Mike Dunleavy ha superato gli inziali problemi al tiro
Ci eravamo lasciati con i migliori Pacers della stagione, quelli da 26 vittorie e 21 sconfitte, ma che ora si affacciano all'ultima gara prima della pausa per l'All-Star Weekend contro Memphis, con 27 vinte e 24 perse, frutto di 3 sconfitte consecutive a domicilio.
Dopo aver mostrato chiari segni di miglioramento con i nuovi arrivi, i Pacers hanno fatto un passo indietro sia sul piano del gioco che nei risultati. Una settimana fa Indiana era appena 2 gare sotto i Detroit Pistons, primi ad Est, ora la distanza si è allungata tra le due rivali della Central Division.
"Dobbiamo giocare meglio, non ci sono scuse. E' l'unica strada che dobbiamo percorrere - ha detto Rick Carlisle prima della convincete vittoria sui Clippers, ma appena dopo le 3 gare perse consecutivamente - siamo una squadra che ha bisogno sempre di giocare al massimo per poter vincere. Se non andiamo bene a rimbalzo concediamo altri possessi e se non difendiamo per 48 minuti concediamo grosse percentuali al tiro e non va bene".
Tre sconfitte arrivate tutte con squadre della Western Conference ma sopratutto con un record inferiore al 50%. Proprio con quest'ultimi, i Pacers hanno un record di 13-13, con 7 sconfitte maturate alla Conseco Fieldhouse.
La serie nera era cominciata, ironia della sorte, contro gli ex Stephen Jackson e Al Harrington e i loro Golden State Warriors in una partita mai senza storia, in cui le motivazioni dei due, hanno fatto la differenza.
"E' sempre emozionante quando ritorni a giocare contro la tua vecchia squadra. Indiana aveva vinto 6 delle ultime 7 partite ma noi avevamo bisogno di una vittoria - dichiara a fine gara un Jackson da 36 punti, assolutamente immarcabile per la difesa di Indiana – ho ringraziato i Pacers per tutto quello che hanno fatto per me ma è sempre bello vincere contro la tua ex squadra".
In contrapposizione non era stata una grande partita per gli altri ex, Mike Dunleavy e Troy Murphy che era andato in campo con una maschera protettiva e contro la volontà del medico per via del colpo subito in uno scontro a rimbalzo nella partita precedente. Per il primo un pessimo 4-15 dal campo, mentre per il lungo appena 3 punti e 4 rimbalzi in 17 minuti di utilizzo.
"Riconosciamo i meriti di Golden State, hanno giocato alla grande". Era il commento di Rick Carlisle a fine gara. Sì perché lo spumeggiante gioco del collega Don Nelson in quella occasione ha nettamente battuto il basket ragionato dei Pacers.
La successiva sconfitta 103-102 per mano dei Seattle Supersonics, è stata più una gara buttata al vento che altro. Pacers che conducevano 99-92 fino a 3 minuti dal termine ma che poi sbagliavano 8 delle 9 conclusioni tentate perdendo anche due palloni fondamentali. Inoltre, dopo una gara dominata a rimbalzo (53-35 la supremazia) veniva concesso un rimbalzo offensivo allo scadere della gara che permetteva a Andre Brown di siglare il canestro della vittoria.
L'assenza di Jermaine O'Neal per un problema al ginocchio (che si è sentita visto i 53 punti concessi ai Sonics dentro l'area) aveva obbligato Carlisle a schierare il 14° diverso quintetto base in questa stagione, stavolta con la variazione nel settore lunghi formato dall'inedita coppia bianca Troy Murphy e Jeff Foster.
L'ultima gara persa 102-95, contro i Denver Nuggets, ha suscitato non poche polemiche perché Darrell Armstrong che verrà poi anche squalificato per una gara e Rick Carlisle vengono espulsi per doppio fallo tecnico.
