Tony Parker: toccherà a lui guidare gli Spurs nella post-season
Scherzi del calendario. L'ultima gara di regular season è stata contro i Nuggets; gli stessi Nuggets che domenica sera torneranno a San Antonio per un appuntamento questa volta sì importante: l'esordio nei Playoffs 2007.
Aggettivo- quello di importante- che certo mal si addice allo "spettacolo" visto in scena l'altra notte, con quintetti a dir poco rimaneggiati (per gli Spurs c'era il solo Bowen del reale starting five) e con un agonismo in libera uscita. Nessuno scandalo, per carità . E'la regular season, baby, e l'unica cosa bella che è che a breve iniziano i Playoffs; si comincia a far sul serio. Dite che era ora? Sacrosanto, vi risponderà Popovich.
Risultati:
San Antonio Spurs vs Seattle Sonics 110-91 W
San Antonio Spurs vs Phoenix Suns 92-85 W
San Antonio Spurs vs Golden State Warriors 112-99 W
San Antonio Spurs vs Portland T-Blazers 112-96 W
San Antonio Spurs vs Sacramento Kings 109-100 W
San Antonio Spurs @ Minnesota T-Wolves 110-91 W
San Antonio Spurs @ Dallas Mavericks 86-91 L
San Antonio Spurs @ Memphis Grizzlies 91-101 L
San Antonio Spurs vs Denver Nuggets 77-100 L
Record parziale: 6-3
Record complessivo: 58-24
Attualità
E anche questa stagione dunque, si trascina stancamente alla sua conclusione. Stagione regolare s'intende ovviamente. Perché quella vera e propria, quella a cui Duncan, Ginobili, Parker e tutti gli altri pensano sin dal primo giorno di training camp, deve cominciare solo ora. Domenica.
Una regular season, quella appena finita, particolare per i nero-argento. Non trionfale come quella del 2005 o del 2006, non fulgida come molte delle trascorse; ma una regular season a tratti enigmatica, poco chiara, fatta di poderose accelerate e di brusche frenate. Non facile sicuramente da interpretare anche per chi si trova a parlarne. Di certo però mai banale o scontata.
Le cinquantotto vittorie finali non rappresentano di sicuro un record per la franchigia, abituata a scollinare regolarmente oltre le sessanta; ma possono essere più di un buon punto di partenza in vista della post-season. Soprattutto per come si erano messe le cose a metà cammino. Ecco allora che il terzo posto nel tabellone della Western Conference- che in altri momenti sarebbe potuto essere considerato una chiara delusione- non appare poi così male agli occhi della truppa di Popovich. Se è vero che ad un certo punto si faceva più concreta l'ipotesi di un quarto- o addirittura quinto- seed che di un secondo. E poco importa se i Suns alla fine hanno difeso la piazza d'onore dietro ai cannibali dei Mavericks; ciò che conta è esserci entrati al top in questi benedetti Playoffs.
Tuttavia è innegabile che il vero cambio di marcia vi sia stato in concomitanza con la pausa dell'All Star Game. O meglio, a cavallo del week end di Las Vegas; subito dopo la bruciante sconfitta di Miami. Gli Spurs, infatti, prima del break erano titolari di un record che diceva 35 vittorie e 18 sconfitte; non certo entusiasmante. Poi però la sferzata. San Antonio si porta a casa ventitre delle restanti ventotto gare e spegne con prepotenza ogni velleità di Utah, allora ancora quarta.
Magia? Non si direbbe. Piuttosto- come hanno ripetutamente sottolineato allenatori e giocatori- si è trattato di un finalmente ritrovato spirito d'unità , di una stabile dimensione di gioco, di un aggressività difensiva che aveva fin lì latitato.
PROSPETTIVE Con queste premesse, ricche di incertezze e di dubbi ancora da sciogliere del tutto, diventa ancor più arduo provare a costruire prospettive plausibili per l'immediato futuro (leggi Playoffs). Azzardare pronostici su come possa terminare questa stagione- se con il quarto anello al dito, se con una precoce uscita di scena, se con una dignitosa eliminazione- è un po' come giocare alla roulette.
