Incredibilemente, in assenza di Wade, si è risvegliato il vecchio Shaq !
Quando Shaq è in vena di fare il burlone – il che accade spesso – rimane solo da sbellicarsi dalla risate, quando il “Diesel” si fa serio, – ed è più frequente vedergli mandare a bersaglio un personale – allora è meglio stare ad ascoltare.
Di recente il padre – sergente dell'MDE gli ha indirizzato un accorato appello: “Figliolo, siamo ormai vicini al crepuscolo della tua carriera: non accadrà quest'anno, né il prossimo; ma ci siamo… e gradirei che abbandonassi il palcoscenico nella stessa maniera in cui hai iniziato a calcarlo: con grazia.”
Come noto, Shaq presta sempre la massima attenzione ai consigli del padre: “Ora che Dwyane non può aiutarci – ha dichiarato – ogni singolo possesso diventa fondamentale per il proseguo della nostra stagione.”
Detto fatto: nel giro di una decina di giorni, gli Heat si son trasformati da quelli luccicanti della seconda era Riley, a quelli brutti e cattivi che terminavano i campionati – magari frustrati – dagli acerrimi rivali di New York, ma solo dopo aver sputato sangue e lottato fino all'ultimo respiro.
Traducendo; son diventati la miglior difesa della lega.
Il principale ispiratore; Riley?
Macchè…
Il figlio del sergente, certo; chi altri?
E' stato proprio lui a mettere in riga i compagni riottosi – Walker e Posey tra tutti – richiamandoli all'ordine, ed esortandoli a gettare il cuore oltre l'ostacolo fin dalla palla a due, e non dall'ultimo quarto, come era accaduto con troppa frequenza durante questa tribolata stagione.
Così da quando la spalla dell'MVP delle ultime finali si è dolorosamente lussata, stanno cavalcando un'intrigante striscia di sette successi in nove partite.
Il numero chiave è pero il 40, corrispondente alla percentuale concessa agli avversari nel tiro su azione. E si badi bene, tale trattamento è stato riservato non solo a squadre in difficoltà come Atlanta o in lenta agonia come Minnesota, ma anche a quella che consideriamo la crème della Eastern, ossia : Detroit, Chicago, Cleveland e Washington (tenuta al 35% su azione nell'ultimo quarto della sfida di domenica sera).
Come è stata possibile una svolta così repentina?
Semplice: sforzandosi di piegare le gambe in difesa, comunicando con più partecipazione, sfruttando tutto il mestiere a disposizione e soprattutto, dimostrando di possedere ancora la fame necessaria per poter ambire a traguardi prestigiosi.
Chiaro poi che avere la mole del “Diesel” e la ferocia agonistica di “Zo” a presidiare l'area colorata, aiuta e non poco…
Dall'altra parte del campo invece si attua la strategia più logica: vista l'età media del roster, si rallenta il ritmo – o “il tempo” come lo chiamano loro – e si sfrutta al massimo la clessidra , confidando che il centro boa con lo spirito da cabarettista riesca a creare per se e per gli altri.
In linea di massima lo fa: 23 e 4 assist di media nelle ultime 6 contese, con il 68% al tiro dal campo, tanto per gradire.
Si parlava del risveglio di alcuni redivivi: Posey si è segnalato per aver preso sei-sfondamenti-sei la sera in cui i Bulls han conosciuto sulla propria pelle il significato della parola vendetta; ricordate il cappotto della notte di Halloween, con il quale rovinarono il banchetto indetto per celebrare la consegna degli anelli?
Se James continuasse ad esibire questa tenacia nella propria metà campo, non solo giustificherebbe la sua mancata dipartita alla chiusura del mercato; ma riguadagnerebbe la stima del suo coach “ultra – difensivista”.
Quanto a “The Genius”: la sua stagione è stata semplicemente imbarazzante per uno del suo talento – solo l'ex re di Sacramento tratta la palla con maggiore cura, tra coloro alti ben al di sopra dei due metri.
Poi – una volta – toccato il fondo, a causa dell'esclusione per aver violato il rigidissimo regolamento sulla percentuale di grasso corporeo da rispettare, ha avuto il merito di riemergere e rendersi utile.
