Il meglio e il peggio dell’NBA

Dwight Howard, una forza della natura…

PROMOSSI

ORLANDO MAGIC
Per anni i Magic sono stati una squadra cronicamente insipida sotto canestro, condannata alla mediocrità  dalla mancanza di centimetri e chili sotto canestro: ne consegue che è ancora più impressionante ed inatteso vedere che il lungo più dominante della lega al momento sta in Florida, ma non a Miami… ed è dolce per le orecchie dei tifosi di Orlando ricordare i commenti dell'ormai arteriosclerotico Dick Vitale, che all'indomani del draft 2004 si lanciava in giudizi apocalittici affermando che i Magic si sarebbero pentiti di non avergli preferito Okafor.

Ma non c'è solo Howard, in questi Magic: c'è un gruppo che gioca di squadra, che non ha nessuna superstar accanto al miglior rimbalzista dell'NBA ma in compenso sfoggia una profondità  invidiabile.

Una squadra che è seconda nella percentuale dal campo ed è la migliore per percentuale dal campo concessa agli avversari, e che nelle partite giocate finora ha avuto 6 leader differenti nei punti e 5 leader differenti negli assist: ben 9 giocatori giocano almeno 19 minuti a partita, e nessuno, a parte Howard, ne gioca più di 30.

E' necessario rendere merito ad una coppia di GM e ad un coach di cui nessuno parla, ma che hanno diritto alla massima considerazione: Otis Smith e Dave Twardzik sono stati derisi per aver ceduto una prima scelta per Arroyo e Milicic e per aver scambiato il Steve Francis per Ariza… ma, partendo dalla panca, il portoricano cambia le partite offensivamente e l'ex Knickerbocker le cambia difensivamente (tirando comunque con il 52%), mentre il serbo si sta – sorprendentemente – dimostrando un lungo più che solido.

Tutti segnano, tutti corrono, tutti difendono: non c'è un go-to-guy vero e proprio, in ogni partita Brian Hill cavalca il giocatore più caldo, e viene premiato dal tiro della vittoria che una volta viene da Turkoglu, una volta da Dooling, un volta da Arroyo o Jameer Nelson; l'ultimo è stato l'indomabile Grant Hill, che ha regalato ai suoi la vittoria contro i Blazers concludendo da veterano uno schema geniale dal suo coach, disegnato in modo talmente perfetto da spingere Dooling ad andare a complimentarsi con lui in modo vistoso ed esuberante, come se fosse stato proprio Brian, e non Grant, a chiudere l'incontro.

Un bel basket su due lati del campo, giovani spettacolari e veterani affermati, nessuna prima donna e tanto altruismo nel far girare il pallone… che volete di più?

CARMELO ANTHONY
32.2 a partita, per un giocatore che sta sempre più corroborando la sua candidatura all'MVP.
Impossibile non riconoscerlo come miglior giocatore della settimana, dopo che nelle ultime partite ha segnato 37, 35 e 38 punti, restando ampiamente sopra al 50% dal campo e aggiungendo pure 7 rimbalzi e 5 assist abbondanti di media.
Proprio gli assist e la percentuale dal campo sono sempre stati il suo tallone d'Achille, ma al momento in stagione nelle due voci statistiche siamo rispettivamente al 52.4% e 4.2, contro 45.3% e il 2.7 in carriera.

Segnare, invece, non è mai stato un problema, ma il rendimento stagionale è semplicemente clamoroso: come detto, 32.2 punti, a fronte di una media in carriera da quasi 9 lunghezze un meno (23.3), e una continuità  sorprendente: a parte la prima partita (15 in 21 minuti, un probabile trentello vanificato dall'espulsione) sempre sopra i 30 tranne che in due occasioni, quando ne ha messi… 28 e 29.

