Al Harrington è lo spechio di questi Pacers: discontinui
Gioia, amarezza e demoralizzazione o se volete il riscontro della realtà . Gioia per essere riusciti finalmente a centrare tre vittorie consecutive, l'amarezza perché nella combattuta sfida contro i Mavericks i Pacers potevano allungare la striscia di vittorie e infine purtroppo la brutta figura contro i New Jersey Nets.
I Pacers avevano un personalissimo record di 0 vinte e 7 perse quando dovevano raggiungere la terza vittoria di una striscia vincente, anche se c'è da dire che il calendario e un po' di fortuna hanno non poco aiutato la squadra di Rick Carlisle. Sì perché vincere in casa degli Hornets senza West, Paul e Stojakovic, poi vincere in casa contro gli Atlanta Hawks ed infine vincere in casa dei Celtics privi di Pierce, Szczerbiak e a fine terzo quarto di Allen, era il minimo che ci si potesse aspettare considerando che le tre squadre insieme contavano un record di 35 vinte e 67 perse.
Alla fine Indiana ha sciolto l'incantesimo. A questo è seguita sicuramente una prova di forza contro quei Dallas Mavericks affrontati qualche giorno prima in casa loro. Non è arrivata la vittoria, ma c'è stata la consapevolezza di potersela giocare anche conta la squadra più forte del mondo secondo gli addetti.
La storia è la medesima. I Pacers comandano per lunghi tratti della gara ma alla fine è la mentalità vincente di Dallas a prevalere dopo un tempo supplementare. I 6 punti di fila di Jason Terry nell'ultimo minuto dell'ultimo quarto, oppure la stoppata di Josh Howard su Danny Granger tutto solo per un facile appoggio che avrebbe cambiato la partita nell'overtime, oppure Al Harrington che è costretto a sbagliare il secondo tiro libero ma per errore lo realizza, sono tutti episodi ma che alla fine premiano chi è semplicemente più vincente.
"E' dura perdere - commenta Granger - ma credo che avremmo potuto vincere sia qui che a Dallas contro di loro". Mentre non è d'accordo sul non fischio nella giocata finale. "Pensavo fosse fallo, ma l'arbitro non l'ha chiamato".
A proposito di arbitri, curiosa la frasi di Jermaine O'Neal - I'm not a rookie – rivolta agli ufficiali di gara dopo che questi gli avevano fischiato un fallo su Dirk Nowitzy, poi risultato inesistente guardando le immagini, ma che sono costati due punti preziosi.
Contro i Mavs non una partita come le altre perché segnava il ritorno degli ex Antonhy Johnson e sopratutto Austin Croshere. A quest'ultimo hanno chiesto se si sentiva di più un Mavs o un ex Pacers. "Direi entrambi - sottolinea Austin - quando vengo qui non mi sento certo un estraneo e mi sentirò sempre un ex Pacers. Qui sono cresciuto e non dimenticherò mai Indiana".
Il momento positivo dei Pacers diciamo che finisce qui per quanto riguarda questi giorni. La sconfitta sul campo dei Nets è stata umiliante, non tanto per i 10 punti risultati alla fine che comunque sono abbastanza bugiardi (il secondo tempo è stato garbage time), ma per il fatto di aver dato una dimostrazione di inferiorità che non rispecchia rispettivi record.
Una difesa che ha fatto acqua da tutte le parti, sugli esterni che hanno trovato troppi buoni tiri e sui lunghi che si sono trovati troppo spesso soli per una facile schiacciata. Anche la difesa a zona, spesso diventata box-and-one con Stephen Jackson incaricato nel pazzo tentativo di arginare Vince Carter, non ha funzionato.
I Nets hanno tirato col 63% nel primo quarto e con un invidiabile 54% in tutto il primo tempo, segnando 60 punti. Dati che fanno riflettere.
Ma anche l'attacco non è stato accettabile. Quando la palla non va sottocanestro a O'Neal, la squadra fatica a trovare la via del canestro. Troppo spesso si tira sul primo passaggio e in maniera frettolosa. Inoltre la circolazione della palla non è affatto buona (se non a tratti) e di conseguenza la quantità di buoni tiri scende in maniera più che proporzionale.
"E' spiacevole tutto quello che è successo - il rammarico di coach Carlisle - venivamo da 10 giorni in cui avevamo fatto dei buoni progressi, oggi invece abbiamo fatto un passo indietro in tutti gli aspetti del gioco".
Curiosa la mossa del coach, che ad inizio terzo quarto ha voluto togliere Harringotn per far spazio a Marquis Daniels. "Ho cercato di provare a fermare la loro rapidità sugli esterni - giustifica Carlisle - penso che Daniels abbia fatto un buon lavoro sia in difesa che in attacco nel terzo quarto".
I Pacers in questa stagione rispecchiano forse il rendimento di Al Harrington: altalenante. Se nella scorsa settimana lo avevamo inserito tra i migliori, in questa non di certo. Se escludiamo i 18 punti contro Atlanta ma che forse avevano una giustificazione particolare – "Quando giochi contro la tua ex squadra devi sempre cercare di dare il massimo ogni volta che ci giochi contro - Big Al ha tirato con un pessimo 2-15 nelle successive due gare, scomparendo per 46 minuti con soli 4 punti nell'avvincente gara con Dallas.
Tutt'altro discorso merita Danny Granger che se escludiamo la gara da dimenticare un po' per tutti nel New Jersey, ha mantenuto 17,7 punti e 8,7 rimbalzi con 1,67 stoppate per gara.
Se il suo rendimento continua ad essere così positivo, non sarebbe da escludere l'ennesimo cambiamento nello starting lineup.
Da notare che O'Neal ultimamente soffre ad una caviglia che lo condiziona negli allenamenti e di conseguenza nelle partite. Lo staff tecnico sta cercando di gestirlo nelle sedute.
Sempre restando ai problemi fisici, David Harrison sta pian piano recuperando. Il centro del Colorado, aveva saltato originariamente 12 gare, per poi rientrare troppo presto contro Chicago e infortunarsi di nuovo in uno scontro con Wallace. "La spalla mi fa ancora male - dice Harrison - sono tornato troppo presto contro Chicago e questo ha peggiorato le cose, ora lo staff mi ha raccomandato di non rientrare se non sarò al 100%".
"Ogni giorno valuto se sono in grado di giocare - continua il centro - voglio tornare il più presto possibile".
Il cammino per i Pacers non sembra proibitivo. Dopo la trasferta a Miami di giovedì, Indiana giocherà 14 delle successive 17 gare tra le mure amiche. Sarebbe l'occasione per arrotondare un record non proprio esaltante.