The new style of Lakers

Luke Walton: uno dei segreti di questi Lakers di inizio stagione…

"Ehi, lo sai che a inizio dicembre i Los Angeles Lakers avranno un record di dodici vittorie e sole cinque sconfitte e guideranno in tutta tranquillità  la Pacific Division?".

Probabilmente chiunque avesse affermato solo due mesi fa queste parole, sarebbe stato rinchiuso in uno dei tanti ospedali psichiatrici a stelle e strisce o perlomeno avrebbe ricevuto accuse, ingiurie e sberleffi sul fatto di non capire nulla di NBA.

Eppure i Los Angeles Lakers 2006-2007 stanno rispondendo come in pochi si aspettavano: vuoi per il calendario estremamente agevole (16 delle prime 20 partite si stanno giocando allo Staples Center), vuoi per alcune congiunzioni astrali che hanno limitato moltissimo gli infortuni (se si esclude la mano di Vladimir Radmanovic e la caviglia di Kobe Bryant nell'ultimo match contro gli Indiana Pacers), vuoi anche per la scarsa vena degli avversari. Non importa. Il record parla chiaro: dodici vittorie e cinque sconfitte nel primo mese di NBA e, secondo noi, si tratta di un risultato non casuale.

Cerchiamo dunque di capire "come" i gialloviola stiano riuscendo a costruire ciò che, molti esperti e addetti ai lavori, ritenevano fantascienza od utopia.

RISULTATI
29 novembre: Los Angeles Lakers - Milwaukee Bucks = 105-109 (L)
1 dicembre: Los Angeles Lakers - Utah Jazz = 132-102 (W)
3 dicembre: Los Angeles Clippers - Los Angles Lakers = 88-97 (W)
5 dicembre: Los Angeles Lakers - Indiana Pacers = 101-87 (W)

IL RECORD
12W-5L

Nell'ultima settimana i Los Angeles Lakers hanno portato a casa tre vittorie consecutive ed una sola sconfitta, la prima della serie di quattro, per altro conseguita in una maniera un po' anomala contro i Milwaukee Bucks di Michael Redd.

Rispetto a sette giorni fa, dunque, si sono visti certamente dei miglioramenti: un attacco più fluido (102,23 punti a partita, quinto miglior reparto offensivo della Lega), preciso (un incredibile 47,8% dal campo, quinti in assoluto), armonico (22,94 assist a partita, quinti nella Lega), in cui la palla gira moltissimo e dove spaziature, blocchi e tagli sono eseguiti in maniera molto disciplinata.

Un'applicazione della triangolo maniacale a volte, che però permette alla squadra di "reggere" quando le due stelle indiscusse, Lamar Odom e Bryant, sono in panchina a rifiatare e recuperare energie.

Certo, a volte, il piacersi troppo, il voler per forza dare spettacolo (L.A. richiede anche questo) a scapito della praticità  e dell'efficacia, porta inevitabilmente a perdere più palloni rispetto al previsto (17,82 "tournovers" a partita, secondi in assoluto), ma alla fine è un rischio che, almeno per il momento, lo staff tecnico si sente di poter concedere alla squadra, soprattutto se la stessa mantiene alta la concentrazione nei possessi successivi alla palla persa. La grande produttività  offensiva è lì a confermare quanto appena detto.

Discorso diverso si deve fare per la difesa: ad inizio stagione era, insieme alle palle perse, uno degli aspetti più controversi e deficitari. Due le date emblematiche: l'11 novembre contro i Pistons, Tayshaun Prince ha trovato il modo di bucare totalmente la difesa gialloviola, entrando a piacimento in ritmo (31 punti, massimo in carriera) e concludendo con relativa facilità  da tutte le posizioni.

Risultato: Lakers dominati e sconfitta bruciante che si è aggiunta al record. Venti giorni dopo, il 29 novembre stessa musica: nella partita contro i Bucks è stato Michael Redd (45 punti, 16/30, 8 rimbalzi e 5 assist) a scardinare totalmente il sistema difensivo gialloviola e per Kobe & co. è arrivata la seconda sconfitta tra le mura amiche.

Poi però il reparto arretrato ha cominciato a prendere le misure (le strigliate di coach Phil Jackson si sono fatte sentire) e nelle ultime due gare non ha concesso agli avversari più di 90 punti. Una vera novità  per chi nelle precedenti 15 partite era riuscito nell'impresa solo tre volte (contro Minnesota, Memphis e Chicago).

Questo si deve principalmente al diverso atteggiamento con cui Bryant & co. sono scesi in campo e all'evidente progresso che, difensivamente parlando, ha compiuto Kwame Brown, ritornato nello starting five titolare nel recente match contro gli Utah Jazz, ai danni di uno svogliato (soprattutto in allenamento) Andrew Bynum.

Lo schiaffone di Redd e soci ha avuto, dunque, un incredibile effetto benefico sul roster gialloviola. Già  abbiamo detto di una rinnovata freschezza difensiva, ma non dobbiamo dimenticare l'incredibile, quanto romanzesca prestazione di Kobe Bryant, per una sera di nuovo a livelli jordaneschi.

Aspetto forse sottovalutato è però quello relativo alla panchina che, grazie alla sconfitta contro i Bucks, ha compreso quante responsabilità  abbia sulle sue spalle (perché Bryant non può fare sempre l'Alieno).

I comprimari si sono resi conto che, alla fine, più della prestazione del singolo, è la squadra, nel suo complesso, a portare a casa le vittorie: con punti, assist, rimbalzi e perché no, con il classico "lavoro sporco" che mai entra nei box score e nei tabellini, ma che da sempre è sotto osservazione degli staff tecnici specializzati e che arricchisce i block notes di mezza NBA (gli stessi appunti in cui il nome di Ginobili, proprio per quella qualità  e mentalità  di andare a rovistare sempre nella spazzatura, ricorre più frequentemente).

