Carmelo Anthony, un cavallo di razza…
Premessa: si parla di basket ma fino ad un certo punto"
Per iniziare questo racconto si potrebbero citare le ultime sfavillanti prestazioni di Melo, specialmente in versione 2006-2007, ma per capire meglio chi c'è sotto la maglietta numero 15 dei Nuggets è meglio partire dalla storia della sua vita, una storia non esattamente uguale al sogno americano.
Era una delle tantissime famiglie in situazioni poco agiate quella composta da papà Carmelo e mamma Mary, dalla quale nacque il 29 Maggio 1984 a Brooklyn, New York City, il piccolo Carmelo jr. Dopo aver trascorso 2 anni nel natio borough della Grande Mela, avvenne una tragedia che segnò fortemente la famiglia e il piccolo Melo: nel 1986 Carmelo Sr. Iriate morì di cancro, lasciando la moglie e i 4 figli in una situazione davvero difficile.
Facendo un velocissimo uso della macchina del tempo e ritornando ai giorni nostri, Melo ha recentemente commentato così la notizia della maternità della sua fidanzata: "Mio padre è morto quando avevo 2 anni, dunque ora so cosa ho perso e so cosa voglio dare a mio figlio".
Non vede l'ora di fare il genitore dunque Melo, di far avere ai suoi figli quello che lui non ha mai avuto.
Torniamo ora indietro. Nel 1992 la famiglia si trasferì a Baltimora; il quartiere in cui passarono l'infanzia Melo e i suoi fratelli ha un soprannome che è ben più di un programma: The Chemistry,la Farmacia. E non certo perché piena di aspirine, ma di ben altri tipi di pastiglie e droghe.
È in questa situazione difficile che mamma Mary ha dimostrato di essere una persona con una grande forza di volontà , riuscendo, con immani sacrifici, a portare avanti da sola la famiglia.
Per sottolineare come tutti questi sacrifici abbiano colpito Carmelo basta andare nel suo sito ufficiale, dove alla domanda "Chi era il tuo eroe da piccolo?" la risposta che viene data non è il solito Jordan, Magic o Larry, ma: "Mia madre è sempre stata il mio eroe. È la mia fan numero 1. C'era sempre quando avevo bisogno di lei e mi ha guidato nelle direzioni giuste."
Altra domanda: "Qualche idea per ripagare tua madre?"
Risposta da uomo, non da ragazzino: "Le ho appena comprato una casa a Baltimora, ma non esiste nulla nel mondo che io possa fare per ripagarla."
Parlando ancora di scelte giuste, Carmelo si riferisce anche e soprattutto alla via che lo ha indirizzato dentro la palestra piuttosto che fuori, in un quartiere dove era molto più facile e comodo sopravvivere stando fuori ed entrando in giri loschi.
Qui, a Druid Hill nella West Baltimore, il giovane cresceva nell'incertezza più totale, tant'è che di quel periodo diceva: "Ogni giorno guardavo oltre e non sapevo cosa mi aspettava il giorno dopo e quello seguente".
La sua infanzia così dura è stata la miglior scuola di vita, una scuola che ha sviluppato una profonda lealtà e gli ha fatto imparare a stare lontano dai guai. Infatti uno dei suoi motti è: "Se non hai lealtà allora non sei vero".
Ora che è arrivato al successo, si è prefissato di diventare la voce di West Baltimore, la voce di quella parte di città dove ancora si muore per la strada.
High School e College.
Gli inizi di Melo, e qui il basket è più consistente.
Il nostro sin dal suo arrivo nella Monument City riuscì a farsi notare vincendo diversi premi dedicati ai locali giovani giocatori di pallacanestro. Fece il pendolare dalle sue Druid Hills alla Towson Catholic High School per i primi 3 anni di liceo.
I rimanenti 2 anni di liceo furono molto importanti; infatti nel 2000 venne nominato giocatore dell'anno nella Baltimore Catholic League e fu notato dagli osservatori di Oak Hill Academy che gli proposero di andare da loro.
