Le speranze di titolo degli Heat sono nelle mani di questo signore in borghese…
Martedì 31 Ottobre, i tifosi di Miami, muniti di maglietta bianca (ovviamente), si dirigevano all'American Airlines Arena per assistere alla prima partita della loro stagione da campioni e soprattutto alla cerimonia di consegna degli anelli. Non si aspettavano certo che quello fosse solo il primo capitolo di una stagione che potrebbe passare alla storia come la più disastrosa di una squadra campione in carica e già il primo capitolo, non era certo incoraggiante.
108-66, firmato: Chicago Bulls. Se gli uomini di Skiles fossero stati una compagnia di spedizioni avrebbero potuto benissimo usare lo slogan: "Roviniamo le feste a domicilio". Shaquille O'Neal, come sempre sincero, faceva questa dichiarazione dopo la partita: "Sì, è stato imbarazzante. Abbiamo molto lavoro da fare. Sappiamo di non essere ad un livello da campioni, ma lo saremo".
Due mesi e mezzo dopo, stiamo ancora aspettando che succeda. E una sconfitta di 42 punti che poteva essere definita "casuale" o un "incidente di percorso" è stata solo la prima di una serie di dieci sconfitte per 15 o più punti. Detta così poi, in realtà , vuol dire essere ottimisti perché, di fatto, sei di quelle dieci sconfitte sono state per almeno 20 punti, con picchi di 29 e 28 contro ottime squadre come Orlando e Phoenix, ma anche vergognose sconfitte di 24 e 26 punti contro mediocri team come New York e Milwaukee.
Certo, ci sono anche una lunga lista di scusanti o presunte tali, come il lungo infortunio di Shaquille O'Neal che gli ha permesso di giocare solo quattro partite di questa stagione. Nelle quali la squadra della Florida è 2-2. Senza di lui: 16-18. L'anno scorso, per fare un paragone, senza Shaq per 18 partite, gli Heat si erano mantenuti sul 50%. Una cifra per la quale in Florida, attualmente, molti sarebbero pronti a fare carte false. Infatti, nella triste Eastern Conference anche essere sotto a quella percentuale, tradizionalmente spartiacque tra playoff e lotteria, può darti un biglietto per la post-season. Di fatto, attualmente l'ultimo posto è di Milwaukee, con lo stesso bilancio degli Heat.
Riley, spietato, definiva i "blowout" con una semplice parola: "Aberrazioni". Una volta chiesta una spiegazione più esauriente, il coach aggiungeva: "Ogni volta che ci siamo imbattuti in una sfida, in ogni partita che abbiamo giocato contro qualcuno che si è dimostrato competitivo durante tutta la partita, abbiamo fallito – e non si fermava certo qui – Magari cominciamo anche bene la partita, ma poi ci lasciamo andare. Così diventiamo ripugnanti e ci trasformiamo da indignanti a scoraggianti e da scoraggianti a spregevoli". Dopo questa sfilza di rimproveri verso i suoi giocatori, però, era capace di una autocritica (cosa non sempre comune ad un certo livello): "Sono parte del problema e ne sono cosciente. E farò qualcosa per risolverlo".
Il 3 Gennaio però, Pat Riley si chiamava fuori, lasciando la squadra temporaneamente per problemi di salute. Non certo il miglior momento per prendersi una pausa. Anche se in questo caso è davvero giustificata dai problemi al ginocchio e soprattutto all'anca, entrambi abbastanza gravi da richiedere interventi chirurgici.
Il 5 Gennaio il ginocchio veniva operato con successo ed il 13 gli è stata sostituita l'anca. "Sono solo stanco del dolore e della medicazione" dichiarava un visibilmente smunto Riley durante la conferenza stampa, per poi chiarire la trascendenza della sua decisione: "Sarò rimpiazzato per un po', ma è solo temporaneo".
Ad oggi è ancora un mistero la data di ritorno di Riley. I precedenti di Larry Brown (17 partite due anni fa per un'operazione all'anca) e Phil Jackson (1 mese per sostituzione dell'anca prima di questa stagione) non sono certo confortanti. "Sono più forte di quei due" ribatteva Pat, quando qualche accorto giornalista gli aveva ricordato questi due celebri precedenti.
La squadra, bisogna dire la verità , si è comportata discretamente bene dalla sua assenza e non ha notato nemmeno le sospensioni, per eccessiva percentuale di grasso nel corpo, di Walker e Posey, che comunque non avevano certo brillato più di tanto fino al momento. Ma non sono certo i soli. Anzi, si può dire che oltre ad un Wade stellare, un buon Haslem e un ottimo Mourning, che comunque fa quel che può considerata l'età , il "supporting cast" ha fatto praticamente pena. Walker, tanto per dirne uno, è calato praticamente su tutti i fronti statistici: 8 punti a partita contro i 12 della scorsa stagione; 40% dal campo (43% scorsa stagione) e un imbarazzante 26% da tre che non gli impedisce comunque di tirarne quasi 4 a partita.
La domanda che, dalla Florida alla California, dall'Europa alla Cina, tutti si fanno, è: possono i Miami Heat, considerati tutti questi problemi, vincere di nuovo?
La risposta è ardua anche considerando che O'Neal è ormai prossimo al rientro. Purtroppo il suo calo fisico è ormai lampante. Certo ci sono ancora squadre che pagherebbero per avere uno Shaq così, ma non è più quello di una volta e la squadra è sempre più Wade-dipendente.
L'assenza di Riley, paradossalmente, potrebbe essere una motivazione per una squadra abituata a superare momenti difficili. Ora come ora, gli Heat sono tornati al livello di out-sider, nessuno conta su di loro. Tutti ormai credono che passeranno alla storia come "i campioni per caso", incapaci di ripetere il successo dell'anno prima, macchiando la stagione in cui portavano l'anello al dito con innumerevoli figuracce.
I limiti della squadra sono evidenti. Shaq non è l'unico che sta invecchiando, come lui anche Payton, Walker e Williams. I quali oltretutto potrebbero avere la tentazione di adagiarsi sugli allori ora che hanno raggiunto il tanto desiderato successo, che per alcuni di loro era diventato ormai un miraggio (leggasi Gary Payton).
Ma ricordiamoci che nemmeno l'anno scorso molti contavano su di loro e questa poca considerazione, alla luce di ciò che abbiamo visto a Maggio e a Giugno, non ha fatto altro che alimentare la squadra.
Teoricamente, se arrivano ai Playoff, compito facilitato dalla situazione ridicola della Eastern Conference, possono farcela. Del resto quante squadre sono capaci di battere, sulla carta, gli Heat? Ma per poter tornare alla Finals ci vorrà uno sforzo da parte di tutti i vari Walker, Posey, Payton e compagnia bella, che dovranno migliorare notevolmente il loro contributo per aiutare Wade e ciò che resta di Shaquille O'Neal. E probabilmente ci vorrà un altro magistrale lavoro di motivazione da parte dell'ex coach dello Showtime per riuscirci.
"Nessuno è contento della situazione. Spero solo che quando saremo tutti sani, compreso me, si risolverà ", dichiarava Riley, guidato più dalla speranza che dalla logica.
Forse non basterà solo questo, caro Pat.