La generazione dei liceali (2)

Aspettative leggere da sopportare, non è vero ?

La rivoluzione ha un nome e cognome : Kevin Garnett. E' il draft del 1995 e da questo momento in poi ha inizio la generazione dei liceali nella NBA. Generazione, come già  detto, che pare sia finita.

Anche qui nomi e cognomi : Greg Oden e Kevin Durant, diciannovenni baciati dal talento costretti oggi, in base alla nuove disposizioni di David Stern, a giocare per almeno un anno al college. Meglio così, era da tempo che la NCAA non godeva di tanto prestigio e per di più grazie a due freshmen.

Ma cosa ha spinto il commisioner alla prova di forza della proibizione ? Ecco, scorgiamo un po' la lista dei liceali "figli di KG" e scoprirete il perché. Negli ultimi tempi si era decisamente superato il limite. Troppi liceali, troppi ragazzi immaturi.

C'è stato il periodo di LeBron James, famoso già  al penultimo anno di liceo e poi si è tornati a parlare serenamente intorno ad un tavolo.

Tante chiacchiere e poi la decisione""Basta !".

E allora eccoli qui, tutti i rappresentati della generazione dei liceali. Sono raggruppati a gruppi o meglio, in classi. Si va dal primo liceo fino al terzo, seguendo l'innalzarsi della loro maturità , ovviamente cestistica.

IL PRIMO LICEO

Korleone Young

In mano all'accusa di chi da tempo sosteneva la necessità  di porre il limite d'età  il fascicolo sull'ala piccola Young è il più scottante. Quando decise di dichiararsi al draft del 1998 nessuno pose un solo centesimo sul suo numero. E così fu.

Scelto dai Pistons, ha giocato tre partite per un totale di 13 punti. Poi l'ovvio girovagare in giro per il mondo, che lo ha portato addirittura a Roseto. Più che un talento sprecato un giocatore mediocre. Infortuni vari lo hanno anche rallentato ma dichiararsi per il draft è stata una pura follia, sua e di chi gli stava intorno in quei giorni. A stento un buon giocatore delle leghe semi-professionistiche.

Jonathan Bender

Una storia triste. Ala piccola atipica perché alto, magrissimo e con un ottimo primo passo, ha avuto i suoi momenti di gloria nella NBA con i Pacers, anche nei playoff. Eterno prospetto dai fiammanti attimi d'eroismo, su di lui Indiana puntava molto perché effettivamente il talento c'era, ma non è mai sbocciato del tutto.

Più che l'immaturità  però lo hanno fermato gli infortuni. Definitivamente. Nel febbraio del 2006 infatti Bender ha annunciato il suo ritiro. Resta l'amarezza per una gemma grezza che non ha mai brillato o lo ha solo fatto intravedere. Come quella volta al celebre McDonald's High School All-America Game in cui segnò 31 punti per un record. Chi aveva battuto ? Tale Michael Jordan. Peccato davvero.

Leon Smith

Un'altra storia triste, anche se fortunatamente pare non ancora finita. Scelto dagli Spurs e girato ai Mavs nel Draft del 1999 con in quali però non giocò mai una partita. Poco prima infatti era stato dimesso da una clinica psichiatrica nella quale era entrato dopo aver ingerito non meno di 250 pastiglie di aspirina.

Al massimo ha giocato per sole 14 gare con gli Atlanta Hawks ma la valigia è sempre pronta pure per lui. Valigia che doveva sempre tenere piena anche da piccolo, perché il ragazzo è cresciuto girovagando l'Illinois presso diverse famiglie disposte ad adottarlo. Difficile prevedere per lui un futuro, più per il carattere instabile che per il suo talento, comunque non eccelso a giustificare a suo tempo il passo doppio.

Ousmane Cisse

Direttamente dal Mali, stato dell'Africa occidentale, ala alta uscita da un liceo dell'Alabama, è stato scelto dai Nuggets nel 2001. Tagliato per colpa di un infortunio, è salito poi sul solito ascensore NBA/leghe minori dal quale ne è uscito definitivamente per giocare in Israele.