Carmelo non poté che accettare il passaggio a una delle più importanti high school della nazione, attiva dal 1878 e capace di sfornare molti altri giocatori NBA di eccellente livello (De Sagana Diop, il dottor Jerry e Stephen Jackson, solo per citarne alcuni). Grazie alle sue prestazioni nel suo anno da senior divenne anche un high school All-american.
Per parlare del suo anno al college a Syracuse si può partire dalla data più importante di quella stagione magica: 7 Aprile 2003, Superdome, New Orleans, Lousiana. Quel giorno, in cui tutti dall'Alaska alla Florida si fermano per guardare la finale del campionato di basket NCAA, Carmelo Anthony condusse i suoi Orangemen al primo titolo della storia NCAA dell'ateneo, vinto battendo in finale Kansas per 81 - 78.
Quella volta guidò i suoi contro i Jayhawks di Kansas con una solidissima prestazione che gli valse anche il premio di MVP dell'ultimo atto del campionato grazie a 20 punti,10 rimbalzi e 7 assist. Il suo capolavoro secondo molti non fu quello della finale ma quello della partita precedente, una semifinale da 33 punti contro i Texas Longhorn numero 1 del ranking (di cui tra l'altro è anche tifoso").
Dopo la vittoria finale il coach Jim Boeheim ha parlato di Carmelo come del miglior giocatore di college basketball, ma in quelle March Madness si mise in mostra un altro giocatore che avrebbe cannibalizzato l'NBA negli anni seguenti. Era la stella di Marquette D-Wade, ma la sua è un'altra storia.
Ripercorrendo l'annata da freshman al college, le cifre di Melo sono al napalm: 22,2 punti (16esimo della nazione) e 10 rimbalzi (19esimo) a serata, oltre al fatto di guardare dall'altissimo tutti i suoi compagni nelle altre categorie statistiche.
Con queste cifre ha spinto in cielo anche il record della squadra guidandola al campionato NCAA con 30 vittorie e sole 5 sconfitte. Nella sua testa ronzava l'idea di passare almeno altre 2 stagioni al college, e di sicuro ai dirigenti di Syracuse non avrebbe fatto schifo la cosa, ma decise di rendersi eleggibile per il draft del 2003 con l'ultima benedizione di coach Boeheim.
Dopo un'annata giocata così la vetrina dei premi non poteva riempirsi di polvere, ed ecco arrivare alla fine dell'anno i premi di freshman dell'anno,freshman della big east e un posto nel quintetto ideale della conference. Anche Associated Press non è rimasta insensibile ad una bomba ad orologeria del genere ed è stato nominato nel Second Team All-America.
L'ingresso nella Lega.
Non era da solo,anzi""
Tutti ormai sanno che la sera del 26 Giugno 2003 a New York entrarono a far parte della Lega più spettacolare del mondo dei campioni destinati a rimanere nelle memorie dei tifosi per molti anni, e ben poche volte nella storia si è visto un così alto minimo comune denominatore di talento.
Le prime 3 scelte sono note a tutti per motivi ben diversi (mettiamo LeBron e Melo su un pianeta e Milicic, per ora, su un altro dall'altra parte della galassia) ma in generale sono state molte le scelte azzeccate, con buoni e/o eccellenti giocatori (ad esempio Hinrich, Bosh, Barbosa, Howard e Diaw, solo per citarne alcuni tra quelli del primo giro). Oltre a tutti questi è atterrato al numero 5 un alieno già capace di vincere un titolo da solo chiamato Dwayne Wade. Oltre che nel suo caso, i Miami Heat hanno dimostrato di essere stati quantomeno fortunati quell'anno, andando a pescare anche Udonis Haslem tra i non scelti.
Chi è CA15?
E dov'era finito?
I Denver Nuggets scelsero Melo allora, ma dove andava a finire il nostro eroe?
Nei Bulls di Jordan? Celtic di Red Auerbach? Non proprio". I Nuggets versione 2002-2003 avevano avuto una stagione da film-festival degli orrori, con 17 w e 65 l guarda caso come i Cavs.