Gli Spurs in tutti questi anni vissuti al vertice hanno radicato le fondamenta dei loro successi per buona parte sull'esperienza, la solidità , la dedizione e l'umiltà . Tutti requisiti che questo gruppo sembra possedere. Soprattutto il primo, vista l'età media del roster; nettamente la più alta di tutta l'Nba. Quindi, come si suol dire gli ingredienti sul tavolo sembrerebbero esserci tutti: spetterà a chi di dovere- Gregg Popovich- mescolarli adeguatamente e trovare il giusto amalgama.
A San Antonio d'altronde è da maggio dell'anno scorso che stanno pazientemente attendendo l'occasione per prendersi la rivincita sugli "odiati" cugini di Dallas. Consci, come dodici mesi fa, anche questa volta di avere tutte le carte in regola per giocarsela fino in fondo, senza timori reverenziali.
DUBBI A turbare i pensieri di Popovich, come se non bastassero le questioni tecniche, negli ultimi giorni s'è fatta presente anche una potenziale- e si spera che rimanga tale- problematica: la "vendetta" degli arbitri dopo i fatti di domenica scorsa. Quello che si teme ora all'ombra dell'Alamo, infatti, è che la potente lobby arbitrale si possa coalizzare per mettere i bastoni tra le ruote ai nero-argento, in nome di Joey Crawford. E' un' ipotesi- ce ne rendiamo perfettamente conto- fin troppo balzana, ma non completamente infondata, se è vero che molti importanti giornali statunitensi ne hanno fatto riferimento.
Come noto in settimana il commisioner David Stern ha sospeso a tempo indeterminato Crawford, dopo che nel terzo quarto delle gara contro i Mavs aveva inflitto ben due tecnici- uno dietro l'altro- a Tim Duncan, reo di commentare con rumorose risate alcune sue decisione arbitrale. Una mossa che aveva tanto il sapore di un atto di forza autoritaria, o addirittura del saldo di un conto in sospeso tra i due; un gesto oggettivamente ingiustificabile e profondamente inopportuno, giudicato eccessivo anche da Stern, uno che non ha fatto del liberalismo la sua bandiera in questi anni da commisioner.
"Non sapevo onestamente cosa aspettarmi"– ha dichiarato Duncan dopo aver appreso la notizia della sospensione- "Non sapevo sarebbe stata una pena così severa. Ma l'Nba ha preso la sua decisione, e come ho già detto io non ho nulla a che vederne."
Dalle parole del caraibico emerge chiara l'intenzione di sottolineare ancora come lui e gli Spurs non abbiano avuto né ruolo né responsabilità nella decisione. Di certo questa sospensione- che potrebbe anche sancire il definitivo ritiro di Crawford dalla Lega, dopo trentatre anni di attività – non sarà facilmente digerita dal resto della classe arbitrale, la quale vedeva in Joey uno degli intoccabili capisaldi. Quello che ci si augura è che alla fine prevalga il buon senso.
COUNTDOWNOra non ci resta che attendere. Domenica sera, alle 01:00 ore italiane, finalmente il tempo delle chiacchiere sarà finito e la bocca lascerà spazio agli occhi. I Playoffs sono come le rondini, il fiorire dei ciliegi, l'allungarsi delle giornate: sono il simbolo della primavera che entra sempre più nel vivo e ci conduce alla bella stagione. L'ora in cui le verità , dopo sei mesi di conferme e smentite, verranno finalmente a galla. Lì scopriremo se quanto congetturato, architettato, ipotizzato, commentato nel corso di questa bella, lunga, infinita stagione sarà valso qualcosa o sarà stato solo un dolce quanto fine a sé stesso viatico verso il momento che tutti- inutile nasconderlo- attendiamo. Chi vivrà vedrà .