Mike D'Antoni, coach dei Suns: chi tenta di emularlo va incontro a cocenti delusioni.
SmallBall : il sogno è già finito ?
E' bastato appena un mese e mezzo affinché i tanti buoni propositi estivi, sul voler emulare i Suns fatti un po' ovunque siano stati prontamente riposti nel cassetto. Io da tempo vado dicendo che per giocare alla “Suns” non basta correre come dei pazzi e tirare nei primi 15 secondi dell'azione, ma ci vogliono tanto per iniziare gli interpreti adatti.
Non è che si può prendere la prima ala piccola di 2,05 metterla in ala grande ed il gioco è fatto, tutt'altro. I grande segreto dei Suns di coach D'Antoni, non è il prendersi tiri in fretta, ma prendersi buoni tiri in fretta, e quel “buoni” fa tutta la differenza del mondo. Il grande pregio dei Suns sta nel creare meravigliose spaziature sul perimetro che associate ad una circolazione di palla vicina alla perfezione, faccia si che nel 80% dei tiri che si prendono i Suns, il tiratore abbia come minimo un metro di spazio tra sè ed il difensore in recupero.
Al tutto poi vanno associati uno o due giocatori di grande energia e forza fisica, che possano recuperare in pochi attimi lo spazio che c'è dal perimetro a sotto il canestro per non subire troppo a rimbalzo. Shawn Marion e Boris Diaw (oltre ovviamente al direttore d'orchestra Steve Nash) sono la vera differenza che c'è tra i Suns e chi tenta di imitarli. Nessuno o quasi ha in ala (piccola o grande che sia nel sistema Suns non cambia) ha giocatori con quella velocità di piedi e quella verticalità in modo da non subire i pari ruolo sia nel caso siano esterni sia nel caso siano giocatori di post.
Quello che succede a Phoenix sembra figlio di un film horror perchè gli scambi fatti dai Suns nell'ultimo biennio in teoria al momento delle trade erano palesemente a rimessa, chi si sarebbe privato di Joe Johnson, in cambio di un francese impalpabile nei suoi primi due anni di NBA e di un paio di scelte? Chi si sarebbe privato di Quentin Richardson e una scelta al primo giro (Nate Robinson) in cambio di un centro come Kurt Thomas che ai Suns in teoria era quello che meno serviva ?
E invece D'Antoni dice “io di gente che mi butta dentro 15-20 punti sugli scarichi di Nash ne trovo quanta mi pare pure in NBDL”, quindi mi prendo il francese e me lo plasmo come mi serve, e due anni dopo se gli Hawks fanno gli Hawks pesco pure altissimo in uno dei draft più prolifico degli ultimi 20 anni (i Suns avranno la scelta di Atlanta del 2007 che è protetta top 3, quindi in teoria potrebbero scegliere alla numero 4 gente come Thaddeus Young, Julian Wright, Brandon Wright e compagnia danzante).
Lo stesso D'Antoni pensa "Intanto mi prendo un Raja Bell che magari non segna con la continuità di JJ ma mi difende come un ossesso". Oppure D'Antoni “Kurt Thomas sarà uno spettatore non pagate per sette mesi, ma se poi trovo Duncan nei playoff diventa il mio giocatore chiave”, e quindi il sacrificio di Q Rich non mi pesa per nulla.
I tentativi di clonazione si sono sprecati, a Toronto dopo un mese di pastrocchi più o meno infruttuosi qualcuno dall'alto ha imposto a coach Sam Mitchell che forse era il caso di lasciar perdere questo tipo di emulazioni e passare a qualcosa di diametralmente opposto usando Bargnani e Garbajosa in ala piccola, giusto per valorizzare al meglio gli effettivi del loro roster.
Anche ad Indiana il cambio di rotta è stato netto, si torna a giocare con Jeff Foster in mezzo con Al Harrington nel suo ruolo naturale di ala piccola e con Danny Granger dalla panchina.
Tutto sommato anche il “Gran Visir della SmallBall” al secolo Don Nelson con la scoperta di Biedrins in mezzo, spesso ricorre ai due lunghi più o meno tradizionali usando Murphy o Pietrus in ala grande.
Anche a Boston coach Rivers sostanzialmente ad oggi ne fa largo uso più per necessità visto che quasi tutti i lunghi sono infortunati che per reale convinzione, ed è facile immaginare che con un Al Jefferson come si sta vedendo in questi giorni, prima o poi si passerà a ritmi più blandi per agevolare il numero 7.
Siamo quindi di fronte ad una bocciatura per la Smallball?
Tutt'altro, solo che magari va benissimo come variante tattica, ma non come sistema primario, a meno che il tuo coach non si chiami D'Antoni e i tuoi giocatori siano dei cloni di quelli dei Suns.
The road to MVP: ancora tu?
Un giovanissimo Clint Eastwood nel celebre film "Per un pugno di dollari" diretto dall'indimenticabile maestro Sergio Leone, affermava che "Quando un uomo con il fucile incontra un uomo con la pistola, quello con la pistola è un uomo morto".
Questa frase è la prima cosa che mi è venuta in mente vedendo la gara tra New Jersey Nets e Phoenix Suns, terminata sul 161 a 157, nel momento in cui Steve Nash (l'uomo con il fucile) al termine di un'esecuzione da manuale ha spedito tutti al primo supplementare, con un tiro da tre punti segnato in faccia a Jason Kidd (L'uomo con la pistola).
Un azione da manuale che solo una grande mente di basket come D'Antoni poteva concepire, e come un grande campione come Nash poteva portare a compimento. La situazione è molto semplice e poco "NBA".
