" di Lebron ha dato spettacolo nell'ultima partita della serie, segnando 31 punti, con cinque canestri da tre punti segnati nel secondo tempo (record di franchigia nei playoffs) e ben quattro nel solo ultimo periodo di gioco.

Sono i suoi punti quelli che hanno ucciso i Pistons, come i punti imprevedibili di tutti coloro che non sono Lebron e che hanno salvato i Cavs in una serata in cui James è stato solo "normale", almeno per i suoi standard.

Boobie Gibson ha dimostrato di avere gli attributi, di prendersi responsabilità  che anche un veterano potrebbe esitare a prendersi, conquistandosi, oltre che una carriera nella NBA, anche l'amore della Quicken Loans Arena di Cleveland, che in suo onore ha anche cantato a squarciagola "Boo-bie, Boo-bie".

E il ragazzo di Houston, idolo già  dai tempi della high school, uscito in anticipo dal college a Texas, ha ringraziato i suoi tifosi con il suo classico sorriso, che ha già  conquistato molta gente.

Gibson infatti, oltre che essere un buon giocatore, è veramente benvoluto da tutti, ragazzo educato, con due genitori che l'hanno seguito nella sua crescita, con una gran voglia di lavorare e che non ha avuto problemi a conquistare l'amicizia anche di Lebron James, che per lui ha solo buone parole: "Quando ho saputo che avevamo scelto Daniel al secondo giro (al numero 42), ho pensato che fosse un gran colpo. Sapevo che era un gran giocatore, ed ho visto la sua passione, la sua etica del lavoro prima, durante e dopo ogni allenamento. Un giorno, in una riunione di squadra in un momento di difficoltà , si è alzato ed ha detto < Ragazzi se solo tutti noi giocassimo con la stessa voglia che ho io, allora diventeremmo una grande squadra >. Me lo ricordo perché un rookie non dovrebbe dire queste cose, anzi, non dovrebbe proprio parlare in queste situazioni. Da quel momento ho saputo che sarebbe diventato qualcosa di speciale.".

Per Detroit, invece, la situazione si fa complicata e, quella del 2007, si preannuncia come una delle estati più calde nella storia della franchigia, visto che Joe Dumars sarà  costretto a prendere una serie di decisioni decisamente importanti per il futuro dell'organizzazione.

La prima riguarda ovviamente la squadra, la necessità  di comprendere se questo gruppo ha ancora qualcosa dentro o no. E direttamente connessa con quest'ultimo punto è necessariamente la scelta di rifirmare o no Chauncey Billups, in considerazione delle sue richieste economiche.

I rumors di tutto l'anno dicono che Billups vorrà  il massimo salariale e che probabilmente Dumars non glielo vorrà  dare, considerando che è possibile che la point guard dei Pistons abbia già  passato, o comunque passerà  presto, le stagioni di massimo rendimento.

Se veramente Dumars pensa che Billups non valga un investimento alto, e lo lasciasse andare ad una squadra di livello inferiore ma con più disponibilità  a sganciare i dollaroni che l'ex Minnesota vuole, allora probabilmente dovremmo veramente considerare il ciclo dei Pistons come chiuso.

Perderlo sarebbe terribile, la possibilità  e la speranza per Detroit è data dalle parole di Billups: "Sono arrivato qui senza sicurezze, cercando una casa ed ho vinto un titolo, un Mvp delle Finali, sono andato un paio di volte all'All Star Game, due volte alle Finals ed ogni anno alle finali di Conference. Insomma ho fatto tanto qui, e questa città  significa molto per me. Il tempo passato qui significa molto per me". Vedremo se l'affetto avrà  la meglio sul richiamo dei dollari.

Anche se più che di Billups, nell'immediato post gara, si è parlato più della posizione dell'uomo sicuramente più esposto alle critiche dopo la sconfitta, vale a dire coach Saunders. Il record di Saunders sul pino di Detroit è inattaccabile (117-47 in due anni), ma le due eliminazioni consecutive alla finale di Conference pur avendo la squadra più forte devono pesare sulla decisone di continuare nella collaborazione con lui.

Parole concilianti sono arrivate anche da Billups: " Non si può addossare tutta la colpa su una sola persona. Coach Saunders avrebbe potuto fare qualcosa di meglio? Probabilmente sì. Ma non si può dire la stessa cosa di Sheed, Tayshaun e di tutti noi giocatori?".

Ma, poco ma sicuro, i giocatori non difenderanno a spada tratta, al di là  delle parole concilianti di facciata, un allenatore che non ha mai fatto breccia nelle loro teste.

Non è detto che licenziare il coach sia la risposta ai problemi dei Pistons, quanto piuttosto sia necessario fare un po' di pulizia nella testa dei giocatori, che devono di sicuro cambiare atteggiamento, perché alla fine hanno pagato cara la loro supponenza, il fatto di giocare con le marce tutto l'anno e poi ritrovarsi al momento del dunque senza riuscire a produrre quell'intensità  che tre anni fa li portò, inaspettatamente, al titolo.

E' da lì che bisogna iniziare, con la speranza che questo gruppo ha ancora qualcosa da dire.
Ma non anticipiamo i tempi, questa è tutta un'altra storia.

Noi ora, come tifosi della NBA, ci dobbiamo preparare a goderci i Cavs di James e Gibson sfidare gli Spurs nella Finale per il titolo. Incredibile ma vero.

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