Quiz: chi ti ricorda?
Spreconi, svogliati, distratti, superbi e leziosi. I Los Angeles Lakers degli ultimi dieci giorni sono stati tutto questo. Nessuna scusa od alibi può cancellare delle prestazioni imbarazzanti, dei finali di partita gettati al vento, delle gestioni di gara insufficienti per una squadra che ha l'ambizione di un secondo turno di playoff.
Molti giocatori hanno mostrato evidenti limiti caratteriali, altri hanno provato ad emergere e a reagire nonostante tutto, ma la realtà che abbiamo avuto di fronte negli ultimi tempi è stata inquietante: i Lakers non sono in grado di lottare con le grandi della NBA perché non hanno la caratteristica fondamentale che fa di una squadra normale una franchigia vincente. Stiamo parlando della personalità .
Sicuramente non si tratta di una situazione definitiva, soprattutto quando hai la possibilità di vantare nel roster giocatori del livello di Kobe Bryant e Lamar Odom. Eppure ai Lakers 2007 sono forse servite alcune sconfitte per far comprendere che l'umiltà , oggi più che mai sconosciuta a livello NBA, è l'unica strada che può condurre al successo e alla gloria.
I risultati
Sabato 27 gennaio, ore 4.30: Los Angeles Lakers - Charlotte Bobcats = 97-106, dopo un tempo supplementare (L)
Domenica 28 gennaio, ore 21.30: Los Angeles Lakers - San Antonio Spurs = 94-96, dopo un tempo supplementare (L)
Mercoledì 31 gennaio, ore 1.30: New York Knicks - Los Angeles Lakers = 99-94 (L)
Giovedì 1 febbraio, ore 1.30: Boston Celtics - Los Angeles Lakers = 98-111 (W)
Sabato 3 febbraio, ore 1.00: Indiana Pacers – Los Angeles Lakers = 95-84 (L)
Domenica 4 febbraio, ore 1.00: Washington Wizards – Los Angeles Lakers = 102-118 (W)
Martedì 6 febbraio, ore 1.00: Atlanta Hawks – Los Angeles Lakers = 83-90 (W)
Il record
Dopo sette partite in dieci giorni i Los Angeles Lakers hanno aggiornato il loro record a 30 vittorie contro 19 sconfitte (parziale di tre vittorie e quattro sconfitte). Rispetto allo scorso report è cambiata la posizione che i gialloviola occupano nella graduatoria della Western Conference: sesti, ad una "partita" di distanza dai rinati Houston Rockets i quali, nonostante un Yao Ming ai box, hanno trovato in un rigenerato T-Mac la linfa vitale per risorgere dalle proprie ceneri.
Il sesto posto, comunque, non è attualmente in dubbio (i Clippers e i Nuggets sono a distanza di sicurezza) e i Lakers possono gestire con relativa tranquillità un piazzamento molto importante. Certo non devono mancare le ambizioni e la voglia di agguantare un quarto posto che è ancora alla portata. Utah, infatti, ha solo due match di vantaggio rispetto ai lacustri e San Antonio è a due sfide e mezzo di distanza. Dunque, tutto è ancora da giocare.
Dieci giorni difficili
Dicevamo del difficile periodo che hanno affrontato i Lakers. Tutto è cominciato con i due tempi supplementari persi, in altrettanti match consecutivi, contro i Charlotte Bobcats e i San Antonio Spurs.
Si tratta di certo di due gare completamente diverse, ma che hanno messo in mostra, come dicevamo, un problema caratteriale per Kobe e soci: quando c'è da chiudere una partita i Lakers sono la peggiore squadra della Lega. Manca, nonostante la presenza di uno come Bryant, del "killer instinct" che contraddistingue le grandi franchigie.
Pensare di vedere più di un singolo match gialloviola chiuso con uno scarto superiore ai dieci punti è follia pura. Molteplici sono le cause che possono spiegare questo fenomeno: la giovane età della squadra, la conseguente scarsa esperienza di cui si devono far carico i ragazzi di Phil Jackson, il non saper fare la scelta giusta al momento giusto, la troppa fretta che contraddistingue alcuni giocatori.