Non ha mai lasciato nessun impatto degno di nota, è un ragazzo del 1982 che a differenza dei precedenti tre può avere ancora qualche chance ma anche qui evidentemente c'è stato un tragico errore di giudizio. Principalmente non suo.

IL SECONDO LICEO

Jermaine O'Neal

Un campione NBA, che meriterebbe forse ancora di più. 6 volte All Star, mai nel primo quintetto NBA di fine anno, è ormai un veterano e per questo si allontana un po' quel piccolo passo che lo potrebbe farlo entrare nel girone dell'elite del suo ruolo e quindi dei vari KG, Duncan e compagnia bella.

Jermaine è più di tutti l'esempio vivente del liceale che soffre anni e anni su una panchina ma che poi grazie alla sua determinazione riesce a diventare qualcuno. Sembrava infatti un altro dei talenti sprecati, o se volete uno dei tanti finti talenti, ma esplose con sorpresa di molti fino a conquistare nella stagione '02 il premio di Most Improved Player.

La sua storia suggerisce un quesito. Meglio stare parcheggiati per 4 lunghe stagioni su una panchina NBA (a Portland) oppure farsi le ossa altrove prima di tornare tra i grandi ? A volte è meglio essere uno schiavo presso la corte più potente del mondo che fare il Re nel piccolo e anonimo cortile di casa.

Stephen Jackson

Qui perlomeno la volontà  di andare al college c'è stata. E' la storia allora, anche questa non rara in America, di chi al college non ci va perché non ha superato il test di ammissione. I voti scarsi lo divisero da Arizona e lo costrinsero ad una lunga erranza per i parquet esteri, in Australia, Venezuela e Repubblica Dominicana.

Dopo tre stagioni lo chiamano i Nets, poi va agli Spurs dove si fa conoscere al grande pubblico. Sono le Finals del 2003 e Jackson contribuisce con l'ottima difesa e i suoi piazzati da fuori alla conquista dell'anello. Dopo l'affermazione di squadra anche quella personale, prima nel deserto di Atlanta e poi con Indiana. Una storia a lieto fine.

Al Harrington

Due anni di parcheggio NBA ad Indianapolis con i Pacers, dove nella stagione '00 contribuisce il poco che basta per arrivare alle Finals contro i Lakers. Ma è tutta esperienza che esploderà  nella stagione '02 dove raddoppia i suoi numeri e arriva secondo per il premio di Sesto Uomo dell'anno.

Ala forte atipica dalla grande presenza fisica ma con mani e movimenti molti educati, gioca ora per i Warriors per quel "pazzo" di Don Nelson. Un gran bel giocatore, giunto ormai alla maturità , non sarà  mai una leggenda ma è un talento che maturando lentamente negli anni ha ripagato ampiamente la sua scelta da liceale.

Rashard Lewis

Dal profondo Sud della Lousiana (ma cresciuto nella vicina Houston) fino ai confini nord-occidentali con il Canada. Anche qui ci siamo, il ragazzo ha mantenuto la promessa e si è evoluto in un gran pezzo della collezione dei grandi talenti NBA.

Ha sicuramente il difetto della continuità  e probabilmente pecca di consistenza emotiva ma è un quasi 2 metri e 10 che tira dalla distanza, un Nowitzki meno efficace ma più atletico e versatile. E' esploso alla sua terza stagione e da allora filtra con il 40% dall'arco e i 20 punti a partita. Voglio essere provocatorio : il talento c'è, magari in questo caso un po' di college lo avrebbe reso più forte caratterialmente ?

Darius Miles

Qui non ci sono dubbi : il talento è grezzo e sempre tale rimarrà , il college non sarebbe servito a niente tale è l'ambiguità  tecnica e la sua immaturità . Simbolo eterno della spensierata gioventù un po' viziata e un po' sbandata. Lo ricordate nei Clippers con Quentin Richardson ? Al pomeriggio si facevano la guerra con la pistola ad acqua, la sera andavano sopra al ferro e rimarcavano l'allegra amicizia con un gesto diventato famosissimo.

