Brad Miller: faccia d'un giocatore che ha appena vinto una gara per la sua squadra
Una notizia buona e una cattiva. La buona: con il rientro di Brad Miller la squadra sta riacquistando punti dal punto di vista della salute. La cattiva: sta per arrivare un periodo più duro che comincerà con il back to back fra Dallas e San Antonio.
La stagione del centro da Purdue è iniziata ufficialmente stanotte con la bomba che a 6' dalla fine del quarto periodo ha indirizzato dalla parte giusta la gara interna contro i Los Angeles Clippers; finora non s'è visto granchè dell'ex Indiana, un po' per la sua condizione fisica, un po' per una precisa scelta del suo allenatore.
"Mi sto allenando - ha detto Miller prima della vittoria 93-80 contro la Los Angeles secondaria - e sto provando ad andare alla stessa velocità dei miei compagni". Tradotto: non sono ancora al massimo. Il lungo biancoviola ha giocato 27 minuti partendo dalla panchina. "Lo stiamo inserendo gradualmente - ha spiegato in sala stampa Musselmann - non ci siamo dati un programma preciso; siamo d'accordo con il giocatore di basarci sull'osservazione giornaliera del suo dolore al piede e comportarci di conseguenza. Certo, il prossimo doppio impegno sarà un test probante."
L'ingresso di Miller è fondamentale per allargare il campo, soprattutto ora che si è tornati ad uno schema offensivo molto più simile a quello utilizzato da Adelman l'anno scorso. Conseguenza diretta delle sconfitte contro San Antonio e Utah e dell'interpretazione del coach delle brutte percentuali offensive di alcuni giocatori; Artest è attorno al 36%, Bibby fa ancora peggio fermandosi al 36%. Un dato che per forza di cose va oltre le cattive condizioni atletiche dei due.
Si è tornati ad un attacco "open" che sfrutta maggiormente l'abilità degli esterni a tagliare dentro l'area e le doti di passatori dal post alto dei lunghi; in questo senso l'aggiunta di Miller è un vantaggio non da poco. Proprio perché l'ex Bulls il campo lo apre ancora di più col suo tiro da fuori e con la sua idiosincrasia per il post basso.
"E' un discorso di familiarità - ha detto Corliss Williamson, spiegando come mai i giocatori si trovano meglio ad attaccare come l'anno scorso - perché se i tuoi compagni fanno cose simili a quelle che han sempre fatto, sai come vogliono essere serviti oppure puoi prevedere la loro reazione alla tua giocata." Kevin Martin, che oramai fa notizia quando non segna 20 punti, s'è detto entusiasta.
Non sappiamo quanto entusiasta sia Musselman ma gli allenatori nei momenti di difficoltà devono andare sul sicuro; da qui la decisione. E d'altronde i numeri non mentono: la squadra che dopo le prime cinque gara non era ancora riuscita a segnare 100 punti non c'è più. Al suo posto ce n'è un'altra che nelle ultime 9 partite ha segnato una media di 103 punti a gara, vincendone 6.
Nello stesso periodo la difesa a concesso spiccioli meno che 97 punti a serata. Segnale evidente che al di la delle parole, e degli allenatori, le caratteristiche dei singoli giocatori all'interno d'una squadra prima o poi devono venir fuori. Nel bene e nel male.
"Dobbiamo muovere la palla il più possibile - ha spiegato recentemente Kevin Martin - sappiamo di avere molti giocatori che possono segnare individualmente. Ma non vogliamo fare quel tipo di gioco." Dichiarazioni molto simili a quelle dell'anno scorso.
Dichiarazioni che sembrano fatte apposta per Ron Artest.
Il newyorkese, come detto, finora in attacco ha spesso sparato a salve. Contro i Clippers ha segnato 28 punti con 11 su 23 al tiro. "Non mi sono accorto di tutti quei punti - ha dichiarato in sala stampa Shareef Abdur Rahim - forse perché Ron non ha giocato come un giocatore che vuole segnare così tanto." Lex Atlanta è il primo a soffrire se Artest esagera con le iniziative personali perché i due occupano spazi simili in campo. E il dualismo si riproporrà a maggior ragione ora, con il rientro di Miller.
"Ci serve tempo per mettere le cose a posto - assicura Musselman - perché finora la squadra s'è allenata pochissimo a ranghi completi." Vero ma ora tempo non ce n'è più: dall'inizio di dicembre alla metà Sacramento è attesa da 9 partite con il già citato viaggio nello stato dei Bush, con trasferte a Phoenix, Golden State e Utah, e partite casalinghe ancora contro i Suns e Miami.
"Sappiamo d'aver di fronte un mese difficile - conclude il coach - per questo i giocatori si rendono conto di dover dare qualcosa in più" Sarà quindi un'opera d'assemblaggio in corsa. Il vero spauracchio è quello che successe l'anno scorso: un gruppo di partite storte che precipitò la franchigia in un pozzo di 9 vinte e 17 perse.
Da quella situazione uscirono solo prendendo Artest. Ma i segni sono ancora del tutto evidenti nei giocatori che c'erano e nella proprietà