Quell'anno una partita tra 2 squadre con .207 di record sarebbe mai stata trasmessa in diretta nazionale, nemmeno prendendo Stern in ostaggio, ma con l'arrivo di Melo e LBJ questa diventava una sfida appetibile per tutti, tutti volevano vedere la sfida tra questi 2 ragazzi prodigio (per la cronaca Denver vinse entrambe le sfide e in 2 fecero 21 punti nella prima gara e 45 nella seconda con un ottimo 26 nella casella del 15 in maglia bianca. No, non era ancora il nostro Prescelto, almeno all'inizio).
Melo riuscì sin dal primo anno in un'impresa ritenuta da quasi tutti folle: trasformare una squadra stra-perdente in vincente e condurla ai playoff. Infatti grazie anche al suo apporto i Nuggets chiusero la stagione con 43 vittorie e 29 sconfitte, ottenendo il miglior record (529".) dalla stagione 1988-89.
L'apparizione ai playoff durò ben poco, furono eliminati in 5 partite dai T'Wolves di Kevin Garnett, ma ormai era stato fatto il primo passo per provare a far diventare una franchigia vincente quella della capitale del Colorado. Ricordiamo che nella storia dei 4 sport professionistici americani a Denver hanno festeggiato delle Stanley Cup e dei Superbowl, ma non ci sono mai state cerimonie di consegna di anelli e titoli nel baseball.
L'aggiunta di Melo alla squadra equivalse a boccate d'ossigeno puro, infatti il rookie da Syracuse portò in dote 21 punti (stra-primo in graduatoria,il secondo in squadra, Andrè Miller, non arrivò a 15), 6,1 rimbalzi (terzo, ma non è stato programmato per i rimbalzi) giocando ben 36,5 minuti a serata e rimanendo in campo più a lungo di chiunque altro.
Ma, dopo averlo paragonato al Messia, che razza di giocatore era arrivato nella Mile High City? Melo è una guardia che gioca numero 3, e probabilmente ha nella concretezza la sua arma principale; infatti, oltre ad avere lampi di spettacolarità che vediamo spesso nella top-ten di NBA Action, è anche un prolifico realizzatore (quest'anno siamo a 31 punti di media, decisamente una sentenza quando alza la mano).
Ha una gran varietà di movimenti offensivi che esegue in velocità , un jump-shot da killer -lui stesso definisce il suo jump-shot la sua arma migliore-; possiede la capacità di subire molti falli in penetrazione e punire le difese con i tiri liberi, specialità in cui ha percentuali che vanno dal 77% in su. Come se non bastasse la laurea in "Campione" ha pure il master in "Tiri vincenti allo scadere": dal suo arrivo in NBA fino alla stagione scorsa ne ha segnati ben 11 su 17 yentati e in questa particolarissima specialità è molto più in alto rispetto a Kobe, LBJ e D-Wade.
Nella sua stagione da sophomore e in quella appena trascorsa Melo non ha fatto altro che rendersi ancora più determinante per la sua squadra e ancora più un incubo per le difese avversarie, riuscendo sempre a portare i Nuggets ai playoff. Specialmente nella stagione scorsa ha incrementato di brutto i punti segnati arrivando l'anno scorso a 26,5 per alzata di palla a 2.
Analizzando le statistiche relative allo scorso anno viene confermato quanto detto prima: sono la costanza e la concretezza a renderlo micidiale. Infatti segna quasi lo stesso numero di punti in casa e in trasferta, prima e dopo l'All Star Game, e quando la squadra esce sconfitta il suo rendimento non si sgonfia di molto. Inoltre dalla prima partita della sua carriera non è mai stato a riposo, ed è sempre partito in quintetto, il che fa 257 partite giocate su 257 partite giocabili. Una macchina!
Stagione 2006-2007
Fu davvero Messia, sino al Madison…..
Quest'anno i tifosi in Colorado pensavano davvero, anzi forse erano davvero convinti, di aver finalmente una squadra vincente da andare a vedere la sera. Il merito di tutto questo va sì a coach Geogre Karl, ai dirigenti e allo staff, ma soprattutto a chi scende in campo, e ancora di più a chi è mostruosamente determinante e qui le tracce portano tutte a Melo.
