Per molti, Mike Bibby è in fase involutiva: gli farebbe bene forse cambiare aria…
Mike Bibby non è solo l'ultimo superstite dell'epopea degli anni belli; l'ex Grizzlies ha segnato il passaggio del progetto Petrie-Adelman dalla fase adolescenziale a quella matura. Il giocatore infatti arrivò quando fu chiaro che il primo Jason Williams era più adatto al quintetto base degli Harlem Globe Trotters che a quello d'una squadra in cerca del titolo.
Per molti, ora che quel progetto è al crepuscolo, l'addio del play sarebbe stato la naturale conseguenza. Fino a qualche giorno fa, fra gli osservatori Nba, si dava per scontato che il giocatore al termine della stagione sarebbe uscito dal suo contratto, ancora due anni a 28 milioni di dollari complessivi, per esplorare il mercato.
Ora non è più così sicuro: "Qualche tempo fa - ha raccontato David Falk, agente di Bibby, al Sacramento Bee - ho chiamato Petrie per confermargli le nostre intenzioni per la prossima estate. In condizioni normali avrei consigliato a Mike di uscire dal suo attuale contratto con Sacramento per firmarne uno più lungo e terminare qui la sua carriera. Allo stato attuale però la situazione è cambiata: quindi penso che andremo avanti con quest'accordo."
La situazione è cambiata, partita dopo partita, in questa stagione. Le sconfitte, il rendimento inferiore alle abitudini dell'ex Arizona, hanno mutato il quadro. Bibby è la principale vittima d'un attacco che non assomiglia molto a quello della squadra in cui nel 2002 giocò sontuosi playoffs e la memorabile serie contro i Los Angeles Lakers; i numeri indicano che è ancora il principale terminale offensivo con una media di quasi 15 tiri a partita, più o meno quelli che prende anche Artest. La percentuale di realizzazione, il 38.9%, non è però mai stata così bassa. Per questo motivo Martin e il già citato ex Pacers segnano di più.
L'attuale basket dei Kings non è quello che ha reso Bibby uno dei principali play della Nba: "La palla rimane spesso troppo ferma - ha dichiarato Eric Musselman dopo l'ennesimo quarto periodo di sofferenza contro New Orleans - E' successo in molte partite quest'anno." Per la cronaca, diversamente da altre occasioni, Sacramento ha vinto quella partita, 105-99, nonostante un'ultima frazione al 26% al tiro. "Dobbiamo fare un lavoro migliore – spiegato ancora il coach - sui pick n roll e quando la difesa rompe i nostri giochi."
I giochi a due: la negazione del sistema offensivo usato fino a qualche anno fa, predicato da Pete Carril che ha sempre visto il pick n roll come fumo negli occhi. L'attuale attacco della squadra invece è principalmente predicato su questo tipo di movimento soprattutto perché Artest e Martin sono giocatori che tendono a fermare la palla. Quindi per venir incontro alla loro esigenze non c'è tempo per imbastire molto altro. Nel caso del newyorkese poi l'espressione è eufemistica.
Da questa considerazione si arriva alla contraddizione di fondo, alla base dell'attuale condizione della squadra: molti giocatori sono stati scelti e messi assieme alla ricerca di una visione di gioco che non esiste più. Con l'arrivo di Artest e la successiva scelta di allontanare Adelman è stata accantonata, nei fatti, la visione del basket che Geoff Petrie ha sempre perseguito e, attraverso la quale ha cercato di ridare smalto alla squadra senza pagare il prezzo di stagioni perdenti.
Nell'immediato, la conseguenza è che Bibby ha perso la sua carica di leader tecnico della squadra e di go-toguy nei momenti decisivi. Tutte queste considerazioni pesano più delle tre partite che dividono la squadra dall'8° spot valido per la post season.
Di sicuro pesano molto nella mente di David Falk che è pagato per pensare al posto del suo assistito. "Sono un giocatore - ha spiegato recentemente con una frase che da queste parti lascerebbe sconcertati i tifosi - non mi occupo di questioni contrattuali; quello che David sceglierà sarà il meglio per me."
Probabilmente il giocatore si rende conto dell'evidenza dei fatti: a 29 anni, difficilmente riuscirà ad ottenere un accordo economicamente migliore del presente. I Kings non possono permettersi di legare il loro futuro ad un giocatore che non è certo nell'elite, che non sta cambiando più di tanto il rendimento della squadra e che ha già un chilometraggio notevole. Al di fuori di Sacramento, difficile che una squadra in lotta per il titolo decida di trattarlo come un giocatore franchigia.
"Mike è stato in difficoltà in questa stagione - ha detto Artest - però è un combattente e il suo esempio dà a tutti noi la voglia di andare in campo a lottare." Al di là di queste parole precotte come il cibo che il giocatore non dava al suo cane, i due proprio non riescono a convivere.
"L'intenzione è quella di rimanere a Sacramento a lungo", ha assicurato Falk. Ma anche il front office deve decidere se fare un investimento importante, alle soglie d'un processo di ringiovanimento del roster.
"C'è sempre la possibilità di una trade - ha detto Geoff Petrie con l'avvicinarsi della chiusura del mercato - specie se troviamo qualcosa che abbia senso per migliorarci. Ma non sto parlando di Mike." Al momento la franchigia ha le mani legate perché l'ex Grizzlies è l'unico regista credibile in roster. Ogni eventuale movimento che lo coinvolga dovrebbe prevedere l'arrivo d'un pariruolo. Più difficile capire cosa succederà quest'estate.
Decisivo sarà il peso che Petrie continuerà a dare alla sua visione, sempre quella. La soluzione comoda per le due parti sarebbe un nuovo contratto con cifre complessive comparabili alle attuali ma spalmate in più anni: a quel punto, con maggiore flessibilità il general manager potrebbe decidere se cavalcare il suo play fino al termine della sua carriera oppure se impacchettarlo per avviare di fatto la ricostruzione.
Bibby, dal canto suo, avrebbe la sicurezza economica, e sarebbe certo d'ottenere quello che al momento si può aspettare. In più, rimanendo nel North California, l'unica sicurezza sarebbe quella di non lottare per l'anello nel breve periodo; quello che interessa maggiormente ad un giocatore alle soglie della trentina.
D'altronde la prospettiva di radere al suolo tutto e rifondare, sulla falsa riga di quel che, ad esempio, fece Denver qualche anno fa, è improponibile per gli accordi che legano la franchigia a Miller, sempre lui, Thomas e Abdur Rahim fino al 2010. Anche perché le garanzie offerte da Martin, non sono proprio le migliori.
E' una valutazione molto difficile, che presuppone grande onestà intellettuale più che conoscenze cestistiche specifiche, che nel caso di Petrie sono al di sopra d'ogni sospetto. Da questa scelta però dipenderà il futuro a medio termine della squadra.