AMARE STOUDEMIRE
Il dominatore della stagione '04/05 sembra essere finalmente avviato al completo recupero: nelle ultime quattro partite altrettante doppie-doppie (in 33' a partita 22+13 di media, col 67% dal campo, e una partita da 7 stoppate contro i Nets).
Se STAT, “Standing Tall And Talented”, è veramente tornato quello di una volta, i Suns possono ricominciare a sperare nel titolo.

EDDY CURRY
Isiah Thomas lo ha portato ai Knicks per risolvere i cronici problemi sotto canestro dei bluarancio, ponendo i suoi 135 chili come pietra angolare di una franchigia da ricostruire dalle fondamenta.
I risultati, per ora, sono stati poco soddisfacenti, anche perché non è facile fare il lungo quando chi porta palla è gente come Marbury, Francis, Crawford e Nate Robinson: la sua prima stagione nella Grande Mela è stata addirittura inferiore al rendimento degli ultimi due anni nella Windy City, e le prime settimane di questa annata non sono state più incoraggianti.

Ultimamente, invece, la situazione è radicalmente cambiata, e il gigante ha fornito un costante e solido contributo in post basso: nelle ultime sei partite sempre sopra i 20 a partita (24 col 62% dal campo), e all'improvviso i Knicks sembrano una squadra offensivamente più quadrata.
Certo, rimangono i cronici problemi a rimbalzo (nello stesso arco di tempo 7 rimbalzi scarsi di media) e in difesa (3 stoppate in tutto, e la solita area spaesata nella propria metà  campo), ma non si può avere tutto dalla vita.

LUKE WALTON
Non se ne parla molto, ma uno dei segreti del formidabile avvio di stagione dei Lakers è rappresentato dal sensibile miglioramento del figlio di Bill: il giocatore timido ed impacciato visto nei suoi primi tre anni, che rifiutava tiri comodi e si preoccupava solo di consegnare palla a Bryant il più rapidamente possibile, si è trasformato in un letale cecchino dalla distanza che contribuisce con un solido gioco all-around.

Sfoggia un fantascientifico 63% da tre, che lo pone saldamente al comando della classifica dei tiratori dalla lunga distanza (a fronte di un pessimo 35% in carriera); segna 12 punti col 50% complessivo dal campo, 4.6 rimbalzi e 3.4 assist (in carriera rispettivamente 4, 43%, 2.7 e 1.9).
Sta anche mettendo canestri pesanti senza battere ciglio, e con le sue prestazioni costringe il costoso acquisto estivo Radmanovic a vedere il campo solamente nel garbage time.

SHANE BATTIER e JR SMITH
Sono due giocatori che si stanno rivelando determinanti per il successo delle rispettive franchigie, pur dovendo cedere le luci della ribalta ai grandi campioni che li affiancano (Yao e TMac da una parte, Anthony dall'altra); è curioso, tra l'altro, che le loro caratteristiche siano agli antipodi tra loro, e rispecchino fedelmente quelle delle loro squadre.

I Rockets, come Battier, sono poco atletici, macchinosi in attacco e non concedono niente allo spettacolo, ma sono completi e competenti in tutti gli aspetti del gioco, soffocanti in difesa, continui e sempre concentrati, senza mai accusare cali di tensione.
I Nuggets, come J.R., sono esuberanti ed entusiasmanti in attacco, sanno colpire sia andando al ferro che tirando da fuori, ma sono anche cronicamente discontinui e colpevolmente latitanti in difesa.

RIMANDATI

GERMOGLI DI TRIFOGLIO
Nei Boston Celtics c'è parecchio talento giovane, ma è sostanzialmente tutto concentrato alle posizioni 1 e 4.
Questo significa che, inevitabilmente, quando uno dei giovani virgulti conquista il proscenio lo fa rubando spazio e minuti a qualcun altro, e i giovani Celtics si trovano spesso coinvolti in un ottovolante di rendimento.