I Pacers hanno pubblicamente fatto sapere di non sentirsi rispettati da diversi arbitri. "Cerco di essere onesto, ci stanno arbitrando come nell'anno della rissa - ha detto un furioso Armstrong a fine partita – non siamo più quella squadra, siamo la squadra anno 2006-2007. Sia in casa che fuori subiamo una marea di brutte chiamate arbitrali e poi non possiamo neanche parlargli".
La gara contro Denver per Jermaine O'Neal è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. "Hanno tirato 30 tiri liberi in più di noi, non capisco questo. Come può una squadra tirare 30 tiri liberi in più dell'altra? – continua uno stupito O'Neal – gli arbitri non ci rispettano e il tono con il quale si rivolgono a noi rispetto agli altri è diverso".
Fatto sta che Carlisle per la seconda volta in stagione è stato costretto a lasciare la panchina, mentre addirittura Armstrong ha ricevuto una squalifica di una partita da parte della lega.
Mentre Armstrong seguiva la sua squadra da casa col suo immancabile caffè, i Pacers domenica hanno interrotto la striscia negativa vincendo in modo convincente 94-80 contro i Los Angeles Clippers. Una bella gara dei Pacers con Jamaal Tinsley che ha dettato egregiamente i tempi della squadra distribuendo anche 15 assists, il massimo stagionale per lui che lo portano a 2790 assists in carriera ma sopratutto al quinto posto superando Freddie Lewis tra i migliori in questa specialità con la maglia dei Pacers; Jermaine O'Neal che anche lui è entrato ufficialmente nella storia diventando il miglior stoppatore di tutti i tempi per i Pacers superando Rik Smits e Mike Dunleavy che contro la squadra di suo padre realizza 20 punti (per la prima volta in stagione segna 20 o più punti in gare consecutive) tirando 9-12 dal campo. Ma è in generale tutta la squadra che tira bene, 49% alla fine, concedendo invece il 37% ai Clippers.
Una gara che ha segnato il ritorno in campo dopo 6 gare di assenza di Marquis Daniels. Per lui un rientro importante con 14 punti, ma soprattutto la consapevolezza che il suo ruolo è determinante in questa squadra, partendo dalla panchina. La sua qualità di "dribbling" rubando un termine dal calcio è troppo importante per questa squadra, non solo perché è uno dei pochi giocatori in grado di saperlo fare ma perché l'unico in grado di concludere con i due punti.
Purtroppo è stata una partita in cui il pubblico si è impaurito quando Danny Granger dopo un colpo involontario subito da parte di Elton Brand, è rimasto a terra immobile per diversi minuti. E' stato subito portato in ospedale ma il test non ha evidenziato niente di grave, così è stato subito rilasciato.
Ecco il vero Mike Dunleavy
Appena è arrivato Mike Dunleavy qualche voce lo dava già ai Clippers di suo padre, in cambio di Corey Maggette. Invece no, Donnie Walsh e Larry Bird credono che il Dunleavy visto a Golden State possa rifarsi una grande carriera ai Pacers.
Nella Baia non lo amavano più. Anche in una partita vinta con 22 punti di scarto e con una prestazione da 18 punti e 13 rimbalzi, il pubblico lo aveva fischiato dopo un tiro libero sbagliato. Non è stata la prima volta. Suo padre lo aveva difeso quella volta. "Dopo la gara mi avevano chiesto cosa ne pensavo dei fischi rivolti a mio figlio anche in quell'occasione e io ho risposto che non devono essere dei buoni tifosi se fischiano un giocatore che gioca duramente e si impegna".
Il rapporto tra il giocatore e Don Nelson non era buono, nonché la posizione in campo. "Quest'anno ha iniziato giocando da ala grande nella Western Conference ed è stato un disastro - continua il coach padre - non era il giocatore che può marcare Elton Brand, Tim Duncan e questo genere di giocatori, non era il suo ruolo".
"Lui è un giocatore di squadra, crea gioco, sa passare la palla e fa tutte quelle cose che servono per il bene di una squadra". Precisa Mike Dunleavy Sr.
