La parte di Dunleavy

Tutto ok coach?

Neppure il bicchiere mezzo pieno di appena venti giorni fa si è rivelato un titolo adeguato alla fase che stanno attraversando i Los Angeles Clippers. Il mio moderato ottimismo si sta trasformando sempre più nella certezza che la stagione potrà  risolversi, al massimo, in una soffertissima qualificazione ai playoff. Anni luce lontani dai traguardi prospettati durante l'estate.

I mali di questa squadra sono stati analisi di molti precedenti articoli. Gli infortuni, l'impegno autunnale in Russia, le voci di mercato, così come laboriose firme di ricchi contratti pluriennali, mancanza di aggressività  e determinazione, aspettative troppe alte, giocatori sotto-pressione and so on.

Mai ho tirato in ballo la gestione tecnica della squadra, forse perché non sono quel che si potrebbe definire un sostenitore di Mike Dunleavy Sr. e dunque temevo di esprimere un punto di vista piuttosto parziale. Tuttavia la questione non può essere rinviata in eterno e mi pare innegabile che anche il coaching stuff abbia qualcosa a che vedere con i risultati insoddisfacenti fin qui raccolti.

Quale identità ?

Facciamo un passo indietro alla scorsa stagione. I Los Angeles Clippers oltre ad essere la migliore squadra della città , vantavano un giocatore in campo nella partita delle stelle ed in seguito addirittura piazzato nella top ten per quanto riguarda il premio di MVP della stagione regolare (Elton Brand).

I Clippers hanno portato a gara7 i Phoenix Suns del regnante MVP Steve Nash, terminando l'avventura ad un passo dalla Finale di Conference.

Giocatori con punti nelle mani, ma anche una super difesa: tra le migliori per rimbalzi e percentuali di tiro concesse agli avversari. Ampio spazio salariale, giocatori d'esperienza, roster profondo, un paio di giovani che molti addetti ai lavori ritengono pronti ad esplodere da un istante all'altro.

I sondaggi autunnali dimostrano che sono davvero pochi a credere che si sia trattato di un caso, di un anno di grazia per i Clippers. Volendo essere obiettivi, non c'erano davvero motivi per temere un ritorno in zona lottery-pick. Cosa diavolo poteva andare storto?

I fatti raccontano una realtà  diversa: record perdente, nono posto ad ovest e Lindsay è il nome dell'unica rappresentante dei Clippers a Las Vegas…

Quando ho dovuto commentare le prime partite di questa regular season, ho preferito sottolineare gli aspetti positivi di quella partenza razzo (5W in 6 partite), piuttosto che soffermarmi su una qualità  di gioco che certo non poteva definirsi brillante. Provo a riassumere il concetto di quel mio articolo in due righe: le squadre forti sono quelle che vincono anche quando non giocano bene, i Clippers sono una squadra che sta dando una prova di forza.

Erano ancora “i Clippers che vincevano”, non quelli di questi giorni.

J.A. Adande è una firma del Los Angeles Times ed evidentemente è molto più cestisticamente istruito di chi vi scrive. Lessi con grande interesse un suo articolo che in quei primi giorni di campionato già  passava sotto la lente le pecche di questa squadra. Salvai il pezzo nel desktop del mio portatile, certo che prima o poi l'avrei rispolverato. Ahimé, quel momento è venuto.

Clippers are winning, but without style così esordiva Adande in data 9 novembre 2006, quando la franchigia di Sterling conduceva la Pacific Division.

Brand's temporary (at least) abdication as the go-to guy is one reason the Clippers don't have an identity. The coaches and players like to talk about their versatility, how they can adjust their lineup and playing style to counter any opponent, small or tall, fast or slow.

I'm more partial to the philosophy employed by John Wooden and Red Auerbach: play your way, and let everyone else adjust to you. Maybe I'm just partial to an approach that won 19 titles for those guys

Ho riportato qui il passaggio chiave di quell'articolo, le parole che allora mi parsero tanto corrette quanto premature e che ora invece suonano così dannatamente precise.

