Ben Gordon vola a canestro e Chicago con lui
Buon 2007 a tutti i tifosi dei Chicago Bulls.
Il nuovo anno è cominciato da pochi giorni, la squadra dell'Illinois ha trovato avuto modo di giocare una sola partita, peraltro persa contro i caldissimi Phoenix Suns, grazie al tiro-impresa di Leandrino Barbosa e ad un ultimo quarto spettacolare, ma la testa è ancora all'ottimo dicembre vissuto da Wallace e compagni.
Risultati:
@ New York L 92-103 (15-11)
Vs Charlotte W 115-76 (16-11)
@ Minnesota L 98-100 (16-12)
Vs Miami W 109-103 (17-12)
@ Toronto W 107-97 (18-12)
Vs Cleveland W 103-96 (19-12)
Vs Phoenix L 96-97 (19-13)
Si sa, la vita nella Central Division della NBA è se possibile, ancora più dura che negli altri raggruppamenti della lega.
Se la stagione finisse oggi, tutte e cinque le franchigie sarebbero ai play-off e lo scarto fra la prima della classe, i Detroit Pistons (19-11) ed gli ultimi, i Milwaukee Bucks (16-16) è a tutt'oggi di sole 4 partite.
Così è facile che la lotta per la supremazia sia ancora più serrata e per primeggiare si debba fare qualche cosa di impressionante; un esempio potrebbe essere per l'appunto, il mese di dicembre messo in piedi dai Bulls.
Un record di 14 vinte e 3 perse, una sola sconfitta interna, due sole squadre in grado di superarli, i Minnesota T-wolves di Kevin Garnett (la cui seconda vittoria si deve ad uno straordinario tiro finale della matricola Randy Foye) ed i New York Knicks, che hanno strapazzato i Bulls in una serata nella quale il bilancio dei rimbalzi ha detto 57 a 36 per gli atleti della Grande Mela e nella quale, per espressa ammissione di coach Skiles, i Knicks hanno avuto molta più voglia di vincere dei suoi uomini.
Per il resto, solo vittorie, alcune anche importantissime, come quella contro i Cavaliers di Lebron James e tanta buona pallacanestro.
Sì, l'involuzione che aveva attanagliato i rosso neri nel primo mese, i dubbi, la fatica accumulata mentre la casella delle vittorie non riusciva proprio a riempirsi, hanno lasciato il passo ad un gioco più equilibrato, ad un attacco che quando ha segnato almeno 100 punti non ha mai perso sin dal 24 novembre e anche ad un fattore "buona stella" che sino ad ora ha risparmiato dagli infortuni i Bulls più in forma (se si eccettua lo stop di Hinrich nelle ultime 3 gare), cosa che in tante altre franchigie non si può proprio dire.
In questo caso si dice che i meriti debbano essere divisi fra tutte le componenti della squadra, ma a ben vedere uno dei fattori di critica di inizio stagione sta diventando "il" fattore in più del gioco di Chicago.
Ben Gordon ha cominciato la stagione da titolare, anzi lo si è già detto, il suo ruolo non poteva essere che quello di go-to-guy.
Dopo qualche gara opaca, Scott Skiles ha deciso di farlo ripartire dalla panchina, per togliergli pressione e farlo entrare nei momenti più importanti della partita.
Poco alla volta il numero 7 ha ritrovato se stesso, anzi ha cominciato a fare quello che ci si aspettava da lui.
Se è vero che nel basket non conta chi comincia la gara, ma chi la termina in campo, allora l'importanza dell'ex Huskies di UConn è ormai davvero incalcolabile nell'economia della squadra.
Nelle ultime 11 partite su 12, ha segnato più di 20 punti, ha migliorato per due volte il proprio career-high segnando prima 40 punti in faccia a Miami (sembra davvero che la squadra Campione del Mondo stia diventando la preda preferita di Little Ben) e portando l'asticella a quota 41 nella sconfitta contro i Suns.
Ma i punti non sono l'unico fattore per il quale Gordon sembra essere cresciuto. Il suo stile di gioco è diventato più aggressivo man mano che le partite si inanellavano, gli assist sono passati da una media di carriera di 2.6 a oltre 3 (3.3) per serata e anche se il tallone d'achille resta il basso numero di liberi che tira (contro Toronto nella vittoria del 29 nessun viaggio in lunetta nonostante 19 tiri tentati), la percentuale complessiva viaggia su di un ottimo 177 su 199.
A questo punto è lecito chiedersi: quando si dovrà andare a votare il sesto uomo dell'anno, ci sarà qualcuno che riuscirà a non votarlo?
Premi di fine stagione a parte, c'è da registrare che il resto della squadra non ha certo deciso di seguire passivamente le prestazioni del numero 7.
Nelle ultime gare infatti, è risultato in crescita costante il contributo di Luol Deng, tanto per cambiare autore del career-high contro i Cavs a quota 32 punti, mentre in assenza del play titolare, Chris Duhon ha viaggiato nelle ultime 3 partite con un rendimento in fatto di assist assolutamente importante: 7 con 12 punti contro Toronto, 11 contro i Cavs e 8 contro i Suns in una serata di pessima vena al tiro (1 su 7 dal campo).
A questo punto, la curiosità sul futuro dei Bulls è legata a quanto riuscirà a perdurare il loro stato di grazia fra le mura amiche e quanto partite riusciranno a vincere prima che cominci i mese di febbraio: da quel momento in avanti la stagione li vedrà giocare in trasferta 22 volte su 37 e la personalità e la chimica soprattutto, createsi in queste settimane dovrà essere il punto di forza in più.
Nelle prossime 48 ore Chicago è attesa da un back to back: prima un viaggio nel New Jersey, poi "la sfida" contro i rivali storici di Detroit: un'occasione ghiottissima per prendersi la testa della Division e sfruttare l'inerzia battendo nel giro di 10 giorni entrambe le rivali più accreditate per la leadership della Central.
Alla prossima"