In che ruolo gioca ? E' la domanda NBA più diffusa dai tempi in cui ci si chiedeva che colore dei capelli avrebbe avuto all'indomani Dennis Rodman. Ripeto, è così grezzo, in tutti i sensi, che qualsiasi college l'avrebbe prima o poi espulso. Ha avuto anche un ruolo in "Perfect Score", con una giovanissima Scarlett Johansson. Era uno studente che cercava la truffa copiando le risposte per il test. Buona prova perchè lo ha vissuto in prima persona fallendo il SAT a St. John's. Tragicomico e auto-ironico.

DeShawn Stevenson

Un giocatore che sembrava perso e che invece ha avuto un colpo di reni per rimettersi in carreggiata. Voglio essere onesto : non è quel fenomeno che poteva giustificare l'eccezione di passare direttamente nella NBA ma perlomeno con Washington quest'anno ha finalmente trovato un sua dimensione.

Gli giova stare accanto al grandissimo Gilbert Arenas e ha alzato paurosamente la sua media di tiro fino a sfiorare quasi in modo permanente quota .500. Ed è una shooting guard, sempre esageratamente sopravvalutato per quello che in realtà  non è mai stato. Come schiacciatore per esempio. Rimediò in un All Star Game una ridicola apparizione che mi vergognai per lui. Oggi però difende forte, dà  il suo in attacco, lotta, si è rappacificato con un mondo che lo voleva un altro tipo di giocatore.

Kwame Brown

Qui la faccenda si fa seria. Non ci sono alibi. E' stato una prima scelta assoluta e nulla può allontanare i dubbi su di lui se non si mette seriamente a dominare. O giù di lì. Lo scelse Michael Jordan ai Wizards nel clamore generale e con queste premesse vederlo soffrire in campo fece grande scalpore. Risultato : MJ sarà  stato pure il più grande in campo ma dietro la scrivania non ci capisce niente.

Kwame è ora ai Lakers di Phil Jackson. Se non ci riesce Master Zen allora è proprio una causa persa. Per adesso stiamo assistendo a dei progressi quasi insperati ma la sensazione è che sia stato uno dei talenti più sopravvalutati nella storia del gioco. Peccato che ci sia caduto anche Michael, che nel ragazzo ci credeva per davvero. Una volta la polizia fermò la sua macchina e lui disse, all'epoca adolescente : "Ma ragazzi, sono Kwame Brown, mi ha scelto Michael Jordan, io lo conosco, lasciatemi andare !".

Tyson Chandler

Un piccolo LeBron James ante-ltteram. Anzi, se possibile è stato anche battuto un record. Quando era appena un freshman a Compton, LA, la patria degli N.W.A. e del gangsta rap della West Coast, ha avuto addirittura l'onore di essere presentato come un piccolo fenomeno dal leggendario "60 Minutes" della CBS.

Era naturale allora che il ragazzo non andasse mai al college. Nel suo caso l' "hype", ovvero lo scalpore mediatico, era fin troppo grande. Come se non bastasse fu subito sbattuto su tante altre prime pagine con il suo collega più cicciottello Eddy Curry. I Baby Bulls, le nuove Torri Gemelle ed entusiasmi simili. Progetto fallito a Chicago, non per il ragazzo che adesso a New Orleans è un gran bel giocatore. E' attualmente il secondo miglior rimbalzista NBA (ma il primo in attacco) e primo nella percentuale di tiro. Era quello che ci si aspettava ? Magari sì, ma può ancora migliorare.

Eddy Curry

Qualcuno lì a Chicago si starà  mangiando il fegato. Chandler è diventato un mostro in difesa e a rimbalzo, Eddy Curry, centro più largo e pesante, flirta invece quest'anno con i 20 punti di media a partita a New York. Forse davvero non potevano coesistere o forse no, di sicuro averli divisi e con questa divisione scacciate tante inutili pressioni, ci ritroviamo adesso due nobili giocatori NBA.

