Kobe si lamenta, ma i suoi Lakers continuano a perdere…
Una disfatta: sei sconfitte consecutive, dodici nelle ultime sedici partite giocate, venticinque nell'intera stagione. Numeri preoccupanti, soprattutto se si pensa al fatto che in 16 anni di carriera Phil Jackson non aveva mai perso sei gare consecutive.
Come può essere accaduto tutto questo?
Possibile che l'assenza di Luke Walton (da quando è assente la giovane ala i Lakers ne hanno perse dieci su tredici) sia stata così determinante?
Possibile che il tanto atteso rientro di Lamar Odom (tornato il giorno in cui Walton si è girato la caviglia) non abbia sortito gli effetti sperati?
Cosa è successo ad un team che solo un mese fa sembrava essere il più in forma, o quasi, della Lega?
Tutte queste domande possono essere risolte fornendo un solo, semplice assioma: niente difesa, niente vittorie.
I risultati
Venerdì 9 febbraio: Detroit Pistons - Los Angeles Lakers = 93-78 (L)
Sabato 10 febbraio: Toronto Raptors - Los Angeles Lakers = 96-92 (L)
Domenica 11 febbraio: Cleveland Cavaliers - Los Angeles Lakers = 99-90 (L)
Mercoledì 14 febbraio: Los Angeles Lakers - New York Knicks = 106-107 (L)
Venerdì 16 febbraio: Los Angeles Lakers - Cleveland Cavaliers = 108-114 (L)
Giovedì 22 febbraio: Los Angeles Lakers - Portland Trail Blazers = 108-112 (L)
Il record
Attualmente i Los Angeles Lakers hanno un record di 30W-25L. Il sesto posto ad ovest è ancora al sicuro grazie al cammino altalenante dei Denver Nuggets, dei New Orleans Hornets e dei Golden State Warriors, ma certamente il finale di stagione sarà molto più difficile dopo questa striscia negativa ed i playoff non più così sicuri. Ci sarà da sudare se si vorrà raggiungere la post season.
Venti giorni da incubo. Ora è vera crisi
Dicevamo della difesa. È stato il principale problema con il quale i Lakers si sono dovuti confrontare negli ultimi venti giorni e che, purtroppo, non sono stati in grado di risolvere. Molto probabilmente si tratta di una difficoltà psicologica perché è davvero incredibile concedere ad ogni avversario spazi così larghi.
Di sicuro non è un problema fisico, considerato che più di un elemento ha dimostrato di arrivare a fine gara senza accusare un calo troppo vistoso. Questo però non alleggerisce le colpe che gravano sull'intera squadra: scarsa pressione sul portatore, raddoppi portati con una lentezza preoccupante, cambi sul pick'n'roll avversario ridicoli, capacità di limitare le seconde chance pari allo zero, inconsistenza totale a rimbalzo.
L'aspetto però che più di ogni altro può chiarire chi sono i Lakers di oggi è la quantità di energia che ogni sera viene impiegata sul parquet: inesistente. Ogni volta che c'è una palla contestata state certi che quella non finirà nelle mani di un giocatore in gialloviola; ogni volta che c'è da mettere un canestro decisivo, ecco che puntale arriva la palla persa; ogni volta che serve un possesso difensivo cruciale, ecco arrivare un facile layup per gli attacchi avversari. Insomma una visione vergognosa e che dimostra al 100% la difficoltà psicologica di questa squadra.
Qualche giorno fa Lamar Odom diceva: "Non ci parliamo quando siamo in campo. Nessuno chiama niente a qualcun altro. Siamo costretti a giocare in silenzio. Una situazione che non mi era mai capitata".
E sicuramente in quello che dice Lamar c'è del vero perché ognuno sembra andare nella sua direzione quando è sul parquet o quantomeno ad eseguire il semplice "schemino". È anche vero che a livello mentale, a parte Kobe Bryant, a questa squadra manca un vero leader, un giocatore di energia, che incuta timore e spaventi i giocatori avversari ogniqualvolta qualcuno tenti di invadere il pitturato lacustre. Invece, negli ultimi tempi, la zona sottocanestro è diventata territorio di conquista. Il vecchio west al confronto era uno scherzo.
Altra situazione davvero preoccupante è l'involuzione offensiva che ha avuto la squadra. Molti giocatori (in particolare Brian Cook e Jordan Farmar) che fino ad un mese fa trovavano la via del canestro molto facilmente ora sono come bloccati, inebetiti, scoraggiati e spaesati, come in preda ad un virus dal quale non riescono a guarire.
