Odom – Marion è una sfida nella sfida…
Quando il calendario che abbiamo in casa ci presenta il mese di aprile poche sono le certezza con le quali ci dobbiamo confrontare: la primavera, i primi caldi, le gite "fuori porta", i pollini, e naturalmente i playoff NBA.
Qualsiasi tifoso di basket attende la seconda metà di aprile per vivere la post season più rispettata e famosa della storia: duelli duri, confronti tra grandi campioni, giganti che si sfidano con movimenti di classe e potenza. Tutto questo sono i playoff, che, anche quest'anno, presentano l'accoppiamento più affascinante del primo turno: Los Angeles Lakers contro Phoenix Suns.
Una sfida sempre più ricca di tensione, non solo per quello che è avvenuto la stagione passata, per le mille storie che hanno contraddistinto il 4-3 del 2006, ma anche per le mille rivalità che la serie presenterà : Mike D'Antoni contro Phil Jackson, la "triple post offense" dei Lakers contro il "pass and run/gun" dei Suns, Steve Nash, probabile MVP per il terzo anno di seguito contro il più forte giocatore in assoluto della NBA, Kobe Bryant, l'esplosività del 24 in gialloviola contro la fisicità di Raja Bell, l'estro di Luke Walton contro la multidimensionalità di Boris Diaw, Kwame Brown contro Amare Studemire. C'è bisogno di aggiungere altro?
La stagione dei 2 team
Ovviamente, quando si incontrano le teste di serie numero due e sette non si tratta mai di due stagioni parallele, ma, anzi, totalmente agli antipodi. E anche quest'anno non ha fatto eccezione alla regola: i Phoenix Suns hanno giocato una stagione sontuosa, sono stati in grado di reagire alle difficoltà iniziali (così come i Dallas Mavericks), hanno mostrato una brillantezza fisica fuori dal comune ed in ogni loro prestazione hanno mantenuto una precisione al tiro che mai nessuna squadra NBA aveva stabilito nella storia di questo gioco (49% dal campo, 39% da tre e 80% ai liberi).
I Los Angeles Lakers, invece, dopo un decente avvio propiziato dal favorevole calendario, sono stati semplicemente disastrosi, in particolar modo da gennaio in poi, incapaci di assomigliare, neanche vagamente, ad una squadra di basket e che hanno dovuto sfruttare un Kobe Bryant incredibile (a tratti inumano), in grado di infilare un mese intero sopra i 40 punti di media, per poter giocare questi playoff.
La notte e il giorno, il bianco e il nero, una squadra di basket e un gruppo di allegri sbandati, Phoenix e Los Angeles. Così si può riassumere in poche parole un ipotetico confronto fra le due stagioni. Praticamente la stessa differenza che esiste tra quadro di Caravaggio ed autoritratto di un bambino delle elementari al primo giorno di scuola: i soli dell'Arizona una squadra vera, che ha fatto della coesione il suo marchio di fabbrica, che ha applicato per 82 partite il credo di Mike D'Antoni.
I gialloviola un team anche sfortunato, colpito dagli infortuni e dalle disgrazie (otto giocatori sono stati fermi per problemi fisici), ma che non ha mai tentato di creare una chimica e un sistema di gioco affidabile.
La condizione fisica attuale
Come dunque arrivano ai playoff queste due squadre? Alla casella "stato di forma" i Suns sono in netto vantaggio. Come detto in precedenza, infatti, in casa lacustre i molti infortuni hanno condizionato quasi tutta la rosa e tre elementi del quintetto titolare si presentano a questi playoff con moltissimi problemi: Lamar Odom ha la spalla sinistra ammaccata (a fine anno si opererà ), Kwame Brown una caviglia in disordine, Luke Walton in lenta convalescenza dopo la grave distorsione alla caviglia di metà gennaio. Insomma un vero lazzaretto.
I Suns, invece, nonostante la scarsa rotazione per 82 partite (hanno giocato in otto per sei mesi) non sembrano mostrare segni di cedimento e di sicuro ai nastri di partenza hanno più benzina nel serbatoio. Inoltre, il fatto di aver giocato per molti mesi con lo stesso quintetto li avvantaggia anche per quanto riguarda la chimica di squadra.