Un plauso in più per Curry che gioca con un battito cardiaco irregolare, ma permettetemi solo un'illazione. Eddy è esploso al suo quarto anno in NBA, prima ha solo dovuto subire le voci di chi la dava già  per spacciato. Avesse fatto il college, non dico nemmeno tutto, sarebbe stato fin da subito un giocatore pronto, senza subire le critiche feroci di chi troppo spesso parla di ragazzi che in una vita normale sarebbero freshman o sophmore al college.

DeSagana Diop

Centro senegalese dalla massa imponente, fu scelto da Cleveland nella speranza si trasformasse da subito in un mostro difensivo. Qualche rilievo in realtà  c'era. Nella sua stagione da senior alla prestigiosa scuola di fenomeni Oak Hill Academy collezionò 8 stoppate a partita diventando il miglior giocatore di una squadra che restò imbattuta fino al termine della stagione.

Ora entra stabilmente nella rotazione dei lunghi per coach Avery Johnson a Dallas e ha anche avuto un'edificante prima esperienza nei playoff. E' l'esempio classico di come il college avrebbe potuto raffinare i suoi limitatissimi movimenti in attacco e potenziarlo ulteriormente in difesa.

IL TERZO LICEO

Kevin Garnett

Il maestro. Il ragazzino alto e magro che diede inizio alla rivoluzione. E' l'ormai lontano 1995 e i Wolves rischiano grosso scegliendo alla quinta chiamata questo strano animale da parquet, un'ala grande con una velocità  e un talento mai visti prima per un 2 metri e 12.

Era davvero un rischio ma il potenziale era limpidissimo, Minnesota azzardò la chiamata nonostante fossero passati ormai vent'anni dall'ultimo liceale direttamente nella NBA. KG era appena uscito dalla Farragut Academy del West Side di Chicago dove era stato compagno di squadra di Ronnie Fields. Di lì a poco avrebbe anche interpretato Wilt Chamberlain sui campetti di Harlem in Rebound, la storia di Earl Manigualt.

Era ancora una comparsa, per poco però. Oggi è semplicemente un pezzo di storia della NBA, un giocatore rivoluzionario anche per il ruolo di ala grande che ha portato con la sua classe pura ad un livello superiore. Vorrei proporre una raccolta di firme. Io gli sono riconoscente per la fedeltà  a Minnesota (record NBA oggi con 11 stagioni) ma lo voglio protagonista di una Finale NBA. Please, trade him !

Kobe Bryant

La migliore guardia dopo Michael Jordan. Un talento superiore, non c'è per nessuno oggi. La generazione del tardo Jordan e immediatamente successiva a lui, diciamo, quella al potere quando Michael era ai Wizards, mi illustra un quintetto chiaro, anzi splendente. Allen Iverson, Kobe Bryant, Tracy McGrady, Kevin Garnett e Shaquille O' Neal.

Il talento maturo nei primi anni del Terzo Millennio è probabilmente il quintetto ideale più vivo di classe pura di sempre. Ma questa, come dice Lucarelli in Blu Notte, è un'altra storia. Kobe Bryant ha parecchio faticato prima di farsi un nome. Ricordo bene i tempi del Forum (bellissimo, ammazzate chi lo ha demolito !) dentro il quale l'idolo non era lui ma Eddie Jones.

Su Kobe si potrebbe scrivere un libro, ma di 1000 pagine. La personalità  complessa, l'accusa di stupro, il rapporto ideale con Jordan di cui è l'unico erede degno di tale onore, gli 81 punti, il rapporto con Shaq, i trionfi del three-peat e tanto altro. Sarà  anche antipatico a molti ma che deve fare di più per dimostrare che oggi è il migliore di tutti ? Non riuscite proprio a distinguere l'uomo dal giocatore ? Non sono pagato per essere imparziale : MVP ! MVP !

Tracy McGrady

Un ragazzo a parte, anche nel mondo pieno di personaggi della NBA. Era "Pumpkinhead" in Florida da ragazzino, è stato scelto da Toronto nel draft del 1997 quando aveva compiuto da appena un mese 18 anni. Sbarcato in Canada, in una nazione oltre che una città  completamente diversa dal Sud degli USA, si rinchiuse in se stesso fino a sfiorare la depressione.

