Gardengate

Isiah Thomas di nuovo al centro delle polemiche…

Ci mancava solo una bella rissa, la classica scazzottata come non si vedeva dai tempi di Miami-New York ai playoffs, per rendere ancora più roventi le polemiche attorno a questi Knicks. Ed il fatto che i resti della squadra, otto-giocatori-otto tolti sospesi e infortunati, abbiano battuto gli Utah Jazz mostrando tutto il cuore che non s'era ancora visto, non deve far gridare alla reazione psicologica.

Deborah Pines è una dipendente part time del New York Post di quelle che mai si potrebbe permettere un posto in prima fila al Garden, se non grazie al regalo d'un conoscente; la donna è stata immortalata terrorizzata mentre la rissa riprendeva a pochi passi da lei.

Il marito è riuscito ad allontanarsi qualche secondo prima, all'insegna del "si salvi chi può". Deborah è rimasta coinvolta, prima da Robinson e Smith, poi dalla masnada di giganti che se le stavano dando di santa ragione. S'è l'è cavata con i jeans strappati e, come ha scritto sul Post, con "qualche ammaccatura, come se avessi preso un bel colpo contro un mobile"

Se vogliamo andare a vedere, le punizioni inferte dalla lega ai Knicks sono l'ultimo dei problemi: d'accordo, ci sono le 10 partite a Robinson "colpevole - sono parole di David Stern - d'aver buttato benzina su un fuoco che si stava spegnendo da solo."

Le sei per Collins sono un non-fattore perché il giocatore non fa parte stabilmente della rotazione; poi ci sono le quattro a Jeffries che per ora non c'è quasi mai stato, per non dire dell'unica "giornata" per Sexy James.

Sicuramente, da questo punto di vista, è andata peggio ai Nuggets; il danno d'immagine però è notevole. E, tanto per cambiare, coinvolge Isiah Thomas; il coach-manager è stato multato di 500.000 dollari dalla lega. Non dalla franchigia come chi scrive aveva erroneamente capito all'inizio.

James Dolan s'è incontrato con lui poche ore prima della gara interna contro i Jazz; un colloquio a quattr'occhi in cui, supponiamo, il rappresentante della proprietà  deve aver ribadito quel che già  aveva dichiarato pubblicamente.

"Un bruttissimo spettacolo - si può leggere in una nota ufficiale della franchigia - non degno del pubblico, della città  di New York e dell'intera Nba. Auspico che un episodio del genere non si ripeta."

La decisione del Commisioner David Stern di non sospendere Thomas ed il suo collega George Karl è stata aspramente criticata dalla gran parte degli osservatori. Perché questo è il nocciolo della questione. L'ex guida di Payton e Kemp a Seattle, ha tenuto in campo i suoi titolari anche in momenti di classico garbage time, giustificandosi con la necessità  di "insegnare ai miei giocatori come vincere in trasferta dopo che nell'ultimo periodo avevamo sprecato larghi vantaggi nelle ultime frazioni di gioco."

Thomas non ha gradito; chi ha riesaminato le immagini ha beccato l'ex play dei Pistons mentre minacciava Carmelo Antony di ripercussioni se fosse entrato nell'area sotto il canestro dei Knicks.

"Non abbiamo le prove - ha spiegato Stern parlando della sua decisione - di un ordine partito dalla panchina verso i giocatori. Altrimenti mi sarei comportato in ben altra maniera."

Thomas, su quest'argomento, è l'ultimo a poter parlare per la fama che si porta dietro dai tempi dei Bad Boys e perché solo in questa stagione è recidivo con la vicenda che lo coinvolse assieme a Bowen e ai San Antonio Spurs.

Qualcuno ha voluto interpretare l'accaduto, aggiudicandosi il titolo mondiale della dietrologia: Karl fino a prova contraria fa parte della Cupola di Chapel Hill, cioè quel legame fra tutti gli addetti ai lavori che nel loro passato hanno avuto frequentazioni con la North Carolina University.

Brown è membro ad honorem della "Cupola", poco importa che anni fa avesse sbertucciato il diritto di Karl di ritenersene membro a sua volta. Thomas è l'uomo che ha licenziato Brown; da qui un desiderio di rivalsa che si sarebbe manifestato cercando di "sotterrare" di punti i Knicks.