Sebbene non si stia ripetendo sui livelli dello scorso anno, Brand è ancora un signor giocatore nel pitturato, capace di tenere una media di oltre 20 punti, 9 rimbalzi e 2 stoppate a partita. Non ritengo che il suo attuale rendimento sia una delle cause per cui i Clippers fanno tanta fatica. Ma Elton non è un vero go-to guy: troppo spesso non è il giocatore che si prende più tiri, troppo spesso condivide con i compagni le responsabilità  offensivi negli ultimi minuti (per dirla in modo elegante).

È un serio professionista, un ottimo giocatore, non un leader e neppure il giocatore capace di vincere una partita da solo caricandosi la squadra sulle spalle. Non sono certo che sia tutta colpa di un'estate che non gli ha mai concesso un vero riposo, credo che sia anche una questione di indole.

I Clippers non hanno una Super-star come LeBron James o Kobe Bryant, giocatori che da soli conferiscono alle loro squadre una determinata identità . Per questo coach Dunleavy, saggiamente, ha sempre posto l'enfasi sulla squadra.

Durante gli ultimi playoff, due sono le qualità  che Dunleavy ha orgogliosamente riconosciuto ai suoi ragazzi: la combattività  e la versatilità . Pregi che definivano una precisa identità  di squadra. Ora assistiamo ad una versione sbiadita di quella squadra e non bisogna dimenticare che il roster è pressoché identico.

Brand e Kaman erano due superbi intimidatori e con Maggette formavano una frontline che raccoglieva rimbalzi come pochissime nella Lega. Stoppate, pressione difensiva, buone rotazioni e pochi secondi tiri concessi: i Clippers disponevano di una delle migliori difese.

La serie perdente contro Phoenix ha fatto intravedere anche un'altra caratteristica di questi ragazzi: sanno correre e segnare. Pur perdendo in 7 partite, i Clippers hanno fatto vedere che potevano giocare con un quintetto piccolo, segnare 120 punti e giocare “alla Suns”. Non altrettanto bene di quanto sanno fare Nash e compagni, ma quasi.

Da allora coach Dunleavy non ha più smesso di ripetere che con il roster a disposizione, poteva scegliere di giocare in qualunque modo contro qualunque avversario, a ritmi frenetici o lenti, vincendo la sfida nel pitturato o punendo dal perimetro. Non a caso dal mercato dei free-agent è giunto Tim Thomas a sostituire Radmanovic: un giocatore che può giocare in tre posizione, ha un buon trattamento di palla, sa segnare giocando in post basso ma anche ricevere da oltre l'arco e infilare triple su triple.

I Clippers non sono più una delle migliori difese del campionato, mentre in fase offensiva sono davvero discontinui. Soprattutto con Cassell fuori per infortunio mi sono parsi una squadra priva di idee: quando nel periodo conclusivo la difesa avversaria raddoppia sistematicamente Brand, nessuno sa cosa fare.

Non è che tutta questa versatilità  abbia fatto male a questa squadra? Qualcuno può dire come giocano adesso i Clippers? Qual è il loro stile? Dovendo indicare due qualità , coach Dunleavy quali sceglierebbe ora per descrivere al meglio i nuovi Clippers?

J.A. Adande, opinione mia, ha la vista lunga.

Le scelte del coach

Il G.M. dei Clippers risponde al nome di Elgin Baylor, 2006 executive of the year. A lui vanno grandi meriti per aver allestito questo gruppo e per averlo fatto senza valicare il monte ingaggi oltre il quale si cade nella luxury tax. Ma coach Dunleavy ha da tempo un certo peso nelle faccende di mercato ed il recente (ricco) rinnovo del contratto gli accorda ancor più peso all'interno dell'organizzazione.

