Chris Webber ha solo sfiorato NY, e non è stato un male che il contatto non sia avvenuto…
Quando si ha la fortuna di non essere una squadra da titolo: Chris Webber ha considerato per meno di un secondo la possibilità di unirsi ai Knicks prima di rivolgere la sua attenzione ai Los Angeles Lakers e riparare definitivamente nella sua nativa Detroit. Il mancato arrivo non sarà comunque un merito di Isiah Thomas che, come volevasi dimostrare, per lui era già pronto a distruggere quella parte di componibile, come un mobile dell'Ikea, che è riuscito faticosamente ad assemblare.
Detto questo sarebbe sciocco non far notare i progressi che la squadra ha fatto dal gruppo senza spina dorsale che ha cominciato il campionato: quel progetto di dare la palla dentro a Curry per poi vedere cosa genera con la sua aggressività ora funziona. I progressi dell'ex Bulls sono sotto gli occhi di tutti. Ma non c'è un segnale più inequivocabile del nuovo atteggiamento di Stephon Marbury.
Vi ricorderete le contestazioni del pubblico, le polemiche sui giornali, il trattamento riservatogli da Thomas. Tutto sembra molto lontano: nei frangenti finali della vittoria 102-97 contro i Sacramento Kings, Coney's Island finest ha terminato la partita incitando a "piene mani" l'entusiasmo della gente e scambiando high five con quelle delle prime file.
Che il giocatore sia maggiormente coinvolto è un fatto acclarato. "Leggo sui giornali che si scrive di chi sia la squadra - ha detto l'ex Nets - se mia o di Eddy (Curry). In realtà a me non interessa se la squadra vince." Possibile che, senza fare nomi, gli interessasse molto di più non veder insidiato il suo ruolo di re del reparto dietro. "E' un giocatore straordinario - ha commentato recentemente David Lee - per la sua capacità di andare dove vuole con il pallone." La caratteristica del primo Marbury e, in ultima analisi, di ogni play newyorkese che si rispetti.
Molti considerano il lay up vittorioso contro gli Utah Jazz il singolo momento più importante nella sua stagione. Dal punto di vista emotivo di sicuro; tecnicamente scegliamo le 5 triple di Seattle come simbolo dell'accettazione del progetto Thomas.
Altro segnale confortante: la staffettona. Marbury e Curry sono le due prime punte: l'esterno è stato il miglior marcatore in 5 delle ultime 10 partita. L'uomo di riferimento per i finali punto a punto sembra però essere Crawford; da quando è arrivato nella grande mela il giocatore ha già segnato 7 canestri decisivi negli ultimi 10 secondi di una partita tirata.
Più in generale l'ex Bulls è un casinista che fa succedere cose, nel senso buono: contro Sacramento, partendo dall' 1 su 8 al tiro, ha segnato 6 punti negli ultimi 19 secondi. Contro i Pistons, giorno dei 41 punti di Marbury, aveva preso la questione in mano nel supplementare dopo il sesto fallo del compagno di back court, creando per se e per i compagni. "Non è importante iniziare bene una partita - ha detto Jamal - l'importante è giocare bene quando conta." Ed in realtà il ragazzo sembra avere la qualità di saper giocare con la pressione in maniera apparentemente distaccata dal contesto di quella partita.
Può bastare per arrivare ai playoffs? Difficile dirlo. Il rovescio della medaglia è simboleggiato da una squadra capace di concedere 126 punti in casa ai Bobcats; con tutto il rispetto per Charlotte, 74 punti nel solo secondo tempo con il 59% dal campo non sono numeri accettabili. "Quando una squadra - ha sorprendentemente dichiarato Thomas in sala stampa - si muove bene come i nostri avversari di stasera, la difesa non può far nulla." Chuck Daly e Bobby Knight sarebbero ansiosi di approfondire l'argomento.
Sorprendentemente, data la sua esperienza da giocatore, Thomas non sembra enfatizzare troppo la questione difensiva. Chi l'ha visto in spogliatoio dopo la partita assicura che non si sia nemmeno arrabbiato con i giocatori. "Quando perdi - ha detto più onestamente David Lee - puoi sempre fare qualche cosa in più. Nel nostro caso sappiamo che una squadra che compete per i playoffs deve vincere queste partite." Charlotte peraltro normalmente tira il 42%. Ancora di più: il bilancio difensivo delle ultime 10 partite ci parla quasi 104 punti concessi a partita.
Segno che, se in attacco le cose vanno meglio, in difesa siamo pressoché alle aste. Destino vuole che le prossime quattro partite siano altrettanti incontri ravvicinati con formazioni che stanno lottando per allungare la loro stagione: Washingston, New Jersey, l'unica al Garden, Indiana e Miami. Tutte squadre importanti, in teoria disegnate per essere più avanti; e che per diverse ragioni non sono state in grado di competere con la continuità richiesta.
Quest'è un banco di prova interessante a cavallo del giro di boa della stagione regolare, un esame al quale sarà meglio non farsi bocciare.