Il canestro è diventato una tana per topi e la retina ha smesso di produrre la sua solita melodia. Ecco dunque che le percentuali offensive sono notevolmente diminuite (diciassettesimi per punti segnati nelle ultime dieci gare, ventisettesimi per percentuale dal campo) e la fluidità con la quale la palla girava è ormai solamente un ricordo (ventitreesimi per assist forniti).
Ciò dipende da molti fattori, ma anche e soprattutto dal fatto che i gialloviola, in attacco, si muovono davvero male, creando una scarsa spaziatura. Difficile poi riuscire a trovare tiri con tanto campo a disposizione ed ecco che le forzature sono all'ordine del giorno. Quando però i tiri con tanto spazio arrivano, difficilmente il canestro viene centrato e il festival del ferro ha inizio.
A questo punto c'è da chiedersi, e lo facevamo anche all'inizio di questo report: ma Luke Walton è davvero così fondamentale? I numeri (11.7 punti, 4.9 rimbalzi, 4.2 assist a partita non li sostituisci con molta facilità ) e la realtà sembrano dire di si. Da quando il figlio del grande Bill è ai box i Lakers sono diventati prevedibili, lenti, inconcludenti e poco creativi in attacco, con un'ancora più accentuata predisposizione alla palla persa.
Forse l'unica cosa positiva di questo infortunio è che la dirigenza si è convinta nel dover rifirmare a tutti i costi Walton (free agent a fine stagione), giocatore fondamentale per il sistema di Phil Jackson.
Infine un'ultima riflessione su Kobe Bryant. Quando l'anno scorso qualcuno diceva che l'asso dei Lakers si metteva in proprio perché i compagni erano totalmente fuori fase e incapaci di trovare il canestro da soli, non lo faceva perché voleva aumentare le qualità dell'ex numero otto o limitarne l'egoismo.
Lo diceva perché era la verità . E il fatto che oggi si siano perse sei gare consecutive conferma che il Bryant che si mette a disposizione (e non decide di mettersi da solo contro tutti) è inutile se quelli che ha intorno sono assolutamente incapaci di seguirlo. Ora, detto questo, la versione altruista di Bryant è assolutamente straordinaria pensando soprattutto a dove è riuscito a portare una squadra di medio-basso livello.
Promossi
Nessun promosso, tutti bocciati.
Bocciati
Come si può giocare in questa maniera indecente e pretendere di avere un posto tra i promossi? Tutta la squadra, Kobe compreso per la sua difesa a corrente alternata, si merita un "2" (e senza giudizio), perché perdere ci può anche stare, ma astenersi dal giocare, soprattutto in difesa, è davvero irritante, perché è lì che si vincono le partite, è lì che diventi una grande squadra, è lì che il basket assume le sue vere peculiarità . Prima difendere e poi attaccare, questo il motto che ogni singolo membro dei Lakers dovrebbe imprimersi nella mente, ma che da qualche tempo sembra aver rimosso dal proprio "database".
Kobe Bryant: Voto: 2.
Andrew Bynum: Voto: 2.
Lamar Odom: Voto: 2.
Vladimir Radmanovic: Voto: 2.
Sasha Vujacic: Voto: 2..
Ronny Turiaf: Voto: 2..
Smush Parker: Voto: 2.
Brian Cook: Voto 2.
Jordan Farmar: Voto 2.
Il meglio degli ultimi venti giorni
Lasciare bianco questo spazio è l'unico favore che si può fare ad un team che nell'ultimo periodo non ha certo onorato la maglia gloriosa che veste.
Il peggio degli ultimi venti giorni
La difesa. Senza dubbio la difesa. Orrenda se mai fosse stata presente. Nessuno ha fornito il giusto contributo ed alcuni neanche si sono sforzati né impegnati. E nell'elenco dei colpevoli ci mettiamo anche il coaching staff, Phil Jackson in primis, che davvero non sta riuscendo a indottrinare un gruppo allo sbaraglio.
Gli infortuni
Anche qui ci sarebbe da stendere un velo pietoso.
Kwame Brown dovrebbe tornare i primi di marzo. La sua distorsione alla caviglia, rimediata lo scorso 31 dicembre contro i Philadelphia 76ers, è stata infatti molto più grave di quanto si fosse previsto all'inizio e la sua assenza è pesata come un macigno nell'economia del gioco lacustre: porosità difensiva, quantità industriali di punti concessi in vernice, capacità di catturare rimbalzi sui due lati del campo ridotta allo zero. Un vero disastro insomma.