Così tra i lunghi, il rientro del sontuoso Al Jefferson (le cui cifre, sui 48', fanno registrare un clamoroso 21+15 con 2 stoppate di media) fa perdere qualche colpo a Ryan Gomes, che difetta in continuità  (in una partita 8+4, in quella successiva15+8, poi 5+9, poi 16+3) ma soprattutto fa crollare il rendimento di un Perkins rallentato anche da qualche problema fisico (nelle ultime quattro gare 3 punti e 4 rimbalzi di media, 4/11 complessivo dal campo).

Tra i play, invece, Bassy Telfair si impone con autorevolezza, e si dimostra ottimo complemento per la potenza di Pierce e Szczerbiack con la sua abbacinante velocità , ma in questo modo costringe Delonte West a giocare sempre più spesso da 2 anziché da 1, ruolo in cui può far male in attacco ma subisce costanti abusi in difesa da parte delle big guards; soprattutto, però, all'emergere del cuginetto di Marbury fa da contraltare il clamoroso “rookie wall” contro cui ha impattato Rajon Rondo.

Il rookie, che era stato una splendida sorpresa in preseason, ha mostrato tutti i suoi limiti, anzi il suo limite principale, il fatto che nel suo bagaglio tecnico sia impossibile reperire traccia di un jumper decente; le difese avversarie lo hanno capito, gli lasciano metri di spazio disinnescando le sue penetrazioni, e si permettono, con lui in campo, di raddoppiare costantemente Pierce e Wally World.
Un lusso che i biancoverdi non si possono permettere, e che ha costretto Rivers ha ridurre drasticamente il suo minutaggio.

ANDREW BYNUM
Dopo essere partito alla grandissima, il bambinone sta affrontando un periodo nero: nell'ultima settimana 4 punti e 4.5 rimbalzi, e il minutaggio è calato sotto i 15', dopo aver viaggiato tra i 20' ed i 25' per tutta la prima parte di stagione.
Intendiamoci, a 19 anni appena compiuti non c'è niente di preoccupante, ma intanto il suo posto da titolare è stato preso da Kwame Brown, e i Lakers hanno disperato bisogno di aiuto sotto canestro.

SHAUN LIVINGSTON
E' dotato di talento purissimo, abbacinante, ma ancora troppo discontinuo: dopo due partite da 3 punti e 4 assist di media, è arrivata una straordinaria gara contro i Sacramento Kings, letteralmente dominati in lungo e in largo (20 punti, 5 rimbalzi e 4 assist), seguita da altre due prestazioni non troppo entusiasmanti (8 punti e 4 assist di media).
I problemi fisici di “Sam I Am” Cassell gli potrebbero regalare un sontuoso aumento del minutaggio, ma deve guadagnarselo sul campo.

BOCCIATI

JAMAAL MAGLOIRE
A Portland Randolph è intoccabile, Aldridge sta iniziando a dimostrare il suo valore, i veterani LaFrentz e “Priscilla” Przybilla rientrano dagli infortuni, e nel gioco della sedia tra i lunghi dei Blazers quello che rimane in piedi è il canadese.
Il suo minutaggio diminuisce inesorabilmente, in stagione non ha mai segnato 10 punti e solo due volte ha preso 10 rimbalzi, nelle ultime quattro gare 4 punti, 4 rimbalzi e 30% dal campo.

In compenso, però, in giro per la lega ci sono parecchie squadre che hanno disperato bisogno di aiuto sotto canestro, e Jamaal è anche appetibile per il suo contrattone in scadenza da 8 milioni di verdoni: facendo due più due, è difficile pensare che dopo la deadline il canadese rimanga nell'Oregon anche dopo la scadenza della trade deadline.

SAMUEL DALEMBERT
Nell'estate scorsa il GM di Phila, King, gli ha elargito un sontuoso pluriennale da parecchie decine di milioni di dollari, ma The Dalembeast non sta tenendo fede alle aspettative riposte su di lui: nelle ultime cinque gare solo 3.6 punti e 6.8 rimbalzi, 6/18 complessivo dal campo (il calcolo è facile: 30% tondo).

