McGrady schiaccia in contropiede contro i Bulls.
L'anno 2007 è senz'altro cominciato nel migliore dei modi per gli Houston Rockets, il cui tassametro al momento di questo articolo segna 5 vittorie nelle ultime 6 partite disputate ed un record arrivato a quota 22 vittorie e 13 sconfitte, buono per restare con il fiato sul collo alle altre due concorrenti texane in attesa di affrontarle entrambe nei prossimi dieci giorni, in quelli che saranno dei duri ed interessanti banchi di prova per il team guidato da Jeff Van Gundy.
I risultati
Houston vs Atlanta 94-68
Houston vs Memphis 111-109
Houston vs Seattle 103-96
Houston vs Utah 100-86
Houston @ Minnesota 99-103 OT
Houston @ Chicago 84-77
Record: 22-13
Classifica: terzo posto della Southwest Division
A one-man team
Dovremmo chiamarlo uomo in missione, perchè come tale sta giocando. Dovremmo finalmente riconoscere che è maturato, perché si fa da parte per il bene della squadra in presenza della star emergente, ma in assenza di quest'ultima lui torna ad essere quello di sempre. Dovremmo, e vorremmo, vederlo finalmente vincere una serie di playoffs, per capire se quello che stiamo sostenendo corrisponda alla realtà . Nel frattempo, però, preghiamo sempre che quella schiena decida una buona volta di lasciarlo in pace.
Tracy McGrady, nella corrente stagione, aveva superato i 30 punti in due distinte occasioni, l'ultima volta poco più di un mese fa: nelle ultime 6 partite, invece, la cosa si è ripetuta in maniera automatica, toccando il vertice con un season high da 44 punti, mantenendo una media che parla di 34.3 marcature corrisposta non troppo casualmente ad un 5-1 a favore della sua franchigia.
Era dunque vero che il suo rientro dall'ennesimo problema alla schiena doveva forzatamente concedergli un paio di partite per consentirgli di riprendere il suo ritmo abituale, non poteva essere il vero T-Mac quello che aveva concluso con un triste 11/38 le prime due gare dopo l'assenza: ed ecco che d'un tratto Houston ritrova il suo uomo franchigia nell'esatto momento di campionato in cui ne necessita maggiormente, lui risponde con una serie di uscite impressionanti fatte di buone medie al tiro sia complessivo che dalla distanza, con le solite prove a tutto campo con statistiche infarcite a volontà sia di rimbalzi che di assists, e con dei quarti periodi dove il livello della performance si alza vertiginosamente, diventando in quegli stessi momenti un attaccante che una volta preso il ritmo non si ferma davvero più.
Altamente motivato e fiducioso sino all'estremo dei propri mezzi, McGrady ha smantellato quasi da solo gli Atlanta Hawks segnando 31 punti in 27 minuti, sistemando la non difficile pratica con 13 tiri messi a segno su 18 tentativi prima di lasciare la gara nel terzo periodo per un lieve infortunio al pollice rimediato in un contatto con il rookie Solomon Jones, quindi ha segnato la vittoria contro i Jazz sin dalle prime battute infilando il canestro da ogni posizione possibile, chiudendo la prima metà di partita con 27 dei già citati 44 punti finali e dando importanti segnali di forza contro una squadra tra le più considerate di questo campionato.
T-Mac si ripetuto con 38 fondamentali punti contro Memphis in una contesa vinta grazie al 12-2 decisivo del quarto periodo, segnando con il 50% dal campo e scrivendo un significativo 5/8 da tre punti, ma il meglio l'ha dato senz'altro un paio di notti fa contro i Chicago Bulls, quando di punto in bianco ha preso in mano una situazione che cominciava a farsi complicata iniziando una battaglia personale con il caldissimo Ben Gordon a suon di canestri. Guardato a vista e marcato in modo egregio da Kirk Hinrich per larghi tratti, il numero uno dei Rockets ha preso fuoco nel quarto periodo segnando preferibilmente in uno contro uno, aggiungendo poi altri elementi del suo repertorio con triple partendo dal palleggio in uscita dal blocco del lungo, oppure con il magistrale giro e tiro laterale, per concludere con una sana e gradita schiacciata in contropiede.
