In Hoop We Trust

Sam e i Clippers riusciranno a rialzarsi?

We the people of the Clipper Nation – in hoop we trust.
Questo è lo slogan che compare ed accompagna il logo dei tifosi dell'unica squadra nba che non può neppure definirsi “la squadra della città “.

Una squadra da sempre ai margini, per risultati, appeal e visibilità . Per queste e per altre ragioni, non è raro leggere o ascoltare battute del tipo “oh, i Clippers hanno pure dei tifosi?…” Non solo ne hanno, ma non sono neppure pochi e dopo la miglior annata di sempre si sono orgogliosamente proclamati una Nazione!

Dopo aver quasi toccato una storica qualificazione alle finali di Conference, le aspettative per la stagione in corso erano quelle di chi è pronto a giocarsi un ruolo da protagonista, non da comparsa né da comprimario. In città  si iniziò a parlare di una nuova, sana e vera rivalità  tra le due squadre losangelina, mai (contemporaneamente) così competitive.

Per un attimo i Clippers sono stati oserei dire “fashion”: attenzione dei media, abbonamenti e merchandise in crescita, nuovi supporters “vip” catturati dalla moda del momento: tifare per i nerds alla riscossa.

Ricordo l'episodio della prima sfida stagionale, ospiti i Phoenix Suns. L'entusiasmo e il chiasso del pubblico dello Staples Center ebbero un certo effetto anche su un veterano come Sam Cassell che con un sorriso orgoglioso rivolta alla camera sembrava dire “sentito che roba?!”.

Molti sostennero che nelle prime gare casalinghe di regular season, i Clippers potevano vantare su un sostegno del pubblico degno di una gara dei playoff.
Come disse un reporter del Los Angeles Times, the Clipper Nation still roars!”

I Clippers partirono con un record di sei vittorie e due sconfitte. Erano le prime settimane di novembre e nulla, neppure un gioco poco brillante, lasciava pensare alla crisi che avrebbe riportato la squadra lontano dai posti che contano, con un record di nuovo negativo.

Nel quasi disastro in cui si sta trasformando questa stagione, il pubblico non si à  dileguato. Magari ha iniziato a fischiare o ad abbandonare l'arena durante il quarto periodo, come pochi giorni fa quando i Cavs avevano toccato i venti punti di vantaggio sui rossobiancoblu.

Ma i 20.027 spettatori della partita appena citata sono lì a dimostrare come i sostenitori dei Velieri abbiano mantenuto fede al loro motto e credano ancora nelle potenzialità  di questi Clippers.

Cassell, il difficile ruolo di condottiero

Sam Cassell ancora dolorante non sa quanti minuti riuscirà  a giocare ed a quali livelli, ma vuole essere della partita ad Oklahoma City contro gli Hornets. Bisogna dare l'esempio perché, come dice Sam, i ragazzi devono rimettersi a sudare 48 minuti su 48, ogni singola partita.

Per non parlare del fatto che i suoi clutch shot sono mancati tremendamente, causa le prestazioni altalenanti di Tim Thomas (quando c'è) e quelle davvero poco incoraggianti di Cuttino Mobley, offensivamente l'ombra del giocatore ammirato ai Rockets.

Cassell a Houston c'è stato negli anni giusti, quando esordì nella Lega, e imparò molto (e in fretta) da maestri come Drexler e Olajuwon. Suo compagno all'epoca il giovane Robert Horry, altro giocatore che ha portato il suo spirito vincente altrove.

Cassell, con l'esperienza ed il talento, l'orgoglio e la faccia tosta che lo contraddistinguono ha guidato i suoi con 31 punti. Vittoria netta e Clippers a quota 100 punti.

Senza Cassell, i Clippers sono poco dinamici e molto prevedibili in attacco. La mancanza di pericolosità  dal perimetro è tale da indurre coach Dunleavy a lasciare assieme sul parquet Livingston e Cassell, con il veterano a ricoprire anche il ruolo di shooting guard.

Livingston sta sviluppando ottime qualità  di playmaking, ma non è ancora un solido realizzatore, un tiratore affidabile. Questa settimana solo 11 su 34 dal campo. Ma la point guard al terzo anno difetta anche di capacità  di lettura della partita, tanto che non sono sporadici i casi in cui Dunleavy impone dalla panchina un gioco diverso da quello chiamato da Shaun.