Dividiamo in 2 la stagione, a.r. e p.r., ante rissam e post rissam, è appena finita la parte a.r. e fino alla notte del 16 Dicembre il nostro ha giocato da super-campione. Nella casella dei record stracciati ha consumato vari pennarelli per cancellarli e riscriverli, ad esempio mettendo a segno 30 punti nelle prime 8 gare della stagione e fermandosi a 29 nella 9°, ad un punto dunque dal record assoluto della franchigia.
Non contento ci ha riprovato: di nuovo a 8 gare da 30, ma fallendo l'appuntamento con la nona sinfonia. Fino alla partita di sabato le sue cifre dicono che lasciava ogni parquet che vistava con almeno 31,6 punti a partita con almeno 15,42 tiri riusciti a partita, come nessun altro.
Guardando le statistiche sul rendimento in 48 minuti chi troviamo in testa? Sempre lui con 40,5 punti. Qualcuno potrà dire: "Con una stagione così tutti i suoi career high sono nel cestino?"
No, per ora non ha battuto nessun suo career high, segno che gli altri anni aveva picchi "prestazionali" devastanti. Questa stagione inoltre sembra aver trovato una squadra disposta a seguirlo con prestazioni solidissime e/o inaspettate sorprese - come JR Smith, 18esima presa del 2004, secondo marcatore con 16,7 punti ma espulso anche lui nel far west di N.Y.
E prima della rissa il record non era malissimo, 13 vittorie e 9 sconfitte, con 12 partite lontano dal Pepsi Center e 7 w in trasferta. In casa il rendimento è altalenante, ma i playoff sono ampiamente alla portata anche e soprattutto perché i giocatori ci sono e sono capaci.
Questo fino alla sera di sabato 16 Dicembre: partita al Madison con dei Knicks super-disastrati e già avviati all'ennesima annata da buttare. Il match in sé non riserva grandi sorprese, Nuggets in vantaggio dall'inizio, Knicks che non mettono mai la testa davanti e Carmelo, giusto per non perdere il filo, che ne mette ben 34 con 15 su 29 dal campo.
Quando mancavano 1 minuto e 15 secondi alla fine e Denver era sopra 119-100 ecco che Mardy Collins ha avuto la brillante idea di prendere J.R. Smith per il collo e sbatterlo a terra. Da quel momento in poi il basket in se è finito, i 19.763 spettatori del Madison si sono visti anche dei match di pugilato nella stessa sera.
È infatti scoppiato l'inferno e, purtroppo, Melo non è riuscito a starne fuori sparando un pugno in faccia a Collins, e scatenando la veemente reazione sua e dei suoi compagni arancio-blu. Una volta sedato tutto questo, i 3 arbitri hanno espulso 10 giocatori, 5 per parte.
I 5 di Denver non erano però il magazziniere e il ragazzo degli asciugamani, ma Melo, Andrè Miller, Eduardo Najera, J.R. Smith e Marcus Camby ovvero 4 titolari e un primo cambio. Se tutti questi giocatori fossero stati squalificati per le partite seguenti coach Karl si sarebbe trovato davvero in guai enormi e avrebbe dovuto affrontare i match successivi con quintetti per lo meno sperimentali.
La gestione delle sanzioni è stata a cura di David Stern, avvocato newyorchese di 64 anni e Commissioner della Lega, che si sarà vergognato moltissimo di aver ospitato nella sua città una gazzarra del genere, oltretutto per motivi quanto mai futili. Infatti, a quanto pare la rissa è nata perché i Nuggets avevano ancora i titolari in campo a partita ormai vinta, e i Knicks hanno preso questo gesto come una provocazione.
Stern sarà stato rinchiuso a lungo nei suoi uffici di Rockeller Plaza nelle ore dopo i fatti, a pensare alle sanzioni. Il 18 Dicembre ha parlato in call-conference per dire che…
Arrivano le squalifiche
Melo di nuovo in prima pagina...
Mano pesante usata dal Commisioner per punire gli aspiranti pugili del Madison Square Garden.