Tutto vero. Eppure c'è dell'altro. La verità è che, nel corso di un match, troppe ghiotte occasioni vengono buttate al vento. Non si tratta di scarsa esperienza o di giovane età , ma di saper giocare a basket, di saper usare la testa e far attivare i neuroni piuttosto che i muscoli del corpo. Non è un caso se i Lakers sono una delle peggiori squadre della NBA in tema di palle perse (al nono posto con 16.12 a partita) o regalate agli avversari.
Ciò significa non solo perdere il pallone, evidentemente, ma anche concedere il contropiede agli avversari e due facili punti in transizione (se non addirittura tre qualora si commetta l'ennesima ingenuità ), aspetto per il quale i Lakers di certo non eccellono.
Altra situazione molto complessa e controversa è l'efficacia difensiva. Come abbiamo detto, negli ultimi tempi è stata molto deficitaria quella in transizione, proprio per una difficoltà genetica ad accoppiarsi agli avversari e a rientrare con un certa velocità nella propria metà campo, ma anche a difesa schierata i lacustri faticano tantissimo. Certo le cose sono migliorate con il rientro di Odom, ma un giocatore solo non ha speranze se il sistema non lo supporta minimamente.
Tutto inizia in punta, dove Smush Parker, il peggiore ultimamente, non riesce a bloccare niente e nessuno: puntualmente il "play" lacustre viene battuto sul primo passo e i compagni, tentando di fermare le avanzate avversarie, finiscono per lasciare liberi negli angoli i tiratori avversari. Una reazione a catena che non lascia scampo ai gialloviola. Inevitabile poi che molti giocatori, anche sconosciuti, diventino per una sera fenomeni.
Parker però non è l'unico responsabile. Molto spesso è una questione di svogliatezza e di non muovere i piedi con la giusta velocità . Altre volte, invece, si commettono falli ingenui ed esaurendo il bonus in poco tempo si servono agli avversari troppi viaggi in lunetta. Risultato: ogni sforzo per allungare o chiudere il match è vanificato e le gare si chiudono nei secondi finali (se ti va bene) dove non sempre puoi puntare sullo spunto del campione. Sarebbe folle il solo pretenderlo.
E l'efficacia di una buona difesa, soprattutto per i Lakers della "triple post offense" è evidente in alcune statistiche: quando i lacustri tengono gli avversari sotto i 100 punti al 72% portano a casa il match (23W-8L in stagione). Quando gli avversari superano quella quota ecco che la percentuale scende al 46% (12W-14L). Dire che c'è una bella differenza non rende l'idea.
Per quanto riguarda invece l'aspetto offensivo c'è poco da contestare. Si può infatti affermare che i Lakers sono una squadra che ci sa fare, che gioca in armonia, che esegue tantissimo e che in genere fa divertire il pubblico che la osserva. Soprattutto nei primi tre quarti, quando cioè la partita non è ancora entrata nella fase calda, i gialloviola entrano negli schemi offensivi utilizzando il triangolo: sul lato, in punta, con doppie uscite, il "maiale cieco" e utilizzando moltissimo il post basso (con Bynum soprattutto).
Difficile che nell'arco dell'azione offensiva non venga eseguito un tiro piedi per terra. Impossibile che i Lakers commettano più di due infrazioni di 24 secondi in un match. Da questo punto di vista gli ultimi dieci giorni sono stati una conferma.
Difesa e attacco. Questo per quanto riguarda a livello di squadra, ma livello di singoli come sono andati gli ultimi 10 giorni? Vediamo dunque promossi e bocciati.
Promossi
Kobe Bryant: Non si sono parole per commentare le sue prestazioni. Coinvolge, passa, incita, incoraggia e poi, quando la situazione lo richiede, prende in mano le redini del gioco e decide le partite: 28.8 punti, 5,5 assis e 5,5, rimbalzi di media a partita. Finalmente possiamo dire che il ragazzo si è fatto uomo e se su questa terra non esistesse Steve Nash l'MVP sarebbe suo, già da oggi.
Le dichiarazioni rilasciate dopo le ultime due vittorie contro i Washington Wizards e gli Atlanta Hakws fanno capire come il Bryant di oggi non è più quello del passato:
Siamo una squadra giovane. Dobbiamo continuare ad eseguire. Per me, a questo punto della mia carriera, non importa molto dominare singolarmente le partite. Ho preso parte a molte battaglie individuali. Il punto oggi è: come posso aiutare la squadra a vincere? Due anni fa probabilmente avrei provato a segnare 25 punti solo nel quarto periodo. Ora non è così importante. Una volta che sono andato in ritmo e ho visto che mi raddoppiavano e triplicavano sono stato capace di fermarmi e coinvolgere gli altri.
