Elton Brand, il giorno della resa.
A tra gare dal termine ci si poteva aspettare tutto, tranne la sconfitta casalinga contro i Kings. Non ci sono spiegazioni tecniche alla disfatta dei Clippers davanti al proprio pubblico, specie se teniamo presente che la stessa squadra ha vinto due giorni dopo in Arizona contro i Suns.
Quest'anno, per qualche strana ragione, i Clippers sono affondati ogni volta che sembravano tornati sulla giusta strada ed allo stesso tempo sono riusciti a riemergere ogni volta che sembravano spacciati.
Purtroppo all'ultimo errore non s'è potuto rimediare.
40-42 [48,8%]
Pacific Division: quarti
Western Conference: noni
Ultimi risultati
18/4, L 83-86 vs. New Orleans Hornets
17/4, W 103-99 @ Phoenix Suns
15/4, L 100-105 vs. Sacramento Kings
Perdere con i Kings ha significato non essere più padroni del proprio destino. Proprio ad un passo dal traguardo della seconda qualificazione consecutiva ai playoffs, ai Clippers non bastava più vincere, ma anche sperare nel passo falso degli Warriors.
Evento che poteva verificarsi solo contro Dallas, ma i Mavs hanno fatto riposare molti giocatori e, di fatto, hanno lasciato il via libera alla squadra allenata da coach Nelson. A scanso di equivoci, Golden State ha meritato la qualificazione senza ombra di dubbio ed a prescindere da episodi come quello appena citato.
Arriva così l'ultimo giorno di regular season, con i Clippers in diretta nazionale su ESPN. Non bastasse, è anche il “Fan Day” istituito da Sterling per onorare tutti i supporters della seconda squadra di Los Angeles. Due indizi che ci possono fare capire come questa data, all'inizio del campionato, fosse considerata quella giusta per festeggiare.
Destino beffardo!
Con gli Warriors che iniziavano la loro partita mezz'ora prima, i Clippers sono rientrati in campo per il secondo tempo sapendo che Golden State amministrava con facilità 20 punti di vantaggio sui resti dei Blazers. Niente miracoli dell'ultima ora, insomma.
La Clipper Nation ha tenuto fede alla sua fama e sostenuto i suoi anche negli ultimi minuti della gara, quando ad Oakland già stappavano lo champagne. Ma questo non è proprio stato l'anno dei Clippers che hanno perso sulla sirena anche l'ultima partita della stagione.
Anno terminato davvero male, con un record negativo. Finito con le polemiche ed i sospetti che sempre affiorano quando un ambiente, perdente e frustrato, si trova di fronte all'ennesimo insuccesso.
Brand dopo la sconfitta con i Kings riferisce alla stampa che alcuni giocatori – senza fare nomi – non scendono in campo con la giusta determinazione e voglia di vincere e proclama furioso che questo non succederà l'anno prossimo.
Stesso dopo-partita, davanti ai microfoni si presenta coach Dunleavy ad affermare che in campo quella sera hanno giocato solo Brand e Ross. In seguito l'allenatore capo dei Clippers perde davvero un'occasione per tacere, sostenendo che Dallas ha lasciato vincere gli Warriors per evitare i Clippers al primo turno. No comment!
Come riportato dal Los Angeles Times – versione digitale – al termine della gara contro gli Hornets alcuni tifosi californiani hanno urlato all'indirizzo di Sterling “licenzia Dunleavy!” Avrebbero dovuto farlo qualche mese fa, prima del milionario rinnovo del contratto dello stesso head coach.
Winning is a process
“Vincere è un processo” – spiega Sam Cassell – “l'anno scorso abbiamo vinto molte partite, ma questa franchigia sta ancora imparando come si vince. Avrei voluto fare la mai parte tutto l'anno, ma fisicamente non mi è stato possibile. Anche se ci sono alcune cose che non puoi insegnare e i ragazzi le devono imparare da soli.”
Possiamo considerare mille aspetti che hanno concorso nella fallimentare stagione dei Clippers. Indubbiamente gli infortuni hanno avuto il loro peso, ma molte altre squadre hanno dovuto tirare avanti per settimane, a volte mesi, senza i loro migliori giocatori: Golden State, Lakers, Nets, Heat e Rockets, ad esempio.