Si racconta del Tmac rookie che non usciva mai dalla sua camera, che passava ore interminabili a dormire, insoddisfatto di stare a Toronto sul fondo della panchina. A questo punto o ci si esaurisce oppure proprio questa condizione ti fortifica e ti rende bramoso di vendetta. Sapete tutti come è andata perché qui stiamo parlando di uno dei primi 5 giocatori della Lega per talento complessivo.

Leggendari ormai i suoi 13 punti in 35 secondi per ribaltare e vincere la partita contro i San Antonio Spurs come i suoi apparenti sbadigli nel contornare ogni tipo di giocate spettacolari. In Canada era il cuginetto di Vince Carter al quale doveva passare la palla, adesso lo ha ampiamente superato. Come spettacolo è una bella gara però Tmac è lì più in alto, e gli manca solo un anello per affermarsi definitivamente.

Amare Stoudemire

Uno dei tasselli dei grandi Phoenix Suns capitanati dal due volte MVP Steve Nash. Ala grande di un atletismo assolutamente incontenibile, è stato semplicemente benedetto dal giocare con Nash e nel sistema offensivo di D'Antoni perché in tal caso la sua esplosività  in campo aperto (come quella di Marion) è elevata ad arte.

Al college non ci poteva andare mai. Nonostante infatti non abbia mai toccato un pallone da basket prima dei 14 anni ha dovuto cambiare 6 licei diversi prima di diplomarsi. Un percorso di vita a dir poco difficile, se si pensa che è dovuto crescere orfano di un padre dall'età  di 11 anni e con una mamma che entrava e usciva di prigione. L'educazione che il college gli avrebbe potuto dare (ma sono molto scettico) è stata vinta dalla necessità .

Adesso è l'uomo giusto al momento giusto in Arizona, un giocatore strabiliate e spettacolare che ha avuto, a differenza di Kobe e Tmac, un impatto immediato nella NBA. Subito 13,5 punti e 8,8 rimbalzi, primo liceale a diventare Rookie of the Year. Doveva essere l'anno di Yao Ming"

LeBron James

Il Michael Jordan dei licei, il ragazzino già  famoso al mondo fin dal suo penultimo anno di high school. Nessuno ha avuto prima e penso mai avrà  più, un'esposizione e un attesa così grande al suo ingresso nella NBA. LeBron James era già  un fenomeno mediatico, oltre che un fenomeno come giocatore, quando dichiarò la sua intenzione di passare nella NBA prima del suo anno da senior.

Apparentemente una follia. Invece la piccola palestra di Akron, Ohio si riempì di folla, tra i quali scout, giornalisti di emittenti e giornali nazionali e anche diversi vip, tra i quali Shaq. Seguirono le dichiarazioni convinte che LeBron era pronto per la NBA senza completare nemmeno i 4 anni di high school e l'ormai mitica copertina di Sport Illustrated. "The chosen one".

Anche in Italia SKY trasmise una sua partita contro la Oak Hll Academy, poi vennero gli scandali piccoli e le grandi ipocrisie. Nel suo ultimo anno LeBron accettò da una azienda un paio di magliette dal valore di 845 dollari e per questo fu squalificato per due gare e con una sconfitta a tavolino per la sua squadra. I liceali non possono ricevere in Ohio ogni tipo di doni che siano superiori ai 100 $ di valore. Rischiò addirittura di non giocare per il resto della stagione.

Ma ormai si era generato un mostro e non si poteva tornare indietro. Il giudice lo costrinse all'ultima stagione liceale prima della NBA e la NCAA, giusto per la cronaca anche se già  all'epoca faceva ridere, lo privò dell'eleggibilità  perché aveva partecipato (strabiliando) a più di due All Star Game per liceali.

Il giorno della lotteria sembrava il Giudizio Universale. La spuntò Cleveland, la squadra del suo stato natale. Da allora i Cavs e probabilmente tutta la NBA non sono più gli stessi. Magic Johnson con meno abilità  al passaggio o Oscar Robertson del Terzo Millennio, vabbè lasciamo stare"semplicemente LeBron James.