L'ex Duke è diverso da Stephen Jackson. Sul piano tecnico quest'ultimo è più realizzatore e forse un difensore migliore, ma solo in maniera sporadica. Ma Dunleavy è un passatore e un rimbalzista di tutt'altro pianeta, un ballhandling certamente superiore ma soprattutto un giocatore più funzionale nel contesto di squadra.
Inizialmente con i Pacers, Dunleavy non tirava bene, anche per una questione di movimenti in campo. Invece nelle ultime due partite, ha tirato con il 67% dal campo (18-27 ndr). Ora i suoi spostamenti in attacco sono un po' cambiati conoscendo anche le situazioni in cui Tinsley e O'Neal possono dargli il pallone.
Ma non solo. “So tirare. Ho trascorso molto tempo in palestra negli ultimi giorni per lavorare sul mio tiro - esclama Dunleavy – ora il lavoro sta pagando". Mentre il rapporto con il coach è sicuramente diverso da quello che aveva prima con Don Nelson. "Rick è un buon coach e la squadra ascolta quello che lui dice".
I Pacers sono contenti così.
Non chiamateli Jail Pacers
Stavolta non c'entra Ron Artest e non centra neanche Stephen Jackson, perché entrambi non vestono più la canotta dei Pacers. A cacciarsi nei guai ci hanno pensato Jamaal Tinsley, Marquis Daniels e il nuovo arrivato Keith McLeod. I primi due erano però già stati coinvolti nel brutto episodio nello Strip Clup in compagnia di Jackson lo scorso ottobre.
Tutto sembra sia successo nella nottata intorno alle 2:15 dopo la gara persa contro Golden State, in un bar. L'accusa è rivolta a Tinsley e Daniels che sono stati accusati di aver assalito il gestore del bar, Mark Nicholson. Secondo quest'ultimo, Tinsley dopo una discussione gli avrebbe sferrato un pugno in faccia, così come Daniels e il cugino di McLeod, anche lui presente, Jeremy King che ha anche perso un dente nella rissa.
Tinsley ha riportato dei graffi nella testa e si sente assolutamente innocente. “Sono sconcertato che io possa essere coinvolto in qualcosa come questo. Non ho avuto niente a che fare con tutto questo”. Anche Daniels si difende. "Mi dispiace che il mio nome sia in mezzo a questa situazione e posso dire al 100% che sono assolutamente innocente".
"Abbiamo poche informazioni sull'incidente che è sotto la cura della polizia. Fino a quando l'indagine non sarà completa non rilasceremo alcun tipo di commento”. Chiare le parole del CEO Donnie Walsh, mentre il proprietario Herb Simon ha fatto sapere che questa vicenda lo addolora, ma di essere vicino ai giocatori. Secondo Rick Carlisle questo non fa altro che peggiorare l'immagine della franchigia.
Questi episodi potrebbero essere uno dei motivi dell'allontanamento del pubblico nella Conseco Fieldhouse,
Nella gara di domenica pomeriggio contro i Clippers, sulle poltrone erano seduti appena 12,489 persone, quindi quasi 6 mila posti vuoti. Difficile da capire, considerando che la gara non era visibile in nessuna televisione.
Importante sottolineare il fatto che non appena i compagni di squadra hanno ricevuto domande sull'accaduto, hanno subito difeso i coinvolti. Jeff Foster ad esempio ha trascorso quasi 3 ore a difendere Tinsley, verso i media e la gente.
Il riferimento “Jail” ricorda i Portland Blazers di qualche anno fa, squadra che allenava il padre di Dunleavy. “Questa situazione non ha nulla a che vedere con quei Blazers”. Precisa subito il figlio.
Ma è anche importante dire che la parola "jail" vuol dire galera e fino a prova contraria nessuno è stato arrestato e imprigionato. Qualcuno ha abusato di questo termine, io reputo sia esagerato.