Semplicemente… Gilbert

Gilbert Arenas è uno dei giocatori più speciali dell'intero panorama NBA…

Gilbert Jay Arenas è un giocatore unico nel suo genere; nessuno il giorno del Draft credeva che sarebbe divenuto una stella di prima grandezza ed oggetto di contesa tra franchigie ricche ed ambiziose.

Infatti è stato scelto al secondo giro, eppure questo non gli ha impedito di diventare un supercampione, un giocatore franchigia all'età  di 24 anni.

Fortuna? Forse.
Talento? Il giorno che Nostro Signore l'ha distribuito, lui ha semplicemente rifatto la fila due volte…
Lavoro? Tanto, di giorno e di notte, come troppo poche superstar di oggi fanno.

Californiano di Los Angeles, viene alla luce il 6 Gennaio 1982, e dopo un breve periodo trascorso con la madre, che entra ed esce di galera, viene affidato dai servizi sociali al padre naturale, che vive a Tampa, in Florida e fa l'attore, recitando piccole parti in serial come Miami Vice ed altri.

Dopo i primi successi, coltivando sogni hollywoodiani, Arenas Sr. decide di trasferirsi di nuovo ad ovest con l'undicenne Gilbert al seguito.

La vita non è facile in California e mentre il padre svolge tutta una serie di piccoli lavori che consentono alla famiglia di sopravvivere, Gilbert inizia a frequentare i campetti vicino casa, mostrando ben presto capacità  fuori dal normale e una competitività  davvero unica; all'età  di tredici anni, messo in panca dal padre, per l'occasione allenatore di una squadretta in un torneo estivo, Gilbert cambia immediatamente maglia e con la sua nuova squadra fa il diavolo a quattro e alla fine batte in finale proprio la squadra dell'incredulo genitore.

Non che Arenas Sr. sia meno competitivo del figlio: tra i due si disputano nel campetto vicino a casa delle sfide 1 contro 1 al calor bianco, che definirle all'ultimo sangue non è soltanto un modo di dire; e sempre meno spesso, con l'andare del tempo, queste sfide vedono prevalere l'Arenas più vecchio.

Scolasticamente, Gilbert ha un buon profitto fino dalle elementari e viene visto con simpatia dagli insegnanti, colpiti dalla sua curiosità , dal suo sorriso aperto e dai suoi modi gentili. Non il tipo del gangsta in erba, per intenderci.

Dopo un periodo allo junior college della Birmingham HS, inizia a frequentare la Grant HS a Van Nuys dove, solo quattordicenne, fa la squadra e ben presto diventa la star indiscussa dei Lancers a forza di trentelli, spanierati con una facilità  ed una frequenza disarmanti, senza rubare più di tanto la scena ai compagni di squadra.

Nella stagione da senior fattura infatti 33.4 punti, 7.9 rimbalzi, 3.0 assists and 4.6 rubate a partita, terminando la propria carriera alla Grant con oltre 2,000 punti.

Gilbert si fa notare anche per la fortissima determinazione a migliorarsi, lavorando infaticabilmente ben oltre il tempo che i suoi coetanei ritengono opportuno dedicare al lavoro in palestra. Così le sue capacità , le sue cifre e la sua laboriosità  stregano Lute Olson, coach degli Arizona Wildcats, che riesce ad ottenere una lettera di intenti da parte di Arenas prima dell'ultimo anno di scuola superiore.

Durante il primo anno ad Arizona, causa un soprannumero di giocatori seniores nel suo ruolo, a Gilbert viene fatta vestire la maglia rossa, che nel gergo NCAA significa star fuori un anno, garantendosene altri 4 per giocare da protagonista.

Al suo secondo anno, i Wildcats, pronosticati al primo posto assoluto, raggiungono solo il secondo turno del Torneo NCAA ; la squadra viene defenestrata dal Gran Ballo da Wisconsin, la Cenerentola-ammazzagrandi di turno ; l'anno successivo se non è trionfo poco ci manca, perché Arizona, trascinata da Arenas e Richard Jefferson, raggiunge la Finale, dove però deve cedere ai Blue Devils di Duke per 82 a 72.

Al termine di questa stagione Arenas, contro il parere di Olson, che lo ritiene troppo giovane per tentare il salto tra i pro, decide invece di dichiararsi eleggibile al Draft assieme al compagno di squadra Jefferson.