Match-up
Farmar-Nash. Vera novità della serie sarà l'impiego, sin dalla palla a due, di Jordan Farmar, rookie UCLA, che grazie alle buone prestazioni di fine anno (i match contro Seattle e Sacramento) ha soffiato il posto a Smush Parker. Già questa da sola è una buona notizia per i californiani. L'impiego di Farmar, infatti, non solo aumenterà la consistenza difensiva in punta e dal palleggio avversario (soprattutto considerando la presenza di Nash), ma consentirà al resto del sistema difensivo gialloviola di non collassate sul penetratore e lasciare liberi avversari temibili come Phoenix ha dal perimetro. Non c'è da sorprendersi: è stato il principale problema dei Lakers nella regular season appena conclusa. In attacco poi Farmar ha buone doti, un discreto tiro piazzato e una fisicità insospettabile.
Certo Nash è difficile da marcare, stiamo parlando dell'MVP degli ultimi due anni e servirà anche l'apporto dei lunghi gialloviola per impedirgli di realizzare i classici pick'n'roll con Stoudemire e Marion. Coprire poi la linea di fondo sarà un compito ancora più complesso e forse toccherà a Kobe Bryant occuparsi dell'ineffabile canadese.
Bryant-Bell. Qui si gioca gran parte della serie. Se Raja Bell disturberà , come solo lui sa fare, Kobe Bryant per i Lakers non ci sono speranze. Eppure, molto probabilmente, il 24 in gialloviola tirerà pochissimo. Come accadde infatti l'anno scorso, i pochi tiri di Kobe nei primi due match, selezionati e non forzati, furono una delle chiavi per poter tornare a Los Angeles sull'1-1.
Stessa cosa dovrà avvenire quest'anno: nei primi due confronti i Lakers saranno costretti a vincerne una e dunque dovranno mettere in piedi una prestazione globale se vogliono portare in California una "W". Ci sarà tempo e modo poi nella serie, in special modo al "Kobe Stadium" di mettere in piedi prestazioni da trenta-trentacinque tiri. Anche Phil Jackson ha chiesto meno tiri a Bryant e più esecuzioni di triangolo che coinvolgano Kwame Brown o Andrei Bynum.
Per quanto riguarda la difesa Kobe non dovrà lasciare spazio a Bell il quale, come sappiamo, dal perimetro è un vero cecchino. Altro ruolo importante lo avrà il "trash talking". Il primo che si innervosirà sarà spacciato.
Walton-Diaw. Si tratta forse del duello più interessante, da un punto di vista cestistico, dell'intera serie. Entrambi i giocatori hanno una qualità offensiva elevatissima, sanno far girare la palla in maniera sontuosa e danno al quintetto in campo quel "QI" necessario per eseguire i rispettivi giochi.
Di sicuro Diaw è miglior difensore rispetto a Walton e ha un miglior tiro dalla lunga distanza. Certo anche Luke è molto migliorato rispetto alla passata stagione da questo punto di vista, ma il suo jump è ancora troppo ondivago. La chiave di questo confronto è tutta nella quantità di responsabilità che il francese si andrà a prendere: molti tiri per Diaw, molti canestri per i Suns, molti problemi per i Lakers.
Al contrario se Walton riuscirà ad impedire al francese di diventare protagonista in attacco, potrebbe poi avere un ruolo decisivo nell'applicazione offensiva della "triple post offense".
Odom-Marion. Altro scontro appassionante. Stiamo parlando di due giocatori dal talento elevatissimo, di due grandissimi attaccanti, ma anche di due ottimi difensori. Probabilmente, sui 28 metri, Lamar e Shawn occupano i primi cinque posti nella lega.
Ecco perché il loro apporto e il loro comportamento in campo sarà decisivo: da una parte Marion entrerà spesso nei giochi a due con Steve Nash e potrebbe diventare un problema insolubile per i Lakers, soprattutto quelli visti nell'anno in corso, incapaci di difendere contro qualsiasi lungo nel pitturato e assolutamente generosi nel concedere rimbalzi offensivi troppo comodi.
