Detroit, prova di forza

Salve, sono Rasheed Wallace. Risolvo problemi.

Per i primi due quarti è sembrato di avere una serie, nel terzo e nel quarto Detroit ha provveduto a fugare ogni dubbio.
Impressionante prova di forza dei Pistons, che sbancano Chicago in scioltezza, e si avvicinano a grandi passi verso la Finale di Conference.

E se siete tifosi Pistons, un consiglio: non prendete impegni nel periodo dopo il 7 Giugno, probabilmente dovrete seguire le finali NBA in veste di tifosi.

Ciò che ha impressionato dei Pistons è stata la capacità  di girare la partita dopo l'intervallo, che evidentemente ha portato consiglio: Se nella prima metà  erano stati persi 8 palloni, dal rientro negli spogliatoi solo uno Spalding è stato regalato ai Bulls.
Viceversa i Bulls al rientro sono andati inspiegabilmente nel pallone, non riuscendo più a trovare il bandolo della matassa, che si è fatta sempre più terribilmente complicata. Il tabellino è impietoso: nel secondo tempo si contano 8 Turnovers, 30 punti segnati, una percentuale dal campo del 24.2%, e solo un 2/13 globale da 3. In queste condizioni a poco serve la battaglia vinta sotto le plance, 60-43, se non supportata da concretezza nella fase offensiva.
In generale i Bulls avrebbero dovuto battere il ferro finchè era caldo nel primo tempo: tirare con il 40% sbagliando alcune facili conclusioni contro una Detroit svagata grida vendetta.

Vendetta che è puntualmente arrivata.

Detroit, pur utilizzando una rotazione ridotta all'osso (solo 6 giocatori in campo per più di 20 minuti), ha dimostrato di avere un'arsenale sconfinato: Webber non è in palla? nessun problema, ci pensa Totò McDyess a fare legna sotto canestro.

I Bulls costruiscono il loro vantaggio nella prima metà  sfruttando il pick& roll alto con Brown? Nel secondo tempo ci si mette a zona e si sale di intensità , e Chicago è imbavagliata.

A finire sotto i riflettori sono stavolta Prince, che sta giocando dei Playoff semplicemente perfetti; Wallace, decisivo nella rimonta, oltre che il solito Billups.

Nei Bulls bisogna distinguere tra primo tempo e secondo tempo: nel primo sono giunti segnali confortanti da Deng e Gordon e soprattutto da Brown, vero uomo in meno della serie finora, non tanto in attacco, ma in difesa. Ma nel secondo Detroit ha messo l'overdrive, e praticamente
nessuno si è salvato dall'imbarcata.

E dire che Chicago aveva iniziato col piede giusto la partita, aggredendo come aveva fatto Detroit a domicilio. Niente forzature, buona circolazione, difesa attenta che è stata capace di forzare 8 palle perse e di tenere i Pistons al 33% dal campo.

Addirittura con 6 minuti sul cronometro Chicago si trova a condurre per la prima volta un match nella serie, un divario che nel secondo quarto si accresce sempre di più. Il pick & roll giocato con Brown sembra dare buoni frutti, e se il tiro è sbagliato ci pensa Ben Wallace a porre rimedio. A 16 secondi dalla fine il canestro e fallo di Deng fa toccare l'inusitata vetta del +18, una giocata che teoricamente dovrebbe essere una mazzata per i Pistons.

Poi all'improvviso l'incoscienza, citando la Gialappas.

E se nella prima metà  ci aveva pensato Hamilton a tenere in piedi Detroit, l'inizio del terzo quarto vede la prima tripla della partita per i Pistons, ad opera di Prince.

È il segnale della riscossa. Saunders chiama la zona selvaggia, Prince, Wallace e Billups prendono per mano Detroit in attacco.

Quando una partita è segnata si capisce da tante piccole cose: con Detroit in pieno recupero, in striscia aperta di 8-0 guidata da Prince, Gordon lancia una preghiera in ritmo che non viene esaudita. airball. Nel prosieguo dell'azione, ricordando che siamo sul +9 Bulls, è Rasheed Wallace a non prendere neanche il ferro. Ma Hamilton ha seguito e segna di rapina il -7. Ed è anche da queste cose che si evidenzia la differenza di cattiveria messa in campo.
Billups decide di trasformarsi in Copperfield, e prima fa sparire con una magia la palla a Hinrich, poi serve un pallone immaginifico a Wallace nel contropiede. Sul -5 Detroit è tornata ampiamente in partita. 5 punti in un amen del Chapu Nocioni sembrano dare ossigeno a Chicago, ma in finale di quarto sono ancora Billups e Sheed a mandare di traverso l'hotdog ai tifosi Bulls: in sequenza una tripla, una giocata tra i due d'alta scuola, una stoppata di Wallace e la tripla a suon di sirena riportano Detroit a -1, gelando tutto lo United Centre.

Ovvio che a questo punto per Detroit, che ha tutta l'inerzia a suo favore, tutto diviene più facile: in apertura di quarto, dopo un paio di conferenze con tema: “La difesa in single coverage – Relatore: Rasheed Wallace”, arriva addirittura il sorpasso ad opera di Wallace, tanto per cambiare.

E Detroit se prende il comando difficilmente lo molla, e così è. Chicago è sotto shock, e non riesce a imbastire una reazione, limitandosi a sparacchiare, a perdere palloni su palloni e andando in confusione, sbagliando gli ultimi 12 tiri (4-25 il computo dell'ultimo quarto per i Bulls).

A fine partita la faccia di Nocioni in pescata dalle telecamere indica tutta la delusione per una partita persa quando sembrava in cassaforte alla fine del secondo quarto. Come dirà  Gordon a fine partita: “Perdere sprecando un vantaggio di 19 punti fa male, sono incredulo”.

Ovviamente di tutt'altro tenore le dichiarazioni di Prince: “Nel secondo tempo non avevamo nulla da perdere, siamo entrati in campo, abbiamo alzato la difesa e abbiamo iniziato a giocare a basket. Abbiamo causato un paio di perse, abbiamo iniziato a infilare tiri e abbiamo preso coraggio”.

La partita finisce con la vittoria Pistons 81-74, e fa sprofondare Chicago nel baratro del 3-0, dal quale nessuno nella storia NBA è riuscito a risalire.

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