Niente da fare, se c'e' Dikembe non si schiaccia
Ammettiamolo; a quarant'anni suonati consideravamo poco più che folcloristica la presenza di Dikembe Mutombo sui parquet Nba.
Qualche minuto in vernice, giusto per togliersi la soddisfazione di agitare il ditone a mò di tergicristallo e di far assaggiare i suoi aguzzi gomiti al malcapitato di turno -Deke è il record-man Nba ogni epoca per avversari spediti d'urgenza dal dentista-chirurgo plastico- ma niente più…
Sbagliavamo grossolanamente…
Se da quando la tibia di Yao ha fatto crack i razzi di Houston sono decollati con un record di 9-5 (tre sconfitte di fila, ma contro Mavs, Suns e Nuggets…) il merito va si, ad un T-Mac da trentello a serata, alla nuova vèrve offensiva del gladiatorio Battier -50% al tiro da dove conta tre-, ma senza dubbio alcuno anche all'Africano di Kinshasa.
In contumacia Ming, “Mount Mutombo” si sta prendendo la piacevole abitudine di frequentare il campo per circa trenta minuti a sera, spazzando i tabelloni come ai vecchi tempi -tredici carambole acchiappate ad intrattenimento- e mostrando il ditone per due volte a gara (alla folla però; perchè i rigidi regolamenti di Mr.Stern non gli permettono più di esporre l'avversario al pubblico ludibrio…)
Tra coloro che hanno recentemente sperimentato il trattamento del Congolese segnaliamo l'imberbe Andrew Bynum, il quale si è visto rispedire al mittente due dei semi-ganci dal post-basso che avevano reso tanto fiero di lui – e ne ha ben donde- il suo assistente personale - nonché mentore – Kareem Abdul-Jabbar .
Per giunta e non sarebbe l'Nba altrimenti, l'episodio si è verificato proprio la sera in cui Deke ha superato quota 3191 stoppate sorpassando così l'ex numero 33 dei Lakers (il quale ha rammentato però come nei suoi primi anni di carriera il conteggio di questa particolare categoria statistica fosse ancora in divenire..).
In questo clima di euforia mista a stupore, il primo ad essere sorpreso sembra proprio essere il diretto interessato:
E' incredibile… Mi chiedo se quello che scende in campo ogni sera sia proprio il sottoscritto o qualcun altro… erano anni che non riuscivo a giocare con una tale energia.
Proprio la notte in cui ha maltrattato gli Hollywoodiani,l'ex Sixers ha confessato quanto fosse importante un tale riconoscimento: "Fin da quando iniziai il mio percorso nella lega sedici stagioni orsono, – fu selezionato da Denver con la quarta chiamata del draft del 1991; primo giro ovviamente- volevo che la gente mi ricordasse come uno dei migliori difensori di sempre.”
Concordiamo sul fatto che l'ex Georgetown -a proposito di longevità ; date un'occhiata alle statistiche dell'amicone Alonzo…- abbia trovato un bel modo per rinfrescarci la memoria.
Nonostante tutto molti si chiedono per quanto ancora possa durare tale stato di grazia del quarantenne,-Yao rientrerà solo dopo l'All star break- specie considerando il lungo - ed inatteso – kilometraggio affrontato nell'ultimo mese.
Scartando la fantasiosa ipotesi di un elisir miracoloso propinatogli da qualche stregone, è opportuno sottolineare come dietro a tale impareggiabile prova di resistenza – sedici anni di battaglie nei pitturati di mezza America segnerebbero il fisico e lo spirito di chiunque – ci sia tanto duro lavoro in palestra per quello che è – manco a dirlo – considerato uno dei giocatori prediletti dall'esigentissimo coach Jeff Van Gundy.
E pazienza se i Rockets ricorrono spesso alla zona – non esattamente la strategia difensiva preferita dal discepolo di Pat Riley – per proteggerlo da avversari come: Gasol, Nowitzki, Stoudemire…
Rimangono comunque ben consci che i suoi 2 metri e 17 saranno sempre in buona posizione per rendere difficilmente espugnabile l'area colorata dei Texani.
Houston – anche per merito suo – concede solo un misero 42% dal campo agli avversari, confermandosi una delle migliori difese della Lega.
L'unico rammarico resta - forse – quello di essere poco coinvolto dall'altra parte del campo.
Racconta divertito l'opinionista di punta dell'Espn Jon Barry (che la scorsa stagione ha chiuso la carriera proprio a Houston):
Ho imparato tantissime cose da coach Van Gundy; una tra tutte?
Quella di non dare mai la palla in post-basso a Dikembe…
A parte gli scherzi, giova ricordare che nella sua esperienza in quella che ormai è tristemente diventata la "Ex Allen Iverson Town” il “nostro” era stato trasformato da Larry Brown in una decente seconda opzione offensiva (segnò 17 punti per gara nelle finali Nba del 2001) , esortandolo a credere maggiormente nei suoi rudimentali - ma non per questo meno efficaci – movimenti offensivi.
Poco male; resta il fatto che questo benefattore dei canestri (nell'estate del 2007 ha inaugurato un ospedale nella sua Kinshasa, edificato principalmente grazie alle sue generosissime donazioni) ha allontanato - almeno per un po' – il crepuscolo della carriera, ammonendo che finchè riuscirà a divertirsi così tanto l'idea del ritiro sarà lungi dall'essere presa in considerazione.
Avversari avvisati…