Vale per quello che vale; ancora più sgradevoli sono state le scuse, perchè tardive, dei giocatori dei Knicks dai pugni facili, arrivate ben dopo quelle dei colleghi di Denver. "Non voglio esser di cattivo esempio per i giovani - ha spiegato Nate Robinson - che non devono pensare che quello che abbiamo fatto sia giusto."

Lo stesso Stern non ha nascosto il suo disappunto per le parole spese dai protagonisti della gazzarra; non ci sono precedenti in merito però, come molti han fatto notare, in un'occasione del genere si poteva stabilire il principio secondo il quale anche gli allenatori sono responsabili per il comportamento dei loro atleti in campo.

Peraltro c'è chi ha trovato il modo di farsi riconoscere anche commentando l'accaduto: Karl, per tutti, con quella sequela d'insulti rivolti a Thomas, nell'intervista più "beeepata" degli ultimi anni.

E poi Steve Francis che gli ha risposto: "Penso che Karl abbia detto quelle cose - ha spiegato l'ex play dei Rockets, peraltro assente quella sera perché infortunato - perché sa che per quest'anno non dobbiamo tornare a Denver. Altrimenti non gli sarebbe convenuto"
E poi: "Tutte le volte che c'è una rissa nella Nba si grida allo scandalo; eppure ci sono sport come l'hockey in cui episodi del genere sono molto più frequenti. Solo che l'Hockey è giocato soprattutto da bianchi."

Un brutto modo, onestamente, per perorare la causa della tua squadra e del tuo allenatore.
Come detto le critiche sono piovuto da tutta America, tra chi ne ha fatto un ulteriore segnale della necessità  di sollevare Isiah Thomas dai suoi incarichi, e chi ne ha tratto una lezione sull'imbarbarimento collettivo di tempi e modi.

"Il problema con le star come Antony - ha scritto l'ex giocatore Eddie Johnson su HoopShype - e tanti suoi coetanei è che non hanno una linea di comportamento; reagiscono solo in base agli eventi. Steve Nash non è così e per questo è giusto abbia vinto due titoli consecutivi di Mvp. Questi giovani credono di meritare rispetto: cos'ha fatto Antony per meritarlo? Non si può certo dire che abbia la statura del leader che a loro tempo avevano Jordan, Malone. Non ha nemmeno vinto quel che hanno vinto O'Neal, Bryant e Duncan. Allora da dove vengono tutte queste pretese?"

Johnson ha le sue ragioni; forse però dimentica che anche ai suoi tempi ogni tanto volavano pugni e schiaffi.

Una luce in fondo al tunnel può essere la vittoria 97-96 al supplementare contro Utah. Ottenuta, come detto, con 8 giocatori a referto in una serata in cui Stephon Marbury ha segnato 29 punti con 8 assist.

Il giocatore è stato ferocemente contestato ad inizio gara, ma col passare dei minuti gli ululati di disapprovazione sono diventati gli applausi d'un pubblico che per la prima volta quest'anno l'ha visto aggressivo: il giocatore che se decide di penetrare a canestro va dove vuole.

Segno che ti tifosi di New York non sono pazzi, ma nemmeno diversi da quelli di ogni squadra del mondo. "Questi tifosi sono unici - ha dichiarato a fine gara Coney Island Finest - sia nel bene che nel male; ma in serate come questa regalano emozioni come nessun'altro pubblico può fare".

I Knicks hanno subito 34 punti nel primo periodo ma poi hanno reagito con Lee e Balkmann protagonisti sotto canestro.

Un segnale interessante di come paradossalmente una rotazione accorciata potrebbe restituire a Thomas giocatori motivati perché sicuri del loro ruolo e dei loro minuti; quella sera per infortunio mancavano anche Richardson e Francis che ha dichiarato di voler affrettare la sua convalescenza per dare una mano.

Una rotazione accorciata per di più toglie a Thomas lo spazio per i suoi estri maldestri dalla panchina. Prima del Santo Natale avremo ancora due esperimenti contro Charlotte e Chicago.

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