Monta Ellis, il piccolo grande guerriero…
Jackson, Mississippi, profondo sud degli states. Qui, dove tutto ha il sapore del cotone, è stato diverso essere di pelle nera nel corso della storia.
In questo pezzo d'America infatti i "colored" hanno alzato la voce per vedersi considerare delle persone degne di ricevere gli stessi diritti dei bianchi. È una storia drammatica, che ha lasciato dei morti dietro di se, ma che alla fine ha visto prevalere la ragione e ha riscritto la storia.
Per capire cosa accadde durante quei giorni di lotta a Jackson l'ideale è narrare brevemente chi e cosa fu James Howard Meredith.
Nato nel 1933, fu il primo studente nero a squarciare il velo di razzismo dall'Università del Mississippi, iscrivendosi nel 1962. Non fu il suo un percorso di laurea simile a quello di tutti i ragazzi d'oggi però. Cercò di entrare in aula il 20 Settembre, ma fu respinto. Ci riuscì solo il 1 Ottobre sfondando la (metaforica) porta dei Diritti Civili.
Dovette duramente combattere contro il pregiudizio e contro l'allora governatore dello Stato, il democratico Ross Barnet, che vedeva l'ammissione del giovane colored come un affronto personale e al buon nome dell'Università . Ci furono durissimi scontri, aizzati dal governatore, culminati con 2 ragazzi di colore uccisi e molti rappresentanti delle forze dell'ordine feriti.
Meredith intanto continuava la sua lotta contro i libri vincendola appena un anno dopo l'iscrizione e arrivò alla laurea nel 1963. Divenne un simbolo nella lotta per i neri, così come divenne un simbolo la sua March Against Fear, partita da Memphis e conclusasi a Jackson nel 1966. Il castello di tolleranza e coraggio messo in piedi da tutto questo rischiò di crollare come il più banale maniero di carta quando un cecchino cercò di uccidere James, che fortunatamente fu solo ferito.
Dopo tantissimi sforzi come questi la grande battaglia razziale fu vinta, e Meredith è solo uno dei tanti simboli che l'anno contraddistinta e hanno permesso a ragazzi come Monta Ellis di arrivare così in alto. Ragazzi di colore con problemi familiari che fanno venir voglia di lasciar perdere tutto, ma a cui basta una palla a spicchi per ritrovare tutto" o quasi.
Quando il basket è l'ultima ancora…
Nascere nel quartiere di Georgetown a Jackson significa avere una specie di zavorra sulle spalle per molto tempo. Quella zona è un posto di cui si è di sicuro sentito parlare, un quartiere nero dove sono poche le occasioni per fuggire dalla strada, ma molte quelle per rimanerci sdraiato per sempre.
In queste vie piene di dolore e di voglia di emergere il 26 Ottobre 1985 nacque Monta Ellis, figlio di Rosa Ellis e di… null'altro, come spesso accade in questo genere di storie il padre si è dileguato. Lo strano nome Monta deriva da quello del nonno, Montana, altrettanto strano in quanto è difficile trovare un nero che si chiami come uno Stato in cui il 100 % della popolazione è bianca e non rappresenta proprio lo stereotipo di paesaggio della grande madre Africa. È allora vero che il mondo è bello perché è vario.
Mamma Rosa riuscì a crescere con dignità i figli, nonostante lo stipendio da guardia carceraria non le permettesse molto. I figli invece con il passare del tempo vedevano aumentare il loro stipendio di talento fisico e cestistico, facendo su è giù dal campetto.
Il primo ragazzo della famiglia a pagare ottimi dividendi sotto quest'aspetto fu Antwain, fratello di Monta, che aiutò la Lanier High School ad arrivare al suo primo titolo statale.
"Potrebbe essere un nuovo T-Mac. Era davvero bravo, 6 piedi e 8 (circa 2 metri), rapido, con grandi abilità ".
Monta era estasiato dall'avere un fratello così, e decise di seguire le sue tracce, decise che un giorno lui sarebbe arrivato nell'NBA. Dovette però far fronte ad un bruttissimo episodio, accaduto nel secondo anno di liceo del fratello, quando un amico molto vicino ad Antwain fu ucciso per un dichiarato caso di droga.
Nulla fu più come prima, i vicini si comportavano in maniera diversa con loro e il Antwain perse la voglia di giocare a basket. Fu allora che Monta diventò un "secchione del campetto", passandoci più tempo possibile per affinare la tecnica in un corpo non fatto per il parquet.
Lui stesso dice del suo playground: "C'erano le armi là , anche le dorge e altri problemi, ma sono stato alla larga."
Intorno al campetto giravano armi, droga e altre brutte cose, ma sul playground c'era sempre Monta, che mostrò a tutti quanto conti la forza di volontà per emergere nei 4 anni passati al liceo.
