LBJ ad un passo dalla storia, sua e dei Cavaliers…
Com'è possibile iniziare a parlare di gara 5 della Finale della Eastern Conference senza partire parlando di Lui (volutamente scritto con la elle maiuscola)? Semplicemente non è possibile.
Quindi, per gli svogliati, che di sicuro saranno pochi, le metto qui, le cifre che rappresentano una delle più incredibili prestazioni individuali della storia della NBA: James, infatti, non solo ha segnato 48 punti, ma ha realizzato gli ultimi venticinque punti dei suoi e ventinove degli ultimi trenta dei Cavs, il tutto in sedici minuti e cinque secondi di gioco.
C'è bisogno di aggiungere altro?
Terminata la partita, dopo i primi momenti di rielaborazione di quello che si aveva appena finito di vedere, tutti (e sottolineo tutti, ex giocatori, giocatori in attività , giornalisti, opinionisti, giocatori di altri sport) hanno sentito il bisogno di esprimere la propria opinione su quello che avevano appena visto.
E allora ecco partire i paragoni con grandi gare del passato, paragoni con Bird, Magic, Chamberlain ed ovviamente Jordan. Ecco, probabilmente la prestazione di cui si parla di più, anche perché è la più suggestiva, per metterla in relazione con quella di James, è la gara dei 63 punti di Jordan al Boston Garden nel 1986, in faccia ai grandi Celtics di Larry Bird e compagnia, partita che peraltro i Bulls persero.
Invece questi Cavs gara 5 l'hanno portata a casa, ed alla grande, e l'attenzione mediatica scatenata da James non deve mettere in secondo piano il fatto che Cleveland ha, stanotte, la seria possibilità di chiudere la serie, a casa propria, e probabilmente di chiudere il ciclo di una delle squadre più forti (sempre alla finale di Conference negli ultimi cinque anni), ma anche più bizzarre e difficili da controllare e capire degli ultimi anni.
Ma a Cleveland l'attenzione è ovviamente altissima, anche per non cercare di ripetere l'errore commesso l'anno scorso, in una serie che è sempre più speculare a quella di questa stagione, dove i Cavs riuscirono ad espugnare il Palace in gara 5 però poi persero gli ultimi due match della serie.
Per preservare le proprie possibilità di vittoria, la prima necessità è quella di recuperare un Leborn stremato fisicamente (e ci mancherebbe) dopo gara 5, al termine della quale è stato anche precauzionalmente trattato dai medici dei Cavaliers per paura che si disidratasse dopo lo sforzo. Di sicuro il venerdì senza allenamenti avrà aiutato.
A Cleveland sono ovviamente affascinati da James, e probabilmente le parole migliori per esprimere lo stato d'animo dell'organizzazione ma anche dei tifosi dell'Ohio sono quelle di coach Brown: "Sai, come coaching staff, compagni di squadra, organizzazione e città siamo veramente fortunati ad avere un ragazzo così, di conoscerlo, di capirlo e di avere la possibilità di vederlo così tanto come negli ultimi anni. La sua aggressività e la sua determinazione ci hanno fatto vincere. E' bello vedere come Lebron abbia aiutato a crescere questa organizzazione e questa squadra, fino al livello a cui è ora. Si può vedere la sua maturità , la sua crescita anno dopo anno, nel suo modo di comportarsi dentro e fuori dal campo; sta giocando ad un livello altissimo".
Non bisogna però scordarsi che la serie non è per niente finita, e che i Pistons, se davvero, per una volta, mettono da parte quella sorta di supponenza endemica che ormai li caratterizza, hanno serissime possibilità di portare questa serie a gara 7, hanno l'esperienza, il talento e la forza per uscire da una situazione così spinosa. Di sicuro è, quella di stanotte, l'ultima chiamata per non dovere salutare la propria stagione.
La squadra non molla, con il motivatore Sheed Wallace che, subito dopo la fine dell'ultimo match, ha chiuso i suoi compagni di squadra dentro lo spogliatoio (lasciando fuori gli allenatori), urlando loro in faccia, fondamentalmente "Non è finita, dobbiamo crederci", ovviamente con espressioni molto più colorite di queste.
I problemi ci sono, in primo luogo le difficoltà di comunicazione dello staff tecnico con i giocatori, le strategie difensive che non hanno proprio funzionato nel migliore dei modi, rotazioni che non arrivavano, varchi in area che si aprivano senza ragione. E' da qui, da trovare una convincente unione di squadra, soprattutto in difesa, che i Pistons devono partire, sempre combattuti tra la necessità di limitare James ma senza allo stesso tempo concedere troppo agli altri.
Il problema di Detroit è che sembra che ci sia una mancanza di comunicazione con il loro coach, una mancanza di fiducia nelle decisioni che l'allenatore prende e una poca voglia di metterle in partita una volta scesi in campo. Varie volte si sono visti, in gara 5, i giocatori insoddisfatti o non convinti delle indicazioni del loro allenatore, primo fra tutti il solito Wallace, ed in un clima del genere non è semplice portare a casa una partita tanto importante.
Stanotte è la grande notte. I Pistons metteranno da parte i loro demoni ancora per un po', o ci dobbiamo preparare a vedere la prima apparizione alla finale NBA di Cleveland e di King James?