La performance di un McGrady apparso stanco nel primo tempo (come d'altronde sono apparsi anche i compagni) è stata la spinta decisiva per ottenere lo sweep stagionale del team di Scott Skiles: grazie ad una prova difensiva molto buona che ha consentito il recupero del piccolo ma significativo svantaggio nel quale erano caduti, nonché in virtù di un'esecuzione dei giochi offensivi migliorata a partita in corso ed una fluidità resa possibile dalle risalite al vertice dell'area di Howard e Mutombo, necessarie per dare spazio alle partenze di Tracy dopo la ricezione, in modo da consentirgli di creare distacco dal difensore per tirare oppure di creare a piacimento (i 5.8 assist a gara sono il suo career high) trovando smarcati altri compagni.
Dice la star dei Rockets, cosciente di essere l'unica persona in grado di trasportare la squadra fino a metà febbraio :"Ad inizio stagione ho perfettamente compreso che il ruolo di scorer principale apparteneva a Yao, per cui non c'era nessun bisogno di giocare su di me ogni possesso come avviene invece ora, il mio compito era di dargli la palla nel mezzo affinché segnasse, o perché tornasse fuori per un mio tiro comodo. Senza di lui sono dovuto tornare nei panni del marcatore puro, gli stessi che vestivo ad Orlando, devo segnare molto tutte le sere per aiutare questa squadra a vincere".
Impossibile non dargli atto che, grazie a questa serie di prestazioni, se Houston rimane elencata tra le contender per un posto al sole molto del merito è di "Sleepy Eyes".
Il cast di supporto
Dietro il decisivo T-Mac sono emerse delle figure molto importanti in assenza dei centimetri di Yao Ming, fattore che evidenzia quanto i Rockets siano una squadra compatta a livello di gruppo, dove ogni elemento è a conoscenza del suo compito e sa riconoscere le circostanze dove il motore complessivo deve girare al massimo anche in circostanze precarie.
In special modo, grazie alla presenza del venerabile Dikembe Mutombo, il vuoto nel mezzo (limitatamente alla difesa, chiaro) non è venuto a mancare e l'intimidazione che era riuscito dare Ming è rimasta tale e quale; l'africano ha disputato delle ottime partite in relazione ad età e possibilità fisiche di contributo andando a rimbalzo in doppia cifra in 7 occasioni consecutive toccando un massimo stagionale di 19. Mutombo si è fatto sentire anche con la giusta leadership quando ha chiesto di poter parlare alla squadra prima della partita contro i Jazz, motivando i colleghi più giovani e ricordando loro della sconfitta contro Utah alla prima giornata di campionato in modo da ottenere, come poi è realmente successo sul campo, una prova aggressiva sin dalla palla a due.
A posteriori, quindi, la conferma del centro zairese si rivela una scelta felice e permette alla squadra di mantenere centimetri utilissimi sotto il canestro difensivo pur dovendo rinunciare parzialmente al gioco in post dall'altra parte del campo, in attesa che tornino le dolci mani del cinese a dare maggiore pericolosità e pensieri ai difensori avversari.
Proprio Ming è stato visitato in settimana in occasione della trasferta di Chicago da un membro dello staff dei Bulls stessi, che ha confermato l'assenza di otto settimane a partire dalla data dell'infortunio (23 dicembre) e che ha sconsigliato di affrettare troppo i tempi permettendo al cinese solamente qualche pedalata di cyclette, ritenendo prematuro l'inizio della riabilitazione in piscina.
Yao, dichiaratosi frustrato ed esausto di dover affrontare il terzo recupero in due anni, si è detto disponibile a non forzare i tempi a costo di rinunciare a giocare l'All-Stars Game di Las Vegas, manifestazione per la quale era stato votato con la maggioranza assoluta dei voti dei fans.