"Furono tempi duri quello, quando era fuori la notte. Continuava a tirare, tirare e tirare." Parole di mamma Rosa.
Si iscrisse al liceo a Lanier High School, la stessa del fratello, e nei 4 anni di permanenza le sue cifre furono spaventose: 29 punti a partita, 5 rimbalzi e più di 5 assist con il 46 % dal campo. L'anno di grazia fu però il 2005, quando venne nominato (assieme a Greg Oden) giocatore liceale dell'anno dal Parade Magazine, un prestigioso supplemento domenicale classico delle famiglie americane. La sua candidatura era quantomeno forte, stavamo infatti avvicinando dei livelli da fantascienza cestistica con 38.4 punti, 6.8 assist e 7.9 rimbalzi con il 48 % da dove vale 3; il tutto condito da una partita da 72 punti (si ricordi sempre che al liceo le partite non durano 48 minuti). A occhio anche l'annata di Oden non dev'essere stata male…
A Giugno era dunque pronto ad iscriversi al College, si era promesso a Mississippi State University, per regalare soddisfazioni ai tifosi dei Bulldog, quand'ecco che la sua voglia di diventare un campione e di misurarsi sin da subito con il mondo dei grandi lo convinse a dichiararsi eleggibile per il draft 2005. Avrà fatto bene? Lo sceglierà la squadra giusta per lui?
Piacere, sono la panchina dell'Oracle Arena, la casa dei Golden State Warriors…
Nel draft che vide Andrew Bogut scelto come numero 1, la dirigenza della squadra della baia aveva un disperato bisogno di pescare bene, in quanto ad Oakland era in atto un vero e proprio tentativo di rinascita dopo l'apocalisse di gioco e risultati dell'inizio di nuovo millennio. Per farla breve non si giocava una partita di post season dal 1994, e l'ultima serie non coincise esattamente con delle finali (cappotto dai Suns al primo turno).
La squadra e i sogni di una stagione positiva erano appena stati affidati a coach Mike Montgomery, che dopo il draft si ritrovò con 2 nuovi ragazzi in spogliatoio. Uno fu scelto con il numero 9, un altro con il 40. Ellis al 40?
Esatto, Monta non fu quello con il numero 9 ma quello del secondo giro, mentre in più in alto di lui veniva scelto Ike Diogu, atletico numero 4 già spedito a Indiana nel mega - scambio invernale.
I Warriors si trovarono dunque in squadra un giocatore con delle mani potenzialmente piene di punti, capace di attaccare il canestro in ogni modo ma anche di inventare pallacanestro, con geniali passaggi verso i compagni…
Ma come spesso succede nel mondo professionistico americano i giovanissimi, a volte giustamente, a volte esageratamente, vedono il mondo passare da una cuccia (o panchina o pino, è uguale) e così fu anche per Monta. Coach Montgomery infatti non voleva rischiare utilizzando i suoi rookie per molto tempo sin da subito e decise di concedere loro solo dei piccoli assaggi di parquet.
Possiamo ormai tranquillamente dividere la stagione 2005 - 2006 in 2 parti, pre - All Star e post. Nella parte iniziale della stagione Ellis entrò in campo solo 13 volte, molto spesso a "babbo mummificato" e non riuscì dunque a scoprire le sue carte. Un po' quello che è accaduto ad inizio anno al nostro Andrea, con utilizzi davvero limitatissimi.
Dopo la partita delle stelle, nel mese di Febbraio, Montgomery decise di dare spazio e fiducia al suo numero 8 e Monta vide il campo più da vicino, molto vicino. Il suo utilizzo e di conseguenza il rendimento crescevano sempre più, raggiungendo il top nel mese di Aprile. Nell'ultimo mese di regular season, a griglie di playoff spesso già definite, le partite sono molto più rilassate e aperte a tutti e Ellis dava tutto se stesso per dimostrare chi egli fosse davvero.
Nei 28.3 i minuti giocati ogni sera, nel 20esimo attacco della nazione, riuscì a far scrivere 11.6 punti ed oltre 3 rimbalzi e altrettanti assist. Il 19 Aprile 2006 i Warriors chiusero la loro stagione perdendo in casa con Utah, finendo con un record di 34 W e 48 L, ampiamente insufficiente per andare ai playoff. Ellis complessivamente nelle 49 partite in cui è entrato in campo in 18.1 minuti di utilizzo medio ha ottenuto 6.8 punti, con 6.5 tiri a partita, e 2.1 rimbalzi.
Ecco una sintesi delle sue migliori azioni dell'anno.
Nuovo Coach, nuovo gioco, nuovo Ellis.
Al termine della stagione 2005 - 2006, dopo 2 anni alla guida della squadra, coach Montgomery venne licenziato, e si dovette attendere fino al 30 Agosto per l'assunzione del nuovo coach.