Dwight Howard

Dopo il vecchio maestro KG, il miglior rimbalzista della NBA d'oggi dì. Bastano le parole di The Big Ticket : "E' uno scherzo della natura, io non ero così tanto baciato dal talento, in quanto al fisico e alla presenza fisica". Il suo erede, l'ala forte dominatrice dei prossimi 10 anni ? Di sicuro adesso merita già  di stare nella stessa categoria di quelli di sopra.

Sulla fiducia certo, ma anche per quello che già  sta facendo vedere. Howard è una presenza a rimbalzo, stoppa, salta, intimidisce e dall'altra parte del campo va per i 20 di media con movimenti ancora da raffinare ma che preannunciano l'assoluta padronanza dei mezzi. Grande atleta, grande fisico e grandi mezzi tecnici, dinamicità  non ancora espressa completamente che però non ha nemmeno Duncan o Bosh o Stoudemire.

Se è vero che è un ragazzo serio (tra l'altro molto devoto) non può che crescere ancora fino a raggiungere chissà  quali livelli. Bella storia. L'ala grande promessa per il quintetto ideale della prossima generazione.

SENZA GIUDIZIO

Per ovvi motivi non si può giudicare la carriera NBA di un ragazzo che non abbia disputato almeno 4-5 stagioni.. LeBron James è l'unico allora del draft del 2003 non tanto a essere giudicato ma certo ad essere incanalato verso un giudizio che non può che essere eccellente.

Di ragazzi "normali" usciti dal liceo e passati in NBA ce ne sono stati diversi altri dal 2003 in poi. Da quel mitico draft (Melo e D Wade tra i primi 5) gli altri sono tutti attesi ad una svolta.

Travis Outlaw è uno swingman con notevoli dote atletiche ma non diventerà  mai il Tmac che troppe entusiastiche voci prevedevano. Flop temporaneo anche per Ndudi Ebi, ala grande adesso lontana dal mondo NBA, e per Kendrick Perkins , un altro dei tanti supposti "Baby Shaq" che sta avendo minuti importanti per Boston dove dimostra sprazzi notevoli in un mare d'acqua appena sgorgata.

Poi ci sono quelli per il quali il giudizio semplicemente non c'è, come i ragazzi che non hanno nemmeno un voto perché troppe volte assenti. James Lang ha giocato 55 minuti totali per i Wizards. In attesa che ritorni segnaliamo solo che c'è un'altra ala forte atletica in circolazione. Ma questi 2 metri e 10 o giù di lì che giocano da 4 sono davvero così di moda oggi ?

Della stessa taglia, solo un po' più possente, è Jackie Butler, già  scaldatore di panchine ai Knicks, oggi ultimo della rotazione dei lunghi a San Antonio, dove per adesso può solo accontentarsi di vedere Duncan col binocolo. Non è stato mai scelto al draft, quindi il semplice far parte in pianta stabile di un roster NBA è per lui una benedizione. Per la serie"dichiararsi eleggibile non significa necessariamente che sei bravo e che sei preso da qualcuno. Un'anima recuperata.

Chi invece si è perso, chi questo pericoloso salto doppio l'ha vissuto come salto moratale senza apperente punto di non ritorno sono tutti quei liceali che non sono stati scelti al draft. Riprendersi dallo schock e risalire è veramente difficile.

Il primo fu Taj McDavid. La sua storia ha dell'incredibile e del surreale, altro che Korleone Young. Taj, ala piccola, si dichiarò per il draft del 1996 direttamente da un piccolo liceo del South Carolina. Piccolo dettaglio : era un liceo della Division III, quella più scarsa. Praticamente si bulloneggiava a recitare Jordan tra ragazzini che giocavano a basket perchè si annoiavano il pomeriggio davanti alla TV.

Una follia. Non fu scelto e non potè nauralmente andare al college, anche se facendo causa alla NCAA almeno entrò in aula, ma non in palestra. Un'anima persa, anzi la madre di tutte le anime perse.