Sono state infatti multate entrambe le società di 500 mila dollari per responsabilità oggettiva e squalificati per 10 giorante Nate Robinson (Knicks) e J.R. Smith (Nuggets), 6 a Mardy Collins, 4 a Jared Jeffries e 1 per Jerome James (questi ultimi 3 tutti di NY) e Nenè Hilario di Denver. Manca qualcuno però nell'elenco…
Manca il più colpito, Melo, squalificato per ben 15 giornate e costretto a non incassare la paga durante fino al termine delle 15 partite. Oltre il danno la beffa, dunque: dovrà rinunciare a ben 859 mila dollari!
E si che il nostro sembrava giustamente dispiaciuto al termine del fattaccio. Queste le sue dichiarazioni: "Chiedo scusa ai fans, ai Denver Nuggets, all'Nba, a mia madre, alla mia famiglia per l'imbarazzo che ho causato loro".
Colpisce ma non troppo il fatto che abbia chiesto scusa alla madre e alla famiglia, visto che ormai sappiamo quanto queste (sia madre che famiglia)siano importanti per lui. Altre dichiarazioni da pentito: "L'alterco dell'altra notte ha avuto un'escalation che neanche io avrei immaginato. Mi assumo tutte le responsabilità per le mie azioni. Inoltre voglio fare le scuse a Mardy Collins e alla sua famiglia. La mia condotta non ha scusanti e sono profondamente dispiaciuto per quella situazione imbarazzante. Peccato che tutto questo sia accaduto in una delle settimane più belle della mia vita. Ho appena realizzato uno dei miei più grandi sogni aprendo un centro giovanile a Baltimora che porta il mio nome. L'idea che migliaia di bambini abbiano visto quella vicenda mi fa del male. Non e' l'esempio che io vorrei dare loro. Tutti quanti insieme dobbiamo adoperarci per evitare il ripetersi di simili situazioni".
Ce l'aveva fatta dunque ad aiutare quella sua West Baltimore, e ora spera che il suo nome non venga troppo "infangato" da quella rissa. Ora non sappiamo che cosa sia scattato nella sua testa prima di tirare quel pungo, forse c'entra la sua difficile infanzia per spiegare una rissa da strada come quella o forse altro, ma la nostra certezza è che mamma Mary non avrebbe mai voluto. Mica era lei il tuo eroe, Melo?
La trade dell'anno è finalmente arrivata
AI3 a Denver, incendio in Colorado
Il 19 Dicembre 2006 si è conclusa un'era a Philly e forse se n'è aperta un'altra a Denver. Parliamo dei 76ers senza il loro numero 3, trascinatore negli ultimi 10 anni, e dei Nuggets che potranno schierare il primo e il secondo marcatore della nazione con la stessa maglietta (dal 20 Gennaio però, causa la squalifica di 15 partite per Melo). Stanley Kroeke, il ricchissimo proprietario dei Nuggets ha davvero voglia di vincere il titolo (ne ha avuta tanta soprattutto quando ha firmato il contratto di Allen, 20 Milioni di dollarozzi all'anno) e per farlo ha messo insieme 2 bocche da fuoco devastanti, due giocatori che, guardando le rudi cifre e non considerando altri fattori spesso importanti, insieme mettono a referto 62 punti di media.
Ora che tutti gli occhi d'America sono puntati sul Colorado per vedere l'esordio di Iverson per quanto riguarda noi e la nostra scoperta di Carmelo dovremo aspettare sino a sabato 20 Gennaio quando i Nuggets sfideranno i Rockets.
Da lì si inizierà a capire se l'ingaggio di una super-stella come il numero 3 sia compatibile in una squadra che una super-stella ce l'aveva già . Infatti questi 2 giocatori, che hanno la tendenza ad isolarsi nei momenti decisivi, dovranno anche imparare a sacrificarsi per il bene della squadra.
In conclusione, se i 2 si metteranno a collaborare per far vincere la squadra sarà dura fermare i Nuggets, ma se decideranno che uno dev'essere più star dell'altro e si metteranno in proprio allora sarà la dimostrazione di come non sia necessario prendere solo le super star per vincere, anzi"..