Dunleavy ha voluto Tim Thomas, decisione ampiamente condivisibile alla luce del fatto che Radmanovic ha scelto di andarsene dall'altra parte della strada.

Dunleavy ha anche insistito per prendere Korolev con la scelta numero 12 al draft del 2005. Il versatile cestista russo in questo secondo anno nella Lega ha segnato 3 punti e non sto parlando di media-partita.

Un progetto che potrebbe non avere seguito: a giugno Yaroslav diventerà  free-agent per gentile concessione dei Clippers, i quali vorrebbero rifirmarlo (forse) a cifre inferiori. Peccato abbia giocato solo 18 minuti in questo suo secondo anno, specie pensando che quando è stato selezionato era ancora available il pick di Danny Granger.

La conferma di Chris Kaman, per cui Sterling ha sborsato 55 million $, è stata considerata quasi una conditio sine qua non da coach Dunleavy prima di sedersi al tavolo delle trattative per il suo di rinnovo contrattuale. Inutile ricordare che il deludente rendimento del centro ex Michigan è stato uno delle principali chiavi di lettura del record negativo della squadra californiana.

Shaun Livingston dopo tre anni nella Lega è ancora un progetto. Migliora di partita in partita, ma ci sta mettendo un pò troppo a diventare quella stella che per molti è destinato ad essere. Tra gli estimatori della guardia con le treccine va elencato anche Dunleavy che, di comune accordo con la dirigenza (tutta?), ha preferito non inserirlo nella trade che avrebbe portato ad L.A. un tale di nome Allen Iverson.

Una scelta coraggiosa e per molte ragioni condivisibile, ma una decisione di cui potremmo dare un giudizio molto negativo da qui a qualche anno.

James Singleton è un giocatore molto amato dai tifosi, può portare qualche punto dalla panchina, qualche rimbalzo ed una discreta intensità  difensiva. Ma il suo ruolo nella squadra è sempre più marginale tanto che l'ex Milano una settimana fa ha chiesto di essere ceduto. Ritornato sui suoi passi, non si può comunque non inserire nella lista degli scontenti.

Infine il caso più spinoso, Corey Maggette. Qui voglio prendere in parte le difese di Dunleavy: giusto che un head coach porti avanti le sue convinzioni e faccia quel che è meglio per la squadra. Maggette che parte dalla panchina è quel cambio di marcia che consente ai principali terminali offensivi della squadra di respirare.

L'ex Duke non gioca certo con l'intensità  difensiva di un Quinton Ross, ma nell'altra metà  campo sa come mettere la palla nel cesto. Almeno quando non penetra a testa bassa finendo per fare sfondamento e quando non cerca di tirare dalla lunga distanza. Lo dico per chiarire che stiamo parlando di un buon giocatore, con alcuni limiti evidenti.

Se è vero che ci sono degli schemi disegnati appositamente per il numero 50, è anche vero che il minutaggio concesso allo swingman è talvolta palesemente troppo striminzito. Il giocatore ha più volte espresso il proprio malcontento, Dunleavy da parte sua ha fatto promesse al giocatore che poi non ha rispettato.

Dunleavy sogna un giocatore più utile in entrambe le fasi di gioco (Ron Artest) o un giocatore versatile, con un alto basketball IQ ed un buon tiro dalla lunga distanza (suo figlio Mike Jr.) ma per questa stagione si sta rassegnando a dover ancora ricorrere alle prestazioni di Maggette.

Corey è stato messo sul mercato, offerto ovunque ed infine è statp tolto dal mercato perché non carenza di contrapartite interessanti. Possiamo immaginare con quale stimoli Maggette possa contribuire alla causa dei Clippers.

Pur senza il clamore mediatico che creano altri giocatori di altre franchigie, la situazione a L.A.2 non è esaltante, né tranquilla. L'effetto sorpresa è finito e con esso l'entusiamo e l'ottimismo che rappresentano un super-boost sul campo di gioco. L'anno della conferma si sta rivelando durissimo per tutti: per i giocatori, ma anche per uno staff tecnico che molte volte non ha trovato vere risposte ai perché di questa stagione sottotono.