A questo punto "gli haters" possono cambiare mestiere. Come fai ad odiare un giocatore che dice queste cose e gioca in quella maniera per la squadra e non per se stesso? Voto: 10.
Andrew Bynum: Sta crescendo.
Sta gradualmente diventando un giocatore solido se non qualcosa di più. Ormai è vicino alla doppia-doppia di ordinanza (quattro nelle ultime sette partite, di cui una contro Tim Duncan) e la sua grinta sta raggiungendo livelli interessanti. In crescita anche i minuti giocati, segno che Phil Jackson crede in lui. Certo commette ancora molte sciocchezze e falli ingenui, ma se non fosse così avremmo già una "All Star". Le mani sono pregiate e se le allena uno come Jabbar c'è da fidarsi sull'evoluzione del ragazzo. Voto: 9.
Lamar Odom: È il fulcro di questi Lakers.
Poco da dire. Quando in campo c'è lui i gialloviola sono molto più versatili, molto più affidabili in difesa e con un quoziente intellettivo di livello superiore, sia in attacco che in difesa. La sua transizione coast-to-coast provoca notevoli orgasmi in giro per il mondo e la sua capacità di controllare il pallone in punta ti fa pensare: ma perché non gioca playmaker questo qui? Straordinaria la prestazione contro Washington. Un manuale del basket per cattiveria e grinta. Da segnalare i 18 rimbalzi contro Atlanta. Ancora non al massimo della forma e questo ti fa capire quanto potenziale abbia il nativo di Rohde Island. Voto: 8,5.
Vladimir Radmanovic: Sta migliorando.
Sta progressivamente guadagnando fiducia e trovando confidenza con le retine avversarie (in doppia cifra di punti cinque volte nelle ultime sei partite). Molto probabilmente sta convincendo Jackson il quale lo preferisce di gran lunga a Brian Cook. La triangolo sta gradualmente entrando nel suo DNA e cestisticamente è un affare colossale considerate le buone qualità e le discrete mani di cui dispone Vlad. Certo in attacco non è sempre concentratissimo e molte volte perde malamente il pallone. In compenso però in difesa è più affidabile e sa quando è il momento di alzare l'intensità . Se ingrana Radmanovic, i Lakers cambiano decisamente passo. Voto 7.
Sasha Vujacic: È un affidabile back-up dal pino per Kobe Bryant.
Ha mani molto educate in attacco, mentre in difesa deve ancora lavorare. Da tre è affidabile e sta cominciando a trovare il giusto ritmo rispetto ad inizio stagione. Ha bisogno di minuti e Jackson glieli sta dando. Potrebbe essere il Kareem Rush di qualche anno fa. Voto 6,5.
Maurice Evans: In difesa è una sicurezza e in attacco ti dà quell'aggressività che generalmente serve nel pitturato NBA.
Ha un ottimo jump shot in allontanamento dal canestro e non disprezza nel servire compagni meglio piazzati. P-Jax ha molta fiducia in lui e Evans tende a ricambiare. Averlo preso praticamente gratis è stato un affare. Voto 6,5.
Ronny Turiaf: Uomo energia se ce n'è uno.
Un condensato di esplosività e coraggio. Certo il fisico a volte lo limita, mettendolo di fronte a situazioni disperate, eppure non si scoraggia mai e in attacco a volte è decisivo. Bene contro Washington. Benissimo contro Atlanta. Con il ritorno di Kwame dovrebbe tornare di più in panchina, ma anche lì sa il fatto suo: Voto 6,5.
Bocciati
Smush Parker: Il peggiore.