Ecco dunque emergere Sasha Vujacic, pronto all'occorrenza ad infilare triple importanti, o Vladimir Radmanovic che finalmente sta riuscendo a dare qualche segnale incoraggiante. Oppure ecco Evans, l'unico in grado di contribuire in eguale misura (molto elevata a dire la verità ) sia in attacco che in difesa.

Ecco soprattutto Ronny Turiaf, un leone che mai si abbatte e che della lotta, dentro e fuori il campo da basket, fa una ragione di vita. Senza dimenticare Jordan Farmar, il rookie che non ti aspetti, che in attacco trova subito confidenza e ritmo e genera parziali decisivi. Ecco il vero "new style" dei Lakers, quello che ha generato il record che solo due mesi fa era utopia.

IL MEGLIO DELLA SETTIMANA
Come non inserire nel meglio della settimana l'incredibile prestazione di Kobe Bryant contro gli Utah Jazz? Cinquantadue punti (19/26 dal campo), trenta in un solo quarto (il terzo), undici tiri consecutivi tra la fine del secondo quarto e tutto il terzo periodo, 100% al tiro (7/7 da due, 2/2 da tre e 10/10 ai liberi) in quei fantastici 12 minuti.

Solo Kobe Bryant nella storia del gioco ha segnato due quarti con trenta punti (l'altra volta era accaduto il 22 dicembre 2005 contro i Dallas Mavericks). Neanche Wilt Chamberlain c'era riuscito.

Non ci sono più parole per definire un giocatore che quotidianamente sta dimostrando di essere il migliore e che non rinuncia nel mettersi a completa disposizione dei compagni. Oggi, infatti, dopo 17 partite possiamo dire che Kobe Bryant è meno tiratore dell'anno scorso o che, quantomeno, tende a forzare con meno facilità  rispetto alle passate annate del dopo-Shaq.

È un Bryant formato playoff 2006, che cerca il post basso, che gioca per la squadra, che esegue gli schemi e che si prende 15-20-25 tiri perché il nome sulla maglietta è quello là . Inoltre, è notizia delle ultime ore, che il leggero infortunio alla caviglia rimediato contro Indiana non è assolutamente grave e quasi sicuramente sarà  in quintetto contro i New Orleans Hornets.

Nel meglio della settimana vogliamo menzionare anche altri due giocatori.
Il primo è Lamar Odom, praticamente un'altra persona rispetto a quello abulico dell'era Rudy Tomjanovich, che sta facendo brillare gli occhi agli esteti della palla a spicchi: 19 punti (48% dal campo e 36% dal perimetro), 8,8 rimbalzi, 4,8 assist di media in 17 gare, ma soprattutto un esplosività  che raramente si trova in un giocatore di 208 centimetri, l'unico nella Lega, con quell'altezza, in grado di eseguire un coast-to-coast senza problemi o che ha la stessa capacità  nel recuperare un rimbalzo o servire un assist. Un giocatore dalla naturalezza cestistica elevatissima.

Il secondo è Luke Walton. Così come Lamar Odom, il figlio del vecchio Bill si è trasformato: da baco è diventato farfalla e il tutto nel giro di un'estate. Assurdo. Miglior tiratore dal perimetro della Lega con un incredibile, quanto scioccante, 63 per cento, segno evidente di quanto la fiducia nei propri mezzi (e il ragazzo ne ha davvero tanti) sia assolutamente indispensabile per sfondare in questo sport. Se Walton riuscirà  a fare un ulteriore “step” anche in difesa, il posto all'All Star Game è assicurato (almeno per la gara da tre punti).

IL PEGGIO DELLA SETTIMANA
Duole dirlo, ma il peggiore della settimana è il ragazzone di 19 anni Andrew Bynum. Non tanto per il minore apporto, soprattutto a livello di statistiche, che il centro titolare delle prime 14 gare non sta più fornendo, quanto per il suo atteggiamento in allenamento (poco impegno, poca cattiveria, poca inclinazione al sacrificio) che ha indotto coach Zen (uno che i rookie o i sophomore li mette davvero sotto) a metterlo fuori dallo "starting five" in favore di Kwame Brown.

"In quintetto titolare gioca solo chi lo merita davvero" è stata la tagliente dichiarazione di Jackson a chi gli chiedeva una spiegazione per l'esclusione di Bynum dal quintetto base. Toccherà  al giovane prospetto di St. Joseph High School dimostrare che P-Jax si sbagliava.

IL FUTURO
La prossima settimana i Los Angeles Lakers affronteranno altre quattro partite: tre si disputeranno tra le mura amiche dello Staples Center, mentre l'ultima, contro gli Houston Rockets di Yao Ming e Tracy McGrady (la cui presenza è in dubbio), darà  il via al tour di trasferte (otto nelle prossime dieci gare) cui dovranno sottporsi i Lakers. Allora si che sapremo di che pasta sono fatti i gialloviola.

Giovedì 7 dicembre, ore 4.30: Los Angeles Lakers - New Orleans Hornets = 89-105 (L)
Sabato 9 dicembre, ore 4.30: Los Angeles Lakers - Atlanta Hawks = 106-95 (W)
Lunedì 11 dicembre, ore 3.30: Los Angeles Lakers - San Antonio Spurs 106-99 (W)
Mercoledì 13 dicembre, ore 2.30: Houston Rockets – Los Angeles Lakers =

Stay tuned

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