Non che Mike Dunleavy non abbia dei meriti per la costante crescita di questa squadra dal suo arrivo in panchina, ma sul banco degli imputati quest'anno c'è sicuramente posto anche per lui, guida di una squadra ha perso la propria identità  di gioco ed il cui spogliatoio non è sereno come un tempo.

Dunleavy sta gestendo male il caso Maggette, sta buttando via la 12esima scelta del draft 2005, non sta dando un identità  di gioco a questa squadra ed infine non sarà  facile liberarsi di lui e del suo contratto per qualche anno!

… ecco, l'ho detto.

25-28 [47,1%]

L 93-96 vs. Atlanta Hawks
L 74-92 @ Detroit Pistons
L 80-94 @ Indiana Pacers
W 90-89 @ Philadelphia 76ers
L 77-94 @ Cleveland Cavaliers
L 90-102 @ New York Knicks
L 110-122 @ Toronto Raptors
W 100-89 @ Boston Celtics
W 110-98 vs. Chicago Bulls
W 98-76 @ Seattle Supersonics
L 87-101 vs. Minnesota Timberwolves

Pacific Division: terzi
Western Conference: noni

La convincente vittoria casalinga contro i Bulls pareva essere di buon auspicio per l'imminente trasferta ad Est: 7 gare in 12 giorni. Infatti si parte bene, con la vittoria a Boston contro una squadra che avrebbe toccato quota 18 sconfitte consecutive pochi giorni dopo. In quel momento i Clippers erano settimi nella Western, davanti a Denver e a 4 gare dai Lakers.

Poi sono arrivate sei sconfitte su sette gare. L'unica vittoria? All'ultimo secondo a Philadelphia, peggior squadra ad Est dopo Boston! Per il resto, i Clippers hanno subito 122 punti dai Raptors (peggior prestazione difensiva dell'anno) ed hanno perso con uno scarto medio di 15 punti le sfide contro Knicks, Cavs, Pacers e Pistons. Nelle ultime 6 gare i Clippers hanno segnato 84 punti di media.

Il ritorno in California è stato ancor più infelice: sconfitta casalinga contro gli Hawks, dopo aver sprecato un vantaggio di 15 punti.

Altre news in ordine sparso:
– continua la ricerca al quattordicesimo uomo del roster: provato Doug Christie che ha dimostrato di poter essere utile (difende e può tirare dal perimetro) e dopo un primo contratto da 10 giorni, ne ha già  firmato un altro;
– stagione finita per Zeljko Rebraca, in realtà  non era mai iniziata e probabilemente non lo vedremo mai più in maglia Clippers;
– Brand ha accusato dei dolori alla schiena che gli hanno impedito di partecipare alle ultime due gare, tuttavia il suo rientro è previsto per la prima gara post ASG;
– due partite questa settimana, entrambe allo Staples Center: prima i Suns, poi arrivano i GS Warriors.

Obiettivo Playoff

Giochi apertissimi nella Western Conference, con almeno cinque squadre in lotta per due posti: Denver, Clippers, TimberWolves, Hornets e Warriors. Poi ci sarebbero anche i Kings, un passo più indietro.

Anche se un'eliminazione al Primo Turno sembra piuttosto scontata, la qualificazione alla post-season renderebbe meno amara la stagione dei Clippers.

Come sostiene Eric Pincus, columnist per Hoopsworld.com, sarebbe una vergogna se questa squadra non raggiungesse i playoff, perché a questa squadra non fanno difetto né il talento, ne il carattere per poter terminare bene questa stagione.

Non ci resta che aspettare il verdetto del campo.

P.S.: spero mi perdoniate il ritardo nell'aggiornamento di questo team report. Ora riprenderò con la solita cadenza: 25/02/07 the next one.

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