Difficile trovare altre parole su questo giocatore. Potenzialmente ha dei mezzi notevoli: ha un'ottima qualità offensiva, con mezzi atletico-fisici fuori dal comune e difensivamente potrebbe fare tantissimo. Eppure, a volte, usa di più il testosterone che il cervello. Non ragiona in ottica NBA, ma crede di essere sempre su un playground di periferia. Non applica la triangolo alla perfezione e in difesa è un fantasma. I lacustri giocano in quattro quando c'è lui in campo. Poco importa che in zona offensiva sia produttivo se poi quando si tratta di difendere concede il doppio dei punti. Il peggiore in assoluto dell'ultima decade gialloviola e il match contro gli Hawks è lì a testimoniarlo (quando la biglia non entra tendi a notare di più le sue pecche difensive). Se si vuole arrivare in alto, soprattutto fra aprile e maggio, bisogna trovare un playmaker (che sa difendere) e subito. Voto: 2.
Brian Cook: Involuzione.
Questo fa pensare il Brian Cook degli ultimi tempi il quale sta soffrendo tantissimo il risollevarsi di Radmanovic. Certo ha mani educate nel "catch and shoot" ma poi? Poco altro in verità . Difensivamente non "regge l'acqua" e a rimbalzo non si fa sentire molto per la posizione che occupa. Voto 3.
Jordan Farmar: È un momento abbastanza negativo.
Nell'ultimo match contro gli Hawks trova due triple importanti, ma poi non costruisce nulla di buono. A volte perde ingenuamente la palla in attacco e in difesa non sta "reggendo botta" soprattutto quando si trova di fronte gente più grossa di lui. Rimandato. Voto 5.
Il meglio della settimana
Il quarto perido di Kobe Bryant contro gli Atlanta Hawks: quattro canestri in fila da fenomeno, il tutto condito con un assist fantastico (per l'unico canestro di Smush) e una difesa da pelle d'oca. Da applausi.
Il peggio della settimana
La squalifica di Bryant. Non tanto per la decisione di Stern, che ci può anche stare vista la dinamica (lo scontro con Manu Ginobili nel match contro San Antonio per chi non sapesse), quanto per la non uniformità di giudizio che la NBA ha nei confronti delle superstar. Una maggiore correttezza sarebbe gradita.
Gli infortuni
Gli ultimi dieci giorni sono stati anche quelli che hanno visto infortunarsi Luke Walton il quale, nel match contro i Charlotte Bobcats (proprio quello che ha visto il rientro di Lamar Odom), ha riportato una distorsione alla caviglia di media entità . Il suo ritorno era annunciato contro gli Atlanta Hawks, ma lo staff medico ha preferito aspettare ancora qualche giorno. Molto probabile il rientro contro i Detroit Pistons.
Stessa sorte dovrebbe toccare a Kwame Brown che finalmente tornerà a disposizione di coach Zen. Buone notizie anche per Chris Mihm il quale ha affermato che molto probabilmente tornerà a disposizione di Phil Jackson nel corso di questa stagione. Sarebbe un importante addizione in chiave playoff.
Il futuro
Nei prossimi dieci giorni i Lakers chiuderanno questo massacrante viaggio ad est, il più duro da trenta anni a questa parte per i californiani. Subito, infatti, i gialloviola affronteranno in back-to-back (il terzo nello spazio di due settimane) i Detroit Pistons e i Toronto Raptors per poi giocarsi l'ultimo match in trasferta, degli otto consecutivi, nella casa di LeBron James e dei Cleveland Cavs. Poi, finalmente, si torna allo Staples Center per quattro gare consecutive sotto il sole di Los Angeles: New York, Cleveland, Portland e Boston gli avversari che offrirà il calendario, inframezzando il tutto con il week-end dell'All Star Game. Potenzialmente i Lakers possono cambiare marcia.
Staremo a vedere.
Venerdì 9 febbraio, ore 2.00: Detroit Pistons - Los Angeles Lakers = 93-78 (L)
Sabato 10 febbraio, ore 1.00: Toronto Raptors - Los Angeles Lakers = 96-92 (L)
Domenica 11 febbraio, ore 21.30: Cleveland Cavaliers - Los Angeles Lakers = 99-90 (L)
Mercoledì 14 febbraio, ore 4.30: Los Angeles Lakers - New York Knicks = 106-107 (L)
Venerdì 16 febbraio, ore 4.30: Los Angeles Lakers - Cleveland Cavaliers = 108-114 (L)
Giovedì 22 febbraio, ore 4.30: Los Angeles Lakers - Portland Trail Blazers = 108-112 (L)
Stay tuned