Deng è rimasto a Chicago…sarà lui l'uomo in più per coach Skiles?
Sono successe davvero tante cose negli ultimi giorni di NBA.
Una crisi cardiaca si è portata via un grande play, ma soprattutto un grande combattente come Dennis Johnson.
La lega ha vissuto il suo fine settimana delle stelle, per tradurlo letteralmente, con tanti bassi e qualche acuto: la solita non partita dei rookies contro i sophomores, la gara delle schiacciate, Jason Kapono re del tiro da 3 e Kobe Bryant re di una delle meno combattute edizioni della partita delle stelle vera e propria.
A stretto giro di posta è anche suonata la campanella della dead line per gli scambi. L'avvenimento potrebbe essere salutato con la seguente frase: tanto tuonò che alla fine non piovve.
Dei tanti scambi preannunciati, confezionati, immaginati e quasi conclusi, alla fine non se n'è avverato praticamente nessuno, con buona pace di chi vedeva in arrivo nella città del vento tutta una serie di ali grandi assortite.
Il campo nel frattempo ha concretizzato lo slump nel quale sembrano essere terminati i Bulls.
Risultati:
@ Golden State L (OT) 121-123 (28-23)
@ Phoenix W 116-103 (29-23)
Vs Toronto L 111-112 (29-24)
@ Charlotte L 85-100 (29-25)
Vs Atlanta W 106-81 (30-25)
@ Cleveland W 84-78 (31-25)
Vs Washington W 105-90 (32-25)
@ Detroit L 93-95 (32-26)
Vs Orlando L 87-94 (32-27)
Vs Golden State W 113-83 (33-27)
Dopo un dicembre assolutamente ottimo, i mesi di gennaio e febbraio hanno rappresentato un deciso passo indietro per una squadra con volontà di titolo, almeno divisionale.
Quindici partite giocate in gennaio con sole 7 vittorie, quattordici partite giocate in febbraio con 7 vittorie ed altrettante sconfitte.
Non un'ecatombe intendiamoci, ma un po' pochino se si pensa che nell'ultima parte di stagione, non sarà lo United Center il campo che la squadra di coach Skiles vedrà maggiormente e soprattutto se si pensa a quel benedetto risultato delle 50 vittorie che da inizio stagione pende sulla testa della franchigia come la più classica delle spade di Damocle.
A parte le considerazioni numeriche, la squadra non appare in pessima forma: la sconfitta contro i Pistons ad esempio, ha rappresentato uno specchio di quanto potrebbe accadere di qui ad un paio di mesi.
La squadra infatti, ha risposto bene alle attese di questa vera e propria classica. Nel ritorno in terra "quasi natia" di Ben Wallace, i Bulls hanno tenuto botta decisamente bene nella prima metà di gara.
Nonostante la perdurante assenza di Nocioni, ancora alle prese con la fascite plantare che sembra averne bloccato le prestazioni di altre due, tre settimane, il quintetto con P.J. Brown da numero 4 ha dato decisamente fastidio ai lunghi di Detroit.
Come spesso accade però, dopo oltre 25 - 30 minuti in un senso, l'ultimo quarto d'ora effettivo della sfida ha cambiato decisamente rotta.
Detroit è uscita meglio dall'intervallo, ha alzato il livello dell'intensità cosa assolutamente non riuscita proprio al presunto protagonista della serata, Ben Wallace, riuscendo a prevalere in volata grazie ad un canestro del nuovo acquisto Chris Webber.
Ora, se da un lato sconfitte come questa bruciano, dall'altro si deve riconoscere come non si sia vista una differenza abissale fra i due quintetti, cosa davvero positiva in prospettiva play-off.
E parlando di fattori positivi, nulla viene alla mente in questo periodo coem il nome di Luol Deng.
Il prodotto di Duke, è stato inserito per due mesi in ogni listino per scambi dell'agenda del GM Paxson. Eppure a tutt'oggi questo numero 3 ½ sembra essere l'ala più versatile della lega, pareggiata al massimo sull'altro versante dello scacchiere NBA, da Shawn Marion.
Se infatti Nocioni è ruvido, cattivo in difesa e tosto a rimbalzo, il numero 9 dei Bulls è invece eclettico, sinuoso nei movimenti (la sua partenza dal post medio per un tiro morbido a centro area è bellissima quanto poco marcabile) veloce, ma con il collega argentino divide la passione per mettere a referto parecchi rimbalzi per gara.
Nel suo tabellino di quest'anno, la voce punti è arrivata a quota 18.7 per gara, la voce rimbalzi ha sfondato quota 7 per gara, mentre gli assist sono a quota 2.2 per gara.
Ovviamente siamo in tutti i casi al massimo in carriera, una carriera che non conta neppure 3 anni pieni di basket pro e che a questo punto lo vedono come il candidato più serio ad essere il prossimo Bulls a vestire la maglia dell'All Star Game.
In fondo, durante le serate buie che hanno riguardato gli alti e bassi del compagno Ben Gordon, è lui che si incaricato di portare fieno alla cascina dei Bulls, nelle serate di scarso impegno di Wallace è lui che si imposto come ottimo rimbalzista dinamico, grazie a braccia quasi sproporzionate ed un grande senso dell'anticipo sui rimbalzi lunghi, infine è lui che ha portato quell'adrenalina che il rookie Thomas o il veterano Brown non hanno ancora saputo o non hanno più potuto trasmettere al pubblico.
In definitiva, forse la dirigenza rosso nera, al di là delle mere questioni di salario, ha fatto bene a pensarci due volte prima di liberarsi di un atleta ventunenne come questo Sudanese.
A questo punto il capitolo stagione regolare affronterà la lunga volata verso la composizione definitiva della post season.
Le "stupide" sconfitte che hanno complicato la vita alla franchigia dell'Illinois, l'hanno a questo punto relegata a 5 partite dalla vetta della division, rappresentata dai soliti Detroit Pistons, ma al momento la possibilità di passare con un balzo dal quinto al secondo spot del tabellone è lontano solamente due partite, tanta è la distanza che separa Chicago dai Cleveland Cavs di Lebron James.
Nello spogliatoio sono 3 gli atleti che sono osservati giorno per giorno: il già citato Nocioni, Ben Gordon, che alla faccia del suo infortunio ha guidato la squadra con 22 punti nella vittoria contro Golden State e P.J. Brown.
Chicago dovrà capitalizzare ogni singola partita sul terreno amico, dove è la miglior squadra della Eastern Conference e provare ad accumulare qualche vittoria nelle trasferte con squadre di record perdente.
Si comincia stanotte con la sfida all'ex Tyson Chandler e agli Hornets, poi arriveranno 6 trasferte su 7 gare a Milwaukee, Miami, Orlando, Boston con un back to back in casa e fuori e ancora Philadelphia e Memphis.
Si trattasse di partite casalinghe si potrebbe sperare nel filotto, ma i viaggi hanno le loro insidie. Vedremo come le affronteranno questi tori un po' sciuponi.
Alla prossima".