L'anno dopo è il turno di Ellis Richardson. Nonostante praticamente tutti gli avessero sconsigliato di non fare la fine di McDavid siamo in pieno boom e il sogno si insegue. Ad ogni costo. E' finito dritto in un'aula di tribunale di LA a difendersi dall'infamante accusa di rapina.

Basta no ? E invece il rovescio della medaglia è ancora largo. Tragicamente. Nel 2001 si dichiara e non viene scelto Tony Key, centro dal Kentucky oggi nel più profondo oblio. Nel 2002 si esagera. Sono 3 i ragazzi senza una chiamata.

Giedrius Rinkevicius è un centro lituano di 2,18, magrissimo e senza nessuna possibilità  di competere fisicamente con i colleghi NBA. E' il primo straniero, lo seguirà  Ricky Sanchez, ala grande portoricana però scelto da Portland e scambiato a Denver. Non ha ancora messo piede su un parquet NBA.

DeAngelo Collins è un'ala/centro che pareva destinato ad essere perlomeno scelto ma la maturità  di certi GM NBA ha anticipato le decisioni restrittive del commissioner Stern.

L'ultimo della lista è un bel personaggio, Lenny Cooke. E'una guardia di 2 metri di vivo talento provieniente da Brooklyn. Già  questo vi può far immaginare il contesto in cui è cresciuto. Aggiungetevi la presunzione di chi si auto-dichiara più forte di LeBron James e che si dice abbia stracciato in più di una occasione. Leggende metropolitane o verità  ?

L'unica verità  purtroppo è che Lenny non solo non è mai stato scelto ma latita ancora per New York gridando al mondo di essere degno della NBA. C'è da credergli. Al Rucker Park è nella Terror Squad di Fat Joe, insieme a Stephon Marbury e Ron Artest. Si sente un re come ai tempi dell'high school ma non è ancora felice.

Anche per la classe '04 ci sono i soliti alti e bassi. Parziali, giova ripeterlo. Robert Swift è l'unico bianco della sua generazione, peraltro non con la riga in mezzo ma un bel afro rosso fuoco stile Bill Walton anni '70. Adesso è fermo per infortunio ma è un centro di 2 e 14 con buone prospettive per i Seattle Sonics.

Su chi abbiamo già  delle buone impressioni è Shaun Livingston, point guard di oltre due metri che a molti è parsa una reincarnazione di Magic Johnson. Purtroppo il ragazzo si è fatto male molto gravemente ad un ginocchio un mese fa e dovrebbe saltare per intero non solo questa ma anche la prossima stagione. Brutta storia, noi preghiamo per lui perché tra gli ovvi up and downs aveva mostrato lampi di genio.

Dorrell Wright è un altro swingman atletico che sta mostrando buonissime cose a Miami, grazie in parte all'infortunio di D Wade. I suoi salti sono spesso nelle Top 10 ma oltre a questo sta trovando una sua dimensione ben indottrinato da coach Riley. E' comunque campione NBA, merce preziosa per un ragazzo che deve ancora compiere 22 anni.

Il draft del 2004 veniva presentato tra le altre cose come quello dei due Smith. Come stanno oggi ? Josh di Atlanta è uno stoppatore spaventoso, oltre che naturalmente l'erede in Georgia di "The Human Highlight Film" Dominique Wilkins.

J.R invece è uno dei miei giocatori giovani preferiti. Non gli manca niente per diventare un campione e la strada è tracciata anche se Denver è la squadra di Melo e The Answer. E' un tiratore eccezionale, anche dalla lunghissima distanza, un atleta eccelso e ha grandi principi tecnici, insomma è una guardia di gradissimo talento. Prima a poi esploderà , è solo questione di tempo perché anche lui è classe 1985.

Andiamo a Boston. Qui c'è tanta carne al fuoco. Al Jefferson ha fondamentali di velluto in un corpaccione da 116 kg, già  viaggia a 16 punti e 11 rimbalzi ma siccome è la sua prima stagione da almeno 30 minuti di media può solo aumentare queste cifre. Occhio al ragazzo, di centri come lui non ce ne sono molti in giro, anche nella NBA.