C'è chi sostiene che i Clippers, dopo la migliore annata di sempre nella storia della franchigia, non avessero la stessa grinta in campo, lo stesso ardore agonistico di chi vuole vincere e sa che dovrà fare più fatica degli avversari per farcela.
Tesi che trova un certo riscontro nelle prestazioni dei singoli (Kaman su tutti) ma più in generale nelle prove di una squadra che ha dato il meglio di sé proprio quando si è trovata sotto-pressione, quando ha dovuto fare a meno di entrambi i playmakers del roster e si è vista costretta a vincere difficili must-win games per restare in corsa per i playoffs.
Tesi credibile anche alla luce delle difficoltà di una squadra che nella passata stagione vantava una delle migliori difese di tutta la Lega.
Tuttavia ritengo che il primo motivo da considerare sia proprio l'assenza di Sam Cassell. La sua esperienza ed il suo istinto vincente sono mancanti in modo determinante a questa squadra, mettendone così in luce tutti i limiti. A 37 anni, il fisico non ha retto agli acciacchi dell'ennesima durissima regular season: un terzo di campionato in borghese, altrettante partite disputate a mezzo servizio.
Shaun Livingston si è infortunato proprio quando sembrava stesse iniziando a prendere per mano la squadra, Daniel Ewing è inadeguato al ruolo, Jason Hart ha fatto la sua parte, cioè ha lasciato la gestione dei giochi a Mobley e Maggette. La realtà è che i Clippers si sono trovati con una voragine nella posizione di playmaker e per la stessa ci sono molte ombre sul futuro.
Dunleavy è stato costretto a dover inventare nuova soluzioni, molto diverse da quelle che erano le sue idee originarie. Non a caso voleva cedere Maggette prima della deadline, mentre da metà marzo ha fatto di Corey la prima opzione offensiva della squadra.
Elgin Baylor (Executive of the Year 2006) e coach Dunleavy hanno potuto portare avanti un progetto vincente grazie alla sorprendente generosità di un owner, Donald Sterling, storicamente poco propenso ad alleggerire il proprio portafoglio. Ad un anno di distanza il progetto è da rivedere: Cassell e Livingston non si possono considerare delle garanzie per il prossimo anno e Kaman non ha fatto i progressi attesi, anzi!
Con questi dubbi sui ruoli di play e centro, senza tiratori affidabili dal perimetro e con giovani a cui non è stato dato spazio (Korolev su tutti), il futuro dei Clippers è un'incognita.
Se imparare a vincere è un processo, la Squadra Più Deludente del 2007 non può che aver interrotto questa evoluzione. Un passo indietro è stato fatto, resta la speranza che ad L.A. abbiano imparato la lezione, qualunque fosse.
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Essere i migliori tra gli eliminati non è affatto una consolazione, specie nella Lega di basket professionistico americana. I Clippers hanno meno del 1% di ottenere una delle prime tre scelte al prossimo draft, possiamo invece considerare quasi certo il pick numero 14 . Per avere un'idea di cosa possano portare a casa a quel punto, vi rimando all'ottimo Mock Draft di Playitusa.com curato da Gerry e Leonardo.
Della trade che portò Cassell da Minneapolis a Los Angeles, i Clippers possono ancora rivendicare una prima scelta dei T.Wolves. Tuttavia si tratta di una prima scelta protetta, che non potranno sfruttare in questo Draft visto che Minnesota disporrà di una delle prime 10 scelte.
Per il management le prossime questioni da affrontare riguardano i contratti in scadenza di Quinton Ross e Will Conroy (restricted) e di Korolev, Ewing e Singleton (unrestricted). Ancora da decidere il destino di Jason Hart, mentre già si pensa ad un rinnovo pluriennale per Maggette.
Lo swingman dei Clippers, che potrebbe diventare free-agent al termine della prossima stagione, ha registrato 20.5 punti di media nelle ultime 15 gare, con oltre 6 rimbalzi e 4 assists. A tal proposito la stampa d'oltreoceano parla di una possibile trasformazione del #50 nel nuovo playmaker dei Clippers.
Se siamo arrivati a simili ipotesi, forse la situazione è peggiore di quel che sembra.
Anyway, Go Clips!
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