Kevin Martin, terzo anno Nba, ha iniziato la stagione a mille all'ora
Corliss Williamson ha la netta sensazione d'esser tornato a sette stagioni fa. Era la primavera del 2001 quando dal campo gli arrivarono chiari segnali del fatto che la sua prima era ai Kings stava finendo; quell'anno la squadra perse al primo turno dei playoffs contro i Los Angeles Lakers che avrebbero chiuso la post season vincendo il titolo. Di quella versione di Sacramento l'ex Arkansas era l'ala piccola. Williamson fu soppiantato dalla crescita di Stojakovic e dal fatto che mai e poi mai sarebbe stato in grado di marcare esterni come Glen Rice e Rick Fox; tanto che Geoff Petrie lo sacrificò, senza troppi rimpianti tecnici, per arrivare a Doug Christie.
In quest'inizio di stagione Williamson, con la notabile eccezione della sfida contro i Pistons, sta facendo tappezzeria; il giocatore non è ancora riuscito a trovare un posto significativo nella rotazione di Rick Musselman. Essendo all'ultimo anno del suo contratto, da professionista esemplare qual è sempre stato, Corliss si sta allenando per farsi trovare pronto in ogni occasione che si presenta. Ma soprattutto per crearsi la possibilità di andare a spendere gli ultimi spiccioli delle sua carriera da qualche altra parte. "Spero d'essermi aiutato da solo", ha dichiarato dopo i 15 punti contro quelli del Michigan.
Dalla panchina, l'ex campione NCAA con i Razorbacks sta seguendo l'irresistibile ascesa di Kevin Martin. I due giocatori hanno due cose in comune: un inizio di carriera professionistica alquanto problematica e la fortuna d'aver trovato ai Kings un maestro di basket come Pete Carril.
L'ex allenatore di Princeton è stato il mentore dei due giocatori; ne ha "inventato" le carriere, insegnando loro come usare i loro corpi così particolari sul campo di gioco.
Kevin Martin è la vera nota lieta di quest'inizio di stagione a Sacramento; il suo gioco sta raggiungendo una dimensione nuova e più alta che va ben al di là dei numeri. Quest'ultimi peraltro son di tutto rispetto: 23.8 punti a partita col 54% abbondante dal campo. Anche Martin ha vissuto la sua miglior serata contro Detroit: 30 punti con 10 su 16 al tiro.
"Nessuno - ha commentato Eric Musselman - si stupisce di cosa sta facendo Kevin. Abbiamo sempre creduto in lui."
Non è esattamente così: c'è stato un momento, nel suo secondo anno Nba, in cui lo staff tecnico s'era quasi rassegnato. Che Martin fosse bravino era opinione comune; ma non abbastanza per potersi permettere un fisico da fagiolino in un mondo di giganti. Solo Carril, pazientemente, ha continuato a lavorare insegnandogli che la velocità è una caratteristica fondamentale se usata nella maniera giusta.
"Martin - spiega ancora Musselman - è bravissimo a bruciare il suo difensore diretto, creandosi dal nulla lo spazio per il tiro." Vero; all'inizio della sua carriera, non essendo in grado di contenere la prepotenza fisica degli avversari, quella stessa velocità gli serviva per prendere il primi tiro che gli riusciva di prendere.
La selezione delle conclusioni quindi è il primo miglioramento che salta all'occhio. Il 70% arriva all'interno dell'arco dei tre punti in netta controtendenza con quel che succede oggi nella Nba.
Il giocatore ha carattere: contro Detroit s'è beccato una notevole ramanzina dal coach dopo aver sbagliato i primi quattro tiri della sua partita. Ha risposto con 10 su 12 e 9 canestri consecutivi. "Ha fatto bene a trattarmi a quel modo - ha riconosciuto Martin - perché stavo giocando malissimo."
La sua ascesa è un toccasana in una squadra nuova che deve trovare una dimensione definitiva dovendo fare i conti tanti infortuni: di Miller si sa già , Mike Bibby in allenamento s'è prodotto un nuovo infortunio al polso con cui tira. Non dovrebbe star fuori ma bisognerà vedere con quale efficacia potrà giocare.
La crescita offensiva di Martin è ancora più significativa se si considera l'andamento della sua squadra che, rispetto alla versione Adelman, sta mostrando una più marcata attitudine difensiva.
Prima della partita contro Toronto, i Kings concedevano 90.2 punti a partita.
Questo è quel che succede quando in squadra si hanno giocatori che pensano anche alla fase difensiva: Ron Artest, ovviamente, che deve occuparsi anche della pratica dei rimbalzi e Kenny Thomas. Lo stesso Martin, che uno contro uno è modesto, con la sua velocità riesce a essere efficace nelle rotazioni difensive e fastidioso con i suoi raddoppi.
Il giocatore ha sempre una buona parola per il suo mentore. "Lo devo chiamare - ha detto con un sorriso grosso come Natomas, dopo la beneficiata contro i Pistons - per sapere cos'ha da dire." Carril e Martin sono stati inseparabili per due anni. "All'inizio di questa stagione - dice ancora Martin - m'è parso molto strano non vederlo all'allenamento. Mi son sentito quasi solo." Se in sole sei partite quest'anno ha prodotto quello che da rookie aveva segnato in 45 gare, il merito è soprattutto dell'uomo con il papillon.