EDDIE GRIFFIN
Minnesota sembra aver definitivamente perso la pazienza con il talentuoso Grifone, che in tutta la stagione ha giocato solo 74' in tutto del peggior garbage time. Durante l'estate i Wolves avevano cercato di sostenerlo affiancandogli John Lucas e firmando Vin Baker, entrambi noti per aver superato, a fatica, gli stessi gravi problemi di alcolismo che affliggono Griffin.
L'esperimento, però, non ha funzionato, e Baker è stato tagliato.

Nel frattempo si avvicina il giorno del processo per l'incidente di Marzo, in cui, tornando a casa dal Target Center, andò a schiantarsi contro un'auto parcheggiata a bordo strada perché, mentre guidava ubriaco marcio, si stava masturbando guardando un pornazzo sul lettore DVD montato nel cruscotto… non proprio il miglior biglietto da visita per chi voglia ripulire la propria immagine.

ATLANTIC DIVISION
E' una division che trasuda letteralmente storia di questo gioco, e può vantare il maggior numero di titoli vinti in assoluto, nonché tre delle ultime sei squadre vincitrici della Eastern Conference.
Al momento, però, tutto questo perde di significato, perché al momento la Atlantic è la peggiore division della storia della lega: è dal 2002 che il suo record complessivo non supera il 50%, ma col passare degli anni la situazione è diventata drammatica: 48% nel 2002/03, poi 44%, 47% e 39%, per arrivare al tristissimo 33% attuale.

I Nets hanno chiuso Novembre in testa alla Atlantic con il 40% di vittorie, e non era mai successo nella storia della lega che un record così basso fosse sufficiente per guidare una division.
Attualmente guidano il gruppo con mezza partita di vantaggio, un “successo” costruito soprattutto all'interno della conference (1-6 il record contro squadre della Western Conference), ma tutte le squadre sono in grado di strappare un posto ai playoffs, grazie alla regola per cui la vincitrice di una division va comunque alla post-season, anche se ha un record peggiore a quello dell'ottava squadra all'interno della conference.

Basti pensare che i Knicks, ultimi in coda con il 31% dal campo (solo Bobcats e Grizzlies fanno peggio), sono a sole 2,5 partite dai playoffs.

Fletcher's POWER RANKING

30. Memphis Grizzlies -
Il rendimento di Hakim Warrick è una delle poche consolazioni.

29. Charlotte Bobcats -
Si rivede Sean May, in compenso calano Okafor e Morrison.

28. Washington Wizards -
Sono una squadra senz'anima. Tra i 30 migliori marcatori della lega, Arenas è quello con la peggior percentuale dal campo, peggio anche di Iverson.
Ora come ora, comunque, sarebbero ai playoffs, ed è piuttosto triste.

27. New York Knicks -
Non riescono a trovare continuità , ma, se Curry è quello visto in queste ultime partite, c'è qualche speranza.

26. Boston Celtics -
Quattro sconfitte nelle ultime cinque partite, nonostante avversarie abbordabilissime: far vincere in rapida successione Bobcats, Knicks e Raptors (nonché i Nets, che venivano da una serie lunghissima di sconfitte) è piuttosto sconsolante.

25. Toronto Raptors -
4 W nelle ultime 5 gare, in cui hanno battuto Knicks e Celtics, quindi si meritano di tenerseli alle spalle. Sono a mezza partita dai playoffs.

24. Minnesota Timberwolves -
Un filotto di tre sconfitte, e l'obiettivo dei playoffs sembra già  un ricordo. KG deve andarsene più in fretta possibile, e le sirene di Chicago si fanno sempre più insistenti.

23. Philadelphia 76ers -
Si rivede CWebb, e nonostante tutto sono ad una spanna dai Nets.

22. Milwaukee Bucks -
Nonostante avversarie più forti, riescono a conquistare due vittorie su tre. Perdono tanto, come quasi tutti ad Est, ma almeno danno l'anima in ogni singola partita.

