Deron Williams è già una star
In un mio precedente articolo, avevo scritto che il rookie challenge avrebbe potuto essere più combattuto quest'anno, rispetto a quelli delle ultime annate. Il 155 a 114a favore dei giocatori al secondo anno Nba, ha dimostrato, però, come l'esperienza (si, anche un solo anno nella lega onta moltissimo) e la personalità fanno tutta la differenza del mondo; la partita, comunque, non contava granché, lo si è notato dalla differenza abissale nel punteggio e dall'intensità totalmente inesistente, che ha reso il match uno spettacolo piuttosto triste.
Le giocate individuali, comunque, si sono viste da entrambe le parti, con maggiore frequenza da parte dei sophomore, che con Lee, Ellis e Paul hanno dominato la partita, ma anche il nostro Bargnani con Foye e Gay, sono riusciti a far vedere alcune cose, che fanno ben sperare i dirigenti delle loro squadre.
Che futuro per i Rookie?
Bargnani e Roy rischiano di essere gli unici giocatori del draft 2007 con un futuro sicuro da All-Star, il primo è quello con maggiori margini di miglioramento, il secondo ha già dimostrato di avere carattere e capacità per giocare i momenti caldi delle partite.
"Il mago", per essere alto 211 centimetri, tira e penetra in maniera davvero magica ed offensivamente ha già moltissime frecce al suo arco, difensivamente invece, per un giocatore di quell'altezza, la sua attitudine a rimbalzo è nettamente sotto a ciò che si potrebbe attendere. Se riuscirà a migliorare (e siamo sicuri che ce la farà ), potrà essere un giocatore capace di spostare gli equilibri ad Est; Roy gioca in una delle squadre peggiori della lega, Portland, che, però sta cercando di rinascere, dopo anche delle finali Nba perse non molti anni fa, affidandosi proprio ai giovani, cosa che quindi non può non deporre a favore dell'ex Washington, che potrebbe diventare già l'anno prossimo il faro della squadra.
Morrison, Foye e Marcus Williams, hanno talento per riuscire ad emergere, risultando importanti e decisivi nelle loro squadre, ma non sembrano avere tutte le carte in regola per diventare degli All-Star.
L'ex Gonzaga sta vivendo il cosiddetto "rookie wall", vale a dire quel periodo di adattamento ai ritmi Nba; le sue statistiche casalinghe sono molto basse, e questo sembrerebbe dovuto, come ha detto lui: "alla molta pressione che ho addosso, quando gioco a Charlotte", dichiarazione che non può incoraggiare gli osservatori, in quanto nell'arena dei Bobcats, il clima è MOLTO più sereno rispetto a quello, ad esempio di New York, Los Angeles, Miami etc.
Per Foye e Williams il discorso è diverso, il loro minutaggio è limitato dalla presenza di altri grandi giocatori nel loro ruolo, a differenza dei vari Bargnani, Roy e Morrison che giocano molto; il loro futuro quindi è più incerto da pronosticare, poiché, finora, non hanno avuto la possibilità di dimostrare tutto il loro potenziale, entrambi quindi guardano al 22 febbraio, giorno della trade deadline, con molta attenzione, per vedere se le loro squadre eseguiranno delle mosse di mercato, liberando dello spazio.
Farmar e Millsap dovrebbero poter diventare dei buoni sostituti, capaci di dare forza ed intensità alle loro squadre partendo dalla panchina; difficilmente riusciranno a diventare delle prime punte, sia per le loro caratteristiche tecniche, sia per quelle psicologiche.
Garbajosa e Gay sono due casi a parte, lo spagnolo, ormai trentenne, non è un giocatore futuribile, ma uno che servirà moltissimo a Toronto, anche per la crescita di Andrea. Su Gay non ci si può esprimere, potrebbe diventare un atleta fenomenale, partecipando a svariati prossimi All-Star Game, così come si potrebbe rivelare un giocatore molto sopravvalutato, alla Tim Thomas per intenderci, capace di far innamorare e disinnamorare gli allenatori e i dirigenti Nba in una settimana.
Che futuro per i sophomore?
Così come il draft di quest'anno, anche quello del 2006 non ha sfornato moltissimi giocatori formidabili (come quello del 2003 per intenderci), anche se molti di questi, stanno uscendo alla lontana, grazie anche alla maggiore fiducia riposta su di loro. Alcuni di questi, in ogni caso, rimangono di assoluto livello.
Paul e Deron Williams hanno dimostrato, nella passata stagione e in quest'inizio anno, di essere due playmaker che potrebbero già giocare la partita della domenica dell'All-Star Weekend, senza sfigurare. Sono già i leader delle rispettive squadre (anche se Utah ha altre bocche da fuoco), stanno viaggiando con cifre elevatissime, e l'anno scorso si sono combattuti il premio di Rookie of the Year fino alla fine; il loro futuro non può che essere roseo, così come quello delle squadre in cui militano.
Granger, Felton, Head e Lee stanno trovando maggiore spazio rispetto all'anno passato, ripagando il loro allenatore con ottime prestazioni; probabilmente non diventeranno tutti delle Star, ma potranno dare il loro contributo per raggiungere obiettivi importanti con loro squadre.
Granger assomiglia molto a Pippen in alcune parti del suo gioco, e non è detto che non potrà ricalcarne le gesta, diventando una seconda punta in una squadra da titolo; Felton, Head e Lee, invece, sono buoni giocatori, come si evince dalle loro statistiche in questi due anni, che, se inseriti nel giusto contesto tecnico, potranno migliorare ancora il loro gioco, trasformandosi, perché no, in alcune partite anche in uomini decisivi (Lee sta concorrendo anche per il premio come miglior sesto uomo dell'anno).
Ellis e Bynum sono quelli che, rispetto all'anno scorso, sono migliorati di più (non per nulla sono in lizza per il premio di Most Improved), arrivando a conquistare il quintetto base e minuti importanti con due allenatori difficili come Nelson e Jackson. Bynum sta imparando da quello che forse è stato il miglior centro della lega, Kareem Abdul-Jabbar, e i frutti di questi insegnamenti si vedono, sia nel movimento di piedi in attacco e in difesa, sia nell'uso delle mani vicino a canestro. Rimane comunque un ragazzino di 19 anni, con i pregi e i difetti derivanti da quell'età , ma anche con la possibilità di crescere ancora enormemente.
Monta Ellis, lanciato quest'anno da coach Nelson, si è trovato benissimo nel "run&gun" dei Warriors, in più i suoi mezzi atletici sono spaventosi, lo si è visto anche nel Rookie Challenge, dove quasi la totalità dei suoi punti sono arrivati da schiacciate al volo, e per un ragazzo di un metro e ottanta per ottanta chilogrammi, non è niente male. Anche per lui, come per Bynum, the sky is the limit, e di questo se ne rallegra sicuramente la dirigenza di Golden State, famosa non per le sue scelte azzeccate al draft.
Infine non si può non parlare della prima scelta assoluta dell'anno scorso, Andrew Bogut, l'australiano cresciuto cestisticamente ad Utah, non sembra essere migliorato granché rispetto alla passata stagione, ed anzi, sembra piuttosto ingrassato più che ingrossato.
I Bucks sperano di poter vedere la loro prima scelta, decisivo negli anni a venire, ma, e questa volta il pronostico credo di non sbagliarlo come ho fatto con il Rookie Challenge, sarà molto difficile che lo si riveda in qualche All-Star Game futuro.