Nuovo? Non esattamente, visto che Don Nelson ha già allenato la squadra della baia dal 1988 al 1995, l'ultimo periodo in cui c'era la possibilità di vedere i californiani ai playoff. Il carismatico uomo da Muskegon, Michigan, già vincitore di 5 anelli come giocatore dei Boston Celtics dell'era d'oro Auerbach - Russel, ha un modo quantomeno particolare di allenare le squadre.
Il suo gioco è a moltissimi possessi e tiri, a ritmo molto elevato, per la gioia delle statistiche dei suoi giocatori, ma per la disperazione delle coronarie dei tifosi che spesso vedono una difesa non da annali. Solo per esemplificare c'era Nelson sulla panchina di Dallas nel periodo in cui all'American Airlines Center si aveva la possibilità di vincere un hot-dog semplicemente se al termine della partita i Mavs riuscivano a rimanere sotto i 100 punti subiti.
Dopo questa digressione torniamo all'argomento che più preme, ovvero la situazione di Ellis. Il pre-stagione fu abbastanza travagliato, nonostante ottime prestazioni alla Summer League, a causa di qualche problemino al ginocchio.
Coach Nelson ha dimostrato subito fiducia al ragazzo da Jackson, e appena la situazione fisica si è ristabilita lo ha subito lanciato in campo, inserendolo nel quintetto titolare. La coppia dei "piccoli" è dunque composta dal Barone, star e titolare delle chiavi della squadra, e dal numero 8, il nostro Monta, che ormai si siede in panchina durante i time-out o quando esce per falli. Dopo l'All Star Game, da metà Febbraio in poi dunque, il suo utilizzo è salito a 36 minuti e mezzo, tra i più alti della squadra.
La scelta di Nelson di utilizzarlo in quintetto sta pagando decisamente, anche perché la costanza è una delle armi preferite da Monta. Nei 34 minuti di utilizzo medio da inizio stagione le sue medie di punti hanno oscillato tra 15.8 e 18.3, mentre i rimbalzi e gli assist sono stati abbastanza in linea con i risultati degli anni precedenti.
Ovviamente la cosa che colpisce di più è la produzione offensiva: se l'anno scorso si era fermato a 6.8 punti quest'anno fa la voce grossa all'interno della squadra con 17.2. Aspetto sicuramente interessante è quello relativo alla percentuale dal campo e alla distribuzione dei tiri: Monta segna quasi la metà delle volte che alza la mano (47.5 %) preferendo molto di più tirare da 2 piuttosto che da 3. Infatti in 13.5 tiri presi a partita, solo 2.3 arrivano da più di 7 metri.
Sono altri i suoi compagni che tirano dalla lunga distanza, Ellis ha nelle sue azioni preferite quella di entrare in area impennando fino a schiacciare, cosa che peraltro gli esce discretamente bene. (chiedere a Dinho e al Baffo…).
Sin dalle prime partite dunque Monta macinava punti e minuti, e da novembre a oggi ci sono state tante prime volte per Ellis. Il 18 e il 20 Novembre ha scollinato fino ad arrivare a 31 punti, suo record personale.
Il 24 Gennaio invece fu la volta del suo primo buzzer - beater in un'emozionante partita contro i Nets vinta sulla sirena.
Il 31 Gennaio ha avuto l'onore di essere chiamato al Rookie Challenge, per giocare assieme ai Sophomore e dare vita assieme a David Lee ad uno splendido duello per aggiudicarsi il premio di M.V.P. della partita..
Il 24 Febbraio è andato invece per la prima volta in doppia cifra per quanto riguarda gli assist, stabilendo il suo record personale a 13.
Tutti questi pomposi numeri non devono far dimenticare da dove sia partito questo giovane ragazzo, quanta forza di volontà ha mostrato al mondo e quanto si merita la possibilità di dimostrare le sue capacità .
Conclusione
È stata dunque una bella scoperta quella dei Warriors, che si sono trovati in casa una giovane promessa come Monta Ellis non pensando di avere giocatori di questo potenziale. La sua esplosione è stata anche involontariamente favorita dagli infortuni che hanno colpito le stelle della squadra, prima Davis e poi Richardson, ma lo spazio che ha è sicuramente meritato.
Quella della baia è inoltre una squadra che con il suo stile di gioco si adatta bene alle possibilità del numero 8, dotato di grande talento offensivo ma meno talento nella metà campo che, si dice, fa vincere le partite. Anche il suo fisico va bene per quel tipo di gioco, essendo Monta un gran corridore, e non certo uno che può vuole fare a spallate per trovarsi un tiro.
Meglio correre e saltare fino a sotto il ferro allora, per la gioia del generale Nelson e del suo esercito, che aspetta i playoff da ben 14 stagioni. Ma che con giovani come lui e Biedrins può solo sorridere…