Lavori in corso ad L.A.

Dopo l'infortunio, Kobe non è ancora tornato al 100%

Una partenza col botto, poi solo il botto, culminato nella sconfitta interna contro i Detroit Pistons della scorsa notte.

Solo così è possibile definire l'inizio di stagione dei Los Angeles Lakers che, in sette partite giocate (quattro allo Staples Center e tre in trasferta), hanno raggiunto il record 4W-3L.

In sede di pronostico in pochi avrebbero previsto un avvio del genere per Kobe & co., ma quando anche i più scettici stavano iniziando a ricredersi sono arrivate le prime clamorose cadute.

Le ultime due sconfitte, infatti, hanno riportato i Lakers e tutti i loro tifosi sulla terra: c'è ancora molto lavoro da fare e non tutto ciò che brilla in realtà  ha tanto valore.

Quali, dunque, le ragioni dell'abbondanza iniziale e della carestia successiva?
E' altresì possibile affermare che i gialloviola abbiano ancora molti margini di miglioramento?

Noi pensiamo di si. Prima di capire insieme motivi e ragioni, analizziamo in breve la gara di scorsa notte contro i Detroit Pistons.

I RISULTATI
Los Angeles Lakers – Phoenix Suns = 114-106
Goldens State Warriors – Los Angeles Lakers = 98-110
Los Angeles Lakers – Seattle Sonics = 118-112
Seattle Sonics – Los Angeles Lakers = 117-101
Los Angeles Lakers – Minnesota Timberwolves = 95-88
Portland Trail Blazers – Los Angeles Lakers = 101-90
Los Angeles Lakers – Detroit Pistons = 83-97

I Pistons hanno semplicemente dominato il match. La vittoria si è concretizzata nel terzo periodo quando Tayshaun Prince (31 punti - massimo in carriera per l'ex Kentucky -, con 12/24 dal campo, e 7 rimbalzi) ha completato il lavoro che aveva iniziato nel primo tempo Chauncey Billups (21 punti, con 6/12 dal campo, 9 assist e 4 rimbalzi).

I Lakers sono stati a dir poco disastrosi: troppo interessati ad applicare "la triangolo" non mettendo mai la palla sul parquet e non coinvolgendo a dovere Kobe Bryant che nel quarto periodo ha tentato di riportare i suoi sotto, senza però riuscire nell'impresa. "Abbiamo giocato in maniera terribile - ha detto Bryant al termine dei 48 minuti - Io mi sento bene, ma devo ancora lavorare un po'. Non sono al 100% e non posso ancora mettere le marce più alte".

In generale a non rendere sono stati Bynum e Odom che, anzi, alla fine è stato espulso per doppio tecnico. Evidentemente dopo le prime buone prestazioni, Lamarvellous è entrato un po' in crisi, soprattutto da un punto di vista psicologico e, dopo due "non-chiamate" degli arbitri a suo favore, il nervosismo ha avuto la precedenza sul resto.

Per quanto riguarda invece Bynum il suo buon inizio aveva fatto sperare in una nuova grande partita. Poi però sono arrivate le palle perse e i falli che hanno progressivamente eliminato dal match il centro diciannovenne.

P-Jax ha comunque esortato il suo solito Zen nel dopo gara: "Stiamo lavorando sodo e quello che sta accadendo ora non ci deve far paura. Non dobbiamo andare nel panico se una o due partite non vanno benissimo. Dobbiamo solo correggere alcuni aspetti: la difesa e le palle perse prima di tutto".

Ma al di là  della partita contro Detroit, che sicuramente può essere un importante punto di riferimento per capire che tipo di Lakers vedremo quest'anno, analizziamo nel dettaglio i primi 10 giorni della stagione gialloviola in modo da rispondere agli interrogativi cui si è fatto riferimento in precedenza.

Le prime sette gare hanno mostrato dei Lakers molto simili a quelli della scorsa serie di playoff contro Phoenix: tanta circolazione di palla, moltissima corsa e un'elevata concentrazione di possessi all'interno dell'area pitturata. Inoltre l'applicazione della triangolo, sia difensiva che offensiva, è stata una delle principali preoccupazioni dello staff tecnico lacustre il quale, almeno per quanto riguarda l'applicazione dei giochi, è rimasto molto soddisfatto per l'atteggiamento avuto fino ad ora di Kobe & co.

Ad oggi il vero problema gialloviola sono le palle perse (21 nel match giocato a Seattle , 21 contro Minnesota, 18 contro Portland, 15 contro Detroit) e la difficoltà  di mantenere un elevato livello di concentrazione (soprattutto difensiva) per tutti i 48 minuti. Due elementi questi che se abbinati insieme sono in grado di spiegare la leggera involuzione avuta dagli uomini di Phil Jackson nell'ultima settimana (1W-3L il record).