Purtroppo il suo nome non compare entro le prime trenta chiamate del primo giro.
In preda allo scoramento per l'occasione mancata, mentre va in onda la pubblicità  prima del secondo giro, Gilbert medita sul da farsi e sta appunto chiedendosi se avrà  prima o poi un'altra occasione di giocare tra i pro, quando gli giunge chiara alle orecchie la voce del Commissioner Stern, presentare la trentunesima scelta assoluta da parte dei Golden State Warriors: sissignori, proprio lui, Gilbert Arenas.

La sua chiamata così tarda sembra voler dare ragione ai detrattori del talento losangelino, che fin dai tempi dell'università  lo pronosticavano per un flop, troppo basso per giocare guardia e con un gioco troppo individualista per trasformarsi in playmaker, una sorta di ibrido come tanti ce ne sono in giro, gente che non sfonda… che non avrebbe giocato un solo minuto ad Arizona, figurarsi tra i pro: così dicevano…

Tuttora Gilbert porta il numero 0 che prese ad Arizona, a simboleggiare che qualche minuto, e non zero, in realtà  lo ha anche giocato, sia all'università  che tra i pro, alla faccia dei gufi…

Ma torniamo ad Oakland, dove la prima cosa che Arenas fa, giungendo al quartier generale della franchigia, è ottenere le chiavi della palestra per allenarsi anche nottetempo, mentre la seconda è sondare i vari playgrounds locali e quelli di San Francisco per individuare quelli dove il gioco è più duro e i ballers più decisi a giocarsela tosta contro "il ragazzo che sta coi pro” .

Ottenute le chiavi e garantitosi botte e scontri bel oltre il politically correct del gioco, il ventenne Gilbert si mette al lavoro con alacrità  e durante la sua prima stagione tra i pro decide, su sollecitazione del proprio coach, di cambiare ruolo ed iniziare ad evoluire da playmaker anziché da guardia, collezionando da subito 10,9 punti a partita, conditi da 3,7 assist e quasi tre rimbalzi di media; niente male per uno che la NBA era destinato a vederla solo da spettatore… .

Nella seguente stagione 2002-03 le cifre di Gilbert clamorosamente quasi raddoppiano: i punti salgono a 18,3, mentre i rimbalzi a 4,7 e gli assist a 6,3. I minuti giocati sono oltre tremila in tutte e 82 le partite di regular season. Il ragazzo sente che ben presto la squadra inizierà  a vincere e sarà  proprio lui a condurla.

Ma contrariamente alle sue aspettative, nella stagione successiva la squadra si mostra poco disposta a competere e colleziona un numero di sconfitte elevato. Quel che è peggio, tante partite sono già  decise dopo i primi due quarti di gioco; la rassegnazione dei compagni e del front office della franchigia, che sembra accettare placidamente la situazione, fa salire il livello di frustrazione del ragazzo al punto che al suo solitamente tranquillo ed ineccepibile comportamento si sostituisce una fastidiosa abitudine ai falli tecnici ed a plateali gesti di insofferenza.

La situazione precipita ed il cambio di residenza di Gilbert è ormai alle porte e sulla bocca di tutti.

Benché numerosi siti di fan della Bay Area spuntino come funghi su Internet in difesa del talento di Los Angeles, chiedendo a viva voce alla franchigia una soluzione che veda Gilbert rimanere ai Warriors, lui prende la via di Washington, che si è fatta sotto con la buonissima offerta di 65 milioni di dollari per sei anni, nel tentativo di costruire una squadra giovane e ricca di talento.

Nel giro di due anni, infatti, il gm Grunfeld e l'allenatore Eddie Jordan mettono su una squadra di tutto rispetto, che comprende, oltre ad Arenas, che in questi due anni diviene una vera e propria superstar a colpi di record di assist e segnature, la guardia Larry Hughes e l'ala forte Antawn Jamison, anch'essi ex Warriors.

I Wizards raggiungono nel 2005 i playoffs con il miglior record in 26 di regular season, 45-37; ed è proprio Gilbert con le sue cifre la principale chiave di questo successo; il 24enne da Arizona termina con 25,5 punti, 5,1 assists and 4,7 rimbalzi di media a partita.

Nel primo turno dei playoffs Washington si trova di fronte i Chicago Bulls e grazie a un buzzer beater di Arenas in gara 5 ed una sua prestazione da assistman e difensore in gara 6, alla fine lo scoglio è superato in sei gare.