Al contrario a Cassell (e solo a lui) Dunleavy permette di interpretare liberamente uno schema, leggere a modo suo la difesa avversaria, all'occorrenza prendersi un tiro imprevisto.

Cassell viene definito il leader vocale (il go-to guy è Brand) di questi Clippers, purtroppo è molto di più. A 37 anni era chiamato a gestire al meglio i momenti caldi delle partite, non a tenere in piedi una squadra che senza di lui mostra spaventosi segnali di involuzione.

Altro che ruolo più defilato, la squadra ha ancora (troppo) bisogno di lui e questo è un problema.

La settimana

L 93-108@ Golden State Warriors
L 92-104 vs. Cleveland Cavaliers
W 92-91@ Minnesota TimberWolves
W 100-90 @ New Orleans Hornets

44.7% [17-21] – quarti nella Pacific, undicesimi nella Western.

Il roster dei Clippers non è mai al completo. A turno, infortuni ed acciacchi vari tengo fuori dal campo (o in campo, ma pochi minuti) Cassell, Mobley, Maggette, Tim Thomas, Kaman, Aaron Williams. L'unico che non manca mai è il solito Elton Brand, forse anche per questo non si può pretendere troppo da lui: i suoi 20 punti e 9 rimbalzi di media li continua a mettere a referto.

Dopo gli infortuni a caviglie, gomiti ed articolazioni varie, ultimamente ci sono state assenze per problemi di stomaco ed infezioni alle orecchie…

Luke Jackson non si sta guadagnando un ulteriore contratto di dieci giorni. Ha debuttato a Cleveland lasciando immacolata la propria riga nel boxscore, mentre negli oltre 6 minuti contro Golden State ha sbagliato due triple comodissime, concludendo con 0/4 dal campo.

Oltre al periodo infelice di Livingston come realizzatore, anche Kaman alterna solide partite da 20 punti (contro Cleveland) ad altre in cui semplicemente non tira (vedi 1/4 dal campo contro Golden State).

Segue una rapida analisi delle ultime quattro partite. Lascio parlare i dati, le conclusioni mi sembrano chiare.

Vittoria ad Oklahoma City.
I Clippers catturano più rimbalzi offensivi degli avversari (15 a 9) e registrano meno turnover (13 a 15). I Clippers tirano 16 da tre punti, mettendo a segno 7 triple.

Vittoria a Minneapolis.
I Clippers pareggiano il computo dei rimbalzi offensivi (7 a 7) e limitano il gap nelle palle perse (11 a 14).

Sconfitta casalinga contro i Cavaliers.
I californiani catturano 6 rimbalzi offensivi e ne concedono 10 ai LeBron boys, inoltre Livingston e compagni perdono 6 palloni in più rispetto agli ospiti; infine, Cleveland conclude il match con il 50% di realizzazioni dal campo.

Sconfitta ad Oakland.
I Clippers concedono la mostruosità  di 20 rimbalzi offensivi, aggiungendo anche 19 turnovers… molti punti da seconde opportunità  e tanti contropiedi per Golden State che non chiedeva altro. Ah, naturalmente si ritorna a tirare 2/9 dalla lunga distanza.

Voilà .

Obiettivo playoff

Ridimensionati. Questa la brutta parola che descrive gli attuali obiettivi di questa squadra. Centrare i playoff non è impossibile, ma è sempre più difficile. Un calendario agevole si è rivelato più agevole del previsto, causa le molte star assenti nelle squadre affrontate. Tuttavia i risultati sono stati poco più che sufficienti.

Il calendario però continua ad essere favorevole. Le prossime 7 sfide saranno tutte in casa con l'eccezione della partita alla Key Arena di Seattle. Nessuna gara proibitiva sulla carta, ad iniziare dal must-win return match di domani contro i Warriors, per finire il 31 gennaio contro i Bulls.

Per tornare in corsa è necessario infilare una striscia di vittorie, ora prima che sia troppo tardi. Il fattore casa (finora 12-7 allo Staples Center) arriva dunque al momento opportuno . Tornare sopra il 50% di vittorie entro l'AllStar Game è l'obiettivo a breve termine.

I Clippers sono 1-15 quando subisce 100 o più punti. Ecco un primo punto su cui Dunleavy ed i suoi dovranno lavorare, sia davanti ai monitor che sul campo. I Clippers tirano poco e male dal perimetro, ecco su cosa deve lavorare Baylor per il dopo-Maggette.

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