In ogni caso i Lakers stanno esprimendo un grande basket soprattutto allo Staples Center (se escludiamo la partita con Detroit) dove fino ad oggi i gialloviola hanno ottenuto tre vittorie sue quattro gare giocate. Le sconfitte, oltre a quella casalinga contro i Pistons di Flip Saunders, sono arrivate in trasferta (Seattle e Portland) situazione in cui i Lakers ancora non si trovano perfettamente a loro agio.

I singoli

Rispetto all'opening night, di cui abbiamo già  parlato nel primo report, ha fatto il suo rientro in squadra Kobe Bryant: doppio match contro Seattle, due gare contro Minnesota e Portland ed infine la partita contro Detroit.

Di sicuro se parliamo di Bryant dobbiamo parlare di un nuovo atteggiamento da parte dell'ex 33 di Lower Marion: più interessato a coinvolgere i compagni che a trovare la soluzione personale o a forzare inutili conclusioni.

Ed è questo il Bryant di cui i Lakers hanno bisogno, un giocatore che possa entrare in partita quando meno te lo aspetti e che abbia come primario obiettivo migliorare i compagni.

Ma quanto ha influito l'infortunio al ginocchio sinistro (quello operato lo scorso 15 luglio) in questa trasformazione? In realtà  non molto se pensiamo a che Bryant abbiamo visto nei playoff contro Phoenix, ma certo l'esplosività  messa in mostra dal 24 in gialloviola non è la stessa della passata stagione.

Basti pensare all'anomalo primo tempo a Seattle (prima sconfitta per i lacustri): 5 assist e solo 3 tiri tentati oppure all'altrettanto anomala partita contro Minnesota: 17 punti (5/7 dal campo e 7/7 ai liberi), 6 assist e 4 rimbalzi. Senza considerare ovviamente la stranissima gara contro Detroit: solo 2 punti (1/3 dal campo) nel primo tempo.

In generale rispetto alla passata stagione, nelle prime tre partite, Kobe Bryant ha riportato queste statistiche: 18,3 punti a partita attuali contro 36,3, 32 tiri tentati contro 85, 21 assist realizzati contro 14. Numeri che fanno riflettere anche se la gara contro Portland (32 punti con 12/19 dal campo) ha riportato Bryant alle cifre dello scorso anno.

Importante poi è stato il commento di Kobe al termine del match: "Il ginocchio va molto meglio, sta migliorando partita dopo partita, ogni volta meglio. La mia esplosività  sta tornando quella di una volta". Affermazioni che di certo faranno sorridere tutti i tifosi angelini.

Oltre a Kobe Bryant grandissima impressione ha destato Andrew Bynum, giovane centro di diciannove anni che grazie ai consigli di Kareem Abdul-Jabbar sta progressivamente migliorando e perfezionando il suo grandissimo talento. Probabilmente i Lakers hanno trovato il loro centro titolare, ma di certo il rientro di Kwame Brown non dispiacerà  a Phil Jackson.

Molto impressionante per Bynum è stata la prestazione contro Minnesota allo Staples Center, gara nella quale il giovane talento è riuscito a mettere in piedi statistiche impressionanti soprattutto se pensiamo che sono state realizzate contro Kevin Garnett: 20 punti e 14 rimbalzi, senza dimenticare tre stoppate devastanti.

In generale comunque Bynum ha messo in mostra ottimi movimenti (soprattutto offensivi), grande capacità  di districarsi nel post basso e elevata intelligenza cestistica che gli permette di trovare scarichi importanti sul perimetro (non casuali i 5 assist nel match contro Seattle allo Staples).

Inoltre quando manca l'apporto di Bynum, gli altri centri dominano e L.A. non ottiene il successo. Basti pensare al match contro i Portland Trail Blazers in cui il venticinquenne Zach Randolph ha completamente dominato la gara e l'area pitturata (36 punti e 10 rimbalzi): "Randolph ha fatto una partita impressionante" – ha affermato Kobe Bryant al termine del match - ha dominato l'area pitturata, ottenuto falli importanti e realizzato con facili conclusioni, troppo facili".

Dichiarazioni che fanno intendere come il ruolo di centro sia troppo importante per gli uomini di Phil Jackson, sia in chiave difensiva che in quella offensiva.

Oltre a Bryant e Bynum, i Lakers hanno messo in vetrina anche un nuovo Lamar Odom. Se il campione di Rhode Island gioca ai suoi livelli, difficilmente i Lakers escono dal parquet con una sconfitta. Soprattutto nei match contro Phoenix (34 punti, 13 rimbalzi, 6 assist e 3 rubate), Seattle (28 punti, 4 rimbazli e 6 assist) e Minnesota (15 punti, 9 rimbalzi e 4 assist), Lamarvellous ha dato prova delle sue grandi qualità  mostrando un basket a tutto tondo fatto di tiri dall'arco e penetrazioni, di pressing e corsa, capace di far emozionare anche lo spettatore più pacato.