Nets avanti di tre e soprattutto dispostissimi a far fallo infrangendo quella regola "non scritta dell'NBA" che in passato tante volte è costata cara a allenatori di primo piano. Quindi la necessità era quello di non farsi fare fallo.
Così Nash sulla rimessa finta di andare a destra ma poi si ferma, il bloccante dei Suns impalla sia il bloccante dei Nets che Jason Kidd, con il secondo che perde un attimo concedendo a Nash un vantaggio sfruttato alla perfezione con un tiro da manuale e relativo ciuff !
La corsa per il titolo di MVP a detta di molti doveva essere una storia a tre tra LeBron James, Dwayne Wade e Kobe Bryant, la candidatura di Wade sta un po' calando dati i pessimi risultati dei campioni in carica, quella di Nash non può essere ignorata in nessun modo, anche perché i Suns dopo un inizio titubante, hanno acceso i retrorazzi e a cose normali sarà difficile trovarli sotto le sessanta vittorie, e così il terzo MVP in fila per uno Steve Nash al suo massimo in carriera per punti segnati e ovviamente in vetta alla classifica degli assist, sarebbe la cosa più fisiologica del mondo, con buona pace per tutti gli altri.
L' Angolo dei rookie
Come direbbe l'avvocato Federico Buffa "rinviene forte in acqua due il Mago Bargnani". Nel previsioni prestagionali il nostro Andrea Bargnani non godeva di moltissimo credito per la corsa verso il premio di Rookie o the Year.
Eravamo un po' tutti concordi nel considerarlo un po' troppo acerbo per contendere l'ambito premio a gente più smaliziata che arrivava in NBA dopo 3-4 anni di glorioso passato nell'NCAA. I candidati naturali erano Brandon Roy e Adam Morrison con possibile incursione in mezzo ai due di Randy Foye.
Nel primo mese e mezzo invece si è creato un livellamento in basso che potrebbe rimettere in gioco altri candidati, infatti Brandon Roy dopo un paio di gare molto positive si è infortunato ad un piede e se ne sono perse le tracce, Adam Morrison ha dato la riposta più importante che doveva dare ossia che il diabete non sarà un problema nella sua carriera da pro (cosa su cui c'erano molti dubbi), però nel frattempo sta litigando con tutti i ferri dell'NBA, tirando con percentuali molto modeste. Ancora peggio il terzo incomodo Randy Foye che dopo aver giocato la preseason con qualche acciacco, sta faticando molto più del previsto nel marasma tecnico di Minnesota.
Ecco quindi che l'attuale Rookie Ranking del sito ufficiale dell'NBA premia ad oggi tale Jorge Garbajosa come miglior rookie di questo scorcio di stagione, ma non è da escludere che a breve il suo compagno di squadra Bargnani possa soffiargli il posto visto che a Toronto qualcuno d'alto ha imposto ad un titubante Sam Mitchell un impiego più corposo e i risultati non si sono fatti attendere come visto nell'ultima settimana.
E così dopo essersi tolti la soddisfazione di vedere un nostro connazionale scelto per primo ad un draft, non è così remota l'ipotesi che il nostro connazionale vinca pure l'ambito premio dedicato alle matricole. Intanto si sta pure conquistando il rispetto degli americani che hanno adottato in pieno il suo soprannome in lingua italiana, lasciando da parte alcune pessime traduzioni in cui si erano lanciati, adesso Andrea è "il Mago" per tutti sia al di qua che al di la dell'oceano, e chissà se Riccardo Pittis non registri tale soprannome.
NCAA : The road to draft 2007
Abbiamo preso atto ormai da un paio di anni che la prima scelta del draft 2007 sarà tale Greg Oden. Pochi dubbi ormai anche sul secondo giocatore che verrà chiamato da David Stern, si tratta di Kevin Durant da Texas.
Potete leggere un suo profilo molto dettagliato in questo articolo dell'amico Gerry Donato.
Le cifre di Durant sono di quelle che non lasciano spazio a grandi dubbi: 20,4 punti, 9 rimbalzi e un immaginifico 91% ai liberi, roba da leccarsi i baffi per un freshman, che in casa Longhorns non può che far nascere immensi rimpianti per non essere riusciti a convincere Daniel Gibson e LaMarcus Aldridge a rimanere un altro anno per poter puntare dritti dritti al taglio di retina nel primo Weekend di aprile.
Molti degli analisti insistono nel dire che Durant come giocatore potrebbe diventare addirittura più forte di Greg Oden se non fosse per il fatto che Oden giocando centro avrà un peso specifico maggiore nel contesto della sua squadra futura rispetto ad un giocatore destinato probabilmente ad operare lontano dal canestro.
Mi sono visto un po' di highlight di questo ragazzo e le sensazioni che se ne traggono sono molto positive, trova il canestro in ogni modo, con i cm che si ritrova al college non ha pari ruolo che possano minimamente impensierirlo, a rimbalzo ti da la sensazione che gli caschino in mano, ma non è così, ottimo senso della posizione con tanto di piccolo passo di aggiustamento quando il tiro è già in parabola discendente.
Trattatore di palla molto migliore di quanto non dica la sua media assist, insomma se c'è qualcuno che vuol rifondare da zero una franchigia mi sento di consigliare caldamente questo ragazzo, che magari nel frattempo scriverà un bel pezzo di storia a Texas cercando di vendicare l'inopinata sconfitta patita contro LSU nel torneo NCAA dello scorso marzo, quando i Longhorns erano pronosticati da tutti come possibili / probabili vincitori del torneo stesso e naufragarono clamorosamente di fronte ai colpi inferti dal duo Tyrus Thomas - Glen Davis in una delle partite più belle della passata stagione.