Molto bene sta giocando anche Juwan Howard, rientrato in quintetto base lo scorso 26 dicembre contro Indiana e da allora autore delle prime doppie doppie stagionali: l'ala da Michigan produce quasi 15 punti a partita con 8.1 rimbalzi a supporto da quando è nuovamente titolare risultando importante contributore grazie al gioco in post ed al tiro frontale appena dentro l'area, nonostante qualche scelta dall'esito alternato costatagli qualche palla persa in eccesso.
Chi invece non sta attraversando un momento felice è Rafer Alston, il quale è preso a risolvere una crisi di tiro che stenta a volersene andare: da sempre un istintivo poco ragionatore ma comunque molto migliorato nella gestione del pallone richiestagli da Van Gundy, il playmaker sta mantenendo una media stagionale dal campo del 35%, che nelle ultime uscite è addirittura peggiorata culminando al 2/14 complessivo nella sfida contro Chicago; nonostante il periodo non sia dei migliori Van Gundy gli ha pubblicamente assicurato che il posto non è in pericolo, in quanto intende puntare su un giocatore di esperienza dimostratosi finora adatto allo scopo piuttosto che su giocatori ancora in via di sviluppo come Spanoulis e Lucas, sostenendo che si tratta pur sempre di una situazione catalogabile al livello di una crisi temporanea, fattore con il quale qualsiasi giocatore deve prima o poi confrontarsi.
Chi invece non sembra avere problemi di questo tipo è Luther Head, che continua ad essere il miglior tiratore esterno della squadra (45% da tre punti) e che nonostante il ritorno in panchina si è dimostrato tra i giocatori più affidabili meritandosi ulteriori spazi nelle fasi decisive delle gare.
Da registrare infine l'ennesima uscita di scena di Bonzi Wells, finora l'acquisto più negativo di tutta la offseason scorsa, alle prese con ulteriori problemi alla schiena, che lo hanno costretto all'iniezione di anti-infiammatori ed a un'assenza che durerà una decina di giorni; Kirk Snyder si è invece aggregato nuovamente al team anche se per il momento non è ancora stato utilizzato da Van Gundy, in modo da non modificare significativamente la rotazione attuale e per non rischiare una ricaduta dell'infortunio alla mano del giocatore, che è in uniforme ma esegue solo il riscaldamento pre-partita.
Il problema delle seconde linee
C'è innegabilmente un problema costante che sta affliggendo la squadra in questo particolare momento stagionale, ed è rappresentato dai parziali passivi che arrivano puntualmente quando sono in campo le seconde linee, vale a dire tra fine primo quarto ed inizio del secondo, oppure verso la fine del terzo.
E' infatti matematico, perlomeno in questa ultima striscia di esibizioni, che il numero di turnover aumenta in concomitanza con i primi cambi significativi e la via del canestro viene trovata con maggiori esitazioni riducendo le percentuali al tiro e diventando fattore determinante per annullare, in alcune situazioni, i vantaggi costruiti ad inizio partita: la risoluzione almeno in parte del problema, quindi, porterebbe a minori rischi di sprecare preziose energie e sapendo che alcuni giocatori vanno centellinati specialmente nei primi due quarti (McGrady su tutti) per poi far giocare loro i possessi chiave, sembra doveroso operare gli opportuni aggiustamenti.
Arrivano i mostri!
Il calendario dei Rockets prevede una serie molto impegnativa di scontri, dove il dosaggio delle fatiche diventerà qualità maggiormente richiesta del doppio back to back che coinvolgerà Houston nel giro di soli cinque giorni.
I nomi che si alterneranno nelle sfide contro T-Mac e compagni a partire da questa notte corrispondono a quelli di Kobe Bryant, Dirk Nowitzki, Steve Nash, e Tim Duncan: all'interno di questa coltre di sfide, dunque, ci sarà spazio per capire a quale livello possono essere considerati questi Rockets plagiati dagli infortuni ma restii a gettare la spugna anche quando la fortuna, di tanto in tanto, decide di voltar loro le spalle.