21. Atlanta Hawks -
Da ben 7 partite non superano i 100 punti, Joe Johnson è troppo solo.

20. Miami Heat -
Fanno una fatica bestiale a battere anche le squadre mediocri, e con quelle forti perdono.

19. Portland Trail Blazers -
E' stato bello finchè è durato.

18. New Orleans/Oklahoma City Hornets -
Idem con patate, anche se la colpa è soprattutto degli infortuni.

17. Chicago Bulls -
Continuano le storie tese tra Big Ben e Skiles, ma un calendario agevole permette loro di tirare il fiato e riportarsi a galla: le prossime avversarie sono tutte di scarso rilievo, quindi è lecito attendersi un sostanzioso miglioramento del record.

16. New Jersey Nets -
Bastano due vittorie in otto gare per restare in testa alla peggior division. Come diceva Vasco, “senza parole”.

15. Seattle Supersonics -
Quattro sconfitte nelle ultime cinque gare, ma hanno incontrato squadre più forti.

14. Los Angeles Clippers -
Sembra che stiano lentamente scivolando di nuovo verso la mediocrità : il record è pari, ma all'Ovest questo significa stare fuori dai playoffs. Nel frattempo rinnovano il contratto a Dunleavy.

13. Indiana Pacers -
Sono la squadra meno convincente tra quelle sopra il 50%.

12. Cleveland Cavs -
Non abbiamo fatto a tempo a parlare bene dei cortigiani di King James che il loro rendimento è crollato: una squadra con velleità  di titolo non può perdere in una settimana con Raptors, Pacers e Knicks.

11. Sacramento Kings -
Non sono così brutti come nella partita contro i Mavs. Si aggrappano con le unghie e con i denti a quel fatidico ottavo posto.

10. Golden State Warriors -
Due grandi vittorie contro le corazzate Jazz e Spurs, due evitabili sconfitte contro squadre abbordabili come Pacers e Bucks. Troppo discontinui.

9. Detroit Pistons -
Sono saldamente padroni della Central, e la striscia di vittorie consecutive è arrivata a otto… ma, se si esclude quella con Houston, sono arrivate tutte contro squadre dell'Est e con record perdente. E' meglio attendere qualche test più probante.

8. Houston Rockets -
Una squadra dell'Ovest che gioca un basket dell'Est: solido, ritmo lento, senza fronzoli. Ma le powerhouse dell'Occidente sembrano avere una marcia in più.

7. Denver Nuggets -
'Melo da MVP + calendario non terribile = 7 W nelle ultime 8 gare.

6. Phoenix Suns -
E' tornato Stoudemire, e all'improvviso fanno di nuovo paura. 7 W in fila.

5. Orlando Magic -
Sulle ali dell'entusiasmo e sulle spalle di Dwight Howard, veleggiano alla grande in testa alla Eastern.

4. San Antonio Spurs -
Il calendario si è fatto più duro, e hanno dimostrato problemi insospettati: due brutte sconfitte contro Warriors e Jazz e una vittoria fortunosa contro i Kings.

3. Los Angeles Lakers -
L'urlo di Kobe terrorizza l'NBA: ci sono altre tre gare agevoli, e poi una durissima settimana dopo l'Immacolata che ci dirà  se i gialloviola possono essere considerati una contender.

2. Dallas Mavericks -
Le vittorie consecutive sono arrivate a 12, e molte di esse sono state veri e propri massacri. Il calendario rimane agevole, quindi aspettatevi un'ulteriore accelerata.

1. Utah Jazz -
Con una convincente vittoria contro gli Spurs nel big match della settimana si meritano di conservare il primo posto, ma i Mavs stanno rimontando con l'acceleratore a tavoletta, e sembrano molto più in forma. E' prevedibile un sorpasso a breve.

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