Molto incisiva in negativo è stata anche l'assenza di Luke Walton, infortunatosi alla caviglia destra contro i Charlotte Bobcats lo scorso 11 febbraio. Da quando Luke è assente dal parquet, i Lakers hanno inaspettatamente sofferto anche in zona offensiva, aumentando il numero di palle perse e rallentando notevolmente la loro velocità in attacco: passaggi lenti, circolazione prevedibile e giochi meno efficaci di quello che accadeva in precedenza. In pochi lo avrebbero previsto ma Luke Walton, ad oggi, è una pedina fondamentale per questi Lakers. Molto probabilmente il suo rientro ci sarà contro i Boston Celtics.
Vladimir Radmanovic. La lista degli infortunati non avrebbe dovuto comprendere il giocatore serbo che però durante la pausa dell'All Star Game, ha voluto regalarsi una bella vacanza nello Utah. Risultato del viaggio? Distorsione alla spalla che lo terrà lontano dai campi per otto settimane. Stagione finita praticamente. Stendere un velo pietoso è l'unica azione dignitosa che possiamo compiere soprattutto considerando che il giocatore ha provato ad addurre scuse banali ("Sono caduto per strada durante una passeggiata)" per non incorrere in pesanti multe societarie (in verità Radmanovic è caduto con lo snowboard).
Il mercato
Nulla di fatto. Alla fine il general manager dei Los Angeles Lakers, Mitch Kupchak, non è riuscito a portare nuovi giocatori sulla costa californiana. Sfumato l'affare Jason Kidd, niente da fare per Mike Bibby e non ci sono state possibilità neanche per elementi di secondo piano, vedi Anthony Johnson, Juan Dixon o Fred Jones, i quali, invece, hanno trovato spazio in altre squadre.
Possibile che non ci fosse nessun modo per migliorare il team lacustre senza privarsi dei "big three" Bryant, Odom e Bynum? Possibile che Jason Kidd fosse davvero così inarrivabile? Rodh Thorn, gm dei New Jersey Nets, ha ammesso che l'infortunio di Dwayne Wade alla spalla lo avrebbe convinto nel trattenere Jason Kidd e tentare la corsa ai playoffs, ma in verità la contropartita offerta dai gialloviola non era proprio allettante: Brian Cook, Jordan Farmar, Kwame Brown e Chris Mihm non rappresentano di certo il pacchetto giocatori che ti fa drizzare i capelli.
Inoltre, l'infortunio di Vladimir Radmanovic ha tolto ulteriore margine di trattativa a Kupchak che si è ritrovato con le mani legate e impossibilitato a compiere qualsiasi tipo di trade. Inutile ora criticare la dirigenza, inutile ripensare ai tempi in cui Jerry West faceva affari su affari. La verità è che i Lakers arriveranno a fine stagione con questo roster e forse tutto il male non viene per nuocere.
Una volta giocato l'ultimo match stagionale, infatti, si vedranno i risultati raggiunti e solo allora verranno tirate le somme. In quel momento, qualora i Lakers non abbiano raggiunto un secondo turno ai playoff, uno dei big three (Odom in particolare), verrà utilizzato insieme ad altri giocatori per arrivare al campione che cambierà il destino di questa squadra in tempi brevi: Kevin Garnett.
La vera novità è la proposta di estensione che la dirigenza lacustre ha fatto a Phil Jackson: cinque anni di contratto per un progetto che ha come obiettivo finale la conquista dell'anello. E con una combo formata da Kevin Garnett e Kobe Bryant non è follia pensarlo.
Il futuro
La prossima settimana i Lakers sono chiamati al riscatto. Niente più scuse, niente più alibi. Bisogna raggiungere i playoff. Tre gare in trasferta, due in casa. Staremo a vedere.
Sabato 24 febbraio, ore 4.30: Los Angeles Lakers - Boston Celtics = 122-96 (W)
Lunedì 26 febbraio, ore 0.00: Golden State Warriors - Los Angeles Lakers = 85-102 (W)
Martedì 27 febbraio, ore 3.00: Utah Jazz - Los Angeles Lakers= 94-102 (W)
Sabato 3 marzo 4.30: Los Angeles Lakers - Sacramento Kings = 108-116 (L)
Domenica 4 marzo, ore 21.30: Phoenix Suns - Los Angeles Lakers = 99-94 (L)
Stay tuned