Chi invece oltre ad essere utile è semplicemente commovente per il cuore e la grinta con la quale gioca ogni sera è Alonzo: della sua ennesima grande stagione ci piace rammentare un episodio che dice tutto sullo spessore dell'uomo – prima – che dell'atleta:
Primi di gennaio; durissima trasferta tra i cactus dell'Arizona, Miami è talmente mal ridotta, che di fronte penseresti di trovarti una ciurma alla deriva: Shaq e Flash sono in borghese; Riley pure, ma dal chirurgo, Posey e Walker in Florida a cercare di smaltire quell'etto di troppo…
I Suns sono sul punto di far mangiare la polvere ai derelitti Heat , quando Williams ferma l'emorragia con un canestro – e – fallo; a quel punto alla panchina rieccheggia un urlo belluino; il significato è preciso: siamo a pezzi ma non molliamo.
Non serve neanche aggiungere chi sia stato ad emetterlo quell'urlo…
Un gradito ritorno rimane quello di “Eddie – Eddie” come l'acclama la folla dell'A.A.Arena.
Jones è stato uno di quei colpi di mercato andati a male del Riley versione presidente; acquistato a peso d'oro nell'estate del 2000; l'ex Lakers ha troppo spesso deluso le – eccessive – aspettative e 5 estati più tardi è stato spedito a Memphis con la spiacevole nomea del perdentone.
Una volta espiate le colpe e rilasciato dalla franchigia della città di Elvis, l'ex “the next MJ” è stato lieto di tornare nella Florida meridionale. Chiaramente, non è più il super atleta dei bei tempi; ma è ancora in grado di appiccicarsi all'avversario più “caldo” e di colpire con efficacia dal perimetro.
Inutile dire che - specie dopo il forfait di Wade – il suo arrivo sia stato provvidenziale: nelle ultime cinque uscite, tre volte ne ha segnati venti…
Una delle “storie” dell'anno è senza dubbio alcuno quella di Jason Kapono.
Il ventiseienne californiano è passato nel giro di qualche mese dal ruolo di gregario ignoto al grande – e se per questo anche al piccolo… – pubblico, a quello di prima opzione offensiva dei campioni in carica…(chiaro: con Shaq a rifiatare e Dwyane in tribuna…).
L'ex Ucla non è il mero tiratore capace di farti pagare i raddoppi sulla stella di turno, ma è capacissimo anche di uscire da un blocco e castigarti grazie al suo celerissimo rilascio, nonché di giocare una difesa più che decorosa; non starebbe in campo, anche per più di trenta giri di lancetta in una squadra di Riley altrimenti…
Adesso è fuori per una brutta distorsione alla caviglia; ma tornerà la prossima settimana, e siamo certi che la sua favola non sia ancora giunta al capolinea.
Dopo la vittoria di domenica contro Gilberto e i prestigiatori della capitale (canestro sulla sirena del preziosissimo Haslem) persino il titolo della “South – Est” sembra tutt'altro che una chimera, quando solo a metà gennaio il gap tra le due rivali rasentava la doppia cifra…
Ovviamente, qualsiasi velleità di “re-peat” passa dall'ennesimo miracolo implorato al soldato – come l'ha definito il suo allenatore – da Marquette.
La sua coraggiosa scelta di schivare - almeno fino al termine della stagione – i ferri della sala operatoria, ha suscitato un'ondata di euforia, poi subito smorzata da un velo di apprensione: vale la pena rischiare ulteriori complicazioni, per tentare – una comunque ardita – cavalcata nei playoffs?
Ne vale… a detta dell'interessato; anche perché, pur a mezzo servizio – niente più pazze incursioni fino al ferro – la sua sola presenza in campo, basta per rendere gli Heat la legittima favorita a guadagnarsi il dubbio privilegio di affrontare una delle potenze dell'Ovest nella prima settimana di giugno.
Nessuno ha la sfera di cristallo, ma la mia sensazione è che per il secondo anno consecutivo il circo mediatico che ruota attorno alla fase finale del torneo Nba, farà tappa nella gaudente South Beach.
Del resto, il Sergente ha suggerito un'uscita di scena aggraziata e - magari – vincente…