Quando di fronte si trova Shaq e Wade, "in missione" per conto di Pat Riley, Arenas nulla può fare per evitare lo sweep ai Wizards, troppo leggeri per poter contenere la furia devastatrice in vernice dei lunghi di Miami e la velocità  e imprevedibilità  di Wade.

Nella stagione scorsa Arenas e gli Wizards si ripetono centrando nuovamente i playoffs con un record di 42-40 ma una squadra che è profondamente cambiata, visti gli arrivi di Butler al posto di Hughes e del free agent Antonio Daniels.

Arenas produce ancora una volta cifre di tutto rispetto, riprendendo a segnare con la continuità  e la prolificità  di una volta pur in un ruolo in cui ha pure il compito di far giocare i compagni. Gioca 42,3 minuti in 80 gare, segnando 29, 3 punti, catturando 3,5 rimbalzi ma servendo 6,1 assist a partita.

Purtroppo nulla può contro Cleveland, che elimina in 6 partite Washington al primo turno dei playoffs.

In questa prima fase di stagione 2006-07, invece gli Wizards, trascinati da Gilbert (che sta segnando 30,3 punti per gara oltre a servire 6,3 assist : entrambi record personali assoluti) sono sempre ai primi posti nella Eastern Conference con 19 vinte e 14 perse e lasciano presagire che la loro presenza ai playoffs potrebbe non essere soltanto di sfuggita.

L'ottimo lavoro che il coach Eddie Jordan sta conducendo con la squadra, impostando un attacco veloce che sfocia in un efficace Princeton Offense, mentre la difesa si fa giorno dopo giorno più coriacea, sembra esaltare le capacità  di Arenas, per cui invece che di una tripla D (Downtown, inteso come tiro da 3 punti, Drive, ossia penetrazione e Dunk, vale a dire schiacciatore) si può parlare di una quadrupla visto che è anche un ottimo "Defender", cioè difensore…

In realtà  nel corso di questi primi anni di carriera, grazie alla sua determinazione a migliorarsi e soprattutto alla sua grande voglia di arrivare e alla sua competitività  eccezionale, per tacere delle enormi potenzialità  tecniche, Gilbert ha saputo trasformarsi da realizzatore puro in un giocatore intelligente che più di tanti altri sembra aver capito l'importanza di tutte le fasi del gioco e soprattutto aver fatto propria la convinzione che sia il gioco stesso a dettare i ritmi e le soluzioni e che il giocatore abile sa leggerlo e capire se deve giocare senza palla, tirare, entrare o servire un compagno.

Devastante come sempre in campo, ha lasciato che si formasse attorno a sè un'aura di antieroe, che fa di lui un personaggio unico, intrigante e al contempo tra i meno conosciuti di tutto il circo NBA ; pochi sanno ad esempio della sua passione per il giovane maghetto uscito dalla penna della Rowlings, a cui gli piace paragonarsi perché come Harry Potter non riesce a sentirsi superstar (anche se dimostra di esserlo ad ogni allacciatura di scarpe, ma sono dettagli…).

E pochi sanno anche di quanto permaloso sia, al punto di inscenare in tre diverse occasioni e con due diverse squadre uno sciopero del tiro, in risposta a velate accuse di egoismo giunte dai media imbeccati da alcuni compagni di squadra forse troppo timidi per dirglielo in faccia ma non abbastanza per lavare i panni in casa.

Meno personaggio di Kobe Bryant, ed anche meno chiacchierato di lui (per forza direte voi, tra i due la differenza la fa quella cosuccia capitata in Colorado, oltre ai tre Anelli"), è il leader non sempre silenzioso di questi giovani Wizards, che non esita a guidare nella vittoria e nella sconfitta, sempre avanti verso un futuro pieno di felici prospettive.

Per la sua capacità  di migliorarsi giorno dopo giorno, non solo realizzatore ma anche assistman e buon rimbalzista ( per un play di 193 cm non è cosa di tutti i giorni"), go-to-guy capace però anche di giocare con i compagni, per il suo fisico snello ma agilissimo ed esplosivo, non è sacrilego azzardare che possa entrare ben presto nell'olimpo dei più grandi, specie se riuscirà  a cogliere qualche vittoria importante nella sua carriera.

Ed anche il paragone con His Airness, in quanto a esplosività , multidimensionalità  e capacità  di evolvere durante la carriera pro, potrebbe essere meno campato in aria di tanti altri"

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