Gerald Green è il campione in carica allo Slam Dunk Event, un altro emulo di Tmac, molto probabilmente il più degno di essere a lui comparato. Mamma mia che giocatore, se appena appena apprende due-tre cose su come stare su un parquet NBA qui abbiamo trovato un altro diamante pescato chissà  dove.

Ultimo della lista Sebastian Telfair, in arte "Bassy". Dalla famosa Lincoln High di Coney Island a Brookyln fino alla bianca e perbenista Boston passando per Portland. Alla bilancia sembra avere più difetti che pregi. E' una deliziosa point guard ma nel bagaglio c'è e sempre rimarrà  l'eredità  da strada. Sia in campo quando esagera spesso privilegiando la giocata più difficile sia fuori. Tra le altre cose è solito girare anche nei jet NBA con una pistola carica, vizietto costatogli 2 partite di squalifica.

Compagno di squadra ai Blazers era Martell Webster, guardia che sta godendo di buoni spazi nel deserto tecnico di Portland, sorte che invece non è toccata finora al suo collega C.J Miles a Utah, al piccolo talento offensivo Louis Williams a Philadelphia e alle ali grandi Amir Johnson a Detroit e Andray Blatche a Washington, che pure sta parzialmente uscendo fuori.

Discorso diverso invece per Monta Ellis, una delle sorprese della stagione. Guardia di un metro e 90, grande atleta, velocissimo, ha doti offensive innate e difatti quest'anno ne firma già  quasi 17 a partita, non male per un sophomore uscito fuori dal nulla.

E chiudiamo con Andrew Bynum, il centro dal volto da bambino dei Los Angeles Lakers, recentemente punito da coach Phil Jackson per la sua scarsa applicazione. Chiudiamo con lui in maniera non casuale. E' il più giovane giocatore di tutta la NBA, compirà  20 anni ad ottobre. E' un centro che fa intravedere buoni doti tecniche fino a spingere parecchi a preannunciare per lui un futuro da dominatore. O giù di lì.

Per adesso facciamo maturare questi ragazzi con tutta la pazienza che è necessaria. Qui solo un ultimo, estremo appunto. Chi ha saltato il college, al di fuori dei casi estremamente necessari (il caso di Stoudemire per esempio) ha fatto male comunque.

Nel caso si chiamasse Lebron o Kobe si è perso una maturazione come persona (oltre i libri, per l'amor di Dio) nonché un'esperienza potenzialmente divertente che mai più avrà . Poi loro erano dei fenomeni, tali si sono rilevati e il college non avrebbe aggiunto niente al loro talento. Per inciso, se anch'io fossi stato Kobe Bryant avrei saltato il college, non ci sono storie. Mi sarei sentito talmente superiore da pensarlo, ma almeno oggi guarderei chi al college ci è andato con un pizzico di malinconia per quello che non c'è stato.

Nell'altro caso invece, se io mi chiamo Al Jefferson o Travis Outlaw, ho sbagliato perché il college mi avrebbe fatto un giocatore migliore, non magari tecnicamente e certo non atleticamente ma sicuramente per quanto riguarda la comprensione del gioco e tutti quegli aspetti, vedi difesa, applicazione e compattezza mentale che fanno la differenza tra un buon giocatore ed un campione.

Al college ti insegnano i fondamentali e la disciplina, tattica e caratteriale, nella NBA invece ti sparano da un capo all'altro d'America e ti ritrovi con un pallone in mano nel bel mezzo di una partita. E non c'è la volontà  né la pazienza, forse nemmeno la capacità , d'insegnarti il gioco del basket. Chi non è pronto si perde.

Non mi va di esaltare il college, anche perché anche io sono convinto che per la propria crescita personale (nel basket come nella vita) serve più il proprio talento che la scuola. Però che bello (più in America che qua"), che belli quei campus e la vita universitaria.

O ho solo visto troppi film ?

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