Tori già  matati?

Scott Skiles appare preoccupato…e ne ha ben donde

Tori già  allo sbando?
Scott Skiles sotto accusa?
Le strategie della franchigia completamente da rifondare?

Ma dove siamo, ad un qualsiasi bar sport della nebbiosa provincia basso-lombarda?
No, queste chiacchiere si leggono in tanti siti che parlano di NBA alla voce: Chicago Bulls.

Risultati
@ Cleveland L 94-113 (2-3)
Vs Indiana W 89-80 (3-3)
@ Dallas L 99-111 (3-4)
@ Houston L 100-101 (3-5)
@ San Antonio L 83-100 (3-6)
@ LA Lakers L 72-82 (3-7)
@ Denver L 109-113 (3-8)

Quanto sembra lontana ad oggi la splendida (per i Bulls) opening night.

Già  al termine di quella scintillante prestazione, gli osservatori che popolano la rete e le edicole di mezzo mondo si chiedevano su fosse stata vera gloria o se si fosse trattato della classica rondine che non poteva far primavera.

Ad appena tre settimane di distanza, il divario fra le aspettative che quella partita ha creato e la realtà  che ogni sera la squadra dell'Illinois sta vivendo, appare sempre più ampio.

Si sa, una delle belle caratteristiche che distanziano la NBA dal resto dei principali campionati del mondo è il vivere di fasi: non dovendo preoccuparsi dell'incubo retrocessioni, anche le franchigie più in disgrazia possono rifondarsi.

L'anno in corso sembra proprio uno di quelli, nei quali si vive un ricambio profondo, con nuove realtà  a fare il salto di qualità  verso le vette delle proprie division e i dominatori delle recenti stagioni a segnare un po' il passo.

Se il gioco del basket si svolgesse solo sulla carta, sarebbe stato quasi matematico che la prima candidata a tornare a toccare la fatidica quota delle 50 vittorie in regular season sarebbe stata proprio la squadra dei Bulls.

Invece in queste settimane il proscenio è tutto per Cleveland Cavs, gli Hornets, i Magic, senza contare gli Utah Jazz, gli Houston Rockets ed i redivivi Lakers ad Ovest.

Intendiamoci, non sia mai detto che questa stagione sia finita prima di cominciare, di problemi di rodaggio hanno vissuto tutte le squadre dopo aver cambiato parecchie pedine ed in fondo i Bulls sono stati una delle prime squadre ad affrontare una lunga trasferta ad Ovest subito dopo le prime 4 partite, ma diciamolo: chi avrebbe detto di dover parlare dei Bulls come di una squadra in crisi d'identità  dopo 11 partite 11?

Le cinque sconfitte consecutive patite in questo viaggetto fatto nel Texas prima, a Los Angeles e nel Colorado poi, hanno messo in evidenza forse che la pur ammirevole cocciutaggine e l'ormai celeberrimo polso del coach Skiles, stanno portando la squadra verso una direzione sbagliata.

Lo si dice un po' dappertutto e le cifre sono lì a testimoniarlo: i Bulls sono una squadra senza giocatori da isolamento, senza lunghi tecnici, bensì una squadra da difesa forte, da pressione sui portatori di palla costante e da corsa; azzardando un po' il concetto si potrebbe dire che sono una squadra che meglio si adatta al gioco che si vede nei play-off piuttosto che nella stagione regolare, però se il ritmo dei vittorie e sconfitte dovesse continuare ad essere quello attuale il problema potrebbe essere quello di arrivarci ai play-off!

Al contrario di chi lo descrive come un sergente di ferro troppo passivo, alcuni tentativi di correzione sono già  arrivati dall'allenatore ex play degli Orlando Magic.

Il costante inserimento di Andres Nocioni in quintetto al posto di P.J. Brown ha cercato di ovviare al problema di un attacco spaccato in due: con tre esterni a girare il pallone e due lunghi come Wallace e Brown troppo poco pericolosi per creare reali spazi alle proprie guardie.

Risultato di questo primo esperimento: un career high dell'argentino di 30 punti contro i Lakers, ma anche uno 0 vinte e 4 perse in altrettante partite.

Vi è poi stato lo spostamento nel ruolo di sesto uomo, o di titolare che arriva dalla panchina, fate voi, per Ben Gordon. E qui sono arrivate le polemiche più aspre.

Per dichiarazione dello stesso Skiles, il numero 7 avrebbe dovuto essere il go-to-guy della squadra, il trascinatore, l'uomo faro dell'attacco per quest'anno.

Eppure dopo sole quattro partite, l'allenatore ha dovuto farlo tornare al proprio ruolo di giocatore dalla panchina per ovviare a qualche problemino fisico ufficiale, ma molto più verosimilmente per togliergli una eccessiva pressione dalle spalle.

Risultato, il ventitreenne segna sempre parecchio, ma nel gioco statico impostato dai Bulls fa una fatica tremenda ad esprimere percentuali accettabili, perde troppi palloni (sette il massimo contro i San Antonio Spurs) e limita ad un numero non ancora accettabile i viaggi in lunetta(79 liberi tirati in 7 partite).

In definitiva i Bulls ci mettono sempre intensità  e duro lavoro, ma in ogni serata trovano un guaio: la difesa che non appare rodata a dovere nei meccanismi di squadra, un marcatore che comincia a fallire tiri facili, un avversario che come contro i Rockets centra il tiro giusto al momento giusto.

Insomma a pressione si somma pressione e l'idea di essere partiti come dei favoriti non aiuta certo a tranquillizzarsi.

Nelle prossime settimane il ritorno in pianta stabile ad est e il ritrovare le mura amiche, potrebbero aiutare la classifica ed il morale. Ad attendere i Bulls saranno i 76ers, poi un back to back con i Knicks ed ancora gli Hornets, Washington e Boston.

Alla prossima"

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