Unico neo per Odom il non riuscire a mantenere un certo rendimento per un gran numero di partite (soprattutto quando L.A. è impegnata nei classici back-to-back) e quel pizzico di nervosismo in più determinato della grave lutto di questa estate. Elemento fondamentale per la crescita di Odom sarà  dunque la serenità , la capacità  di mantenere l'autocontrollo e scaricare tutte le sue tensioni sul pallone e sul canestro.

Una vera e propria crisi invece sta affrontando Smush Paker. Dopo gli incredibili progressi della scorsa stagione, infatti, quest'anno sono venuti a galla tutti i difetti del prodotto di Fordham (scarsissimo in difesa e nel gioco senza palla) che se non sfrutta a dovere il suo atletismo diventa un cestista come molti altri.

Ciò è avvenuto per varie cause, prima tra queste il fatto che i Lakers giocano molto poco in transizione e che anzi cercano di adeguarsi ai ritmi che "la triangolo" impone, ma anche la contemporanea crescita di Jordan Farmar, rookie di lusso per i gialloviola, che sta mettendo in crisi le certezze di Phil Jackson sul ruolo di playmaker titolare. Certo Farmar deve ancora dimostrare tutto, ma è che con lui in campo i Lakers assumono una migliore consistenza difensiva.

In questi primi dieci giorni però i Lakers non sono stati solo Bryant, Bynum o Odom. Anzi. Hanno evidenziato anche una grande profondità  dal pino, permettendo a giocatori Turiaf o Walton di riscattarsi e ottenere consensi da tifosi ed addetti ai lavori.

Come dimenticare infatti l'incredibile prestazione di Ronny Turiaf contro i Seattle Sonics o quelle di Luke Walton contro Seattle e Minnesota fino al massimo in carriera nella trasferta a Portland? Buon impatto hanno avuto anche Brian Cook, Maurice Evans e Vladimir Radmanovic che in determinati momenti, quando sono stati chiamati in causa, hanno comunque fornito il loro contributo.

Di sicuro poi il grande attacco mostrato in alcuni momenti dai Lakers è la vera nota positiva di questo altalenante avvio di stagione: sesti in tutta la lega per punti segnati (101 a gara), messa in evidenza un'elevata fluidità  offensiva, fatti questi che dimostrano come la triangolo, con tutte le sue varianti, sia uno sistema di gioco ormai ben assimilato, anche dai più giovani.

Dunque gran lavoro svolto fino ad oggi da Phil Jackson senza dimenticare però l'apporto fornito da Kurt Rambis, assistente di lusso, che nei prossimi anni potrebbe assumere la guida dei Lakers al posto di P-Jax qualora quest'ultimo rifiuti di rinnovare il triennale in scadenza nel giugno del 2008.

Il vero problema di L.A. in questa partenza a singhiozzo è stata la difesa e le grandi incertezze che la gran parte del roster gialloviola ha evidenziato: scarsa attenzione nell'applicare i giochi difensivi, pressione non molto efficace sul portatore di palla e avversari lasciati spesso troppo liberi, soprattutto dietro l'arco.

Ecco dunque che i tiratori specialisti hanno avuto campo libero e hanno potuto realizzare i parziali che alla fine hanno deciso le partite. Molto importanti da questo punto di vista sono state le dichiarazioni di Walton al termine del match perso a Portland: "Non vinceremo molte trasferte se giocheremo in difesa come abbiamo fatto contro Portland.

La cosa più importante per la nostra squadra è la difesa. Puoi anche fare due o tre grandi prestazioni in attacco, ma se poi non rendi dietro tutto diventa inutile". Diventa così più facile capire il grande parziale di Seattle (25-8) all'inizio del secondo quarto nel match di domenica 5 novembre o quello di Detroit della scorsa notte, sul finire del terzo periodo, che ha permesso agli uomini di Saunders di chiudere la partita con 12 minuti di anticipo: trattasi di amnesie prolungate, di black-out a lunga durata sui quali lo staff tecnico gialloviola deve riflettere e porre immediati correttivi.

È inaccettabile, infatti, per una franchigia prestigiosa come quella lacustre mollare la presa con così tanti minuti ancora sul cronometro, permettendo agli avversari di adagiarsi sugli allori e controllare con molta facilità  nell'ultimo periodo.

L'atteggiamento è stato l'aspetto più negativo in quelle occasioni, perché un calo di tensione era anche comprensibile dopo le tre vittorie consecutive iniziali, ma mollare come hanno fatto Kobe e soci non è mai positivo: soprattutto per una squadra che non può permettersi pause se vuole raggiungere il traguardo dei playoff, quest'anno ancora più difficile da ottenere per la maggiore concorrenza rispetto alla passata stagione.

Nonostante questo però i Lakers 2006-2007 danno fiducia. Troppi gli elementi che per ora hanno impressionato e che fanno pensare ad una stagione ricca di soddisfazioni.

Il futuro: domenica notte andrà  in scena Lakers-Memphis. Solo una partita per Kobe & co. prima di una pausa di cinque giorni che permetterà  di ricaricare al meglio le batterie e compiere ulteriori progressi in allenamento.

Stay Tuned.

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