Gli allenatori nel pallone

Rick Carlisle head coach dei Pacers, è alla sua quarta stagione nell'Indiana

Tra i tanti processi messi in moto dopo l'ennesima disfatta del Team USA in manifestazioni internazionali, quello secondo me più significativo riguarda gli allenatori NBA, ossia la clamorosa scarsità  di coach all'altezza di allenare un Team NBA, crescendo un gruppo, dando un sistema e soprattutto aiutando i singoli a migliorarsi.

La situazione è da allarme rosso, trenta franchigie invitate la ballo e pochissimi coach in grado di avere completamente in mano le redini dello spogliatoio.

Da questo punto di vista l'NBA va letteralmente a mode, prima è stato il tempo dei coach provenienti dal mondo del college, dopo si è passati poco convintamente al lancio di assistenti del coach precedente, e poi è stato il turno dei "coach player", gente che dopo pochi mesi che aveva appeso le scarpe al chiodo si lanciava in panchina senza ovviamente avere un minimo di background per poter svolgere il loro lavoro.

Fatto sta che nell'NBA di oggi di coach affidabili e di sicuro valore ce ne sono pochi, Greg Popovich, Phil Jackson, Pat Riley, Mike Duleavy, Mike D'Antoni, Jerry Sloan, Rick Carlisle, seguono un gruppo di coach di valore ma il cui valore va testato fino in fondo Jeff van Gundy, George Karl, Don Nelson, Flip Saunder, Eddie Jordan, Mike Fratello su alcuni di loro peraltro ci sarebbe pure da ridire sul molte cose, c'è qualcuno a spasso come Larry Brown e Rick Adelman ma per il resto ci si arrangia come si può, insomma oltre metà  dell'NBA in panchina si arrangia come può e i risultati sono evidenti, un gioco monocorde frutto quasi ovunque di isolation, giovani gestiti come peggio non si potrebbe, gente che pensa solo al presente cercando solo di salvare la sedia sotto il culo, insomma la situazione è onestamente desolante e credo sia la base del fatto che l'NBA si è impoverita in maniera clamorosa a livello tecnico nell'ultimo lustro.

Come detto è il momento dei coach player, infatti da un po di anni che deve scegliere un coach e non ha la possibilità  di prendere uno di quelli forti, si rifugia in gente che perlomeno riesca a gestire a livello unano uno spogliatoio.

La storia dei coach player peraltro è sinistramente un po simile per tutti, ossia un ottimo inizio e poi un lento declino senza avere nessun tipo di upgrade ad un progetto sul lungo termine, basti vedere i casi di Terry Porter ai Bucks, di Doc Rivers prima ai Magic e poi a Boston, Mo Cheeks prima a Portland e poi ai Sixers ma la lista chiaramente tende all'infinito.

E' chiaro che qui c'è una scelta di base sbagliata, perchè quando si mette in panchina un ex giocatore, che non ha mai fatto l'assistente, e che da pochi anni ha smesso con il basket giocato non si può pretendere che abbia un bagaglio culturale per portare avanti un'azienda complessa come uno spogliatoio NBA dove le componenti da gestire sono tantissime.

Il coach player infatti ottiene risultati nell'immediato perchè instaura un rapporto di fiducia con i giocatori riuscendo a motivarli al massimo, magari con alcuni ci ha giocato insieme e comunque intrattiene un rapporto più amichevole di un coach di lungo termine, ma alla fine però poi emergono malcontenti dei giocatori che reclamano spazi e tiri e il coach player che non ha un sistema preciso con cui gestire la squadra, finisce per perdere il controllo della situazione.

E' chiaro che l'unico rimedio potrebbe essere quello di affiancare un parco assistenti di valore lasciando al coach player il compito di semplice gestore, ma allora tanto varrebbe mettere l'assistente sul pino.

L'alternativa provata nel passato per tappare questo buco è stata quella di importare i caoch dal mondo del college, dove onestamente ci sono autentici santoni del gioco che potrebbero tenere ore di clinic ai colleghi del piano di sopra, ma questi esperimenti sono semrpe naufragati a causa di una mentalità  troppo chiusa degli allenatori di college, perchè un discorso è gestire un gruppo under 22, dove i giocatori hanno come obbiettivo primario quello di mettersi più in evidenza possibile per poi garantirsi un futuro economico importante al piano di sopra, dove la parola del coach è legge anche perchè i collegiali hanno bisogno del caoch, mentre un discorso è gestire un gruppo di stelle viziate che in qualche caso guadagnano 5-10 volte quello che guadagna il coach e che quindi pretendono uno status diverso.

Il caso di Pitino a Boston è stato emblematico: Rick è indubbiamente un genio del basket, però si è avventato nello spogliatoio dei Celtics con la stessa mentalità  con cui allenava a Kentucky, ossia che il giocatore è solo un esecutore dell'idea di basket del coach e che il valore del giocatore stesso è secondario al concetto di squadra.

I risultati sono stati palesi, frequenti viaggi in lotteria nonostante due stelle del calibro di Pierce e Walker, e l'umiliazione succesiva arrivata dopo il suo licenziamento quando un suo assistente senza un passato di nome come Jim O'Brien in poco più di 12 mesi si è ritrovato a due gare dalla finale NBA con il solito roster, solo per la reazione emotiva che aveva palesato al licenziamento dell'odiato coach precente.

Lo stesso Pitino per altro in seguito ha di nuovo dimostrato il suo valore come coach a Louisville, e recentemente ha ammesso candidamente che tutti i suoi errori di gestione ai Celtics evidenziano un approccio dal lato umano totalmente sbagliato.

Con gli esempi sopra abbiamo dimostrato che per essere un allenatore di livello in NBA ci voglio approfondite conosscenza tatti, ottime capacità  relazionali, e ottime capacità  gestionali di un gruppo.

Phil Jackson è il prototipo del coach moderno ossia quando fu messo al timone dei Bulls conscio della sua immaturità  per fare il coach ad alto livello si mise accanto assistenti che in parte potessero guidarlo come Tex Winter e pian piano è cresciuto (peraltro vincendo anelli a raffica) fino ad essere oggi quello che è.

Come uscire dunque da questa carenza di coach ?
Direi la cosa migliore è andarsi a prendere ex assistenti che hanno fatto un po di gavetta, che hanno quindi le dovute conoscenza di basket, che magari hanno pure in mente un sistema di gioco da applicare, un po come successo nei casi di Eddie Jordan e Rick Carlisle.

L'attuale coach dei Pacers si è fatto tutta la sua brava gavetta, come assistente ad Indiana nel triennio 98-00, quando accanto a gente come Larry Bird e Dick Harter ha potuto incamerare le informazioni necessarie da capitalizzare in futuro, stesso percorso per eddie Jordan come vice di Scott.

Chi potrebbe essere il prossimo?
Segnatevi questo nome: Lionel Hollins, attuale vice a Memphis.

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