Figuriamoci uno come "The Matrix". Dall'altra Odom, il quale, se in forma, è il miglior giocatore "all-around" del pianeta. Peccato che la spalla del ragazzo di Rhode Island sia in condizioni pessime e il minimo scontro potrebbe di nuovo far uscire "la cuffia" dalla sua sede. Un bel rischio per i gialloviola. In ogni caso, soprattutto nelle prime due gare, quando Bryant sarà costretto a limitare i suoi tiri, Odom dovrà avere un ruolo da protagonista. Suo obiettivo dovrà essere quello di superare i 20 punti (la maggior parte dei quali dovranno essere realizzati all'interno della vernice avversaria), ma allo stesso tempo cercare di limitare il più possibile le penetrazioni avversarie senza caricarsi di falli nei primi due quarti.
Altro obiettivo sarà quello di superare quota 10 nella casella rimbalzi e dunque opporsi in maniera decisiva a Marion. Insomma un compito al limite dell'impresa.
Brown-Stoudemire. Qui gira tutta la serie. È il confronto che deciderà le sorti dell'intera contesa. Da una parte Kwame Brown, martoriato per mezza stagione per un infortunio alla caviglia. Dall'altra Amare Stoudemire, grande assente lo scorso anno e oggi vera pedina in più nello scacchiere di Mike D'Antoni. Chi avrà la meglio?
Tutto ci porta a dire che sarà Stoudemire a prevalere, non solo per la miglior condizione fisica, ma anche per quella aggressività naturale che da sempre lo contraddistingue. Inoltre per Kwame sarà un vero problema marcare i tiri da 5-6 metri che Amare ha sviluppato e che sicuramente si prenderà nel corso della serie. Senza contare la capacità di Amare di conquistarsi rimbalzi offensivi impossibili e la possibilità che ha di duettare dal pick'n'roll con Nash. Una vera sentenza nella NBA di oggi.
Eppure, se i Lakers hanno una speranza, è quella di far giocare il proprio centro in profondità , di applicare la triangolo tentando di fare più punti possibile in vernice, limitando al massimo le conclusioni dalla lunga distanza. Soprattutto nelle prime due gare vedremo un Kwame Brown che potrà prendersi anche 15-18 tiri.
Allenatori
Da una parte ci sarà Phil Jackson, nove titoli NBA e allenatore più vincente della storia del gioco. Dall'altra Mike D'Antoni, grande successo in Italia, ma ancora a secco negli States. Sarà soprattutto la sfida tra due sistemi di gioco, tra due modi di intendere il basket. L'anno scorso il volpone D'Antoni riuscì nell'impresa di gabbare coach zen nonostante il 1-3 di svantaggio. Quest'anno con un Amare Stoudemire in più, il compito sembra addirittura più semplice. Staremo a vedere.
Panchine
Da questo punto di vista i Lakers sono in vantaggio e potranno ricambiare molto di più il loro quintetto titolare: Andrew Bynum, Vladimir Radmanovic, Ronny Turiaf, Maurice Evans, Smush Parker e Sasha Vujacic sono comunque un buon affare per qualunque allenatore. Per Phoenix, invece, oltre a Leandro Barbosa, James Jones, Jumaine Jones e Kurt Thomas non ci saranno alternative. Per chi gioca da 82 partite in questo modo non sarà un problema.
Precedenti in stagione
Siamo sul 3-1 in stagione. L'unica vittoria Los Angeles Lakers è quella del 31 ottobre, prima gara della stagione e ottenuta senza l'apporto di Kobe Bryant, grazie ad una rimonta incredibile. Già solo questo fa capire ai Lakers in che modo dovranno giocare se vogliono avere una minima speranza di allungare la serie.
Pronostico
Difficile fare un pronostico. Ci sono molte variabili. Certo è che i Suns sono favoriti. Molto probabilmente chiudono la pratica in quattro partite. Forse in cinque. Difficilmente in sei. L'unica speranza per i Lakers sarà quella di vincere a Phoenix una delle prime due per poi mettere pressione e tensione agli uomini di Mike D'Antoni. Se si torna a Los Angeles sul 2-0 è praticamente finita. Dico: 4-1.