La grinta di Deron Williams
Ancora una volta vincono i Jazz. E questa vittoria, se è possibile, è ancora più importante di quella precedente, non solo perché pareggia la serie, ma soprattutto perché insinua molti dubbi nelle teste dei loro avversari.
Utah infatti non solo ha vinto, ma lo ha fatto alla grande, arrivando anche a guidare con venticinque punti di vantaggio, non dando mai l'impressione di poter perdere o di essere anche solo in difficoltà . D'altronde sarebbe stato complesso preoccuparsi di una squadra, Houston, che, sebbene questa volta abbia messo a referto dieci giocatori (invece degli storici, in negativo, quattro di gara 3), non ha mai trovato un contributo continuativo da nessuno.
Ed i primi ad essere bloccati dalla difesa dei Jazz sono stati proprio Yao e McGrady, coloro che dovrebbero trascinare i Rockets nei momenti di difficoltà : hanno rispettivamente segnato venti e diciotto punti, minimo nei playoffs per entrambi, ma più in generale, hanno subito moltissimo la difesa e l'intensità degli avversari.
A questo punto non ci si può non aspettare, o quantomeno richiedere, una reazione forte da Houston, perché gara 5 in Texas già si preannuncia fondamentale per loro, oltre ad essere l'occasione perfetta per entrare veramente nella serie. Anche perché il rischio è che sui Rockets arrivi (o ritorni) la pressione della serie giocata due anni fa contro Dallas, nella quale avevano anche lì vinto le prime due gare in casa, per poi perdere 4-3.
Ovviamente tutti sono ipercritici nei confronti delle ultime due prestazioni della squadra, anche Yao: "Non siamo abbastanza forti mentalmente, basta guardare i risultati finali. Nelle due gare a Houston loro hanno avuto una possibilità di vincere, mentre invece noi non siamo andati neanche vicini a vincere in Utah. Non riguarda il talento, o chi ha i giocatori migliori: è tutta una questione di chi è più forte mentalmente".
In effetti, la sensazione delle ultime due gare è che i Rockets in pratica non siano mai arrivati a Salt Lake City, come dice anche Alston, con il suo linguaggio colorito: "Ci hanno, semplicemente, fatto il c" Dobbiamo trovare un modo di fermarli, di andare a rimbalzo e di giocare più duro. Quando fanno parziali e ci rendono difficile segnare, dobbiamo trovare una maniera di continuare a giocare duro e fare il nostro gioco".
Utah invece vuole ovviamente continuare così, dopo le prime due gare opache sembra avere trovato il suo ritmo e le contromisure necessarie contro i due migliori giocatori degli avversari, oltre che alla fiducia di potercela fare.
Rispetto alle prime due gare, Utah ha notevolmente alzato il livello della difesa, ma soprattutto hanno elevato il livello di intensità in ogni aspetto del gioco, riuscendo in questo modo, per esempio, a conquistare molti più tiri liberi degli avversari (33 contro 20) per la prima volta nella serie.
Altra nota positiva è sicuramente la prestazione di Okur, dopo essere stato importante difensivamente nelle prime tre partite, facendo un grande lavoro contro Yao Ming, ha finalmente superato anche le sue difficoltà offensive, segnando sedici punti che sono importantissimi per la sua squadra, che ha bisogno dei suoi punti.
Ma l'uomo della serata tra le fila dei Jazz non è Okur, perché questa volta le luci dei riflettori sono tutte puntate su Deron Williams. Per farsi un'idea della grande partita che ha giocato l'ex-Illinois, basta leggere le dichiarazioni post-gara di Carols Boozer: "E' stato spettacolare, molto aggressivo, non so neanche se ha sbagliato un tiro. Sembrava che, qualsiasi cosa facesse, fosse dura, forte. Era appassionato, ha fatto entrare in partita i tifosi e anche noi. E' stato incredibile vederlo giocare così".
I numeri del successo? Venticinque punti (dei quali undici nel solo terzo periodo, quando i Jazz hanno fatto il break decisivo) con 10/14 dal campo sette assist e una sola palla persa in trentotto minuti in campo. Una prova maiuscola, soprattutto se considerato che Williams è solo al suo terzo anno nella Lega e soprattutto sta facendo, in questi playoffs, la sua prima apparizione in carriera nella post season.
Ma la vittoria dei Jazz è stata più che mai una conquista di squadra, guidata dai già citati Okur e Williams, oltre che da Boozer e Harpring, anche loro in doppia cifra con quindici e diciassette punti a referto; ma la W è arrivata anche grazie alla leadership e alla esperienza di Fisher ed anche grazie ad un Kirilenko che, dopo aver toccato il fondo, sembra essere sulla buona strada per tornare il giocatore totale che tutti conosciamo perché, pur avendo segnato solo tre punti, si + reso utile in tanti modi, catturando rimbalzi (4), stoppate (4) e smazzando assist (4).
La caduta definitiva dei Rockets nella partita è avvenuta nel secondo tempo, come un insoddisfatto (a ragione) Van Gundy: "Hanno giocato molto più forte di noi nel terzo quarto ed in generale in tutto il secondo tempo. Oltretutto abbiamo difeso male sin dall'inizio della partita, loro arrivavano prima su ogni pallone ed in generale hanno fatto di più per vincere. Ci stanno rendendo la vita molto più difficile di quanto noi non stiamo facendo con loro".
Il ritornello è sempre quello in casa Houston, e ciò che i Jazz hanno giocato, almeno nelle ultime due gare, molto più duro di quanto non abbiano fatto loro, come dimostra la già citata statistica dei tiri liberi, ma anche come dimostra il fatto che, a metà di gara quattro, Jarron Collins avesse tentato e segnato più liberi di quanto non avesse fatto Yao Ming.
E' da qui che i Rockets devono ripartire, dall'aggressività con cui scendono in campo, dal lavoro a rimbalzo, l'attaccare il canestro il più possibile e dare la palla in area a Yao. I Jazz, ieri sera, sono andati continuativamente in area, sia dando palla ai lunghi che con le penetrazioni dei piccoli, mettendo in difficoltà la difesa dei Rockets; è quello che anche Houston deve fare, a cominciare da domani notte.